21 febbraio 2018 |
Sanità penitenziaria e doppio binario. Alcune puntualizzazioni a margine di "Il reo folle e le modifiche dell'ordinamento penitenziario"
Riceviamo e volentieri pubblichiamo questo intervento del Prof. Marco Pelissero, ordinario di diritto penale nell'Università di Torino e presidente della Commissione, istituita con decreto del Ministro della Giustizia del 19 luglio 2017, incaricata di redigere una proposta di riforma del sistema normativo delle misure di sicurezza personali e dell’assistenza sanitaria in ambito penitenziario, specie per le patologie di tipo psichiatrico, e per la revisione delle pene accessorie, al fine di predisporre gli schemi di decreto legislativo secondo le previsioni della legge 23 giugno 2017, n. 103 recante 'Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario'.
Nel lavoro “Il reo folle e le modifiche dell’ordinamento penitenziario”, Mario Iannucci e Gemma Brandi analizzano lo schema di decreto legislativo licenziato dal Governo ed in corso di approvazione nella parte relativa alla sanità penitenziaria. Mi siano consentite alcune puntualizzazioni sulle considerazioni strettamente giuridiche svolte nel lavoro, necessarie per far comprendere il senso delle proposte di riforma, pur nella pluralità dei punti di vista sul tema dell’assistenza psichiatrica in ambito penitenziario.
Anzitutto, mi preme chiarire che la Commissione da me presieduta (e la cui composizione non è stata nella disponibilità del sottoscritto) ha svolto diverse audizioni di esperti psichiatri (forensi e clinici) che hanno fornito importanti sollecitazioni alla Commissione.
1) Il doppio binario e l’art. 89 c.p.
Lo schema di decreto legislativo, secondo gli Autori, avrebbe proceduto alla rivisitazione del sistema del doppio binario, non alla sua soppressione, «poiché, per farlo, come si capisce, occorrerebbe abrogare, nel codice penale, l’art. 89 c.p., modificando contestualmente l’art. 95 lì dove prevede il ricorso all’art. 89».
Lo schema di decreto legislativo non dispone affatto il superamento del doppio binario, semplicemente perché il Governo non ha, al momento, approvato la riforma delle misure di sicurezza personali che costituivano un punto qualificante della legge delega (art. 1, comma 16, lett. c e d, l. 103/2017). Il testo elaborato dalla Commissione rimane al momento riservato.
In ogni caso, a prescindere dalle proposte della Commissione su questo punto, mi preme subito evidenziare che non è affatto vero che l’abolizione del doppio binario presuppone l’abrogazione dell’art. 89 c.p. Questa norma si limita a disciplinare il vizio parziale di mente, stabilendo una riduzione della pena e nulla disponendo in ordine al c.d. “doppio binario”. È, infatti, pacifico che per “doppio binario” si intende un sistema sanzionatorio connotato dalla presenza di pene accanto a misure di sicurezza e, per taluni autori, indicherebbe più in specifico un sistema nel quale pene e misure di sicurezza possono essere congiuntamente applicate ad uno stesso soggetto (come accade nel nostro sistema con riferimento ai soggetti imputabili e semi-imputabili pericolosi). Dunque, l’abrogazione dell’art. 89 c.p. non ha alcun collegamento con l’abolizione o il mantenimento del doppio binario: è solo incidendo sulla disciplina delle misure di sicurezza personali che si potrà superare il doppio binario.
2) Il doppio binario e l’art. 148 c.p.
Gli Autori affermano che lo schema di decreto legislativo «prevede che nelle REMS non vengano più “ricoverati” gli ex 148 c.p. e gli osservandi”, procedendo surrettiziamente ad una “rivisitazione del doppio binario».
Non c’è alcuna “surrettizia” rivisitazione del doppio binario, perché ancora una volta non vengono in considerazione le misure di sicurezza personali, che, peraltro, in questa materia sono mai entrate in discussione. Semmai il sistema pregresso prevedeva l’anomalia di fare delle strutture degli OPG il “luogo” al quale destinare non solo i soggetti destinatari in via definitiva o provvisoria delle misure di sicurezza personali, ma anche altri di soggetti che avevano caratteristiche completamente diverse (periziandi; condannati con infermità psichica sopravvenuta): il sistema andò incontro alle critiche anche della psichiatria, perché in tal modo incanalava in un unico luogo persone con caratteristiche eterogenee ed esigenze molto diverse.
Sono allora comprensibili le critiche sollevate dal c.d. emendamento Mussini, ossia la lett. d) dell’art. 1, comma 16, l. 103/2017, che è opportuno riportare nella sua interezza:
“tenuto conto dell'effettivo superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari e dell'assetto delle nuove residenze per l'esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), previsione della destinazione alle REMS prioritariamente dei soggetti per i quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale, nonché dei soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, degli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e di tutti coloro per i quali occorra accertare le relative condizioni psichiche, qualora le sezioni degli istituti penitenziari alle quali sono destinati non siano idonee, di fatto, a garantire i trattamenti terapeutico-riabilitativi, con riferimento alle peculiari esigenze di trattamento dei soggetti e nel pieno rispetto dell'articolo 32 della Costituzione”.
Orbene, dalla lettura di questo criterio direttivo della legge delega emerge che alle REMS devono essere assegnati in via prioritaria i “soggetti per i quali sia stato accertato in via definitiva lo stato di infermità al momento della commissione del fatto, da cui derivi il giudizio di pericolosità sociale”, mentre solo in via eventuale e residuale potranno esservi ricoverati i soggetti per i quali l'infermità di mente sia sopravvenuta durante l'esecuzione della pena, gli imputati sottoposti a misure di sicurezza provvisorie e tutti coloro per i quali occorra accertare le relative condizioni psichiche Rispetto a queste tre categorie di soggetti la legge delega individua come luogo prioritario di destinazione le “sezioni degli istituti penitenziari”.
Con riferimento ai soggetti con infermità psichica sopravvenuta la Commissione, come emerge chiaramente dalla relazione allegata all’articolato, si è mossa – in linea con quanto era già emerso in sede di Stati generali sull’esecuzione penale – nella direzione di abrogare l’art. 148 c.p. ed ampliare l’art. 147 c.p. così da estendere la disciplina sul rinvio facoltativo della pena ai casi di grave infermità psichica sopravvenuta: la soluzione proposta offre un ventaglio di interventi che guardano in primo luogo alle esigenze di cura della persona, in quanto si apre alla possibilità di disporre la nuova misura di affidamento in prova a contenuto terapeutico (art. 47-septies ord. penit.) e, qualora questa non sia possibile per mancanza dei presupposti applicativi, la detenzione domiciliare da eseguire in idoneo luogo di cura e assistenza (art. 47-ter ord. penit.). La soluzione “carceraria” dovrebbe, quindi, costituire strumento marginale di intervento.
Tuttavia, anche nei casi in cui non fosse possibile disporre l’applicazione di una misura alternativa, la soluzione dell’istituto penitenziario, con specifiche sezioni a gestione sanitaria, è parsa la soluzione più adeguata.
Prevedere la destinazione dei condannati con infermità psichica sopravvenuta alle REMS, oltre a non tener conto del fatto che la legge delega indica le sezioni penitenziarie come il luogo prioritario di destinazione, trascura il fatto che queste strutture sono assediate da lunghe liste d’attesa che principalmente sono dovute alla richiesta di applicazione di misure di sicurezza in via provvisoria. La soluzione accolta nello schema di decreto legislativo evita di aggravare la situazione delle REMS, in linea con le indicazioni della legge delega.
Anche la soluzione proposta con il nuovo art. 11-bis ord. penit. per i periziandi risponde ad una indicazione dell’art. 1 comma 16, lett. d) l. 103/2017 che vede costoro destinati in via principale alle sezioni peniteziarie. Peraltro, il testo approvato dal Governo prevede, in alternativa al ricovero nelle sezioni speciali, che il giudice possa «disporre che l’accertamento sia svolto presso idonea struttura indicata dal competente dipartimento di salute mentale».
3) Le sezioni per detenuti con infermità.
La Commissione ha ritenuto di valorizzare le sezioni per detenuti con infermità (già presenti nel sistema normativo: art. 65 ord. penit.) per garantire anche in ambito penitenziario una più efficace ed effettiva assistenza psichiatrica attraverso la gestione esclusivamente sanitaria di tali sezioni (che pur permangono all’interno del carcere). Si tratta, tuttavia, di una soluzione del tutto sussidiaria – ed il punto mi pare essenziale – perché il carcere deve costituire l’estremo rimedio, laddove non sia possibile intervenire altrimenti mediante misure alternative alla detenzione che dovrebbero costituire lo sbocco ordinario per i condannati con infermità psichica. In questa direzione si spiega l’introduzione della nuova forma di affidamento in prova di cui all’art. 47-septies ord. penit.
Comprendo benissimo i limiti di una riforma connotata dalla mannaia della clausola di invarianza finanziaria e sul punto non posso che concordare con le osservazioni critiche sviluppate nel lavoro a firma Iannucci e Brandi, perché già durante i lavori preparatori della legge delega avevo stigmatizzato i limiti di una riforma dell’ordinamento penitenziario a costo zero.
Alla Commissione tecnica è parso, però, che la soluzione delle sezioni in carcere a gestione sanitaria costituisse una novità da valorizzare, evitando di aggravare i rischi di sovraffollamento delle REMS che vivono una stagione delicatissima di assestamento, in un contesto normativo che – nonostante le riforme importanti degli anni 2012-2014 – rimane ancora fortemente incerto, diviso tra tre testi che si sovrappongono con logiche diverse: la disciplina extracodicistica, che si muove nella direzione della modernità; il codice penale, ancorato al passato e bisognoso di ammodernamento; l’ordinamento penitenziario che lascia irrisolti molti dubbi sul regime giuridico che interessa le persone ricoverate in queste strutture.
4) Lo schema di decreto legislativo e le riforme abolitive del sistema del doppio binario.
Gli Autori stabiliscono un nesso forte tra lo schema di decreto legislativo e le «varie proposte di legge finalizzate ad abolire il “doppio binario”, restituendo il “diritto alla pena” al malato di mente autore di reato»; vedono nello schema riflesse le soluzioni proposte dal Commissario Corleone e da alcuni disegni di legge in tema di riforma dell’imputabilità e delle misure di sicurezza.
A prescindere dalla condivisibilità o meno delle proposte di riforma in tema di imputabilità e doppio binario, è fuorviante stabilire un nesso tra la disciplina approvata dal Governo e le soluzioni avanzate in alcune proposte di riforma per riconoscere anche ai malati di mente il c.d. diritto alla pena. Vorrei ricordare che quelle proposte (progetto Corleone, 9 maggio 1996; progetto Grossi 29 settembre 1983) ritenevano che il problema del malato di mente autore di reato dovesse essere risolto attraverso la specializzazione del trattamento penitenziario; partivano dal presupposto che l’infermità psichica non escludesse né diminuisse l’imputabilità. Nulla di tutto questo compare nella legge delega che, nei principi e criteri direttivi sulla revisione della disciplina delle misure di sicurezza personali, indica l’abolizione del sistema del doppio binario (ossia di pena congiunta a misura di sicurezza) solo per i soggetti a capacità diminuita, prevedendo il mantenimento delle misure di sicurezza non solo per i soggetti non imputabili, ma anche per i soggetti imputabili pericolosi. Per i soggetti a capacità diminuita già oggi è previsto il carcere, perché non si tratta di prosciolti per vizio di mente: sono soggetti riconosciuti responsabili per quanto con l’applicazione di una pena diminuita (ex art. 89 c.p.), alla quale può essere affiancata, in caso di pericolosità, anche la misura di sicurezza della casa di cura e di custodia (ex art. 219 c.p.), eseguita oggi nelle REMS. Ben venga, dunque, rispetto ai soggetti a capacità diminuita l’eliminazione degli effetti abnormi del doppio binario, così come indicato nella legge delega: “previsione, in caso di capacità diminuita, dell'abolizione del sistema del doppio binario e previsione di un trattamento sanzionatorio finalizzato al superamento delle condizioni che hanno diminuito la capacità dell'agente, anche mediante il ricorso a trattamenti terapeutici o riabilitativi e l'accesso a misure alternative, fatte salve le esigenze di prevenzione a tutela della collettività” (art. 1, comma 16, lett. c l. 103/2017). Sul punto la legge delega si pone in linea di continuità con quanto avevano già proposto tutti i più recenti progetti di riforma del codice penale (mi riferisco a quelli elaborati dalle Commissioni Grosso, Nordio, Pisapia), eliminando per i soggetti condannati con vizio parziale di mente l’applicazione congiunta di pene e misure di sicurezza, che rappresenta uno dei punti più deprecabili della disciplina del codice penale Rocco.
Dunque, quale abolizione surrettizia del doppio binario? La legge delega, purtroppo, mantiene ancora molto (troppo, a mio personale avviso) doppio binario; ed in ogni caso l’unica apertura davvero innovativa a restringere il doppio binario non ha trovato per ora accoglimento nello schema di decreto legislativo sulla riforma dell’ordinamento penitenziario, in quanto non è stata data attuazione alla delega sulla riforma delle misure di sicurezza personali. Le persone condannate e riconosciute affette da un vizio parziale di mente, al momento, rimangono purtroppo destinatarie di pene e misure di sicurezza.