ISSN 2039-1676


2 febbraio 2017 |

Giustizia riparativa: responsabilità, partecipazione, riparazione

Resoconto del Convegno internazionale svoltosi il 20 e il 21 gennaio 2017 presso la Facoltà di Giurisprudenza di Trento

0. Nelle giornate del 20 e 21 gennaio scorsi la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Trento ha ospitato il Convegno internazionale “Giustizia riparativa: responsabilità, partecipazione, riparazione”, con il patrocinio dell’Università, della Regione Trentino Alto Adige e del Centro di Giustizia Riparativa. 

Il convegno è stato concepito dagli organizzatori, prof. Gabriele Fornasari e dott.ssa Elena Mattevi, come momento di confronto sul tema della Giustizia Riparativa (d’ora in poi G.R.) sia dal punto di vista accademico, con esperti di livello internazionale in materie penalistiche, sociologiche e criminologiche, sia dal punto di vista della prassi, con l’esperienza di magistrati e operatori a vario titolo del sistema penale e della nascente esperienza di G.R.. Inoltre, la provenienza diversificata dei relatori ha reso possibile l’interazione tra ospiti internazionali ed esperti italiani, in particolar modo legati all’esperienza innovativa della Regione Trentino – Alto Adige in tema di Restorative Justice, nonché una significativa attenzione alla comparazione, cara alla facoltà trentina.

 

1. Prima sessione – La Giustizia Riparativa. Dopo i saluti del Preside, Prof. Giuseppe Nesi, dell’Assessore regionale ai Giudici di pace e alle minoranze linguistiche, Giuseppe Detomas, del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Trento, Andrea de Bertolini, della Presidente della Corte d’Appello di Trento, Gloria Servetti e del Rappresentante regionale dei Giudici di pace, Marcello Mancini, l’introduzione della prima sessione è stata affidata a Gabriele Fornasari, Professore di diritto penale presso l’Università trentina. 

Il primo segmento dei lavori è stato dedicato a una panoramica sulla Giustizia Riparativa nel tentativo di comprenderne l’essenza, le linee di sviluppo in Europa, la nuova frontiera delle esigenze e dei diritti delle vittime a tale proposito, nonché il suo significato per gli autori di reato e le prospettive di riforma nel nostro ordinamento.

1.1 Introduzione. L’approfondita relazione di Ivo Aertsen, Professore di Criminologia dell’Università Cattolica di Louvain, ha fornito una definizione del concetto di Giustizia Riparativa nel contesto europeo, puntando l’attenzione sul coinvolgimento della comunità nel processo di riparazione. Accettando come premessa una definizione di Giustizia Riparativa come approccio orientato alla risoluzione di problemi in una relazione attiva, come un insieme di principi in grado di orientare la prassi, il relatore sottolineava la novità della G.R. nella considerazione delle parti come soggetti portatori di istanze morali (moral subjects), in una prospettiva di ascolto non oggettivizzante, ma che tenda a considerare i bisogni dei singoli e di porre attenzione al significato soggettivo dell’accaduto. Aertsen ha proposto al pubblico una visione della G.R. come opportunità di dialogo, che tenga conto del processo più che del risultato, indipendentemente dalla natura del reato e dalla fase processuale. I modelli di sviluppo di tale paradigma sono stati molteplici (victim-offender mediation, conferencing, circoli di peacemaking ecc.) sia nella giustizia penale che in altri contesti, con un baricentro che di volta in volta si sposta dalla rieducazione del reo alla vittima, sia essa minorenne o adulta. Il punto focale è costituito secondo Aertsen dal coinvolgimento della comunità di riferimento, a livello familiare, locale o più ampio, in maniera diretta o indiretta, nel processo di riparazione. In tale ottica è la neutralità del luogo (fisico e figurato) a sancire il successo del processo di riparazione, ove, come l’ha definita Ivo Aertsen, la G.R. si trova in-between, in spazi semi-autonomi di possibile interazione. Solo in questo contesto la G.R. può essere realmente momento educativo, di ristoro della pace sociale secondo il diritto in prospettiva di un sistema più democratico.

1.2 Linee di evoluzione e risultati della Giustizia Riparativa in Europa. Da queste premesse Frieder Dünkel, Professore emerito della Ernst Moritz Arndt Universität Greifswald, ha tracciato le linee di evoluzione e i risultati della G.R. in Europa. Da un iniziale sviluppo nei paesi anglosassoni, in particolare la Nuova Zelanda, in Europa la G.R. si sviluppa a partire dall’esempio della giustizia penale minorile, caratterizzata dal principio di sussidiarietà e dalla priorità delle finalità educative.  Vede poi le sue spinte di riforma nel nascere delle istanze vittimologiche, nella riabilitazione e nell’abolizionismo penale, oltre che nell’apporto dell’armonizzazione europea, negli standard internazionali e nella sfiducia nel tradizionale sistema penale. Nonostante le premesse, la diffusione del paradigma riparativo registra ancora tassi molto bassi, principalmente per mancanza di volontà da parte di politici e custodi della giustizia penale (magistrati, operatori, forze dell’ordine), per assenza di adeguata informazione a riguardo, per l’orientamento punitivo della società in generale. Tenendo conto che l’obiettivo della G.R. non è la riduzione della recidiva, anche se la sua applicazione registra risultati soddisfacenti in tal senso, i principali problemi da affrontare oggi sono l’applicazione della G.R. unicamente ai reati di minore gravità e la conseguente indisponibilità del percorso per tutti i rei, l’ostruzionismo degli operatori della giustizia penale e il rischio della riduzione della stessa a un meccanismo standardizzato.

1.3 Le esigenze e i diritti delle vittime nella Giustizia Riparativa. Concentrando l’attenzione sui diritti ed esigenze delle vittime in relazione alla G.R., Michael Kilchling, Ricercatore presso il Max Planck Institut für ausländisches und internationales Strafrecht, guardando al reato come conflitto tra esseri umani come nuova prospettiva per il diritto penale, ha preso le mosse dall’insoddisfazione per i risultati del sistema penale tradizionalmente inteso per illustrare i due possibili approcci alla G.R.. Il primo, purista, concentrato sul processo e la relazione interpersonale, e il secondo, massimalista, concentrato sul risultato, riflettono le rispettive idee di giustizia, in senso filosofico-morale o in senso funzionale-processuale. Kilchling sottolinea inoltre la nascita di un vero e proprio diritto alla Giustizia Riparativa in capo alle vittime di reato, a partire delle teorie di Varona Martinez, per arrivare al combinato disposto degli artt. 4 e 12 della Direttiva 2012/29/UE. Tali norme, collegando il diritto all’informazione con il diritto all’accesso alla G.R. hanno finito per sancire un vero e proprio diritto in capo alla vittima. La consacrazione di un diritto generale all’accesso alla G.R. consentirebbe di concepirla sulla base delle esigenze dei soggetti coinvolti, abbandonando una visione meramente procedimentale. In tal senso si è citato l’esempio dell’approccio universalista adottato in Germania: si tratta di un modello aperto, accessibile a qualunque reo, per qualunque reato e in qualunque fase processuale.

1.4 Significato e utilità di percorsi di Giustizia riparativa per l’autore di reato. La G.R. ha una valenza fondamentale anche nei confronti degli autori di reato, come dimostrato da Bruno Bertelli, Professore di Sociologia della devianza presso l’Università degli Studi di Trento. Partendo dalla considerazione innovativa del danno causato dal reato come fonte di un obbligo e della responsabilità intesa come riparazione, il relatore ha descritto i suoi studi sulla possibile incidenza della G.R. come modello di riduzione del crimine tra gli autori di reati contro la persona (con risultati apprezzabili tra i c.d. low risk offenders) e come possibile modalità di riabilitazione del reo. I limiti culturali e applicativi svolgono tuttavia un notevole ruolo frenante. 

1.5 La Giustizia Riparativa nell’ordinamento italiano. Prospettive di riforma. La prima sessione è stata conclusa dalle riflessioni di Lorenzo Picotti, Professore di diritto penale presso l’Università degli Studi di Verona, sulle linee di riforma della Giustizia Riparativa nel nostro ordinamento. Essa comporta necessariamente una visione del reato come conflitto intersoggettivo, che vada al di là delle classificazioni familiari alla dottrina (basti pensare all’esperienza tedesca), in una nuova valorizzazione del consenso. Tale nuovo paradigma recupera in maniera più matura l’idea di giustizia, senza snaturare il sistema vigente. Conseguenza è l’abbandono di un uso ideologico del diritto penale, come vendetta sociale e la necessità di individuare un finalismo nel sistema.

 

2. Seconda sessione – La Giustizia Riparativa nelle esperienze degli operatori. La seconda sessione del Convegno, introdotta da Alessandro Melchionda, Professore di diritto penale nell’ateneo trentino, è stata dedicata alla Giustizia Riparativa nell’esperienza degli operatori, nel campo del procedimento penale minorile, nel procedimento a carico degli imputati adulti e infine la Giustizia Riparativa nella fase esecutiva della pena. 

2.1 La Giustizia Riparativa nel procedimento penale minorile. Nel campo del procedimento penale minorile Gabriella Di Paolo, Professoressa di diritto processuale penale presso l’Università degli Studi di Trento, ha provveduto a fornire un quadro completo degli istituti del processo penale minorile (D.P.R. 488/88) che si possano ricollegare a una logica di G.R. in senso lato. Riferendosi principalmente agli istituti di diversion e mediation, ha menzionato l’accertamento sulla personalità del minorenne, la sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto e la sospensione del processo con messa alla prova. Tuttavia, la necessità di un accertamento, seppur sommario, sull’attribuibilità del fatto al minorenne, celando una sorta di “criptocondanna”, oltre a uno stridore col dettato costituzionale, denota una vocazione ancipite tra accertamento della responsabilità e finalità rieducativa impropria di tali istituti. Sembra aprire nuovi scenari invece la recente Direttiva UE, ispirata all’idea di responsabilizzazione e a una diversa accezione del punire. 

Sul versante della prassi dei Tribunali, Fabio Biasi, Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Trento, si è soffermato sull’istituto della messa alla prova e sull’irragionevolezza dei suoi limiti applicativi. Ponendo l’accento sulle ragioni e le finalità profonde della giustizia penale minorile, il magistrato ha ribadito la necessità di un percorso di trasformazione personale dei minori ritenuti responsabili di un fatto di reato, che non può essere scisso anzitutto dalla solidità professionale degli operatori che se ne prendono cura. 

Dal lato dell’esperienza di G.R. nella Regione Trentino Alto Adige, Valeria Tramonte, del Centro di G.R. trentino, si è occupata di descrivere l’esperienza di avanguardia della Regione autonoma in tema di riparazione, rendendo conto di esiti generalmente positivi in relazione a una molteplicità di fattispecie di reato. Ponendo attenzione agli esiti del processo di riparazione, essi non sono da limitarsi all’aspetto economico, ma piuttosto alla funzione simbolica della G.R., caratterizzata da ragionevolezza e proporzionalità, indipendentemente dalla motivazione che spinga il soggetto a farvi ricorso. Per quanto riguarda gli esiti, tralasciando il caso dell’esito negativo, sono ancora incerte le conseguenze di un esito positivo nel caso di reati procedibili d’ufficio, ove dunque non sia possibile la remissione di querela.

A chiusura della sessione Antonella Zanfei, Direttrice dell’Ufficio Servizio Sociale Minorenni Trento, ha richiamato l’attenzione sulla necessaria sinergia tra vittima, autore di reato e istituzioni. Zanfei ha denunciato la scarsa considerazione per la componente relazionale nelle conseguenze del reato, nonché la prevalenza ancor oggi del paradigma riabilitativo.

2.2 La Giustizia Riparativa nel procedimento penale a carico degli imputati adulti. Sull’esempio rappresentato dalla giustizia penale minorile, nella seconda parte si è dedicata l’attenzione, grazie all’introduzione di Elena Mattevi, Assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Trento, alla Giustizia Riparativa nel procedimento penale a carico di imputati adulti. Il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Trento, Licia Scagliarini, si è concentrata sull’istituto della sospensione del procedimento con messa alla prova così come concepito nella L. 67/2014 anche per i procedimenti penali a carico degli adulti. La relatrice ha rilevato la fallacia di tale disciplina in primo luogo nella base cognitiva del giudice del dibattimento, competente a decidere sulla messa alla prova dell’imputato, poiché, essendo limitata al fascicolo formato ex art. 431 c.p.p., ostacola notevolmente la possibilità di un giudizio individualizzato sul singolo. In secondo luogo non è chiara l’interpretazione da darsi alla discrezionalità del giudice nel valutare la messa alla prova nei confronti dei recidivi. In terzo luogo si sottolinea la necessità, ancora una volta, di porre in relazione il caso concreto nella sua specificità con il risarcimento del danno nel suo quantum, vero punto su cui il dialogo va favorito.

Ampliando l’orizzonte oltre i confini nazionali, l’intervento di Kolis Summerer, Professoressa di diritto penale presso la Libera Università di Bolzano è stato dedicato alla comparazione tra Austria e Germania in tema di Diversion. Per quanto riguarda le similitudini tra i due Paesi, le misure diversive (Absehen o Rücktritt von der Verfolgung) sono legate a doppio filo con l’idea di tenuità del fatto (Geringfügigkeit). Esse sono concepite come istituti processuali e sono caratterizzate dall’imposizione di obblighi, prestazioni e prescrizioni che, anziché avvicinarle a una logica di pena, introducono in realtà l’idea della volontaria sottomissione del soggetto alle stesse. Le differenze si concentrano invece nei presupposti applicativi, nei risultati in termini percentuali e nel livello di pubblicità di tali procedimenti, fattore che determina anche un diverso grado di successo a livello di opinione pubblica.

Di nuovo dalla prospettiva italiana, Alessandra Demetz, Giudice di Pace a Bolzano, nella sua relazione fornisce un quadro chiaro della situazione della conciliazione nel caso dei reati di competenza dei giudici onorari. Pur trattandosi di reati bagatellari, essi sono spesso sintomatici di conflitti incancreniti tra soggetti, per cui a maggior ragione un paradigma alternativo rispetto all’ordinario corso del procedimento penale sembra la risposta più adeguata. Nonostante ciò, rimane dubbia la sorte in sede di conciliazione di tutti i reati che, per loro natura, non sono suscettibili di essere conciliati. 

A rilevare la prevalenza di ipotesi di conflitti cristallizzati all’attenzione della G.R. è anche Daniela Arieti, del Centro per la Giustizia Riparativa della Regione, che ha fornito il contributo degli operatori in relazione agli imputati adulti. La relatrice fa presente la necessità, come già emerso durante altri interventi, di individuare un ruolo della vittima nel lavoro di pubblica utilità e soprattutto di creare una relazione vittima-reo che vada al di là della mera corresponsione di somme di denaro a titolo risarcitorio.

2.3 La Giustizia Riparativa nella fase esecutiva. Nella fase conclusiva del convegno Antonia Menghini, Professoressa di diritto penitenziario presso l’Università degli Studi di Trento, ha introdotto il tema della possibile introduzione della Giustizia Riparativa nella delicata fase dell’esecuzione della pena, grazie a una lettura evolutiva del canone rieducativo attraverso una concezione relazionale del fenomeno criminoso. Come sottolineato da Giovanni Maria Pavarin, Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Venezia, con la recente Direttiva UE sui diritti delle vittime si è avvicinata la logica della G.R. anche nella fase esecutiva. Tali istanze segnano la messa in campo della vittima come soggetto vero e proprio della giustizia penale, come già emerso dalle riflessioni di altri relatori. Nel rifarsi alla complessa realtà della magistratura di sorveglianza, Pavarin ha richiamato all’urgenza di concepire nuovi paradigmi per la giustizia in fase esecutiva al fine di riequilibrare rapporti resi ingiusti dal fatto di reato.

Prendendo le mosse dalla precedente riflessione, Maria Pia Giuffrida, Presidente dell’Associazione Spondè ONLUS, evidenzia il fallimento del modello rieducativo e traccia una linea di evoluzione nella legislazione in materia esecutiva verso un approccio più simile a quello della giustizia riparativa (dalla L. 354/1975 al D.P.R. 230/2000). Sulla base di un confronto tra modello retribuzionistico, rieducativo e riparativo si comprende come il terzo sia maggiormente idoneo a far riflettere il reo sulla responsabilità e possa andare al di là della logica dare-avere. Tali istanze si possono ritenere interpretate dalla già citata Direttiva 2012/29/UE sui diritti delle vittime, caratterizzate da un approccio generalista e non limitato a determinate tipologie di reato, fatto proprio anche dalla proposta del Tavolo 13 al Ministero della Giustizia. 

La riflessione sulla fase esecutiva della pena non può andare esente da un’analisi dello status della sua traduzione in termini di prassi dagli uffici competenti, con il contributo di Salvatore Piromalli, dell’Ufficio Esecuzione Penale Esterna di Trento. Prendendo le mosse dalla percezione dell’esecuzione della pena in bilico tra obbligo e consenso, anziché tra autodeterminazione e autonomia, sarebbe necessario per l’efficacia del sistema una trasformazione del vincolo in una risorsa, grazie alla contaminazione da parte della G.R. della fase processuale in cui si innesta. 

Sul versante della professione forense, Filippo Fedrizzi, Avvocato del foro trentino, ha fornito una lettura critica dello sviluppo della G.R. nella fase esecutiva. Nonostante tale fase sia infatti la più indicata per ospitare processi di riparazione, in assenza dello stridore tra la G.R. e la presunzione di innocenza proprio della fase di cognizione, essa sembra ancora ben lontana da tali paradigmi. Inoltre, le principali difficoltà si riscontrerebbero nella dubbia compatibilità tra la necessaria lunghezza dei tempi di una giustizia di riparazione e la ragionevole durata del processo, nella sottovalutazione di altri soggetti processuali, nella mancanza di fondi e personale in cui attualmente il settore della giustizia versa, nel problema del multiculturalismo all’interno degli istituti penitenziari e nella questione delle pene detentive brevi. Tali difficoltà portano alla luce secondo il relatore l’esigenza di un cambiamento di paradigma culturale, che abbandoni una visione in termini puramente materialistici anche del sistema penale.

 

3. Relazione conclusiva. A conclusione delle due giornate di studi, Isabella Mastropasqua, del Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità del Ministero della Giustizia, ha introdotto la relazione finale di Grazia Mannozzi, Professoressa di Diritto penale presso l’Università dell’Insubria e autrice di numerose pubblicazioni sul tema della G.R.. Interpretando lo spirito con cui gli organizzatori hanno concepito il convegno, Mannozzi ha ripreso l’immagine della circolarità per descrivere il concetto di G.R., fondato sull’idea del cerchio come simbolo della collaborazione, in cui nessun valore opera isolato. Emergono dunque come concetti chiave l’importanza del linguaggio come strumento e la complessità come valore e linea guida. In un ritorno circolare all’apertura del convegno, la Giustizia Riparativa viene indicata come esempio che comprende in sé l’idea di complementarità tra dottrina e prassi, e che necessita di un metodo sincretico tra discipline.