ISSN 2039-1676


17 dicembre 2012 |

Alcune buone ragioni per l'istituzione di un Ufficio del Procuratore europeo

Considerazioni in attesa della proposta della Commissione relativa all'istituzione di una Procura europea per la tutela degli interessi finanziari dell'UE

Andrea Venegoni è magistrato attualmente agente temporaneo presso l'Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF). Le opinioni espresse dall'autore in questo articolo sono strettamente personali, e non riflettono in alcun modo posizioni della Commissione Europea.

Clicca qui per accedere ai documenti pubblicati nel sito uìfficiale dell'OLAF relativi all'istituenda Procura europea.

 

1. Introduzione

Il 21 settembre 2012 la Corte d'Appello di Sofia ha riformato la sentenza di primo grado che aveva condannato un imprenditore bulgaro a 12 anni di reclusione per frode nell'ottenimento di fondi comunitari SAPARD e riciclaggio, assolvendolo. L'ipotesi di accusa era che egli avrebbe ottenuto i finanziamenti comunitari per acquistare delle macchine agricole in maniera indebita, non rispondendo i beni ai requisiti necessari per ottenere il contributo. I beni provenivano dalla Germania, sicché anche i titolari della società tedesca furono coinvolti nell'indagine in quanto compartecipi alla asserita frode. Il fatto è, però, che i rappresentanti della società tedesca, indagati e rinviati a giudizio e giudicati in Germania, furono alla fine condannati con sentenza definitiva[1].

La vicenda è sintomatica di quello che ancora oggi può verificarsi nella Unione Europea quando si ha a che fare con procedimenti penali per reati che consistono in condotte che integrano un unico fatto storico, ma che si sviluppano materialmente in più di uno Stato. Un episodio come questo porta legittimamente a domandarsi come sia possibile che, nell'Europa del 2012, alla transnazionalità dell'economia, degli affari, e anche di molte altre manifestazioni della nostra vita quotidiana come il viaggiare, lo spedire merci, il poter prestare un'attività in un altro Paese, non corrisponda invece una transnazionalità della giustizia penale, e si arrivi a simili risultati contraddittori. Porta anche a chiedersi, allora, se non sia possibile superare tali situazioni, per esempio attraverso la creazione di organismi di indagine penale sovranazionali, che possano avere una visione unitaria di fatti come quello descritto in apertura ed esercitare l'azione penale con forme e modalità che salvaguardino tale unitarietà.

In realtà, il tema della istituzione di un p.m. europeo è già da molti anni al centro di studi e di dibattiti. A differenza di quanto accadeva in passato, però, questo è il momento storico in cui tutte le riflessioni svolte possono prendere finalmente la forma compiuta di proposta legislativa, grazie alla consacrazione della possibilità di istituzione dell'Ufficio prevista dall'art. 86 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea (TFUE).[2]

La Commissione Europea, sulla base di questo decisivo riferimento legislativo che mancava prima del Trattato di Lisbona[3], ha colto prontamente l'opportunità, rilanciando in maniera decisa la questione già nella sua comunicazione COM (2011)293 del 26.5.2011 [4].

Nel piano di lavoro di attuazione del programma di Stoccolma, l'adozione di una iniziativa legislativa in tal senso ha anche un riferimento temporale preciso: la metà del 2013. Come si vede, quindi, tale data è più che prossima, tanto che i servizi coinvolti (OLAF e DG Giustizia) vi stanno già lavorando e l'uscita di un testo contenente la proposta è, salvo imprevisti dell'ultimo momento, ormai vicina.

In attesa della presentazione della proposta, appare opportuno inziare a riflettere sulle buone ragioni che supportano la creazione dell'Ufficio di un Pubblico Ministero europeo, la cui istituzione avrà certamente un impatto significativo anche sul sistema giudiziario italiano.

E' bene premettere che, del tutto verosimilmente, l'area di competenza dell'Ufficio al momento della sua istituzione sarà esclusivamente quella della protezione degli interessi finanziari della UE, come del resto previsto dalla formulazione dell'articolo 86 del TFUE. Eventuali ampliamenti della competenza, pure previsti dallo stesso articolo 86, potranno essere considerati successivamente.  Quale sia l'estensione di tale area e quali reati comprend,a lo si può desumere dagli atti legislativi che già disciplinano il settore: la Convenzione PIF del 1995 - che detta norme per proteggere gli interessi finanziari della UE da reati come la frode, la corruzione e il riciclaggio - ma anche dalla recentissima proposta legislativa della Commissione Europea COM (2012)363 dell'11.7.2012  [5] che amplia il novero dei reati che attentano all'integrità del bilancio UE prevedendo, oltre ai tre già indicati, anche quello di ostruzione di procedure per l'ottenimento di sussidi o contributi della UE e quello di appropriazione indebita o di malversazione di fondi europei[6].

La dimensione delle frodi e delle irregolarità' ai danni delle finanze comunitarie ha raggiunto in questi anni dimensioni sempre più preoccupanti. Basta rifarsi, al riguardo, all'ultimo rapporto della Commissione Europea sul punto, nonché all'ultimo rapporto annuale dell'Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode.

La domanda di fondo che ci si pone in questa sede è dunque: perché è necessaria l'istituzione dell'Ufficio del Pm europeo per condurre indagini su questi reati?

E' esperienza comune che le condotte che sono alla base di tali reati, coinvolgenti gli interessi finanziari europei, possono avere sia una dimensione transnazionale sia una dimensione puramente nazionale. E' dunque opportuno analizzare separatamente le ragioni che supportano la prospettiva di un unico organo investigativo europeo per ciascuna delle due ipotesi.

 

2.  Alcune ragioni per istituire un pubblico ministero europeo nei procedimenti transnazionali

Per analizzare la prima situazione, si consideri, oltre al caso citato in apertura, il seguente esempio: la società italiana A prepara in Italia e spedisce dalla sua sede una offerta per partecipare ad una gara d'appalto nel paese europeo B, finalizzata alla fornitura di macchinari per l'agricoltura. Contemporaneamente, la stessa società italiana dà ordine ad una sua controllata, che si trova nello stato europeo C, di versare una tangente ad uno dei funzionari pubblici dello Stato B, incaricato di gestire la gara.

L'esperienza pratica sviluppata in questi anni dall'Ufficio Europeo per la Lotta Antifrode (OLAF), ma anche da Eurojust, dimostra che sempre più in questi anni le Procure italiane - e non solo - si sono spesso dovute confrontare con casi analoghi.

Ora, posto di fronte ad un caso simile, un pubblico ministero oggi deve fin dall'inizio confrontarsi con alcuni difficoltà: anzitutto, in relazione alle modalità di acquisizione della prova all'estero.

Tenendo conto degli strumenti legislativi disponibili o potenzialmente disponibili nella legislazione italiana e comunitaria e degli organismi di indagine o cooperazione sovranazionale esistenti, la prova all'estero potrebbe oggi essere ottenuta con le seguenti modalità:

a) attraverso la presentazione di rogatorie nei vari Stati membri interessati, eventualmente con l'assistenza della Rete Giudiziaria Europea;

b) utilizzando le informazioni che le autorità di polizia si sono scambiate a livello amministrativo;

c) utilizzando le prove già acquisite dall'OLAF;

d) utilizzando gli strumenti di mutuo riconoscimento delle decisioni giudiziarie di un altro Stato membro;

e) utilizzando il coordinamento sovranazionale delle indagini penali compiuto da Eurojust.

Iniziando subito a sfrondare le sopra citate possibilità teoriche, in un caso di corruzione come quello appena presentato, l'opzione b)  (mutua assistenza amministrativa tra le autorità di polizia) non è praticabile perché non esiste alcuna normativa sovranazionale che disciplini la mutua assistenza amministrativa nel campo della corruzione o nel settore dei fondi strutturali europei (come quelli dell'esempio in questione). Esiste una legislazione sovranazionale europea che permette alle autorità di polizia di scambiarsi informazioni a livello amministrativo e la possibilità di usare le stesse anche nei procedimenti giudiziari nazionali, ma solo in determinati settori, per esempio quello doganale e della agricoltura.[7]

Anche l'opzione d) (utilizzazione degli strumenti di mutuo riconoscimento) non è ad oggi pienamente praticabile, almeno in Italia, perché non esiste una legislazione in vigore nel nostro Paese che permetta l'utilizzo del sistema del mutuo riconoscimento delle decisioni per il compimento di specifici atti investigativi, quali, per esempio, l'audizione di  un testimone o l'acquisizione di documenti all'estero[8]  oppure per eseguire ordini di congelamento di beni e di confisca[9], a differenza di quanto accade in materia di mandato di arresto europeo.

Quanto alla opzione c) (l'utilizzo delle indagini e degli elementi di prova compiuti dall'OLAF), la stessa presuppone ovviamente che il pubblico ministero interessato anzitutto sappia della esistenza dell'OLAF, e in secondo luogo conosca il quadro normativo in cui esso si muove e le possibilità che esso offre. Purtroppo l'esperienza pratica di questi anni dimostra che, nonostante tutti gli sforzi fatti dall'Ufficio in tal senso - sia collaborando, anche con grande successo, ad indagini concrete, sia partecipando alla formazione dei magistrati nei vari Stati Membri - la conoscenza dell'esistenza stessa dell'Ufficio e delle sue funzioni e dei suoi poteri rimangono riservati a pochi, in linea di massima a coloro ai quali è toccata in sorte l'avventura professionale di collaborazione in casi concreti. Le enormi potenzialità dell'Ufficio in materia di circolazione della prova nel territorio della UE, e cioè la possibilità che l'Ufficio ha - sulla base di regolamenti comunitari[10], pertanto direttamente applicabili - di raccogliere determinati elementi di prova senza limiti territoriali, nell'ambito delle proprie indagini amministrative, e di trasferirli nei procedimenti giudiziari nazionali, rimane grandemente non sfruttata, con grave danno per le indagini penali.

Peraltro, va anche detto che i casi in cui l'OLAF può porre in essere tali possibilità sono essenzialmente quelli in cui esso ha già aperto un fascicolo di indagine su una ipotesi di irregolarità o reato e ha sviluppato o ha possibilità di sviluppare una indagine autonoma. A scanso di equivoci, quindi, è bene precisare che l'OLAF non è una polizia giudiziaria europea che, a richiesta di un ufficio di Procura di uno Stato membro, raccolga  prove nel territorio della UE, o anche al di là di esso, su semplice delega dell'autorità giudiziaria ai fini di un procedimento penale, aggirando in tal modo la necessità del ricorso a rogatorie. L'OLAF, al contrario, opera solo nei casi in cui la propria indagine amministrativa può portare un valore aggiunto alla tutela delle finanze comunitarie, o perché non esiste alcuna indagine di altra natura sugli stessi fatti, o perché, pur esistendo  una indagine penale, residuano comunque spazi per l'inchiesta amministrativa dell'Ufficio. Ciò avviene, per esempio, quando l'indagine amministrativa OLAF potrebbe coprire aspetti non al centro dell'indagine penale, sia perché concernenti mere irregolarità amministrative, sia perché concernenti fatti storici collegati, ma diversi. Solo in tali casi l'OLAF può attivare i propri meccanismi di raccolta della prova a livello transnazionale e riversarli poi nel procedimento giudiziario nazionale.

Restano, quindi, non considerando ipotesi ancora residuali quale la istituzione e la partecipazione alle c.d. squadre investigative comuni - di diffusione limitata e comunque non praticabili in Italia, a causa della mancata ratifica della Convenzione Europea di assistenza giudiziaria del 2000 e di altri atti normativi europei -, le opzioni a) ed e). Sulla base delle stesse, ancora oggi l'autorità giudiziaria di uno Stato membro che voglia semplicemente porre delle domande ad una persona informata sui fatti che risieda in un altro Stato Membro della UE, o acquisire ivi dei documenti, deve fare ricorso alla rogatoria, e cioè a uno strumento a degli strumenti di tradizione ottocentesca che si basa sul principio del rispetto della sovranità nazionale in materia penale e processuale penale. Certo, oggi, tramite il coordinamento di Eurojust o l'azione della Rete Giudiziaria Europea, una simile attività investigativa può essere snellita o facilitata; ma certamente l'esistenza di Eurojust non fa venire meno in alcun modo - ed anzi, a ben vedere, ne è la conferma -  il principio di fondo sopra enunciato, che rende così complesso acquisire la prova all'estero.

Ovviamente, l'acquisizione della prova tramite le tradizionali rogatorie, per quanto facilitate da Eurojust o dalla Rete, comporta una notevole complessità e appesantimento del procedimento giudiziario nazionale, difficoltà nel redigere materialmente l'atto, nonché nel conoscere le modalità con le quali inoltrarlo; e comporta tempi di attesa a volte notevoli, appesantiti in alcuni casi da richieste di chiarimenti da parte dello Stato richiesto. Il tutto, mentre il termine di prescrizione continua inesorabilmente a decorrere.

E' evidente allora che un pubblico ministero - che ha in carico un altro migliaio di fascicoli, e quindi risorse temporali e organizzative limitate - possa trovarsi in difficoltà nella gestione di una indagine su fatti come quelli presentati nell'esempio in apertura. Non stupisce allora che la stessa Commissione Europea nella sua comunicazione del 2011 sopra citata, abbia evidenziato, sulla base di una consultazione effettuata tra numerosi procuratori nazionali che negli Stati membri trattano procedimenti su frodi comunitarie, che  il 60% circa degli intervistati abbia dichiarato di considerare gli elementi di transnazionalità di una indagine come fattori di ostacolo all'indagine medesima, mostrando quindi una sostanziale diffidenza verso tutto ciò che oltrepassa i confini nazionali[11].

Tale giudizio non muterebbe significativamente anche se tutte le opzioni sopra menzionate fossero pienamente sfruttabili: le rogatorie sono comunque caratterizzate da un formalismo che, per quanto possa essere snellito, non potrà essere attenuato più di tanto; le normative europee basate sul principio di mutuo riconoscimento richiedono una legislazione nazionale di attuazione, e talvolta quest'ultima ha interpretato e rielaborato le norme europee in una maniera tale da non rispecchiare più fedelmente i principi della originaria normativa comunitaria. I poteri dell'OLAF nell'attuale quadro istituzionale certamente non saranno ampliati[12], così come Eurojust, per quanto il suo ruolo sia stato recentemente rafforzato[13], non è un organismo che possa svolgere proprie indagini sovranazionali.

La soluzione dei problemi prospettati non può consistere, quindi, soltanto nel rendere effettivi tutti gli strumenti  ad oggi esistenti, attuati o meno che siano in Italia. Un passo ulteriore appare necessario, anche per adempiere pienamente l'obbligo sancito dall'art. 325 comma 2 TFUE, a tenore del quale "gli Stati Membri adottano, per combattere contro la frode che lede gli interessi finanziari della Unione, le stesse misure che adottano per combattere contro la frode che lede i loro interessi finanziari".

La concentrazione delle indagini sulle frodi comunitarie presso un organismo investigativo giudiziario europeo unitario che abbia la possibilità di fare circolare speditamente e senza eccessivi impedimenti la prova nello spazio giuridico europeo può, allora, rappresentare un salto di qualità in tal senso. Ciò, ovviamente, non significa che tale organismo debba avere una struttura a sua volta esclusivamente sovranazionale, con un ufficio centrale basato in una delle capitali delle istituzioni europee o internazionali (Bruxelles, Lussemburgo o L'Aia), potendo esso anche articolarsi in una struttura ramificata in rappresentanti delegati in ogni stato membro, funzionalmente appartenenti all'Ufficio Europeo quando trattano procedimenti rientranti nella sua competenza. Ciò che si vuol qui sostenere è piuttosto che, qualunque sia la struttura dell'Ufficio e quali che siano le regole processuali che esso potrà adottare, sarà comunque necessario che esso possa operare con un sistema di circolazione della prova in grado di ovviare alle criticità che oggi caratterizzano l'attività di acquisizione delle prove all'estero.

In tal senso, per quanto sia noto a tutti che l'art. 86 TFEU reciti che l'Ufficio del pubblico ministero europeo sarà istituito "a partire da Eurojust", in realtà anche l'esperienza accumulata dall'OLAF risulterà fondamentale, essendo questo organismo a tutt'oggi l'unico abilitato a condurre indagini - seppure amministrative - per le quali il territorio dell'UE rappresenta un unico spazio comune[14].

Oltre alle difficoltà in materia di acquisizione della prova, un pubblico ministero italiano che conduca oggi un'indagine su fatti di corruzione a livello transnazionale come quello opoc'anzi ipotizzato si scontrerà con quesiti di non facile soluzione circa le modalità di esercizio dell'azione penale. Sempre l'esperienza pratica insegna che, oggi, in un caso simile, è altamente improbabile che il funzionario pubblico dello Stato B, che pure è parte necessaria del reato di corruzione, venga perseguito in Italia, per quanto la sua condotta sia inscindibilmente legata, soprattutto ai fini probatori, a quella della società italiana e della sua controllata. Quel funzionario verrà quindi perseguito nel proprio Stato, ma sulla base delle prove che la autorità giudiziaria locale sarà stata in grado di acquisire in maniera autonoma. Certo, ci potrà essere una collaborazione con la autorità giudiziaria italiana e la possibilità di trasmissione di prove e documenti già acquisiti; ma ciò non toglie che le due indagini penali siano due procedimenti separati uno dall'altro, condotti secondo criteri che potrebbero anche essere diversi, basati sui rispettivi sistemi nazionali, per cui potrebbe non escludersi che per un unico fatto storico si pervenga a due conclusioni giudiziarie diverse in due Stati membri.

Se, al contrario, l'indagine su tutta la vicenda venisse conbdotta da un unico ufficio transnazionale che abbia avuto la possibilità di avere una piena visione dei fatti e di raccogliere tutte le prove necessarie in tutti i Paesi coinvolti, e che avesse altresì il potere di esercitare l'azione penale davanti ad una sola giurisdizione nazionale nei confronti di tutti gli imputati - ovviamente sulla base di criteri di individuazione oggettivi, per evitare rischi di forum shopping -, un simile rischio di sentenze divergenti sarebbe annullato.

 

3. Alcune ragioni per istituire un pubblico ministero europeo nei procedimenti puramente nazionali

Ma anche nelle indagini puramente nazionali riguardanti gli interessi finanziari della UE vi sono buoni motivi per innovare il quadro istituzionale.

Con l'espressione "procedimenti puramente nazionali" in materia di frodi comunitarie si intendono quelli che riguardano reati integrate da condotte interamente compiute nel territorio di un unico Stato membro, e non vi sia necessità di acquisire prove all'estero. Rispetto a tali procedimenti non si pongono, quindi, i problemi analizzati sopra; e tuttavia anche per essi la concentrazione in un unico ufficio europeo appare auspicabile.

E' constatazione comune in molti Paesi membri della UE quella per cui i procedimenti giudiziari attinenti ai reati che riguardano gli interessi finanziari della Unione, anche di dimensione puramente nazionale, non sono avvertiti né trattati come prioritari dalle autorità giudiziarie nazionali. I motivi di tale situazione sono vari: lo scarso allarme sociale che tali reati suscitano, non avendo un impatto immediatamente percepibile sulla vita quotidiana dei cittadini; il tecnicismo delle relative indagini; la prescrizione spesso troppo breve, che rende poco realistiche le prospettive di arrivare ad una sentenza di merito in fase dibattimentale. Per tutti questi motivi e probabilmente altri ancora, questi reati finiscono per non essere avvertiti come urgenze in uffici giudiziari spesso oberati da altre migliaia di fascicoli.

Peraltro, proprio l'esperienza dell'OLAF di contatto diretto con le autorità giudiziarie alle quali vengono talvolta trasmessi i fascicoli nei quali si ritiene sia necessaria anche un'indagine penale, sembra dimostrare che la mancata priorità ai casi di frodi comunitarie a volte ricorra a prescindere da reali elementi che la giustifichino, quali quelli appena indicati. Questa visione, comprensibile ma - sia consentito - frutto di una conoscenza probabilmente non approfondita delle problematiche della materia delle frodi comunitarie, comporta in realtà gravi danni agli Stati membri.

Esiste d'altra parte una normativa comunitaria, direttamente applicabile negli Stati membri, che sanziona l'inerzia con cui gli stessi trascurano di tutelare le finanze comunitarie. Si pensi alla normativa specifica nel settore della politica agricola comune, secondo cui se uno Stato Membro non recupera entro otto anni dalla data del primo verbale gli importi accertati come oggetto di frode o irregolarità, quando per il recupero è stato attivato un procedimento giudiziario (e addirittura entro 4 anni quando non è pendente un procedimento giudiziario), lo Stato sarà tenuto a sopportrea il costo del mancato recupero nella misura del 50% della somma in questione[15]. E' del tutto evidente che, su cifre di decine o centinaia di milioni di euro, un aggravio del 50% di tali importi significa un peso decisivo per l'economia di un Paese, a maggior ragione in una situazione di crisi come quella odierna.

La trattazione efficace e rapida dei procedimenti giudiziari in materia di frodi comunitarie è quindi essenziale. In questo senso, un ufficio che sia dedicato solo a questo tipo di procedimenti assicurerebbe una migliore trattazione degli stessi, sia in termini di quantità che di qualità, creando le premesse perché molti Stati membri possano evitare di subire l'applicazione delle sanzioni finanziarie sopra citate, con correlativo beneficio della stessa Unione Europea, che vedrebbe aumentare le possibilità di recupero delle somme oggetto di frode.

 

4. Conclusioni

Certamente, è prevedibile l'obiezione per cui, se il contrasto ad una specifica categoria di reati è motivo sufficiente per creare un apposito ufficio investigativo giudiziario, allor altri uffici sovranazionali dovrebbero essere creati per trattare procedimenti anche in altri settori, quali, per esempio, il traffico illecito di rifiuti, la contraffazione, il traffico di droga, le pedopornografia, la tratta di esseri umani e così via.

Occorre però tenere in adeguata considerazione, in primo luogo, la specificità del settore della protezione degli interessi finanziari della Unione Europea, che costituisce la materia comunitaria per eccellenza, poiché riguarda un settore da cui dipende l'esistenza stessa della Unione. Tutelando le finanze comunitarie, la UE tutela se stessa, e di conseguenza i propri contribuenti/cittadini, cosa che non avviene per tutti gli altri settori del diritto penale.

In secondo luogo, la creazione di un ufficio giudiziario sovranazionale per combattere altri gravi reati transnazionali, oltre alle frodi, è esattamente ciò che ipotizza l'art. 86 TFEU, e non vi sarebbe quindi alcun bisogno di creare una molteplicità di organismi quanti sono i settori di indagine, dato che è già il Trattato che prevede la possibilità di estendere a tutti questi reati la competenza dell'istituendo procuratore europeo.

E' prevedibile poi anche l'obiezione secondo cui la accentuata transnazionalità dei procedimenti penali potrebbe comportare gravi rischi di abbassamento delle garanzie difensive. In realtà, è assolutamente essenziale - nell'interesse stesso della futura procura europea - che i diritti della difesa siano puntualmente garantiti e rispettati; e non è un caso che la legislazione comunitaria preveda già una serie di atti normativi che vanno proprio in questa direzione[16]. Sotto questo profilo, addirittura, si potrebbe arrivare a sostenere che, contrariamente a certi timori diffusi, maggiore uniformità della normativa europea significa maggiore tutela dei diritti difensivi rispetto al sistema frammentato attuale, in particolare nei procedimenti transnazionali. Non vi è alcun dubbio, infatti, che l'esistenza di regole procedurali comuni applicabili in tutto il territorio della UE si traduce in una certezza dei diritti dei diritti della difesa, cosicché, per esempio, un cittadino italiano avrebbe piena contezza delle regole con le quali può essere sottoposto ad indagine in un altro Stato UE, a differenza di quanto accade sulla base del principio del mutuo riconoscimento che si basa, di fatto, sulla diversità dei sistemi giuridici.

Alla luce di tutte queste considerazioni, sembrano quindi esservi buoni motivi in favore della istituzione dell'Ufficio del Procuratore Europeo. Ovviamente molti aspetti di carattere tecnico devono essere considerati nella istituzione dell'Ufficio, a comiciare - si ripete - da quello delle garanzie difensive; ma conquistare un consenso vasto sul principio di fondo della necessità della sua istituzione è il punto da cui si deve partire per affrontare poi in dettaglio il merito delle varie questioni giuridiche che esso pone.

Spetterà poi, ovviamente, alla volontà politica permettere il compimento di un passo così significativo verso l'integrazione europea. A questo proposito, sarebbe importante che l'Italia fosse in prima fila nel sostenere l'iniziativa, soprattutto considerando che il nostro Paese avrà la presidenza del Consiglio della UE nel secondo semestre 2014 - quando prevedibilmente la proposta legislativa sarà in discussione nei negoziati con le altre Istituzioni della Unione -, proprio in nome di quel principio di integrazione europea che, se da un lato certamente non deve essere mitizzato come la panacea di tutti i mali, dall'altro è però, probabilmente, una risposta necessaria di fronte alle sfide che il mondo contemporaneo pone all'Europa, non soltanto nel settore della tutela dei propri interessi finanziari.  

 


[1] Cfr.  http://sofiaglobe.com/2012/09/21/sofia-court-overturns-sentences-in-sapard-fraud-suit/

[2] L'art. 86 del Trattato sul Funzionamento della Unione Europea recita:

1. Per combattere i reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, il Consiglio, deliberando mediante regolamenti secondo una procedura legislativa speciale, può istituire una Procura europea a partire da Eurojust. Il Consiglio delibera all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo. In mancanza di unanimità, un gruppo di almeno nove Stati membri può chiedere che il Consiglio europeo sia investito del progetto di regolamento. In tal caso la procedura in sede di Consiglio è sospesa. Previa discussione e in caso di consenso, il Consiglio europeo, entro quattro mesi da tale sospensione, rinvia il progetto al Consiglio per adozione. Entro il medesimo termine, in caso di disaccordo, e se almeno nove Stati membri desiderano instaurare una cooperazione rafforzata sulla base del progetto di regolamento in questione, essi ne informano il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione. In tal caso l'autorizzazione a procedere alla cooperazione rafforzata di cui all'articolo 20, paragrafo 2 del trattato sull'Unione europea e all'articolo 329, paragrafo 1 del presente trattato si considera concessa e si applicano le disposizioni sulla cooperazione rafforzata.

2. La Procura europea è competente per individuare, perseguire e rinviare a giudizio, eventualmente in collegamento con Europol, gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell'Unione, quali definiti dal regolamento previsto nel paragrafo 1, e i loro complici. Essa esercita l'azione penale per tali reati dinanzi agli organi giurisdizionali competenti degli Stati membri.

3. I regolamenti di cui al paragrafo 1 stabiliscono lo statuto della Procura europea, le condizioni di esercizio delle sue funzioni, le regole procedurali applicabili alle sue attività e all'ammissibilità delle prove e le regole applicabili al controllo giurisdizionale degli atti procedurali che adotta nell'esercizio delle sue funzioni.

4. Il Consiglio europeo può adottare, contemporaneamente o successivamente, una decisione che modifica il paragrafo 1 allo scopo di estendere le attribuzioni della Procura europea alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale, e che modifica di conseguenza il paragrafo 2 per quanto riguarda gli autori di reati gravi con ripercussioni in più Stati membri e i loro complici. Il Consiglio europeo delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo e previa consultazione della Commissione.

[3] Tranne che nell'articolo III- 274 del Trattato che adottava una Costituzione per l'Europa, firmato a Roma il 29 ottobre 2004,  ma mai entrato in vigore a causa dell'esito negativo dei referendum popolari in Francia nel maggio 2005 e nei Paesi Bassi nel giugno dello stesso anno

[4] Comunicazione della Commissione Europea COM(2011)293 del 26 maggio 2011 al Parlamento Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni - La tutela degli interessi finanziari dell'Unione europea attraverso il diritto penale e le indagini amministrative - Una politica integrata per salvaguardare il denaro dei contribuenti

[5] Per un commento alla stessa sia consentito rinviare a A. Venegoni, Prime brevi note sulla proposta di Direttiva della Commissione Europea per la protezione degli interessi finanziari della Unione attraverso la legge penale COM(2012)363 (c.d. Direttiva PIF), in Dir. penale, contemporaneo., 2012

[6] Tale proposta è peraltro in discussione in questi mesi al Consiglio della UE e al Parlamento Europeo, e quindi non si possono escludere modifiche nel testo finale che risulterà dai negoziati.

[7] Si veda il reg. CE 515/97 sulla mutua assistenza amministrativa

[8] Nella legislazione comunitaria esiste la figura del Mandato Europeo di Ricerca della Prova (European Evidence Warrant - EEW - decisione quadro 2008/978/GAI), che si basa sul principio del mutuo riconoscimento, limitato peraltro a taluni tipi di prove, ma la normativa comunitaria sopra indicata non è ancora stata attuata dalla gran parte degli Stati Membri, tra cui l'Italia. Nel giugno 2010, sette Stati Membri hanno presentato una iniziativa legislativa di direttiva sull'Ordine Investigativo Europeo (European Investigative Order - EIO) che permetterebbe di andare oltre i limiti della decisione quadro, sempre basandosi sul principio del mutuo riconoscimento; tale ultima iniziativa legislativa, però, al momento non e' ancora stata approvata; in particolare, per quanto riguarda l'EIO sono ancora in corso i negoziati presso il Consiglio della UE ed il Parlamento Europeo

[9] Si vedano la decisione quadro 2001/500/GAI sulla identificazione e confisca di proventi di reato, la decisione quadro 2003/577/GAI sulla esecuzione nella UE di ordini di blocco dei beni, la decisione quadro 2005/212/GAI su confisca di beni, strumenti e proventi di reato, la decisione quadro 2006/783/GAI sul mutuo riconoscimento delle decisioni in materia di confisca.

[10] Regolamento CE 1073/99 , con particolare riferimento all'art. 9

[11] Testualmente dalla comunicazione COM(2011)293 sopra citata: "Da uno studio recente è risultato che il 60% degli intervistati (pubblici ministeri nazionali specializzati in interessi finanziari) considera la dimensione europea un fattore che ostacola i casi giudiziari e quindi il 54% limita talvolta le proprie indagini agli elementi nazionali. Il 40% ritiene che la normativa nazionale non incoraggi ad avviare procedimenti relativi a casi europei, mentre il 37% ha già deciso di non contattare un'istituzione europea in determinati casi, essenzialmente perché ciò richiede troppo tempo".

[12] La modifica del regolamento 1073/99 sui poteri procedurali dell'OLAF è in corso di approvazione dopo un negoziato durato circa otto anni presso il Consiglio della UE e il Parlamento Europeo, ma non muta i poteri investigativi dell'Ufficio.

[13] Si veda, tra l'altro, la decisione 2009/426/GAI del 16 dicembre 2008.

[14] D'altra parte, l'idea che il territorio della UE sia un unico spazio comune a fini investigativi non è completamente nuova e ha già delle applicazioni pratiche, seppure non nel settore delle indagini penali. Oltre alle già citate indagini amministrative dell'OLAF, ai sensi del regolamento CE 1073/99 e della normativa specifica sull'accertamento delle irregolarita', si pensi anche alle indagini in materia di tutela della concorrenza ai sensi del regolamento CE 1/2003.

[15] Art. 32 del regolamento (CE) N. 1290/2005del Consiglio, del 21 giugno 2005, relativo al finanziamento della politica agricola comune (GU L 209 del 11.8.2005, pag. 1)

[16] Si pensi, per esempio, alla Direttiva 2010/64/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio sul diritto all'interpretazione e traduzione, e alla Direttiva 2012/13/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio sul diritto all'informazione nei procedimenti penali, già approvate, oltre alle altre proposte legislative in materiale di diritti difensivi tuttora in discussione