ISSN 2039-1676


17 dicembre 2013

La risposta della Commissione europea alle obiezioni dei parlamenti nazionali sulla proposta di istituzione della Procura europea

Comunicazione COM(2013) 851 final della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e ai Parlamenti nazionali del 27.11.2013 sulla revisione della proposta di regolamento del Consiglio sulla istituzione dell'Ufficio del Procuratore europeo in relazione al principio di sussidiarietà, ai sensi del Protocollo n. 2

Per scaricare la comunicazione della Commissione, clicca qui.

 

Con la comunicazione qui segnalata, la Comissione ha risposto alle obiezioni sollevate da taluni parlamenti nazionali, in conformità all'art. 6 del Protocollo n. 2 al Trattato di Lisbona, in relazione all'asserito mancato rispetto del principio di sussidarietà della proposta di regolamento relativa all'isitituzione dell'ufficio del Procuratore europeo (clicca qui per scaricare il testo della proposta).

Più in particolare, 14 assemblee parlamentari nazionali (tra le quali la House of Commons e la House of Lords inglesi, nonché il Senato francese e le due camere olandesi - del tutto silenti, invece, Camera e Senato italiani, evidentemente in altre faccende affacendati) avevano, nelle otto settimane successive alla trasmissione del testo della proposta, inviato alle istituzioni europee un parere motivato con il quale sostenevano la non conformità della proposta rispetto al principio di sussidiarietà. Preso atto allora che queste 14 assemblee rappresentano oltre un quarto dei voti attribuiti complessivamente ai parlamenti nazionali ai sensi dell'art 7(1) del Protocollo n. 2, la Commissione ha proceduto al riesame della proposta ai sensi dell'art. 7(2) del medesimo Protocollo, onde valutare se confermarla, ritirarla o modificarla.

Con il documento ora pubblicato, la Commissione illustra ora le ragioni per cui ritiene di mantenere inalterata la proposta originaria, non condividendo le obiezioni dei parlamenti nazionali.

Preliminarmente, vale la pena di osservare che Commissione limita qui le proprie osservazioni ai soli profili, sollevati dai parlamenti nazionali, concernenti l'asserito mancato rispetto del principio di sussidiarietà, non estendendo il proprio esame ad altri profili pure toccati dai pareri dei parlamenti nazionali, come la violazione del principio di proporzione, il rischio di violazione dei diritti fondamentali da parte della Procura europea, ovvero il rischio che la nuova istituzione indebolisca l'efficacia dell'azione di contrasto alla criminalità da parte delle istituzioni nazionali degli Stati membri: profili, questi ultimi, estranei alla particolare procedura disciplinata dal Protocollo n. 2, e dei quali potrà semmai tenersi debito conto - osserva la Commissione - nelle ulteriori fasi dell'iter legislativo da parte delle competenti istituzioni europee.

In merito dunque al principio di sussidiarietà, la Commissione ribadisce anzitutto che l'assetto attuale, nel quale il contrasto alle frodi che offendono gli interessi dell'Unione è affidato esclusivamente alle istituzioni degli Stati membri, è insufficiente a garantire l'obiettivo fissato dal Trattato di un livello di tutela dissuasivo, efficace e equivalente in tutti i Paesi membri. I dati empirici raccolti dall'OLAF dimostrano in particolare che le indagini compiute dagli Stati membri - spesso su segnalazione della stessa OLAF - durano troppo a lungo, e spesso si concludono con archiviazioni, o comunque non sfociano nella condanna dei responsabili, per di più con percentuali di condanne diversissime da Stato a Stato. Né, aggiunge la Commissione, a tali deficienze potrebbe efficacemente ovviarsi mediante mere riforme delle istituzioni esistenti - OLAF, EUROPOL ed EUROJUST -, che necessitano pur sempre della collaborazione delle istituzioni nazionali preposte alle indagini e al promovimento dell'azione penale, e che non dispongono di strumenti autoritativi per far fronte ai complessi problemi di indagini e processi che coinvolgono casi a rilievo transnazionale.

Quanto poi al secondo volto del principio di sussidiarietà - e cioè il valore aggiunto che si confida di ottenere con un'azione a livello europeo rispetto a quanto può essere realizzato a livello nazionale -, la Commissione rileva come una politica unitaria di persecuzione dei delitti di frode livellerebbe le attuali intollerabili differenze nell'effettività del contrasto penalistico che si riscontrano tra gli Stati membri, evitando fenomeni di forum shopping da parte della criminalità e rafforzando il generale effetto deterrente delle norme penali nell'intero spazio giuridico europeo, consentendo altresì una conduzione unitaria delle indagini nei casi in cui l'attività criminale abbia rilevanza transfrontaliera, superando la necessità del ricorso - in questi casi - a più o meno complicate misure di cooperazione giudiziaria transnazionale.

In risposta alle obiezioni di taluni Parlamenti che, pur non contestando la legittimità della proposta, avrebbero preferito una maggiore collegialità nell'organizzazione della Procura, con un ufficio direttivo composto da rappresentanti delle procure nazionali e una presidenza a rotazione, la Commissione ribadisce la propria opzione per una struttura di carattere fortemente gerarchico, in omaggio a ragioni di maggiore efficienza nella persecuzione dei reati.

Infine, la Commissione mantiene ferma la propria proposta anche sotto il profilo della competenza esclusiva della Procura europea per i reati che ledono gli interessi finanziari, anche con riferimento a condotte compiute meramente all'interno di uno Stato membro (scelta, questa, non imposta, ma nemmeno vietata dall'art. 86 TFUE), nonché sotto il profilo della competenza c.d. ancillare della Procura per i reati diversi da quelli che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, ma a questi "inestricabilmente connessi": in omaggio, anche in questo caso, a esigenze di maggiore efficienza nella conduzione delle indagini e nella celebrazione dei relativi giudizi. (F.V.)