ISSN 2039-1676


20 settembre 2012 |

Il sequestro di siti web: una possibile soluzione, prendendo spunto da un recente decreto del Gip di Milano

Nota a Trib. Milano, Ufficio GIP, 25 maggio 2012 (decreto), Giud. Criscione

 

1. L'impostazione del problema e il provvedimento in esame.

L'ingresso di internet nei media, in assenza di una disciplina specifica ad esso dedicata, ha sollevato molti interrogativi, soprattutto sulla applicabilità alle pagine web degli istituti introdotti per le pagine di carta.

La giurisprudenza ha risolto in via si spera definitiva, e in senso negativo, il dubbio circa la estensibilità delle disposizioni incriminatrici (singoli reati o aggravanti). Ora uno dei quesiti più urgenti che attende risposta pare essere quello relativo alla possibilità di dilatare le garanzie stabilite dall'art. 21 comma 3 della Costituzione in tema di sequestro di stampa ai siti internet, di informazione e non.

La Corte di Cassazione, fino a oggi, è sembrata poco propensa ad affrontare l'argomento. In più di un'occasione, infatti, ha evitato di interrogarsi sull'applicabilità a internet della peculiare tutela costituzionale assicurata alla stampa e si è viceversa limitata a confermare il provvedimento impugnato in presenza dei presupposti di cui all'art. 321 c.p.p. (si vedano, tra le ultime, Cass. pen., Sez. V, 10 gennaio 2011 dep. 24.2.2011, n. 7155, in questa Rivista; Cass. pen., Sez. V., 19.9.2011 dep. 14.12.2011, n. 46504, in questa Rivista con nota di Campanaro).

Dai giudici di merito non sono venute maggiori soddisfazioni. A quanto consta, solo una decisione di qualche tempo fa (Trib. Milano, Sez. XI, ord. 21.6.2010, n. 157, in Guida dir., 2010, n. 44, p. 24) ha impostato il problema come è appena stato ricordato. In quel caso si trattava di un articolo comparso sul blog di un noto giornalista, di cui il Gip aveva disposto l'oscuramento in quanto conteneva un'espressione considerata offensiva nei confronti della querelante. In sede di riesame, il tribunale aveva confermato il provvedimento sostenendo che la disciplina di cui all'art. 21 comma 3 Cost. avrebbe potuto essere estesa per analogia solo qualora il sito internet avesse avuto le caratteristiche dei periodici (ad esempio un direttore responsabile). Con ciò, però, forse non avvedendosi che la disposizione costituzionale "parla" di stampati e non di periodici.

Il Gip di Milano ha riportato d'attualità la questione, con un provvedimento del 24 maggio 2012 il cui dispositivo pare ineccepibile, benché la motivazione eviti di occuparsi del profilo che più interessa in questa sede.

Il fatto è abbastanza semplice: un importante gruppo industriale veniva fatto oggetto di alcuni articoli ritenuti offensivi, non firmati e diffusi da un sito internet privo di registrazione, i cui server stanno all'estero e che sembra avere come propria "politica editoriale" quella di rendersi irreperibile per chiunque intenda chiedere ragione, anche in sede giudiziaria, dei contenuti pubblicati. Quest'ultima circostanza sembra essere "figlia" di una sorta di diffidenza sulla effettiva sussistenza di una concreta libertà di espressione nel nostro Paese.

A seguito di querela da parte della persona offesa è iniziato un procedimento penale nel corso del quale il PM ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo. Il Gip analizza con puntualità il contenuto degli articoli e rileva che per alcuni di loro sussiste sia il fumus del delitto di diffamazione, sia il secondo requisito del rischio che il reato venga portato a ulteriori conseguenze con la sua permanenza in rete. A proposito della questione più generale della possibilità di sottoporre a sequestro un sito web il giudice si limita a osservare come ciò sia ritenuto ammissibile «dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza», che subito dopo cita con precisione.

Cerchiamo ora di spiegare perché il provvedimento segue l'indirizzo che ci pare più corretto in relazione al caso in esame, e tentiamo anche di fornire una regola, che aiuti la giurisprudenza a trovare un indirizzo condiviso.

 

2. Le opzioni possibili.

Cominciamo subito col dire che nel frangente di cui si discute non vi è una soluzione "obbligata", come quando si discuteva se fossero o meno estensibili all'editoria on-line le disposizioni incriminatrici o le aggravanti previste per la stampa. Lì, una volta ritenuti estranei alla nozione di «stampa o stampato», contenuta nell'art. 1 della legge n. 47 del 1948, i prodotti dell'informazione diffusi per via telematica, il divieto di analogia in malam partem imponeva la soluzione poi adottata dalla Corte. Qui, invece, non si tratta di ampliare l'ambito di applicazione di una disposizione di sfavore, ma di una garanzia e, per questa ragione, i confini dell'interpretazione analogica sono delimitati in modo meno rigido.

In concreto vi sono buone ragioni per sostenere sia la tesi dell'inopportunità sia quella dell'opportunità di adattare la disciplina del sequestro di stampati all'informazione on-line.

La prima prende le mosse dalla considerazione secondo cui l'art. 21 comma 3 Cost. è regola eccezionale e dunque non applicabile a fenomeni diversi da quelli espressamente ivi menzionati. Inoltre, va ricordato che il sequestro di materiale telematico non comporta gli "effetti collaterali" e le difficoltà pratiche che contraddistinguono quello della stampa. In particolare, quest'ultimo eccede quasi sempre i requisiti di pertinenza e proporzionalità, in quanto per porre sotto cautela una frase o una foto non si può far altro che escludere dal circuito l'intero stampato, che contiene di solito un gran numero di altri messaggi ed espressioni estranei a quello "incriminato". L'oscuramento di una parte di un sito, viceversa, può essere assi più delimitato e anzi, può circoscriversi proprio alla sola espressione o immagine di cui si sospetta l'illiceità.

Ancora, il sequestro di stampati rischia di avere conseguenze ablative di lunga durata in quanto, anche un eventuale annullamento da parte del tribunale del riesame o della Cassazione, non riporta automaticamente la situazione allo status quo. Per farlo davvero sarebbe necessario rimettere in moto la "macchina" della distribuzione e, soprattutto nel caso dei media a periodicità breve, come quotidiani e settimanali, il passaggio del tempo li renderebbe non più attuali. Nel caso, invece, della cancellazione temporanea di una pagina web o di una singola frase, un annullamento o una revoca possono determinare l'immediato ripristino della situazione antecedente.

L'altra opzione, secondo la quale le garanzie costituzionali sono estensibili, si fonda essenzialmente sulla considerazione secondo la quale questa regola, risultato di un corretto uso dell'analogia, sarebbe la più condivisibile. A questo proposito, in un'interpretazione evolutiva di buon senso, la particolare tutela predisposta per la stampa - nel 1948 il principale mezzo di diffusione del pensiero - dovrebbe quindi essere applicata anche ad internet in quanto, come strumento per la diffusione del pensiero, quest'ultimo si è affiancato alla stampa, diventando, anzi, probabilmente, quello più diffuso, se non altro per la facilità di "ingresso". Tutto sta, se si aderisce a questa seconda tesi, nella definizione delle condizioni soddisfatte le quali le prerogative classicamente previste per la stampa possono essere ampliate alla telematica.

 

3. La soluzione più convincente. 

Diciamo subito che quest'ultima scelta pare quella maggiormente condivisibile, per una nutrita serie di ragioni.

La prima è, per così dire, di stampo culturale: sembra poco allettante la prospettiva di affidare alla polizia - sia pure con il controllo successivo della magistratura inquirente - il potere di escludere una voce dal dibattito pubblico prima di un giudizio definitivo.

La seconda ha le sue radici in uno dei principi che da più di centocinquant'anni caratterizza l'ordinamento. Da tradizione addirittura statutaria, infatti, la libertà di espressione ha goduto di una particolare attenzione, tanto è vero che ci si era premurati di sancire che «la stampa sarà libera ma una legge ne reprime gli abusi» (art. 28 dello Statuto Albertino). Con il dettato costituzionale, quasi un secolo dopo, il principio si è ulteriormente raffinato, al punto che oggi si può ben dire che la disciplina di cui all'art. 21 Cost. e tutte le altre disposizioni ordinarie che da esso trovano o ispirazione o conferma lasciano intendere che gli illeciti a mezzo stampa vengono repressi e non prevenuti.

Infine, una simile impostazione consente anche di rispondere con una certa fermezza e solidità di argomenti all'inclinazione della giurisprudenza a disporre i sequestri delle pagine web senza particolari cautele rispetto alle regole generali. E ciò perché quando si tratta di manifestazione del proprio pensiero la libertà deve essere la regola e il divieto l'eccezione.

Quest'ottica, particolarmente garantista, ma dotata di un robusto ancoraggio costituzionale, consente anzitutto di giungere a conclusioni culturalmente e giuridicamente accettabili che riconoscano la peculiarità del diritto tutelato. In secondo luogo, rende più agevole il rifiuto di alcune derive che, in nome di non sempre composti appelli a una chimerica libertà di espressione che si pretenderebbe assoluta, finiscono con l'impedire qualsiasi bilanciamento fra beni tutti di rilievo costituzionale, "schiacciandoli" tutti quanti a favore della prima.

Tornando a ipotizzare una soluzione, va quindi rifiutata a chiare lettere quella posizione, benché manifestata proprio dalla Cassazione, che rifiuta di riconoscere la peculiarità del mezzo con cui tale libertà viene esercitata (almeno quando esso non è cartaceo), e insiste a ritenere perciò possibile il sequestro preventivo di una pagina web in presenza anche soltanto degli ordinari presupposti previsti dall'art. 321 c.p.p.

 

4. Le condizioni di applicabilità.

Una volta affermato ciò, vediamo ora quali potrebbero essere le condizioni per tale estensione.

La libertà di espressione, quando si esprime attraverso la stampa, gode di un trattamento a buon diritto definibile "di favore": in determinati casi può ledere beni giuridici di rilievo costituzionale senza che ciò comporti una pena o una sanzione (l'offesa della reputazione, se si fa buon governo dei requisiti del diritto di cronaca o di critica); in altri può sottrarsi alle regole comuni (non solo il caso del sequestro preventivo di cui stiamo parlando, ma anche quello della impossibilità di sottoporre la stampa ad autorizzazioni o censure).

Il particolare "statuto" della stampa, però, non prevede solo norme "di garanzia". Vi sono infatti pure un certo numero di regole che impongono condotte specifiche a chi intenda utilizzare questo strumento.

La prima di tutte è quella che obbliga a rendersi visibili e riconoscibili, senza che l'autorità giudiziaria o i privati siano costretti a faticose ricerche per identificare l'autore del messaggio o comunque un soggetto che se ne assuma a vario titolo la responsabilità. Il legislatore ordinario non impone che ogni singolo messaggio contenuto in uno stampato sia sottoscritto; è sufficiente - ma anche necessario - che venga individuato qualcuno che risponda del contenuto complessivo della pubblicazione. Per i periodici viene richiesta la indicazione «del nome e del domicilio dello stampatore; del nome del proprietario e del direttore o vice direttore responsabile», cui viene assegnato anche il controllo su quanto diffuso affinché non vengano commessi reati. Per gli stampati è sufficiente segnalare «il nome e il domicilio dello stampatore e, se esiste, dell'editore».

D'altra parte, risalendo a livello costituzionale, nell'art. 21 vi sono un paio di segnali che lasciano intendere con una certa chiarezza come le garanzie ivi previste potrebbero anche non estendersi agli scritti anonimi. Il primo: nel comma 1 la presenza dell'aggettivo «proprio» a qualificare il pensiero la cui libertà di espressione viene solennemente proclamata, sembra escludere dall'ambito di applicazione della dichiarazione di principio le manifestazioni non firmate. Il secondo: una delle eccezioni che rendono la stampa sequestrabile alle condizioni ordinarie, è proprio «la violazione delle norme che la legge [...] prescriv[e] per l'indicazione dei responsabili».

L'applicazione delle garanzie proprie della stampa solo alle pubblicazioni non anonime trae ispirazione da uno dei valori più profondi che si possono cogliere in controluce nella trama delle disposizioni costituzionali, intimamente connesso alle regole della democrazia, ovvero quello secondo cui il libero dibattito delle idee deve svolgersi con il minor numero di vincoli e in campo aperto. Nella medesima ottica e ancora più in generale, uno dei principi dell'ordinamento, che trova poi numerose declinazioni di dettaglio, presuppone o meglio impone che in una democrazia pluralista chiunque svolge attività informativa e politica si disveli (oltre alle già menzionate disposizioni dell'art. 21, è facile trovare analoga matrice nel divieto di associazioni segrete sancito dall'art. 18 Cost. e nella già ricordata "legge stampa").

Ecco allora la proposta concreta, nel cui solco sembra potersi inserire - forse del tutto casualmente, poiché in effetti non vi è cenno al tema in motivazione - il recente provvedimento del Gip di Milano qui segnalato: che in tema di sequestro la pagina web abbia le medesime garanzie della stampa, purché - esattamente come accade per la stampa, in un'interpretazione evolutiva dell'art. 2 legge n. 47 del 1948 - venga reso esplicito l'autore del messaggio (o almeno un soggetto davvero responsabile del sito) e il tempo di inserimento in rete.

Una simile soluzione consente di non gettarsi su ogni caso con l'animo del fanatico, ma di distinguere in base a parametri che trovano la loro ragionevolezza nella derivazione dalla Carta fondamentale e quindi, se non altro, paiono in sintonia con il sistema vigente.

Per il momento, quindi, non resta che suggerire l'idea appena descritta ai giudici di domani. Non si è così fiduciosi da pensare, con Victor Hugo, che «quelle che conducono il mondo non sono le locomotive, ma le idee», né si ritiene che l'unica qui indicata abbia una particolare forza propulsiva. Tuttavia, forse, diffondere queste sparse osservazioni può essere di un qualche aiuto per chi non può esimersi dalla faticosa attività di decidere.