ISSN 2039-1676


11 dicembre 2018 |

Detenzione domiciliare ‘ordinaria’ del padre di prole di età inferiore a 10 anni ed evasione: la Corte costituzionale limita la rilevanza penale del fatto all’allontanamento superiore a 12 ore, come nell’ipotesi della detenzione domiciliare ‘speciale’

Corte cost., sent. 25 ottobre 2018 (dep. 22 novembre 2018), n. 211, Pres. Lattanzi, Red. Zanon

Per leggere il testo della sentenza, clicca qui.

 

1. Con sentenza n. 211 del 25 ottobre 2018, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 47 ter, comma 1 lett. b) e comma 8 della Legge n. 354 del 26 luglio 1975 (ordinamento penitenziario, d’ora in avanti o.p.), nella parte in cui non limita la punibilità per il delitto di evasione (art. 385 c.p.) al solo allontanamento che si protragga si protragga per più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47 sexies, commi 2 e 4 o.p., sul presupposto di cui all’art. 47 quinquies, comma 1 o.p., che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti.

 

2. Partendo dal dato normativo, occorre rilevare che l’art. 47 ter comma 1 lettera b) o.p., relativo alla detenzione domiciliare “ordinaria”, stabilisce che “il padre, esercente la responsabilità genitoriale, di prole di età inferiore ad anni dieci con lui convivente, quando la madre sia deceduta o altrimenti assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole” può espiare nella propria abitazione o in altro luogo di privata dimora (ovvero in luogo pubblico di cura, assistenza o accoglienza), la pena della reclusione non superiore a quattro anni (anche se costituente parte residua di maggior pena), nonché la pena dell’arresto.

Il comma 8 del medesimo art. 47 ter o.p. prevede che il condannato alla detenzione domiciliare, se si allontana dalla propria abitazione (o da uno degli altri luoghi sopra specificati), “è punito ai sensi dell’art. 385 c.p.”, cioè per il delitto di evasione, quale che sia la durata e la ragione dell’allontanamento.

Diversamente, la detenzione domiciliare speciale, introdotta dalla L. 40/2001, applicabile “quando non ricorrono le condizioni di cui all’art. 47 ter” (quindi quando la pena da scontare è superiore a quattro anni), e rivolta in modo specifico ai genitori di minori in tenera età, prevede una disciplina più flessibile “in caso di ritardo nel rientro nel domicilio, per venire incontro ai contingenti ed imprevisti bisogni derivanti dalla cura dei bambini” (in tal senso, Corte cost., sent. n. 177/2009). Per la condannata ammessa alla detenzione domiciliare speciale di cui all’art. 47 quinquies o.p. è infatti previsto che l’assenza dal domicilio senza giustificato motivo per non più di dodici orepuò” essere motivo di revoca della misura (art. 47 sexies, comma 1 o.p.): escluso ogni automatismo, viene lasciato al giudice il compito di esaminare caso per caso, attribuendo il giusto perso all’interesse del minore, l’opportunità di sanzionare con la revoca comportamenti della condannata non giustificabili dal punto di vista della doverosa osservanza delle prescrizioni che accompagnano il regime della detenzione domiciliare. Solo se l’assenza si protrae per un tempo maggiore la condannata sarà punita ai sensi dell’art. 385 c.p. (art. 47 sexies, comma 2 o.p.). Tale disciplina – ai sensi dell’art. 47 sexies, comma 4 o.p. – si applica anche al padre detenuto, qualora la detenzione domiciliare speciale gli sia stata concessa in base all’art. 47 quinquies, comma 7 o.p. (vale a dire, in caso di morte della madre o sua impossibilità a curare i figli e in assenza di altre opzioni di affidamento della prole).

 

3. Va segnalato che la Corte costituzionale era già intervenuta sull’art. 47 ter o.p. (c.d. detenzione domiciliare ordinaria) con la sentenza n. 177 del 2009[1], dichiarando l’illegittimità costituzionale di tale disposizione – con riferimento alle sole detenute madri – nella parte in cui non limitava la punibilità per evasione all’allontanamento dal domicilio solo se protratto per più di dodici ore, come stabilito dall’art. 47 sexies, comma 2 o.p., sul presupposto di cui all’art. 47 quinquies, comma 1 o.p., che non sussista un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. Secondo la Corte infatti, “costituisce un tertium comparationis omogeneo e pertinente la corrispondente, ma più flessibile, disciplina degli allontanamenti dal domicilio applicabile alla madre che si trovi in detenzione domiciliare speciale”.

In base a considerazioni in larga parte coincidenti alla pronuncia del 2009, il Giudice delle leggi è intervenuto nuovamente – con la sentenza qui in commento – sull’art. 47 ter o.p., ritenendo che il regime meno severo e più flessibile previsto per la detenzione domiciliare speciale, con riferimento alle violazioni minori delle prescrizioni impartite, risponde alle medesime esigenze dei padri di prole d’età inferiore ad anni 10, ammessi alla detenzione domiciliare “ordinaria”: pertanto la mancata estensione a questi ultimi del regime introdotto nel 2001 è stato giudicato ingiustificato dai giudici della Consulta.

 

4. Anche in seguito all’intervento del 2009 della Consulta, l’allontanamento ingiustificato del padre ammesso alla detenzione domiciliare “ordinaria” per prendersi cura dei figli continuava ad essere regolato in modo deteriore rispetto a quello del padre ammesso alla diversa misura della detenzione domiciliare speciale ex art. 47 quinquies, comma 7 o.p., poiché, in questa seconda ipotesi, l’allontanamento dal domicilio è punito, ex art. 385 c.p., solo se si protrae per più di dodici ore. Nonostante siano applicabili sulla base di diversi presupposti, entrambe le misure sono indirizzate a consentire la cura dei figli minori, al contempo evitando l’ingresso in carcere a questi ultimi (in tal senso, Corte cost. nn. 176/2009, 239/2014, 76/2017). Secondo la Corte costituzionale, costituisce pertanto violazione dell’art. 3 Cost. – e quindi violazione del fondamentale principio di uguaglianza-ragionevolezza – la mancata parificazione della condizione del padre di prole di età inferiore ai dieci anni ammesso alla detenzione domiciliare “ordinaria”, alla condizione del padre in regime di detenzione domiciliare speciale.

Con la sentenza qui in esame, la Corte costituzionale completa quindi il processo di equiparazione tra il regime della detenzione domiciliare “ordinaria” (limitatamente all’ipotesi dei detenuti genitori di prole in tenera età) e speciale, estendendo la disciplina più favorevole dell’art. 47 sexies o.p. anche ai padri ammessi alla prima tipologia di misura alternativa: era infatti irragionevole la differenziazione esistente tra le due diverse categorie di soggetti, che pure si trovavano nella medesima situazione: secondo la Consulta, “al fine di prendersi cura della prole in tenera età”, anche per il padre ammesso alla detenzione domiciliare “ordinaria” valgono “le stesse esigenze naturalmente connesse alle attività rese indispensabili dalla cura dei bambini, come per il padre in detenzione domiciliare speciale”.

 

 


[1] In proposito, cfr. AA.VV., Manuale della esecuzione penitenziaria cit., pp. 240-243; B. Liberali, Rassegna di Giurisprudenza della Corte Costituzionale, (a cura di M. D’Amico), in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, pp. 722-723; C. Fiorio, Detenzione domiciliare e allontanamento non autorizzato: una decisione nell’interesse del minore, in Giur. cost., fasc. 3, 2009, p. 1986; A. Pulvirenti, Inosservanze degli orari di rientro nel domicilio: equiparato il regime della detenzione domiciliare generica (per la detenuta madre) a quello della detenzione domiciliare speciale, in Cass. pen., fasc. 2, 2010, p. 470.