ISSN 2039-1676


21 dicembre 2016 |

"L’informazione giudiziaria in Italia. Libro bianco sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale", a cura dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’Unione Camere Penali Italiane, Pisa, Pacini Giuridica, 2016, pp. 181

Recensione

Il volume «L’informazione giudiziaria in Italia. Libro bianco sui rapporti tra mezzi di comunicazione e processo penale» contiene i risultati di un’analisi pioneristica, unica nel suo genere. I membri dell’Osservatorio sull’informazione giudiziaria dell’Unione Camere Penali Italiane hanno, infatti, analizzato in maniera analitica gli articoli attinenti la cronaca giudiziaria oppure altri temi di “politica giudiziaria”, comparsi tra il luglio ed il dicembre 2015 su 27 testate giornalistiche (cartacee) a tiratura sia nazionale che locale, rappresentanti il 60% della diffusione dei quotidiani italiani (al netto della stampa sportiva).

Lo scopo dell’indagine, condotta con il rigore metodologico della scienza statistica (il volume espone i dati in numerose tabelle percentuali), è stato quello di individuare le linee di tendenza dell’informazione giudiziaria italiana, anche e soprattutto in ragione del fatto che le norme che attualmente disciplinano tale settore sono ora carenti e sostanzialmente disapplicate (artt. 114 e 329 cpp, artt. 326 e 684 cp) ora condivisibili nei contenuti ma sprovviste di adeguato presidio sanzionatorio (ci si riferisce al “Testo unico dei doveri del giornalista” approvato nel 2016). Si è così verificato quali fosse il tono del titolo e del contenuto dell’articolo (colpevolista, innocentista, neutro), a quale fase processuale si riferisse la notizia (fase delle indagini preliminari, fase dibattimentale), quale fosse la fonte citata (Pubblico Ministero, Polizia Giudiziaria, difesa) e quale fosse la collocazione del contributo (in prima pagina o nelle pagine interne).

Il motivo di interesse per un tale tipo di indagine nasce dal fatto che si assiste talvolta all’instaurarsi di un “processo virtuale” e «bulimico» (nel senso che raccoglie senza filtri ogni conoscenza), raccontato dai mezzi di informazione, che si affianca a quello “reale”, celebrato nelle aule di udienza ed «intramato di regole di esclusione» del materiale valutabile ai fini della decisione. Ciò genera un rischio di condizionamento non solo dell’opinione pubblica, ma anche dei giudici, togati o laici che siano (entrambi sanno che incontreranno un “risentimento collettivo” nel caso assumano decisioni discordanti rispetto alle attese generate dal comune sentire), e dei testimoni (inevitabilmente portati a raccontare i fatti con il filtro del pre-giudizio).

L’esito dell’indagine è nel senso di una netta prevalenza di articoli di cronaca su editoriali attinenti temi di politica giudiziaria (aventi prevalentemente ad oggetto progetti di riforma), con una iper-valutazione della fase delle indagini preliminari rispetto all’attività dibattimentale. Se questo da un lato è comprensibile – il pubblico dei lettori nutre un interesse solo verso le notizie “fresche”, che non possono che provenire dall’autorità inquirente – dall’altro è foriera di una percezione distorta: l’eventuale esito assolutorio del processo viene percepito come uno “spreco” di attività processuale o addirittura una “denegata giustizia” da parte di chi sia via via formato un convincimento colpevolista, quando non giustizialista.

Il “libro bianco” non ha pretese di completezza (rimangono, infatti, non specificamente indagate le peculiarità della “televisione giudiziaria” oppure gli effetti potenzialmente “permanenti” della diffusione delle notizie sul web), ma ha il pregio di porre l’attenzione su di un tema particolarmente delicato, anche in ragione del perturbamento che può derivare al singolo dalla pubblicazione di articoli di stampa che lo riguardino, con un approccio che, benché critico, trova saldo fondamento in un’analisi empirica.