17 luglio 2014 |
Ancora sull'applicabilità della liberazione anticipata speciale ai condannati per i delitti di cui all'art. 4 bis o.p.
Tribunale di Sorveglianza di Milano, ud. 30 giugno 2014, Est. Panasiti, e Mag. Sorveglianza di Vercelli, ud. 19 giugno 2014, Est. Fiorentin
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Clicca qui per leggere l'ordinanza del Magistrato di Sorgveglianza di Vercelli, 19 giugno 2014.
1. Le ordinanze del Tribunale di Sorveglianza di Milano e del Magistrato di Sorveglianza di Vercelli qui commentate affrontano la controversa questione dell'applicabilità della liberazione anticipata speciale di cui all'art. 4 d.l. 146/2013 ai condannati a pene inflitte per taluni dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p., tema già oggetto di attenzione in questa rivista [cfr. A. Della Bella, Sull'applicabilità della liberazione anticipata speciale ai condannati con cumuli di pene comprensivi di quelle irrogate per reati ostativi, ai sensi dell'art. 4 bis o.p., cui si rinvia per la ricostruzione dell'istituto della liberazione anticipata speciale].
2. Due gli aspetti problematici sui cui si soffermano i provvedimenti in esame.
La prima questione, che vede il Tribunale di Sorveglianza di Milano e il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli accogliere soluzioni opposte, è relativa all'applicabilità della disciplina di favore contenuta nel d.l. 146/2013 ai condannati per i delitti di cui all'art. 4 bis o.p. e ruota attorno alla disciplina della successione delle leggi nel tempo, anche in relazione alla natura delle norme in materia di esecuzione della pena.
La seconda questione, su cui prende posizione il solo giudice collegiale, è relativa al controverso tema del cd. "scorporo delle pene" in relazione ai condannati che siano destinatari di cumuli di pene derivanti dall'unificazione di pene concorrenti, comprensivi anche di pene inflitte per taluni dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p.
3. Come noto il co. 4 dell'art. 4 d.l. 146/2013 estendeva anche ai condannati per reati di cui all'art. 4 bis o.p. i benefici della liberazione anticipata speciale a condizione che avessero dato prova, durante il periodo di detenzione, di "concreto recupero sociale". Tale norma è stata soppressa in sede di conversione con la conseguente impossibilità di applicare ai soggetti condannati per taluno dei reati indicati nell'articolo sopra richiamato la maggiore detrazione di pena prevista dalla liberazione anticipata speciale.
Il caso posto all'attenzione del Collegio di Milano, così come quello esaminato dal Magistrato di Vercelli, vede coinvolto un soggetto condannato per reati di cui all'art. 4 bis. o.p. che ha presentato istanza volta ad ottenere la concessione del beneficio durante la vigenza del decreto, istanza giunta all'attenzione del Magistrato di Sorveglianza all'indomani della conversione del decreto stesso.
Il profilo controverso attiene alla natura delle norme in materia di esecuzione della pena e di benefici penitenziari e, di conseguenza, alla disciplina applicabile al caso concreto.
Il Collegio, nell'affrontare il tema, ha esordito richiamando la prescrizione dell'art. 77, comma 3 Cost., ai sensi della quale la parziale mancata conversione di un decreto-legge, comporterebbe la perdita di efficacia della disposizione non convertita con decorrenza ex tunc, norma in conformità della quale la Corte Costituzionale, con sentenza n. 51/1985, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'ultimo comma dell'art. 2 c.p.
A tale considerazione consegue, nelle parole stesse dell'ordinanza "che in materia di conversione di decreti legge già astrattamente non può porsi una tematica in punto di successione di legge più favorevole ai sensi dell'art. 2 c.p.".
Ancora il Collegio ha condiviso il recente indirizzo delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sentenza 31 marzo 2011, n. 27919, Pres. Lupo, Rel. Blaiotta, in Ced. Cass. Rv. 250196) che sostiene l'esclusione dell'applicazione della disciplina in tema di successione di leggi penali più favorevoli nel tempo a tutti quegli istituti, reputati di natura processuale, anche qualora attengano allo status libertatis, siano essi specificamente afferenti al giudizio di cognizione (misure cautelari) che più strettamente al procedimento di esecuzione (misure alternative alla detenzione e benefici penitenziari).
Riconosciuta alla materia dell'esecuzione della pena natura processuale, ne consegue che il principio che governa la scelta della norma applicabile vada correttamente identificato in quello di cui all'art. 11, comma 2, disp. prel. c.c., cd. tempus regit actum, escludendo per tale via l'ammissione del condannato al più favorevole trattamento in materia di liberazione anticipata previsto dal decreto legge non convertito, in legge, in quanto, al momento della decisione, la norma non era più in vigore per effetto della mancata conversione del decreto stesso sul punto.
Di diverso avviso il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli che conclude per la concessione nel caso in decisione del beneficio della liberazione anticipata speciale, ritenendo la "necessità sotto il profilo costituzionale e convenzionale di applicare la legge più favorevole vigente al momento della presentazione dell'istanza di liberazione anticipata speciale, formulata da un condannato con riferimento a condizioni di ammissibilità e presupposti di concedibilità del beneficio stesso che si erano già compiutamente realizzati al momento dell'istanza stessa", in coerenza con il principio di divieto di regressione incolpevole del trattamento penitenziario e in ragione della legittima aspettativa del condannato nella concessione del beneficio richiesto.
Il percorso argomentativo seguito dal Magistrato di Sorveglianza di Vercelli muove da una diversa interpretazione della sopra citata pronuncia della Corte Costituzionale n. 51/1985, che porta a ritenere applicabile la legge più favorevole al reo ai "fatti concomitanti", quei fatti cioè verificatisi durante la vigenza della norma stessa. Contrasterebbe, infatti, con la ratio dell'istituto - che costituisce innegabilmente un istituto di natura premiale volto alla rieducazione del condannato - escludere a posteriori il beneficio della liberazione anticipata speciale ai condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p.; a maggior ragione nel momento in cui si osserva che a tali soggetti è pacificamente applicabile la liberazione anticipata "ordinaria".
Ancora, il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli evidenzia come, condividendo la tesi della non applicabilità del beneficio della liberazione anticipata speciale ai soggetti sopra menzionati, "si finisce per addossare ad un soggetto incolpevole carenze strutturali e organizzative degli uffici di sorveglianza, facendo dipendere l'esito della domanda dalla circostanza - del tutto casuale ed estranea alla volontà e alla capacità di controllo dell'interessato - che sia stata o meno decisa nell'ambito temporale di vigenza delle norme più favorevoli".
Nei fatti, la concessione della liberazione anticipata speciale, ammessa in vigenza del decreto legge, a favore di coloro che erano stati condannati per taluno dei delitti previsti dall'art. 4 bis o.p. era fondata sull'accertamento del proficuo percorso rieducativo compiuto dal condannato durante il periodo di detenzione: si fondava cioè su elementi già maturati al momento della decisione, riferendosi a semestri di esecuzione di pena già trascorsi.
Ci troviamo, dunque, dinnanzi a condannati meritevoli del beneficio già prima dell'entrata in vigore della modifica normativa in pejus. In tal senso si è espressa la giurisprudenza che, in tema di introduzione di norme legislative che modifichino restrittivamente la concessione dei benefici penitenziari, ne ha negato l'applicazione nei confronti di coloro che, prima dell'entrata in vigore della disciplina più rigorosa, avessero utilmente raggiunto i risultati rieducativi richiesti per la concessione del beneficio (Cass., Sez. I, 21 gennaio 2010, n. 8092, Vizzini, in CED Cass.); e ciò, alla luce del principio di non regressione del trattamento rieducativo in assenza di comportamenti colpevoli del condannato .
A ciò si aggiunge l'esigenza di tutela della legittima aspettativa maturata dal condannato ai fini dell'accesso al beneficio, per il quale risultano integrati, al momento dell'istanza, tutti i presupposti e le condizioni di legge.
Da ultimo, il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli sottolinea l'esigenza del rispetto, da parte del legislatore, del principio di razionalità, coerenza e ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., principio evocato dalla giurisprudenza della stessa Corte EDU (Corte EDU, sezione III, sent. 10 luglio 2012, Del Rio Prada c. Spagna, in questa Rivista con scheda di F. Mazzacuva); razionalità, coerenza e ragionevolezza che sarebbero fortemente minate, secondo la ricostruzione fatta propria dall'ordinanza che si commenta, dalla negazione della concessione del beneficio in esame ai soggetti condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p.
4. Ulteriore profilo, rilevante per la decisione solo nel caso posto all'attenzione del Tribunale di Sorveglianza di Milano, concerne l'esclusione dall'ambito operativo della misura dei condannati per taluno dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p. nel caso in cui gli stessi siano destinatari di cumuli di pene (derivanti dalla continuazione ex art. 81 c.p. o dall'unificazione di pene concorrenti), comprensivi anche di pene inflitte per taluni dei delitti di cui all'art. 4 bis o.p., disposizione, quest'ultima, che detta una differente e più rigorosa disciplina per categorie di condannati che hanno posto in essere reati che destano particolare allarme sociale.
Il dibattito sul punto ruota attorno alla possibilità-opportunità di concedere a tali condannati, una volta espiata la parte di pena relativa al reato ostativo, il beneficio della liberazione anticipata speciale che consente, ai condannati che abbiano già usufruito della liberazione anticipata ordinaria, un ulteriore sconto di 30 giorni per ogni semestre di pena espiata. L'accoglimento di questa istanza, con la scelta di consentire l'acceso al beneficio di cui sopra, presuppone lo scioglimento del cumulo, con successiva attribuzione dei periodi di carcerazione già espiati ai vari titoli detentivi.
Il Collegio, nell'ordinanza in commento, ritiene non possa procedersi - nel caso di specie - al c.d. "scorporo delle pene" e ciò sostanzialmente per tre ragioni.
In primis il Collegio richiama la ratio della norma che è quella di pervenire a un razionale "svuotamento" delle carceri per far fronte al fenomeno del sovraffollamento carcerario, in conformità a quanto prescritto dalla C.E.D.U.
Sulla scorta di tale considerazione il Collegio traccia una linea di demarcazione tra i benefici penitenziari legati concettualmente e strutturalmente al percorso rieducativo e quelli che rispondono a logiche differenti, per la concessione dei quali il percorso rieducativo non ha alcun rilievo.
Nel primo caso, il trattamento rieducativo è perseguito anche con le misure alternative alla pena e, quindi, deve essere modulato in riferimento alla porzione di pena ancora da scontare, con specifico riguardo alla natura dei reati per i quali la porzione di pena risulta da eseguire. Ne consegue la necessità di pervenire allo scioglimento del cumulo (c.d. scorporo), al fine di declinare il trattamento rieducativo in relazione alla tipologia di reato realizzato, e, quindi, alla personalità del detenuto in vista del suo recupero.
Nel secondo caso allorché l'istituto da applicare "non è direttamente dipendente dalla considerazione della tipologia di pena da adattare al percorso di rieducazione del detenuto, ma è fissato, come quello conseguente al d.l. n. 146/2013 e l. 10/2014, unicamente avuto riguardo a dichiarate finalità di decongestionamento degli Istituti penitenziari, nessuna individualizzazione del percorso del detenuto può operarsi con riguardo alla porzione di pena già scontata". Ne consegue che, come nel caso oggetto del provvedimento qui annotato, ogni valutazione in relazione alla possibilità di attribuire il periodo di carcerazione eseguito al delitto c.d. ostativo risulta superflua "venendo solo in rilievo le caratteristiche di pericolosità sociale descritte da taluno dei reati in relazione al quale è instaurato un rapporto esecutivo, ritenute, nel sentire comune, direttamente recepite dal legislatore in sede di legge di conversione, di particolare allarme sociale".
Ancora il Collegio fa proprie le indicazioni provenienti da Cass., Sez. I pen., 13 gennaio 2012, n. 25046, in Ced. Cass. Rv. 253335, relativa al nuovo istituto di cui alla legge n. 199 del 2010, massimata nel senso che "l'esecuzione presso il domicilio della pena detentiva non superiore ad un anno, anche come parte residua di maggior pena, non può essere disposta nel caso in cui sia in esecuzione un provvedimento di cumulo comprensivo di titolo per uno dei reati di cui all'art. 4-bis ord. pen., pur quando la pena ad esso relativa sia stata interamente espiata e sia in corso di esecuzione la pena riferibile alla condanna per un reato estraneo al predetto art. 4-bis" sottolineando l'identità di scopo evidente tra i due istituti che si caratterizzano per una efficacia temporanea, limitata "alla completa attuazione del piano straordinario penitenziario nonché in attesa della riforma della disciplina delle misure alternative alla detenzione".
L'istanza deflattiva risulta, infatti, controbilanciata dalla necessità di evitare che lascino il carcere anche detenuti condannati per delitti percepiti come di particolare allarme sociale, quali sono, appunto, i delitti contemplati nell'elencazione di cui all'art. 4 bis O.P., sul presupposto che si tratti di detenuti la cui personalità risulti caratterizzata da particolare pericolosità sociale, preoccupazione che emerge significativa nell'ampio dibattito parlamentare che ha accompagnato la conversione del D.L. n. 146/2013 e che ha portato il legislatore a scegliere di eliminare il co. 4 dell'art. 4 d.l. 146/2013 in sede di conversione, con la conseguente impossibilità di applicare ai soggetti condannati per taluno dei reati indicati nell'articolo sopra richiamato la maggiore detrazione di pena prevista dalla liberazione anticipata speciale.
Da ultimo il Collegio sottolinea il fatto che manca nel testo della Legge di conversione n. 10/2014 qualsivoglia indicazione, anche indiretta, in favore dello scioglimento del cumulo.
5. A conclusione di queste brevi note non possiamo non segnalare, tuttavia, come resti da affrontare il nodo del differente trattamento in concreto riservato a coloro che si trovino ad eseguire una pluralità di condanne a pena detentiva in assenza di un provvedimento di cumulo - caso questo che nella certezza dell'attribuzione della pena espiata al reato ostativo renderebbe applicabile la liberazione anticipata speciale - rispetto a quanti stiano eseguendo un cumulo di pene.
Senza dimenticare poi l'ulteriore considerazione, fatta propria dalla Corte Costituzionale nella sentenza 361/1994 in tema di concessione della semilibertà ad un condannato in esecuzione di pene concorrenti, tra cui alcune relative a reati ex art. 4 bis o.p., che le norme concernenti il cumulo delle pene non possono risolversi in un danno per il condannato.