ISSN 2039-1676


15 settembre 2015 |

Validità  della notifica al difensore per via telematica e problemi di diritto transitorio

Cass., Sez. Un., 26 giugno 2015 (dep. 22 luglio 2015), n. 32243, Pres. Santacroce, Rel. Fumo, ric. Nedzvetskyi

 

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1. Come già segnalato in questa Rivista, con ordinanza 10 aprile 2015 (dep. 21 aprile 2015) n. 16634[1], la Seconda Sezione Penale della Corte di Cassazione aveva chiamato le Sezioni unite a dirimere la seguente questione di diritto: "Se, anche dopo l'entrata in vigore del d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (e relativa conversione in legge), siano valide le notificazioni a persona diversa dall'imputato eseguite per via telematica ai sensi del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (e relativa conversione in legge), dagli Uffici giudiziari già autorizzati dal decreto 1o ottobre 2012 del Ministro della Giustizia".

Il 26 giugno 2015 le Sezioni Unite della Corte di Cassazione si sono pronunciate in merito alla richiamata questione dando risposta affermativa.

Ebbene, al fine di comprendere le ragioni poste a fondamento della decisione, appare opportuno ricapitolare i termini essenziali della vicenda che ha dato origine alla querelle giuridica richiedendo l'intervento del Supremo Collegio. In data 20 gennaio 2014 il Nedzvetskyi veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere con riferimento a due imputazioni di rapina aggravata commesse rispettivamente il giorno 17 dicembre 2012 e il giorno 22 ottobre 2013 in danno di gioiellieri torinesi. A fronte della richiesta di revoca della misura cautelare proposta dalla difesa dell'imputato il Tribunale di Torino in data 11 febbraio 2014 si è pronunciato in senso negativo e a questo punto la difesa proponeva appello. A seguito del rigetto dell'appello la difesa presentava ricorso per Cassazione lamentando tra gli altri motivi la violazione del diritto di difesa dell'imputato in quanto il difensore non era comparso all'udienza camerale fissata per la trattazione del giudizio sull'impugnazione. Ciò in quanto il decreto di fissazione della udienza innanzi al Tribunale era stato notificato al difensore tramite la cosiddetta P.E.C. (posta elettronica certificata), in violazione dell'art. 16 comma 9 lett. c-bis D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (come modificato dall'art. 1 comma 19 l. 24 dicembre 2012, n. 228) che prevede l'utilizzo dello strumento telematico per i procedimenti penali, limitatamente alle notifiche dirette a soggetti diversi dall'imputato solo a far data dal 15 dicembre 2014, laddove la notifica a mezzo di posta elettronica era avvenuta in data certamente precedente. Il ricorso veniva assegnato alla Seconda Sezione la quale tuttavia valutando la complessità della questione giuridica ha rimesso la decisione avanti al massimo consesso di legittimità.

 

2. Per consentire una razionale impostazione della problematica la Corte pone attenzione al quadro normativo di riferimento e alla sua progressiva evoluzione.

In particolare, la possibilità di procedere a notificazioni tramite P.E.C. è stata introdotta dall'art. 51 del d.l. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito dalla L. 6 agosto 2008 n. 133) modificato dall'art. 4 comma 3 lett. a) del d.L. 29 dicembre 2009 n. 193 (convertito con modificazione dalla l. 22 febbraio 2010 n. 124). Secondo il meccanismo predisposto dal legislatore l'opportunità di eseguire notificazioni mediante P.E.C. veniva consentita agli Uffici giudiziari individuati dal Ministro della Giustizia con decreti aventi natura non regolamentare da adottarsi entro il 1o settembre 2010 e previo accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione[2].

Il 12 settembre 2012, qualche giorno dopo la scadenza del termine ordinatorio previsto dalla norma, veniva emanato il decreto ministeriale con il quale venivano individuati gli Uffici giudiziari presso i quali la nuova procedura avrebbe potuto trovare applicazione: in pratica si trattava del Tribunale di Torino e della Procura della Repubblica presso il medesimo Tribunale. In tal modo gli Uffici giudiziari piemontesi venivano autorizzati a far data dal 1o ottobre 2012 ad effettuare notifiche telematiche nei confronti di persone diverse dall'imputato a norma degli artt. 148 comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2 del codice di rito.

A distanza di pochi giorni dall'entrata in vigore della normativa appena menzionata veniva emanato il d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012 n. 221 ed entrato in vigore il 20 ottobre 2012 il cui art. 16 co. 4, secondo una impostazione del tutto sovrapponibile alla normativa preesistente, prevedeva che "Nei procedimenti civili le comunicazioni e le notificazioni a cura della cancelleria sono effettuate esclusivamente per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni [...] allo stesso modo si procede per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2 -bis, 149, 150 e 151 comma 2 del codice di procedura penale".

In merito al dies a quo di efficacia delle nuove procedure, con specifico riferimento al settore penale, il comma 9 lett. d dell'art. 16 stabiliva che le disposizioni relative alla notifica telematica "acquistano efficacia" a decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dei decreti di cui al comma 10 per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2 del codice di procedura penale, e per gli Uffici giudiziari diversi dai tribunali e dalle corti d'appello." Anche la nuova disposizione subordinava la possibilità di notificazioni mediante P.E.C. all'emanazione da parte del Ministro della Giustizia di decreti aventi natura non regolamentare attestanti l'idoneità degli Uffici giudiziari. E' evidente come tale procedura dipendesse da un avvenimento futuro e indeterminato dal momento che non era dato sapere quando la pubblicazione dei decreti sarebbe avvenuta.

Veniva poi sancita l'esplicita e formale abrogazione dei commi da 1 a 4 dell'art. 51 del previgente d.l. 25 giugno 2008, n. 112 convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133.

Ma l'intervento del legislatore non si è arrestato qui: i termini temporali previsti dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 sono stati ulteriormente modificati dalla c.d. legge di stabilità del 2013 (legge 24 dicembre 2012 n. 228) la quale incidendo sul comma 9 del summenzionato art. 16 d.l. 18 ottobre 2012 n. 179 ha introdotto diversi dies a quo di efficacia della disciplina. Ed in particolare con riguardo ai procedimenti civili è stata introdotto uno spartiacque tra quelli già pendenti avanti a Uffici giudiziari già individuati dai decreti ministeriali previsti dall'art. 51 co. 2 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112 (convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133) e quelli pendenti innanzi agli altri Uffici, nonché a seconda dei destinatari.

Se per il settore civile il legislatore si è quindi preoccupato di individuare una disciplina transitoria (tra la precedente normativa del 2008 e quella nuova del 2012), non ha fatto lo stesso per il settore penale limitandosi in questo ambito ad individuare quale termine iniziale per le notificazioni telematiche per i procedimenti innanzi ai tribunali e alle corti di appello la data "fissa" del 15 dicembre 2014[3]. Senza trascurare il fatto che l'art. 16 del d.l. n. 179 del 2012, pur abrogando le disposizioni previste ai commi da 1 a 4 dell'art. 51 del d.l. n. 112 del 2008, ha di fatto riprodotto fedelmente il contenuto delle norme abrogate (subordinando l'efficacia delle rinnovate disposizioni relative alle notificazioni per via telematica nel processo penale all'adozione di nuovi decreti ministeriali attestanti l'idoneità funzionale dei singoli Uffici).

Con riguardo a ciò che maggiormente interessa la vicenda in scrutinio, in tale caotico quadro normativo il legislatore del 2012 per un'evidente "svista" ha trascurato il caso dei procedimenti penali pendenti in Torino - come appunto il caso di specie - con riferimento ai quali gli Uffici giudiziari torinesi avevano già attivato il meccanismo predisposto dall'art. 51 del d.l. n. 112 del 2008 posto che a far data dal 1o ottobre 2012 essi erano già autorizzati ad effettuare per via telematica le notificazioni nel processo penale nei confronti di soggetti diversi dagli imputati.

 

3. Una volta esaurito l'excursus normativo il Collegio intende chiarire i termini della questione vale a dire se l'efficacia delle norme che prevedono la possibilità di procedere alla notificazione degli atti in via telematica a persona diversa dall'imputato (nel caso di specie, al difensore) sia stata differita per tutti gli Uffici giudiziari (e dunque anche per il Tribunale e la Procura di Torino) alla scadenza del nuovo termine indicato (15 dicembre 2014), ovvero se i predetti Uffici piemontesi (per i quali il d.m. attuativo era già stato emesso prima della entrata in vigore del d.l. n. 179 del 2012, e dunque - necessariamente - prima del 15 dicembre 2014) si sottraggono a tale previsione, con la conseguenza che devono ritenersi legittime le notifiche effettuate tramite P.E.C. a far data dal termine indicato dal primo decreto ministeriale e quindi dal 1o ottobre 2012 ad oggi. In altri termini, possono considerarsi valide le notificazioni effettuate dagli Uffici torinesi in forza del "vecchio" decreto ministeriale del 12 settembre 2012, anche dopo l'emanazione del "nuovo" e prima del 15 dicembre 2014? A fronte della lacuna legislativa spetta ancora una volta alla Cassazione riparare i "guasti" di un sistema normativo troppo spesso farraginoso[4].

 

4. Esigue tuttavia sono le pronunce in materia. In un'occasione la Seconda Sezione della Corte di Cassazione[5] ha fornito una risposta negativa al suddetto quesito sostenendo che le disposizioni relative alle notificazioni per via telematica a persona diversa dall'imputato (e dunque anche al difensore dello stesso), previste dal d.l. 28 ottobre 2012, n. 179 (e successiva conversione), entrano in vigore per tutti gli Uffici giudiziari il 15 dicembre 2014 previa adozione da parte del Ministro della Giustizia del decreto attestante l'idoneità funzionale dei servizi di comunicazione dei singoli Uffici giudiziari. In tal senso la Corte ha considerato invalide le notificazioni effettuate per via telematica dal Tribunale di Torino anche se per tale Ufficio l'idoneità funzionale dei servizi di comunicazione era già stata attestata con decreto ministeriale del 12 settembre 2012 come anticipato.

Di diverso avviso è la Sesta Sezione della Corte[6] la quale ha sostenuto che il limite temporale del 15 dicembre 2014 individuato dalla novella Legge n. 228 del 2012 non riguarda gli Uffici torinesi quanto piuttosto quelli per i quali non era stato ancora emesso il decreto ministeriale attestante l'idoneità funzionale degli impianti di comunicazione telematica (se esistenti). In questa prospettiva, per quanto concerne il Tribunale e la Procura di Torino le norme sulla notificazione degli atti per via telematica sono divenute efficaci ben prima del 14 dicembre 2014 e quindi dal 1o ottobre 2012. Non solo, con particolare riferimento agli avvisi al difensore la Corte ha evidenziato che già di per sé il dettato del comma 2-bis dell'art. 148 cod. proc. pen. consentendo la notificazione "con mezzi tecnici idonei" non può non ricomprendere anche l'ipotesi della trasmissione telematica (se certificabile) di detti avvisi.

 

5. Perentoria è la risposta delle Sezioni Unite che aderiscono al secondo orientamento sopra richiamato prendendo le mosse da una fine riflessione giuridica sulla natura e sulla efficacia dei decreti ministeriali non regolamentari attestanti l'idoneità degli impianti esistenti negli Uffici giudiziari.

Innanzitutto la Corte precisa che, per definizione, tali decreti non sono atti a contenuto normativo, ma hanno natura dichiarativa e funzione ricognitiva e accertativa.

Ciò premesso occorre riflettere sulla conciliabilità tra la abrogazione operata dal comma 11 dell'art. 16 del d.l. 179/2012 (convertito dalla Legge 221/2012) dei commi 1,2,3,4 dell'art. 51 del d.l. 112/2008 (convertito dalla L.133/2008) e le attestazioni di idoneità derivanti dai decreti. Se è vero che "il decreto ministeriale che sancisce l'idoneità dell'impianto è stato emanato in forza di una disposizione normativa (nel caso di specie, l'art. 51 sopra richiamato)" è vero anche, secondo la Corte, che "l'esito di tale accertamento costituisce un dato di fatto che rispecchia una situazione del mondo fenomenico che non appare passibile di abrogazione". Infatti la Corte ricorda che "l'abrogazione può riguardare la sfera precettiva del dover essere, non quella, appunto fenomenica, dell'essere".

Conclusione obbligata di tali assunti è che "se non può esservi dubbio che un decreto ministeriale a contenuto regolamentare non possa sopravvivere al testo legislativo per la cui attuazione è stato emanato o dal quale comunque è legittimato (simul stabunt, simul cadent, ovviamente), appare difficile sostenere che un impianto giudicato idoneo (e tale dichiarato con atto amministrativo dalla competente autorità), perda tale idoneità" - sempre che non siano sopraggiunte cause esterne che su di essa possano avere inciso - "perché la fonte normativa che, a suo tempo, aveva autorizzato la predetta autorità all'accertamento sia stata abrogata".

La Corte si concentra poi sul caso in esame, vale a dire sull'ipotesi di notificazione al difensore dell'imputato, sottolineando, alla stregua delle argomentazioni già anticipate dalla Sesta Sezione, che in materia l'art. 148 comma 2-bis cod. proc. pen. attribuisce all'autorità giudiziaria il potere di disporre che "notificazioni e gli avvisi ai difensori siano eseguiti con mezzi tecnici idonei".

In forza di tale previsione normativa il Collegio rileva che non vi è ragione di escludere tra i "mezzi tecnici idonei" gli strumenti atti alla trasmissione telematica quando essi siano in grado di fornire prova della trasmissione stessa e della avvenuta ricezione, garanzie che il sistema della P.E.C. è certo capace di assicurare.

Tale assunto si pone in linea con la tendenza della giurisprudenza di legittimità che, di fronte ad espressioni ben più ampie di talune norme (anche incriminatrici) aperte[7], fornisce un'interpretazione delle stesse ampia, comprensiva degli strumenti telematici anche se non esplicitamente richiamati dalla littera legis.

È evidente secondo il Collegio che la scelta del legislatore di utilizzare espressioni aperte e categorie generali è finalizzata a non vincolare l'interprete "nel recinto di un numerus clausus, ma, in considerazione della imprevedibilità (e della celerità) del progresso tecnologico," a consentirgli di valutare caso per caso quale fattispecie concreta possa essere ricondotta a quella astratta prevista dalla norma.

Alla luce di tali considerazioni secondo la Corte, se pure non fossero mai state emanate le disposizioni normative più volte richiamate, è proprio il dettato dell'art. 148 comma 2-bis così come modificato nel 2001 che avrebbe autorizzato la notificazione al difensore tramite P.E.C.

Con riguardo alle notifiche a soggetti diversi dall'imputato/indagato (e a maggior ragione al difensore dello stesso) il Tribunale di Torino e la Procura presso il predetto Tribunale potevano procedere alle notificazione tramite P.E.C. a far data dal 1o ottobre 2012 ad oggi in forza dell'esplicito dettato dell'art. 148 comma 2-bis cod. proc. pen. e della recente sentenza delle Sezioni Unite n. 28451 del 28 aprile 2011 (in questa Rivista).

Secondo quest'ultima pronuncia la notificazione alla parte privata se deve essere eseguita mediante consegna al difensore, ben può essere eseguita tanto con l'uso del telefax quanto con l'uso di altri mezzi idonei a norma dell'art. 148 comma 2-bis del codice di rito[8].

In definitiva, al fine di riferire al caso in esame i principi enucleati la Corte ribadisce che:

a)    le notifiche al difensore possono essere effettuate con qualsiasi strumento idoneo sin dalla data di entrata in vigore della legge 438 del 2001 che ha introdotto il comma 2-bis all'art. 148 cod.proc. penale;

b)   tale strumento idoneo per il Tribunale e la Procura di Torino è costituito senza dubbio dalla P.E.C. a far data dal 1o ottobre 2012 in forza del decreto ministeriale attuativo del 12 settembre 2012;

c)    sempre dal 1o ottobre 2012 e limitatamente agli Uffici torinesi le notifiche possono essere effettuate tramite P.E.C. non solo nei confronti dei difensori ma a tutti i soggetti diversi dall'imputato/indagato.

 

6. La conclusione cui pervengono i Supremi Giudici, coerente con la logica del contenimento dei tempi occorrenti per la definizione dei processi e delle risorse in essi impiegati, del resto ben si concilia con il principio della conservazione degli atti e quello ad esso correlato di economia processuale.

Senza dubbio l'introduzione della notificazione tramite P.E.C. è stata caldeggiata dal legislatore in quanto, oltre a consentire l'effettiva conoscenza dell'atto trasmesso al destinatario[9], è in grado di perseguire tale obiettivo attraverso un sistema più rapido sfruttando le moderne innovazioni tecnologiche[10].

Ora, posto che soltanto pochi Uffici giudiziari sono riusciti tempestivamente ad adeguarsi alle richieste del legislatore, se la Cassazione avesse avallato la soluzione negativa alla questione determinando l'invalidità delle notifiche via P.E.C effettuate prima del 15 dicembre 2014 e la necessaria rinnovazione delle suddette notifiche, ciò avrebbe causato l'invalidità degli atti successivi e conclusivi delle fasi processuali cui gli stessi si riferiscono a discapito degli Uffici giudiziari che "si erano virtuosamente già adeguati 'al sistema digitale'[11]". E questo a ulteriore lesione del principio di economia processuale e della ragionevole durata dei processi, principi tanto cari al nostro legislatore.

Poste tali premesse, rimane il problema di diritto transitorio: a fronte di un legislatore caotico in materia vi è stato un legislatore altrettanto disattento che ha dimenticato di dettare una disciplina per tutti quei casi in cui gli Uffici giudiziari si erano già attivati per eseguire notifiche telematiche in quanto già autorizzati dal Ministro in virtù della normativa precedente.

Occorre considerare che il meccanismo predisposto dal legislatore con la legge del 2008, prima, e con la legge del 2012, poi, è il medesimo risultando basato sulla idoneità - acclarata dal Ministro della Giustizia - dell'Ufficio giudiziario a consentire le notifiche telematiche. Pertanto, una volta acquisita l'idoneità, trattandosi di un accertamento "fenomenico" - a usare le parole della Corte - questa non potrebbe di certo venire meno per effetto dell'abrogazione della fonte normativa che aveva autorizzato l'autorità all'accertamento stesso.

 

 

 

 


[1] Si veda Antinucci M., Notifica al difensore a mezzo Pec e diritto intertemporale: la parola alle Sezioni Unite, in Arch. pen., n. 2, 2015.

[2] Più precisamente l'art. 51 stabiliva al comma 1 che: "A decorrere dal quindicesimo giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana dei decreti di cui al comma 2 negli Uffici giudiziari indicati negli stessi decreti, le notificazioni e le comunicazioni di cui al primo comma dell'art. 170 del codice di procedura civile, la notificazione di cui al primo comma dell'art. 192 del codice di procedura civile e ogni altra comunicazione al consulente sono effettuate per via telematica all'indirizzo di posta elettronica certificata di cui all'art. 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009 n. 2. Allo stesso modo si procede per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e per le notificazioni e le comunicazioni previste dal regio decreto 16 marzo 1942 n. 267, e per le notificazioni a persona diversa dall'imputato a norma degli articoli 148, comma 2-bis, 149, 150 e 151 comma 2 del codice di procedura penale".

Precisava poi al comma 2 che:" Con uno o più decreti aventi natura non regolamentare, da adottarsi entro il 1o settembre 2010, sentiti l'Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense ed i Consigli dell'Ordine degli avvocati interessati, il Ministro della Giustizia, previa verifica, accerta la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli Uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1."

Il comma 3 prevedeva invece che le parti che non avessero provveduto ad istituire e comunicare l'indirizzo elettronico di cui ai commi precedenti ricevessero le notificazioni e comunicazioni presso la cancelleria o la segreteria dell'Ufficio giudiziario.

[3] Si veda art. 16 comma 9 lettera c-bis così come modificato dall'art. 1 della legge 228/2012.

[4] Grillo P., Notificazioni a mezzo P.E.C. prima del dicembre 2014: il requiem delle Sezioni Unite (Nota a Cass. Pen. 26 giugno 2015, 32243, Sez. Unit.), in D&G, fasc. 29, 2015, p. 60.

[5] Cass. Sez. II, sent. n. 32430, del 9 luglio 2014, ric. Nedzvetskyi.

[6] Cass. Sez. VI, sent. n. 37646, del 12 dicembre 2014, ric. Cutrì.

[7] Ad esemplificazione la Corte fa riferimento a "qualsiasi altro mezzo di pubblicità" di cui al comma 3 dell'art. 595 cod. proc. pen., che ha consentito di ritenere aggravata la diffamazione consumata tramite internet (Cass. Sez. V, n. 40980 del 16 novembre 2012, Nastro; Cass., Sez, V, n. 29221 del 6 aprile 2011, De Felice) e al dettato costituzionale dell'art. 21 che accanto alla "parola e allo scritto" richiama "ogni altro mezzo di diffusione".

[8] Nella citata sentenza le Sezioni Unite del 2011 affermano che "la notificazione di un atto di cui sia destinatario l'imputato o altra parte privata, in ogni caso in cui esso possa essere depositato o consegnato al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell'art. 148 co. 2-bis cod. proc. pen."

Tale principio enunciato dalle Sezioni Unite (le quali fanno appello alle qualità professionali del difensore, agli oneri di diligenza e ai doveri di informazione nei confronti dell'assistito e alla diligenza richiesta dallo stesso imputato) in merito alle notifiche a mezzo telefax risulta estendibile anche alla notifica via P.E.C. la quale è eretta oggi a mezzo tecnico privilegiato tra quelli genericamente indicati dall'art. 148 co. 2-bis del codice di rito.

Da qui discende che è legittimo l'impiego della consegna telematica al difensore dell'atto destinato all'imputato, nel caso in cui quest'ultimo sia dichiarato irreperibile (art. 159 co. 1 cod. proc. pen.), o latitante (art. 165 co. 1 cod. proc. pen.); ovvero quando l'imputato residente, dimorante o detenuto all'estero non abbia ottemperato all'invito a dichiarare o eleggere domicilio dello Stato (art. 169 co. 1 cod. proc. pen.); o ancora nell'ipotesi in cui l'imputato abbia eletto domicilio presso il difensore (art. 161 commi 1 e 2 cod. proc. pen.) e nel caso in cui l'imputato abbia dichiarato o eletto diverso domicilio e la notificazione ivi esperita nelle forme tradizionali sia risultata impossibile (art. 161 co. 4 cod. proc. pen.). Sul punto si veda la Circolare della Corte di Cassazione dell'11 dicembre 2014.

[9] Come suggerisce l'etimologia stessa del termine per notificazione si intende quel "comportamento diretto a notum facere, [..] finalizzato a far sì che con l'osservanza di determinate forme ed entro certi termini gli atti del procedimento siano portati a conoscenza" dei destinatari. Cfr: Rivello P. P., sub art. 148 c.p.p., in Commentario breve al codice di procedura penale, diretto da Conso-Grevi, Cedam, 2005, p. 401.

[10] Per una più ampia digressione sul punto si veda: Russo C., Le notifiche telematiche nel processo penale. Alcune note a margine dell'art. 4, comma 3, della L. 22 febbraio 2010, n. 24, in Cass. Pen., fasc. 9, 2011, p. 3241B.

[11] Grillo P., Notifica a mezzo P.E.C.: valide anche quelle antecedenti al 15 dicembre 2014 (Nota a Cass. Pen. 12 dicembre 2014, n. 24882, sez. VI), in D&G, fasc. 23, 2015, p. 96.