ISSN 2039-1676


20 luglio 2012 |

Il maltrattamento di animali è configurabile nell'esercizio dell'attività circense. La Cassazione sull'ambito di operatività dell'art. 19-ter disp. coord. c.p.

Nota a Cass. Sez. III, 6 marzo 2012 (dep. 26 marzo 2012), n. 11606, Pres. Squassoni, Rel. Ramacci

«L'art. 19-ter disp. coord. c.p. non esclude in ogni caso l'applicabilità delle disposizioni del Titolo IX bis del Libro Secondo del codice penale all'attività circense ed alle altre attività menzionate, ma esclusivamente a quelle svolte nel rispetto delle normative speciali che espressamente le disciplinano».

 

1. La Cassazione, con la sentenza in commento, fornisce un'articolata e argomentata presa di posizione  sull'ambito di operatività dell'art. 19­-ter disp. coord. c.p., introdotta dalla l. 20 luglio 2004, n. 189, con la quale è stato inserito nel codice penale il Titolo IX bis del Libro II, dedicato ai Delitti contro il sentimento degli animali. L'art. 19-ter disp. coord. c.p. svolge una funzione fondamentale nella definizione dell'ambito di applicazione dei delitti di cui agli artt. 544-bis e segg. c.p. perché stabilisce che questi «non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché delle altre leggi speciali in materia di animali», oltreché «alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente». Ad una prima lettura, in forza del disposto dell'art. 19-ter disp. coord. c.p., sembrano sottratte all'ambito di applicazione dei delitti contro il sentimento per gli animali gran parte delle attività che coinvolgono l'impiego a vario titolo di animali, prime fra tutte la caccia, l'allevamento e la macellazione; tuttavia, come emerge dalla sentenza in esame, una lettura coordinata delle disposizioni del codice penale e delle leggi speciali in materia di animali consente di giungere a conclusioni meno radicali sulla base di un ragionevole bilanciamento tra il libero svolgimento di attività regolamentate e la tutela penale degli interessi relativi al rispetto per gli animali.

 

2. La pronuncia trae origine dall'imputazione per il reato di maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.) nei confronti del titolare di un circo. Il ricorso alla Corte di legittimità, proposto dal Procuratore della Repubblica, concerne l'assoluzione, con la formula "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato",  da parte del giudice di primo grado che ha ritenuto non applicabile il reato al gestore del circo in forza dell'espressa esclusione di cui all'art. 19-ter disp. coord. c.p. Per questa ragione, le circostanze fattuali non sono messe in discussione nella sentenza: il maltrattamento dipenderebbe dalle condizioni di detenzione degli animali, caratterizzate da incuria e inosservanza dei principi riconducibili alle caratteristiche etologiche delle singole specie, che hanno provocato «gravi sofferenze», «decadimento dello stato di salute» nonché in alcuni casi vere e proprie lesioni, anche per la sottoposizione degli animali a spettacoli incompatibili con la loro natura. In particolare, rispetto alle lesioni - reato di evento a forma libera - viene attribuita rilevanza alla condotta omissiva del titolare del circo, consistente tra l'altro nella evidente trascuratezza e nel disinteresse per la cura degli animali detenuti (sul maltrattamento in forma omissiva, T. Verona, 26 ottobre 2010, n. 854, in Corr. Merito 2010, p. 1076 con nota di G.L. Gatta; per un caso invece di uccisione, ai sensi dell'art. 544-bis c.p., v. Cass. Sez. III, 9 giugno 2011, n. 29543, in questa Rivista con nota di A. Gasparre).

Non essendo particolarmente dettagliate le circostanze che hanno condotto all'imputazione ex art. 544-ter c.p., ed essendo la pronuncia, come anticipato, incentrata sulla corretta interpretazione della norma esimente, non è possibile stabilire se, in effetti, nel caso concreto fossero presenti tutti gli estremi del delitto di maltrattamento, a cominciare dal dolo (eventuale) di lesioni. Particolarmente qualificate risultano essere, del resto, le condotte rilevanti ai fini dell'art. 544-ter c.p.: oltre alla causazione di lesioni, vengono in rilievo la sottoposizione a sevizie o a comportamenti, lavori o fatiche insopportabili (non "solo" gravi sofferenze) per le caratteristiche etologiche (ovvero, forse più correttamente, specie-specifiche) dell'animale. Tali condotte dolose sono inoltre considerate maltrattamento solo se sussiste il requisito, comune anche alla fattispecie di uccisione di animali (art. 544-bis c.p.), dell'avere agito "per crudeltà" -  ossia per un motivo abietto - oppure "senza necessità" - per la assenza di un bisogno, socialmente apprezzato o tollerato (sul punto, G.L. Gatta, art. 544-bis, in E. Dolcini, G. Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, Ipsoa, 2011, p. 5030 ); l'imputazione si fonda proprio nella mancanza della necessità di mantenere le pessime condizioni di detenzione evidenziate.

Essendo così stringenti i requisiti del reato di maltrattamenti, nei casi, tutt'altro che infrequenti, di detenzione di animali in condizioni non conformi a quanto prescritto dalle leggi speciali, in particolare nell'ambito delle attività commerciali o di allevamento, sembrerebbe più propriamente applicabile la contravvenzione di cui all'art. 727 c.p., Abbandono di animali, anch'essa novellata dalla l. 189/2004, secondo la quale è punito chiunque «detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze» (v. ad es. la sentenza pronunciata in sede cautelare per gli stessi fatti di cui alla pronuncia in commento, Cass. Sez. III, 18 febbraio 2010, n. 6656, in Lex24; sul rapporto tra art. 544-ter e art. 727 c.p. G.L. Gatta, Art. 727, in in E. Dolcini, G. Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, Ipsoa, 2011, p. 6979, anche per la casistica relativa alla contravvenzione). Un'eventuale imputazione ex art. 727 c.p., fra l'altro, non avrebbe incontrato ostacoli nell'art. 19-ter disp. coord. c.p. che concerne solo i delitti del Titolo IX bis del Libro II del codice penale (Cass. Sez. III, 6 ottobre 2009, Rv. 245261).

 

3. Prescindendo dunque dalle specifiche circostanze del fatto, la Cassazione svolge un'accurata analisi della portata applicativa della clausola espressa dall'art. 19-ter disp. coord. c.p., fornendone un'interpretazione coordinata con le leggi in materia di attività circense - riferibile peraltro anche al rapporto con le altre leggi speciali per le attività con impiego di animali - in grado di limitare in modo efficace e ragionevole quella che impropriamente il giudice di primo grado ha considerato una forma di "immunità". La sentenza di assoluzione in primo grado, infatti, si fonda sulla ritenuta inapplicabilità dei delitti di cui agli artt. 544-bis e segg. c.p. ratione materiae a tutti gli ambiti disciplinati dalle leggi speciali elencate o evocate dall'art. 19-ter disp. coord. c.p., in buona sostanza escludendo la rilevanza penale di ogni condotta svolta nell'ambito di tutte le attività con impiego di animali regolate da una normativa di settore. Secondo l'interpretazione della Corte di cassazione, comunemente accolta anche in dottrina, l'art. 19-ter disp. coord. c.p. non nega invece l'applicazione delle fattispecie a tutela del sentimento per gli animali alle materie già disciplinate da altre leggi, bensì stabilisce che quelle fattispecie non si applichino ai casi previsti dalle leggi in materia di caccia, pesca, allevamento etc.: in altre parole, secondo l'espressione della Corte «l'eccezione deve ritenersi operante solo nel caso in cui le attività in essa menzionate vengano svolte entro l'ambito di operatività delle disposizioni che le disciplinano e ogni comportamento che esuli da tale ambito è suscettibile di essere penalmente valutato». Il fatto che non siano escluse le materie stesse regolate dalle leggi speciali è confermato dall'art. 544-sexies c.p. che prevede la pena accessoria della sospensione di alcune delle attività regolate proprio da quelle leggi (trasporto, commercio e allevamento) nel caso di commissione dei reati di cui agli artt. 544-ter, 544-quater e 544-quinquies c.p.

 

4. Nessuna immunità o zona franca, dunque, deriva dalla presenza dell'art. 19-ter disp. coord. c.p., la cui funzione è quella di ribadire, in primo luogo, che non costituiscono reato le attività, pur conformi al tipo di uno dei delitti del Titolo IX bis, che siano svolte nel rispetto delle leggi che le regolano. In altri casi invece, come quello di cui si occupa la sentenza, le azioni, seppure svolte nell'ambito di un'attività regolata (nella fattispecie, la detenzione e il trasporto di animali, funzionali all'esercizio del circo)  nella quale non sono espressamente oggetto di divieto, possono essere punibili ai sensi degli artt. 544-bis e segg. c.p.: non osta, in queste ipotesi, la presenza dell'19-ter disp. coord. c.p. proprio perché detta norma vale ad escludere le fattispecie delittuose solo ai casi previsti dalle leggi speciali. Per definire se la condotta dell'imputato rientrasse nei "casi previsti" come leciti dalle leggi speciali, la Corte prende dunque in esame l'insieme delle disposizioni che regolano l'attività circense e, nello specifico, quelle dettate in relazione alle modalità della detenzione degli animali: essendo la normativa frammentaria e sicuramente inidonea a regolare l'attività circense nel suo complesso, risulta particolarmente contenuto l'ambito di operatività dell'art. 19-ter disp. coord. c.p. e, per converso, sono ampi i margini per l'applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 544-ter c.p.  La Cassazione ribadisce, sotto questo profilo, quanto già affermato in materia di caccia nelle pronunce che hanno ritenuto illecita una tecnica venatoria non espressamente vietata, consistente nell'utilizzo di richiami vivi sottoposti a particolari trattamenti che configuravano una sevizia (Cass. Sez. III, 5 dicembre 2005, Rv. 232658; prima della l. 189/2004 numerose pronunce anche di legittimità si erano espresse nel senso della illiceità di alcune pratiche venatorie non espressamente vietate ma ritenute comunque integranti forme di maltrattamento, cfr. ad es. Cass. Sez. III, 24 maggio 1999, in Riv. giur. amb. 2000, p. 533; Cass. Sez. III, 2 ottobre 1998, in Cass. pen. 2000, p. 74; Cass. Sez. III, 17 marzo 1998, Rv. 210942).

 

5. Infine, nelle ipotesi in cui sia posta in essere la condotta tipica di uno dei delitti contro il sentimento per gli animali che sia anche sanzionata in forza di una disposizione della legge speciale che regola il settore determinato, è controversa la funzione dell'art. 19-ter disp. coord. c.p. Secondo una prima lettura, l'art. 19-ter disp. coord. c.p. si limiterebbe a ribadire il principio di specialità (artt. 15 c.p. e 9 l. 689/1981), prevalendo la disposizione sanzionatoria, penale o amministrativa, in genere meno severa, contemplata dalla legge del settore, a meno che la stessa non contenga una clausola espressa del tipo "salvo che il fatto sia previsto dalla legge come (più grave) reato" (S. Basini, Dei delitti contro il sentimento per gli animali, in A. Cadoppi, S. Canestrari, A. Manna, A. Papa (a cura di), Trattato di diritto penale. Parte speciale, VI, Utet, 2009, p. 253; V. Napoleoni, Titolo IX bis, in Codice penale , G. Lattanzi, E. Lupo (a cura di), V, Giuffrè, 2010, p. 1085). Secondo un'altra opinione invece, la funzione dell'art. 19-ter disp. coord. c.p. sarebbe quella di esprimere una deroga al principio di specialità proprio nei casi, piuttosto frequenti, in cui la legge speciale sanzioni autonomamente condotte astrattamente previste anche da uno dei delitti del codice penale, imponendo sempre la prevalenza della sanzione del settore specifico, pur in presenza di una espressa clausola di sussidiarietà (G.L. Gatta, Art. 544-bis, in E. Dolcini, G. Marinucci (a cura di), Codice penale commentato, Ipsoa, 2011, p. 5037; cfr. T. Firenze 3 agosto 2009, in Corr. Merito 2010, p. 62 con nota critica di G.L. Gatta).