ISSN 2039-1676


4 marzo 2015 |

Le Sezioni Unite si pronunciano sulla nullità  per omesso avvertimento del diritto al difensore nell'esecuzione dell'alcoltest

Nota a Cass. Pen., Sez. Un., 29 gennaio 2015 (dep. 5 febbraio 2015), n. 5396, Pres. Santacroce, Rel. Conti, Ric. P.M. contro Bianchi

1. Con la sentenza in esame, le Sezioni Unite hanno affrontato la questione "se la nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all'esame alcoolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., possa ritenersi non più deducibile, a norma dell'art. 182, comma 2, cod. proc. pen., se non eccepita dal diretto interessato prima del compimento dell'atto; ovvero, se di tale eccezione debba considerarsi onerato il solo difensore, quale sia in tale ipotesi il momento oltre il quale si verifica la conseguenza della non deducibilità della nullità". La S.C. ha quindi enunciato il seguente principio di diritto: "la nullità conseguente al mancato avvertimento al conducente di un veicolo, da sottoporre all'esame alcoolimetrico, della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, in violazione dell'art. 114 disp. att. cod. proc. pen., può essere tempestivamente dedotta, a norma del combinato disposto degli artt. 180 e 182, comma 2, secondo periodo, cod. proc. pen., fino al momento della deliberazione della sentenza di primo grado".

La sentenza è di estrema importanza perché mette finalmente ordine all'interno di un panorama giurisprudenziale che, nel corso degli anni, è stato attraversato da orientamenti diversi e contrastanti. Prima di passare all'esame della motivazione della pronuncia, è essenziale ripercorrere sinteticamente il fatto da cui si è originato il procedimento e dare conto delle diverse soluzioni interpretative adottate nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità sull'argomento.

 

2. L'imputato veniva chiamato a rispondere del reato di cui all'art. 186, comma 2, d. lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per essere stato colto alla guida di un autoveicolo in stato di ebbrezza, accertato tramite alcoltest, il cui esito indicava un tasso alcolico superiore ai limiti consentiti.

Fin da subito, nel corso delle indagini, il difensore nominato dall'imputato aveva eccepito, con una apposita memoria depositata presso la Procura della Repubblica, la nullità derivante dall'omesso avviso all'indagato, prima dell'esecuzione dell'alcoltest, della facoltà di farsi assistere dal difensore.

Il Pubblico Ministero, successivamente, esercitava l'azione penale, chiedendo ed ottenendo che il Giudice per le indagini preliminari emettesse a carico dell'imputato decreto penale di condanna.

A seguito di rituale opposizione, il G.i.p. disponeva il giudizio immediato. In dibattimento, il difensore insisteva nella eccezione di nullità dell'alcoltest, in quanto non preceduto dall'avviso di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p.

Il Tribunale accoglieva l'eccezione e, dopo avere dichiarato la nullità dell'accertamento effettuato mediante il test alcoolimetrico, emetteva sentenza di assoluzione per l'insussistenza del fatto. Avverso tale sentenza la Procura Generale ricorreva in Cassazione, evidenziando che l'eccezione di nullità sollevata dalla difesa doveva ritenersi tardiva, non avendola l'imputato eccepita prima del compimento dell'atto o immediatamente dopo, come imposto dal primo periodo dell'art. 182, comma 2, c.p.p. La Quarta Sezione Penale, assegnataria del ricorso, rilevando che la questione era al centro di un contrasto giurisprudenziale, ne disponeva la rimessione alle Sezioni Unite.

 

3. Tenendo fermo come presupposto che il mancato avvertimento di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p. integri una nullità a regime intermedio, le Sezioni Unite danno conto degli orientamenti giurisprudenziali riguardanti l'esatta individuazione del limite temporale entro il quale è proponibile la eccezione di nullità.

In base ad un primo orientamento, di sicuro meno garantista, l'interessato, che viene sottoposto ad alcoltest, deve sollevare l'eccezione di nullità, a pena di decadenza, prima del compimento dell'atto ovvero immediatamente dopo, "non essendovi ragione per subordinare l'eccezione all'intervento del difensore, dato che essa non implica particolari cognizioni di ordine tecnico rientranti nelle specifiche competenze professionali del difensore".

In base ad un secondo orientamento, invece, l'eccezione è proponibile soltanto dal difensore immediatamente dopo essere stato nominato, oppure, entro il termine di cinque giorni che l'art. 366 c.p.p. gli concede per accedere agli atti, "considerando che il sottoposto all'esame alcoolimetrico, proprio perché non a conoscenza di tale garanzia di assistenza, non potrebbe sollevare l'eccezione né prima del compimento dell'atto né immediatamente dopo".

Sostanzialmente in accordo con quest'ultimo orientamento è un'altra linea interpretativa che, sempre partendo "dalla non esigibilità della proponibilità dell'eccezione da parte del diretto interessato all'accertamento urgente", considera tempestiva l'eccezione di nullità sollevata dal difensore con il primo atto successivo del procedimento "ad esempio, in sede di richiesta di riesame, o, per stare al caso di specie, con l'atto di opposizione a decreto penale di condanna".


4. Ciò premesso, vanno ora esaminate più da vicino le motivazioni della sentenza, evidenziandone i passaggi più rilevanti e significativi.

Come prima cosa, le Sezioni Unite delimitano il quadro normativo di riferimento, richiamando gli artt. 114 disp. att. c.p.p., 354 e 356 c.p.p.

In particolare, sulla base di una lettura coordinata di tali articoli, i Giudici di legittimità ribadiscono che l'avvertimento del diritto all'assistenza del difensore deve essere dato anche nella ipotesi di un accertamento eseguito dalla polizia giudiziaria sul tasso alcolemico del conducente di un veicolo.

In questo caso, infatti, tenuto conto dell'art. 354 c.p.p., si è in presenza di un accertamento urgente sulla persona che deve essere eseguito tempestivamente, prima dell'intervento del pubblico ministero, per evitare che le tracce pertinenti al reato possano disperdersi o modificarsi.

Tale accertamento viene compiuto dalla polizia giudiziaria operante e ad esso, in forza dell'art. 356 c.p.p., il difensore della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini ha facoltà di assistere, senza però avere il diritto di essere preventivamente avvisato; da qui la necessità di informare la persona sottoposta alle indagini, se presente, che ha la facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia.

Ovviamente, precisano i Giudici di legittimità, l'avviso deve essere dato soltanto nel caso in cui l'organo di polizia "ritenga di desumere dalle circostanze del fatto un possibile stato di alterazione del conducente sintomatico dello stato di ebbrezza e non quando esso sia svolto in via meramente esplorativa".

Premesso questo e non essendo in discussione che, nella fattispecie in esame, l'art. 114 disp. att. c.p.p., sia stato in concreto violato, non essendo stato l'alcoltest preceduto dall'avvertimento del diritto all'assistenza del difensore, le Sezioni Unite entrano nel vivo della questione, pervenendo ad una soluzione che è assolutamente condivisibile.

Essendo pacifico che dalla violazione dell'art. 114 disp. att. c.p.p. derivi una nullità a regime intermedio, i Giudici di legittimità concentrano la loro analisi sui limiti alla deducibilità di tale nullità, giungendo a concludere che essa non possa essere più dedotta "dopo la deliberazione della sentenza di primo grado", in base a quanto previsto dall'art. 180 c.p.p., richiamato dall'art. 182, comma 2, secondo periodo, c.p.p.

Come si può fin da subito notare, le Sezioni Unite escludono che la parte che assiste all'atto debba eccepire la nullità "prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo", come disposto dall'art. 182, comma 2, primo periodo, c.p.p. Secondo il ragionamento delle Sezioni Unite, il primo periodo dell'art. 182, comma 2, c.p.p., non è applicabile in quanto, nella fattispecie considerata, non siamo di fronte ad una parte che assiste ad un atto nullo, non avendo essa sostanzialmente conoscenza del vizio, da cui si origina la nullità, che deriva dal mancato avvertimento di cui all'art. 114 disp. att. c.p.p. Le Sezioni Unite sono chiare sul punto: "Per potere eccepire una nullità occorre evidentemente avere contezza del vizio; e quando la legge prescrive che si dia avviso di una qualche facoltà prevede ciò proprio perché si presume che il soggetto destinatario di esso possa ignorarla. Quindi, conclusivamente, stando a un profilo strettamente logico, nella fattispecie qui considerata l'indagato non 'assisteva' all'atto nullo. Non vi assisteva perché, secondo una valutazione legale, non era a conoscenza della facoltà di farsi assistere dal difensore di fiducia, essendo irrilevanti conoscenze accidentali di ciò che la legge consentiva".

Oltre a questo, le Sezioni Unite ritengono che la 'parte', sulla quale grava l'onere di eccepire una nullità, non possa che essere il difensore o il pubblico ministero, essendo questi gli unici soggetti in possesso delle conoscenze tecniche necessarie per individuare violazioni di tipo processuale. L'indagato o qualsiasi altra parte privata, invece, non ha, o potrebbe "solo accidentalmente avere, conoscenze tecnico-processuali idonee ad apprezzare una violazione della legge processuale".

La 'parte', nella generalità dei casi, non ha gli strumenti cognitivi per difendersi sul piano tecnico da una realtà complessa come quella processuale. Su questo punto, allora, appaiono sacrosante le parole delle Sezioni Unite laddove stabiliscono che "la previsione dell'art. 182, comma 2, primo periodo, cod. proc. pen., secondo cui, quando la parte vi assiste, la nullità di un atto deve essere eccepita prima del suo compimento ovvero, se ciò non è possibile, immediatamente dopo, non può, in alcuna ipotesi, essere riferita all'indagato o imputato, per postulato non a conoscenza delle regole del diritto, e in particolare dei casi in cui la legge collega a un determinato atto o al suo mancato compimento una qualche utilità. L'ordinamento processuale si fonda infatti sulla necessaria assistenza di un difensore nel corso del procedimento, e privilegia la difesa tecnica rispetto all'autodifesa, la quale non è mai consentita in via esclusiva, ma solo in forme che si affiancano all'imprescindibile apporto di un esperto di diritto abilitato alla professione legale".

Soltanto al difensore, dunque, spetta il delicato compito di sollevare eventuali eccezioni di nullità e, cioè, di occuparsi degli aspetti squisitamente tecnici dell'attività difensiva.

Alla luce delle sopra esposte argomentazioni, tirando le fila del ragionamento, le Sezioni Unite pervengono alla soluzione del quesito, che si è per esteso riportato all'inizio di questa breve nota.

Non senza tralasciare il dato che la linea seguita nel caso di specie debba estendersi anche a tutti gli altri casi in cui l'art. 114 disp. att. c.p.p. debba essere osservato, come nelle ipotesi di perquisizioni o sequestri urgenti, le Sezioni Unite concludono affermando che, una volta esclusa l'applicabilità del limite della deducibilità della nullità di cui all'art. 182, comma 2, primo periodo, c.p.p., viene meno la "base normativa per ancorare il limite di tempestività della deduzione di nullità" al momento immediatamente successivo alla nomina del difensore, attraverso apposite memorie, oppure, a quello della scadenza del termine dei cinque giorni decorrenti dal deposito dell'atto di indagine ex art. 366 c.p.p., oppure, infine a quello del compimento del primo atto successivo del procedimento.

Dovendo, infatti, tenersi conto soltanto dell'art. 182, comma 2, secondo periodo, c.p.p., l'eccezione di nullità può essere tempestivamente proposta entro il limite temporale della deliberazione della sentenza di primo grado, a norma dell'art. 180 c.p.p.

In un colpo solo, dunque, la sentenza mette fine ad anni di controversie in seno alla giurisprudenza e, in particolare, non ritenendo applicabile, nella specie esaminata, la "base normativa" rappresentata dalla regola prevista dal primo periodo dell'art. 182, comma 2, c.p.p., adotta una soluzione che mira ad esaltare, in tutta la sua portata, la funzione di assistenza tecnica tipica del difensore e del suo importante ruolo di guardiano delle regole.