31 marzo 2011 |
Cass. pen., sez. VI, 1 dicembre 2010 (dep. 28 marzo 2011), Pres. Agrò, Est. Milo (prescrizione e retroattività della normativa più favorevole)
Manifestamente infondata l'eccezione di illegittimità costituzionale della disciplina transitoria della legge ex Cirielli relativa ai giudizi di appello e di cassazione
Con la sentenza n. 2061 del 28 marzo 2011 la VI sezione della Corte di Cassazione ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, eccepita in relazione agli artt. 117 Cost. e 7 CEDU, dell’art. 10 della l. n. 251 del 2005 (c.d. ex-Cirielli) nella parte in cui esclude l’applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più favorevoli, per i processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di Cassazione.
La Corte, benché riconosca il rango costituzionale della retroattività favorevole, ammette tuttavia – richiamando le sentenze della Corte Costituzionale n. 393 del 2006 e n. 72 del 2008 - la possibilità di limitazioni e deroghe legislative a tale principio, considerate ragionevoli (quindi legittime) “ove sussista contemporaneamente la necessità di salvaguardare interessi contrapposti di analogo rilievo”. Ragionevole è giudicata la previsione derogatoria nel caso di specie, sulla base di un bilanciamento svolto tra la ratio sottesa all’istituto della prescrizione e gli interessi (“di rilievo costituzionale sottesi al processo, come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti destinatari della funzione giursdizionale”) che la limitazione censurata mirava a perseguire.
Tale argomentazione – a giudizio della Cassazione – vale anche in relazione all’art. 7 CEDU, dal quale pure la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha ricavato il principio di retroattività della lex mitior (cfr. C.edu, 17 settembre 2009, Scoppola/Italia), ma che parimenti può essere legittimamente derogato per soddisfare, come nel caso in esame, esigenze meritevoli di uguale tutela.
Tale arresto della VI sezione della Cassazione si pone in contrasto con l’opposta opinione espressa dalla II sezione, che con l’ordinanza n. 22357 del 27 maggio 2010 aveva invece già dichiarato la medesima questione di legittimità non manifestamente infondata, rimettendola al giudizio dirimente della Corte Costituzionale (che pertanto dovrà presto pronunciarsi sul punto).