ISSN 2039-1676


13 ottobre 2017 |

Definitivamente approvato il regolamento istitutivo della Procura europea (EPPO)

Contributo pubblicato nel Fascicolo 10/2017

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1. Ad oltre 2 decenni di distanza dalle prime proposte in materia ed all’esito di circa 4 anni di intensi negoziati, il 12 ottobre 2017 il Consiglio dei Ministri della giustizia dell’Unione ha formalmente adottato, dopo aver ottenuto (lo scorso 5 ottobre) il necessario via libera da parte del Parlamento europeo, il Regolamento relativo all'attuazione di una cooperazione rafforzata sull'istituzione della Procura europea (“EPPO”, da European Public Prosecutor Office, nell’acronimo in lingua Inglese). All’iniziativa prendono parte 20 Stati membri inclusa l’Italia: per ciò che riguarda gli autoesclusi, accanto a Danimarca, Regno Unito ed Irlanda - i quali, in virtù dei rispettivi statuti speciali, non erano sin dall’inizio computati ai fini del raggiungimento dell’unanimità necessaria all’adozione del testo - hanno scelto di rimanere, almeno per il momento, fuori dell’iniziativa anche Malta, Olanda, Polonia, Svezia ed Ungheria.

 

2. L’EPPO avrà la sua sede in Lussemburgo e sarà, almeno per il momento, esclusivamente competente ad indagare e perseguire gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione dinanzi alle ordinarie giurisdizioni nazionali degli Stati partecipanti e secondo le regole processuali di questi ultimi. La base giuridica che prevede la sua creazione, si trova iscritta nell’art. 86 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea) che ne delinea anche le caratteristiche principali e la relativa procedura di adozione - prevedendo tra l’altro la possibilità di ricorso ad una speciale procedura di cooperazione rafforzata con la partecipazione di “almeno” 9 Stati membri - derogando anche alla oramai generalizzata procedura di co-decisione in favore della semplice “approvazione” da parte del Parlamento europeo.

 

3. Quanto alla struttura, l’iniziale modello delineato dalla Commissione europea nella proposta presentata il 17 luglio 2013, era di tipo schiettamente verticistico, articolato in un agile livello centrale, composto da un Procuratore europeo e da 4 suoi “sostituti”, il quale avrebbe diretto le indagini condotte, a livello decentrato, dai procuratori europei delegati (almeno uno per Stato membro). Al modello iniziale venne rapidamente a sostituirsi, in corso di negoziato, quello collegiale, articolato su di livello centrale, diretto dal Procuratore capo europeo, con la previsione di un procuratore europeo per Stato partecipante, nonché di un numero, allo stato non determinato, di “camere permanenti” composte degli stessi procuratori europei. I procuratori europei delegati, che dovranno essere almeno uno per Stato partecipante, fanno integralmente parte dell'EPPO, ma potranno anche continuare ad esercitare le proprie funzioni di procuratori nazionali ove il carico di lavoro del loro core business appaia consentirlo. Quando agiscono per conto dell'EPPO essi potranno ricevere istruzioni solo dal livello centrale della Procura e solo ad esso risponderanno del loro operato.

 

4. La competenza dell’EPPO viene determinata attraverso il rinvio alla direttiva (UE) 2017/1371 sulla protezione degli interessi finanziari dell'Unione (“la direttiva PIF”) e comprenderà quindi tutti i reati lesivi di tali interessi, tanto sul versante delle entrate come su quello delle uscite, includendo anche le frodi all’IVA (ma solo qualora le relative condotte siano connesse al territorio di due o più Stati membri e comportino un danno complessivo pari alla considerevole cifra di almeno 10 milioni di EUR) e le condotte di corruzione attiva e passiva e quelle di appropriazione indebita che ledano gli interessi finanziari dell’Unione, nonché quelle di partecipazione ad un'organizzazione criminale (di cui alla decisione quadro 2008/841/GAI), quando l'attività dell’organizzazione criminale sia incentrata sulla commissione dei reati PIF. A titolo di competenza c.d. “ancillare”, l’EPPO potrà inoltre procedere nei confronti di qualsiasi altro reato “indissolubilmente legato” ad un reato PIF, sia pur solo a determinate condizioni individuate dal regolamento, in particolare per ciò che riguarda la maggior gravità del reato PIF rispetto a quello connesso.

 

5. Oltre alle illustrate modifiche strutturali, nel corso dell’intero negoziato si è assistito ad un progressivo spostamento del centro decisionale dell’EPPO verso la dimensione nazionale (esaltando il c.d. national link). Elemento chiave di tale strategia è stato fare in modo che, all’interno del Collegio, ciascun procuratore europeo sovrintenda, in linea di massima, ai soli casi che riguardano il proprio Stato di provenienza e diriga i “propri” PED, in dialogo costante con gli stessi. Il potere delle “Camere” di influire in concreto sui singoli procedimenti è in realtà limitato ed anche i casi di avocazione dei procedimenti verso il livello centrale vedrà in realtà il procuratore dello Stato membro interessato svolgere sempre un ruolo protagonista, essendo in sostanza preclusa agli altri procuratori europei la possibilità di seguire direttamente casi di Stati diversi dal loro, prevedendo in ogni caso, ove ciò avvenga nel limitato numero di ipotesi previsto dal regolamento, poteri sostanzialmente diminuiti. Del pari, le regole di riparto della competenza tra l’EPPO e le autorità nazionali rischiano di condurre, in molti casi, a vedere lo stesso soccombente in caso di eventuali conflitti positivi di competenza, anche dal momento che a decidere, in ultima istanza, saranno quasi sempre le autorità giudiziarie degli Stati membri.

 

6. Per ciò che riguarda il controllo giurisdizionale, il regolamento EPPO prevede per la Corte di giustizia europea un ruolo ridotto, stabilendone la competenza a pronunciarsi in via pregiudiziale solo in relazione ad un numero assai limitato di ipotesi, Tra queste devono in particolare segnalarsi le questioni relative alla validità degli atti procedurali della Procura europea, quando la questione sia sollevata direttamente sulla base del diritto dell'Unione, all'interpretazione o validità di disposizioni del diritto dell'Unione, compreso il regolamento stesso, ed infine all'interpretazione degli articoli relativi alla competenza materiale dell'EPPO, alle decisioni di archiviazione, nella misura in cui vengano contestate sulla base del diritto dell'Unione, ed infine sulle controversie relative al risarcimento dei danni causati dall'EPPO, a clausole compromissorie, al personale ed al diritto di accesso del pubblico ai documenti.

 

7. L'EPPO disporrà di un elenco di misure d'indagine (sensibilmente ridotto rispetto all’originaria proposta della Commissione) che dovranno esser messe a sua disposizione, a condizione che il reato per cui si procede sia punibile con una pena massima di almeno quattro anni di reclusione. Tra di esse figurano anche le misure di intercettazione che vengono tuttavia circondate da particolari cautele prevedendosi la possibilità, per gli Stati che lo desiderino, di limitarle solo a specifici reati gravi. In materia di libertà personale, i PED competenti, a seconda dei poteri di cui dispongano in forza del diritto nazionale in casi analoghi, potranno disporre direttamente od invece richiedere l’emissione di misure di arresto o di custodia cautelare, od ancora emettere o chiedere un mandato di arresto europeo ove il soggetto ricercato si trovi in un altro Stato membro.

 

8. Una volta concluse le indagini sarà il PED a formulare le proprie richieste alla camera permanente, chiedendo di esercitare o meno l'azione penale dinanzi a un giudice nazionale, di valutare un eventuale rinvio, di archiviare il caso od ancora di fare ricorso ad una “procedura semplificata” di tipo transattivo ma ciò sarà possibile in quei soli Stati che già conoscano procedure analoghe al “patteggiamento”. Se la camera permanente ha il pieno potere di chiedere al PED di procedere ad un riesame del caso, essa non potrà invece decidere l’archiviazione dello stesso se era stato proposto il rinvio a giudizio

 

9. Sotto il profilo delle garanzie procedurali di indagati e imputati, queste vengono rimesse ad un triplice livello di tutela, consistente nel rinvio alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, alle cinque direttive in materia di garanzie difensive già adottate dall’Unione ed infine alle garanzie addizionali previste dal diritto nazionale di ciascuno Stato partecipante. compresa la possibilità di presentare prove, di chiedere la nomina o l'audizione di periti e l'escussione di testimoni, potendosi anche richiedere all'EPPO di raccogliere prove “per conto della difesa.

 

10. Una volta divenuto operativo, l’EPPO dovrà instaurare “strette” relazioni di cooperazione con Eurojust, OLAF ed Europol e rapportarsi con gli altri partner dell’Unione, i paesi terzi e le organizzazioni internazionali attraverso la conclusione di accordi di lavoro di carattere tecnico/operativo finalizzati ad agevolare la cooperazione e lo scambio di informazioni tra le parti. A tal fine, in attesa della eventuale conclusione di nuovi accordi in futuro, sarà necessario fare in modo che l'EPPO possa avvalersi sin d’oggi, nel quadro della cooperazione internazionale, degli strumenti già esistenti cui sono parte i suoi Stati membri; ciò potrà avvenire, ad esempio, procedendo alla notifica da parte di ciascuno Stato dei propri PED quali soggetti della cooperazione.

 

11. Anche le (complesse) relazioni con gli Stati membri non partecipanti sarà affrontato attraverso la conclusione di “accordi di lavoro” riguardanti lo scambio di informazioni, il distacco di ufficiali di collegamento e di punti di contatto, senza pregiudicare l’eventuale conclusione in futuro di uno strumento giuridico ad hoc, relativo alla cooperazione penale tra l'EPPO e le autorità competenti di tali Stati.

 

12. Il regolamento entrerà in vigore 20 giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell’Unione - consentendo di dare avvio alle attività propedeutiche alla sua entrata in funzione, a cominciare dalla selezione del procuratore capo e dei procuratori europei - ma il concreto avvio delle indagini e delle azioni penali avverrà a non meno di tre anni di distanza, attraverso una separata decisione della Commissione su proposta del procuratore capo europeo e solo dopo l’avvenuta adozione del regolamento interno e degli altri atti di normazione secondaria quali le “direttive” cui è rimessa la disciplina di numerose scelte inerenti l’esercizio stesso dell’azione penale. Tutto questo induce a collocare intorno al 2021 il momento in cui potremo assistere all’avvio delle prime indagini direttamente condotte dalla procura.

 

13. Nell’attesa, sono già state da più parti avanzate proposte dirette ad un possibile allargamento della competenza della Procura europea al fine di ricomprendervi anche i più gravi reati transnazionali tra cui, in particolare, il terrorismo, così come espressamente consente l’ultimo comma dell’art. 86 TFUE, pur se richiedendo a tal fine l’unanimità del Consiglio europeo. L’Italia, con i ripetuti interventi  del Ministro della Giustizia Orlando a sostegno di tale tesi, si colloca in prima fila su tale fronte; l’idea è stata successivamente rilanciata anche dai Presidenti della Commissione e del Parlamento europeo e dal Presidente della Repubblica francese e sembra riscuotere un consenso crescente, almeno a giudicare dalle intenzioni espresse dai Ministri intervenuti in sede di Consiglio al momento della formale adozione del regolamento. La Commissione ha anche annunziato per il prossimo anno, in parallelo ad una revisione dello statuto dell’OLAF, per adeguare l’Ufficio alla nuova realtà, anche l’adozione di una comunicazione “in prospettiva 2025” dove dovrebbe venire affrontato anche il tema di una possibile estensione del mandato dell’EPPO anche ai reati di terrorismo.

 

14. Il quadro, come è dato vedere, è in pieno movimento e, nonostante i non pochi limiti e i numerosi difetti che caratterizzano il nuovo organismo - figlio, come quasi sempre avviene in Europa, di un difficile compromesso - la creazione della Procura europea sembra poter costituire, piuttosto che il punto di arrivo, quello di partenza verso più ambiziosi obbiettivi. Tra questi, in particolare, quello di un fronte comune europeo (che includa anche il versante giudiziario accanto a quelli, sinora privilegiati, del law enforcement e dello scambio di informazioni di intelligence) nei confronti della grande criminalità transfrontaliera, obbiettivo il cui perseguimento sembra reso purtroppo necessario dalla tragica attualità di questi ultimi anni. L’Italia, grazie anche al prezioso bagaglio di esperienza maturata nel corso del tempo soprattutto attraverso l’attività della Direzione Nazionale Antimafia (che non a caso ha visto recentemente estendere la propria competenza anche all’antiterorrismo), si colloca in posizione naturalmente privilegiata all’interno di tale quadro; ciò a condizione naturalmente che la volontà politica continui, anche in futuro e con la medesima determinazione, a coltivare una visione ambiziosa per la cooperazione europea, suscettibile di combinare il valore aggiunto connaturato a tale dimensione con quello offerto dalla preziosa esperienza faticosamente maturata a livello nazionale sul fronte della lotta al terrorismo ed al crimine organizzato.