ISSN 2039-1676


4 marzo 2015 |

La liberazione anticipata speciale 'integrativa' destinata ai condannati per i delitti di cui all'art. 4 bis o.p. al vaglio della Cassazione

Osservazioni a margine di Cass. Pen., Sez. I, sent. 22 dicembre 2014 (dep. 30 dicembre 2014) n. 53781, Pres. Siotto, Rel. Cassano e Cass. Pen., Sez. I, sent. 19 dicembre 2014 (dep. 22 gennaio 2015) n. 3130, Pres. Cortese, Rel. Di Tommasi

Clicca qui per Cass. pen., Sez. I, sent. 22 dicembre 2014 (dep. 30 dicembre 2014) n. 53781, Pres. Siotto, Rel. Cassano.

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1. La Suprema Corte, con le sentenze qui pubblicate, si pronuncia su un tema oggetto di vivace dibattito che ha visto i giudici di merito assumere posizioni affatto differenti: l'applicabilità della liberazione anticipata speciale cd. integrativa di cui all'art. 4 d.l. 146/2013, convertito dalla legge n. 10 /2014, ai condannati per delitti di cui all'art. 4 bis o.p., nel caso in cui l'istanza per la concessione del beneficio sia stata presentata durante la vigenza del decreto ma sia giunta alla decisione dopo l'entrata in vigore della legge di conversione che ne ha modificato la disciplina.

Gli argomenti oggetto di dibattito su cui la giurisprudenza dei Magistrati e dei Tribunali di Sorveglianza si è interrogata sono riconducibili a tre profili: la natura delle norme che regolano l'esecuzione della pena, con particolare riguardo alla natura dell'art. 4 d.l. 146/2013 che disciplina la materia oggetto della nostra riflessione; la possibilità di riconoscere, nel caso in esame, l'operatività del principio di successione di leggi nel tempo, da cui discenderebbe l'applicabilità ai fatti occorsi durante la vigenza del decreto della liberazione anticipata speciale ai condannati a pene inflitte per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p.; e ancora, in relazione ai condannati che siano destinatari di cumuli di pene derivanti dall'unificazione di pene concorrenti comprensivi anche di pene inflitte per taluni dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p., la possibilità di procedere allo scioglimento del cumulo così da verificare se la pena inflitta per il reato ostativo sia stata espiata e, di conseguenza, possa essere concesso il beneficio della liberazione anticipata speciale cd. integrativa.

Su tutti e tre questi temi, pur con differenti gradi di approfondimento, si è pronunciata la Cassazione nelle sentenze qui annotate (per una ricostruzione puntuale della normativa in chiave problematica si rinvia a G. Giostra, I delicati problemi applicativi di una norma che non c'è (a proposito di presunte ipotesi ostative alla liberazione anticipata speciale), in Dir. Pen. Cont. - Riv. Trim., vol. 3-4, 2014, pp. 322-328 e ad A. Pugiotto, Liberazione anticipata speciale e reati ostativi: problemi e soluzioni costituzionalmente orientate, in questa Rivista, 30 gennaio 2015).

 

2. In ambedue i casi oggetto delle pronunce in esame il ricorrente, detenuto in espiazione di pena oggetto di provvedimento di cumulo comprensivo di taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p., presentava istanza per la concessione della liberazione anticipata speciale integrativa di cui all'art. 4 del d.l. n. 146 del 2013. Nelle more del giudizio interveniva il legislatore che, con la legge di conversione n. 10 del 2014, modificava il testo del decreto sopprimendo, tra l'altro, il 4° comma del succitato articolo che prevedeva la possibilità di riconoscere una maggior detrazione, rispetto alla liberazione anticipata ex art. 54 o.p., di giorni 30 per ogni singolo semestre di liberazione anticipata già usufruita a decorrere dal 1° gennaio 2010 e sino al 23 dicembre 2013 ai condannati per taluno dei delitti previsti dall'art. 4 bis o.p. che avessero dato prova, nel periodo di detenzione, di un concreto recupero sociale. Preso atto dell'intervenuta modifica legislativa, il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Torino con decreto emesso de plano dichiarava inammissibile il reclamo proposto avverso l'ordinanza con la quale il Magistrato di Sorveglianza aveva respinto la domanda di concessione della liberazione anticipata speciale. Analogo provvedimento assumeva con ordinanza il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro nella vicenda che ha originato la seconda delle pronunce esaminate (Cass. Sent. n. 3130/2015).

Avverso le decisioni suddette proponevano ricorso in Cassazione entrambi i detenuti lamentando, in sintesi e per quanto qui interessa, la violazione e l'erronea applicazione dell'art. 4 del d.l. n. 146 del 2013, convertito nella legge n. 10 del 2014 in quanto le nuove e più gravose disposizione entrate in vigore a seguito della conversione in legge del summenzionato decreto non avrebbero dovuto trovare applicazione nel caso in esame, poiché la vicenda processuale era già sub judice e il diritto allo sconto di pena correlato alla concessione della liberazione anticipata speciale cd. integrativa era già maturato.

 

3. Investita della questione, la Prima Sezione Penale della Suprema Corte, decidendo a pochi giorni di distanza in senso conforme entrambe le posizioni, ha ritenuto fondati i ricorsi proposti, ha annullato i provvedimenti impugnati e disposto la trasmissione degli atti al Tribunale di Sorveglianza rispettivamente competente affinché valuti, uniformandosi ai principi affermati dalla stessa Corte, se, operato lo scioglimento del provvedimento di unificazione di pene concorrenti, sia possibile imputare la pena già espiata ai reati ricompresi nell'elenco di cui all'articolo 4 bis legge numero 354 del 1975 e successive modificazioni con la conseguenza di ammettere il ricorrente al beneficio richiesto in relazione al restante periodo detentivo.

La Corte, in ragione delle argomentazioni che saranno più oltre illustrate, ha, di fatto, negato la possibilità di applicare ai condannati per reati di cui all'art. 4 bis la liberazione anticipata speciale, sostenendo però che la mancata concessione degli ulteriori periodi di detrazione di pena non potesse essere riconnessa all'esecuzione di un cumulo di sanzioni in cui gli stessi fossero ricompresi.

 

4. L'impostazione proposta dai giudici di legittimità si fonda sul presupposto, ribadito nella sentenza 53781/2014,  che l'articolo in esame, essendo norma che regola l'esecuzione della pena, sia da considerare una norma di natura processuale e, pertanto, in assenza di una disciplina transitoria volta a regolare i rapporti pendenti, soggiaccia al principio del tempus regit actum cui all'art. 11, comma 2, disp. prel. c.c.

L'adesione alla predetta impostazione conduce a ritenere non concedibile il beneficio della liberazione anticipata speciale ai condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p. nel caso in cui la richiesta sia stata avanzata ma non decisa durante la vigenza del d.l. n. 146/2013 in ragione della mancata conversione del comma 4 dell'art. 4 del decreto legge succitato che deve, quindi, ritenersi non più in vigore, per effetto della mancata conversione, al momento della decisione.

Si consideri che ad una diversa soluzione si potrebbe invece pervenire nel caso in cui si considerassero le norme esecutive delle disposizioni di natura sostanziale e non di natura processuale.

La tesi volta a riconoscere natura processuale alle norme esecutive deve confrontarsi con la consapevolezza crescente dell'incidenza che le stesse svolgono sull'esecuzione della sanzione, sulla sua durata e, di conseguenza, sul percorso di responsabilizzazione e risocializzazione connaturato alla sanzione stessa. Appare evidente che il beneficio in esame incidendo sull'effettiva entità della pena irrogata finisca per rimodularla, difficile dunque negarne la natura penale sostanziale. A ciò si aggiunga che la liberazione anticipata speciale, così come prevista nel decreto legge, presupponeva per la sua concessione la prova di un concreto avanzamento nel percorso trattamentale profilo quest'ultimo volto a valorizzare in termini prospettici il futuro comportamento del condannato, non il suo casellario giudiziale. Non dimentichiamo che la liberazione anticipata ordinaria di cui all'art. 54 o.p. non prevede alcun automatismo e può essere concessa ai detenuti che abbiano commesso delitti di cui all'art. 4 bis o.p. che hanno dato   prova   di partecipazione all'opera di   rieducazione, quale riconoscimento di  tale  partecipazione,  e  ai  fini  del  loro  più efficace   reinserimento   nella   società. La stessa ratio appare sottesa alla liberazione anticipata speciale che condivide i presupposti della liberazione anticipata ordinaria estendendo lo sconto di pena conseguente alla sua concessione.

Ancora, e prescindendo qui dalla disputa in ordine alla natura della norma, in ossequio al principio del divieto della regressione trattamentale "in assenza di motivi di demerito del condannato" fatto proprio dalla Corte Costituzionale (Corte cost. n. 306/1993) appare difficilmente sostenibile la legittimità di un provvedimento che neghi la concessione di un beneficio a colui che, offrendo prova di una particolare partecipazione all'opera rieducativa, ne abbia maturato i requisiti prima dell'entrata in vigore della legge di conversione in ragione del fatto che, per circostanze a lui non imputabili, l'istanza presentata non sia ancora stata decisa.

 

5. Un secondo tema di particolare rilievo sul quale si è pronunciata la Corte sia nella sentenza numero 53798 del 2014 che nella successiva pronuncia numero 3130 del 2015 attiene alla vicenda latu sensu successoria che ha accompagnato la conversione in legge del summenzionato decreto.

Afferma sul punto la Corte nella pronuncia 53798/2014, e lo ribadisce in termini analoghi nella sentenza 3130/2015, che "la disposizione contenuta nell'art. 4, comma 4, del d.l. n. 146 del 2013 (...) non recepita dalla l. n. 10 del 2014, non è suscettibile di vigore ultrattivo per i comportamenti pregressi" (corsivo nostro). Nell'argomentazione della Corte la mancata conversione del decreto ne avrebbe comportato la decadenza ab origine ai sensi dell'art. 77, terzo comma, della Costituzione.

Ora, pur condividendo astrattamente l'affermazione della Corte, appare quantomeno dubbio che nel caso in esame i fatti oggetto di valutazione delle norma siano da considerare pregressi, ossia posti in essere antecedentemente l'entrata in vigore del decreto stesso, come affermato dalla Cassazione, anziché concomitanti: maturati cioè durante la vigenza del decreto. E' vero infatti che i semestri di pena da considerare per la concessione del beneficio sono quelli per i quali il detenuto ha già usufruito del beneficio della liberazione anticipata ordinaria a decorrere dal 1° gennaio 2010 e sino al 23 dicembre 2013 e che la valutazione in ordine alla prova di un concreto recupero sociale, presupposto per la concessione del periodo integrativo, è da valutare in relazione al comportamento tenuto durante il periodo di detenzione, purtuttavia l'effetto favorevole riconnesso a questi comportamenti riconosciuto dal decreto legge non può essere negato nel momento in cui si deve ritenere riconosciuto e raggiunto, sotto la vigenza dello stesso, il grado di rieducazione adeguato alla concessione del beneficio richiesto.

Per tale ragione la Corte, facendo tesoro del principio affermato dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 51 del 1958, avrebbe dovuto ritenere concedibile il beneficio richiesto in quanto il diritto alla detrazione dei 30 giorni integrativi appare maturato dal ricorrente all'indomani dell'entrata in vigore del decreto.

Ancora, la vicenda che ha interessato la conversione dell'art. 4 d.l. 146/2013 ad opera della l. n. 10 del 2014 appare più complessa di quanto schematicamente ricostruito dalla Suprema Corte: abbiamo, infatti, una conversione con modifiche del primo e del quinto comma, una conversione del secondo e del terzo comma, mentre il quarto comma è stato soppresso. Non ci troviamo quindi dinanzi ad un decreto non convertito, viceversa dovrà farsi riferimento, per la ricostruzione del caso in esame, alla disciplina volta a regolare il caso di decreto convertito con modificazioni, con la conseguenza di riconoscere l'ultrattività della norma più favorevole soppressa dalla legge di conversione secondo i principi regolativi della successione di legge nel tempo.

 

6. La Corte, nella sentenza 3130/2015, dedica un passaggio alla critica della ricostruzione normativa fatta da parte della dottrina (si veda ancora G. Giostra, I delicati problemi applicativi di una norma che non c'è (a proposito di presunte ipotesi ostative alla liberazione anticipata speciale), cit.).

Il giudice di legittimità, pur ammettendo la poco felice formulazione del testo a seguito degli emendamenti apportati con la legge di conversione, sostiene non possa aderirsi alla pur autorevole Dottrina che ritiene non debbano essere esclusi dalla concessione del beneficio della liberazione anticipata cd. integratrice i condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p. in quanto, laddove il legislatore ha ritenuto di escluderli, l'ha espressamente previsto (il rimando è al primo comma dell'art. 4 della legge in esame). Secondo l'argomentazione della Corte tale ricostruzione sarebbe in contrasto con "le univoche contrarie proclamazioni dell'intento del legislatore, dichiaratamente volto, senza eccezioni temporali, ad escludere dal novero dei soggetti che possono godere della misura speciale i condannati per i reati di cui all'art. 4 bis" e, soprattutto, sarebbe contraddetta da ragioni formali e sistematiche riconducibili alla necessità di riconoscere coerenza interna al testo della norma.

 

7. In ordine allo scioglimento del cumulo, infine, la Corte si interroga sulla possibilità di concedere l'accesso alla liberazione anticipata speciale integrativa in presenza di un titolo esecutivo che ricomprenda plurimi reati, solo in parte rientranti nel catalogo del suddetto art. 4 bis o.p.. Occorre cioè valutare se l'accesso alla liberazione speciale sia precluso per il solo fatto che la persona abbia riportato condanna per un reato cosiddetto ostativo oppure se si debba procedere allo scioglimento del cumulo per verificare se sia stata espiata la porzione di pena riferibile al reato preclusivo del beneficio e se, per la restante porzione di pena riguardante reati non ostativi, sussistono i presupposti per il riconoscimento dello stesso.

La posizione fatta propria dalla Cassazione, ribadita in ambedue le decisioni qui in esame, si uniforma ai principi costantemente espressi dalla giurisprudenza costituzionale e da quella di legittimità e propone una soluzione ermeneutica affatto condivisibile.

La Suprema Corte, muovendo dalla premessa che la disciplina del concorso formale di reati così come quella del reato continuato persegue le finalità di mitigare l'effetto del cumulo materiale in una prospettiva di favore per il reo, nella medesima prospettiva evidenzia che il cumulo va mantenuto ogniqualvolta la considerazione unitaria sia favorevole al reo.

A ciò consegue che "in presenza di un provvedimento di unificazione di pene concorrenti, è legittimo, nel corso dell'esecuzione, lo scioglimento del cumulo, quando occorre procedere al giudizio sull'ammissibilità della domanda di concessione di un beneficio" (Cass. pen., Sez. I, sent. 22 dicembre 2014 (dep. 30 dicembre 2014) n. 53781, Pres. Siotto, Rel. Cassano).