ISSN 2039-1676


14 novembre 2017 |

Riforma del market abuse: quando la toppa (parlamentare) è peggiore del buco (governativo)

Legge 25 ottobre 2017, n. 163 recante Delega al Governo per il recepimento delle direttive europee e l'attuazione di altri atti dell’Unione europea - Legge di delegazione europea 2016-2017

Contributo pubblicato nel Fascicolo 11/2017

Per leggere il testo della Legge 25 ottobre 2017, n. 163, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2017, clicca qui.

 

1. In sede di presentazione del d.d.l. di delegazione europea 2016, ora l. 163/2017, era emersa la singolare e criticabile scelta dell’esecutivo di ribadire la superfluità della riforma del comparto penalistico degli abusi di mercato, pur dopo l’entrata in vigore del Reg. (UE) 596/2014 (MAR) e la scadenza del termine di recepimento della Dir. 57/2014/UE (MAD II) [si v., volendo, E. Basile, Una nuova occasione (mancata) per riformare il comparto penalistico degli abusi di mercato?, in questa Rivista, fasc. 5/2017, 271 ss.].

L’auspicio di un intervento correttivo delle Camere non ha purtroppo avuto seguito, in toto per quanto concerne le fattispecie di reato e in larghissima parte anche sul versante delle sanzioni amministrative, così mantenendosi pressoché inalterato il ‘doppio binario’ punitivo che da oltre un decennio caratterizza la disciplina italiana del market abuse.

 

2. Nonostante la speditezza dell’iter di approvazione, l’articolato presentato dal Governo è stato oggetto di modifiche in Senato e – per quanto qui rileva – il nuovo art. 8 del provvedimento (corrispondente all’originario art. 7 del d.d.l.) incorpora emendamenti di identico tenore letterale presentati da svariati parlamentari di maggioranza e opposizione.

In particolare l’art. 8, co. 3, l. 163/2017 – recante i “principi e criteri direttivi specifici” della delega per l’adeguamento al (solo) MAR della disciplina nazionale dei mercati finanziari – dedica talune previsioni di dettaglio, nelle lett. a) e b), alla revisione degli artt. 114 e 116 d. lgs. 58/1998 (TUF) in tema di informazione societaria degli emittenti quotati o con titoli diffusi tra il pubblico.

 

3. Di maggiore rilevanza in ottica punitiva sono, tuttavia, le ulteriori interpolazioni contenute nel medesimo terzo comma dell’art. 8 l. 163/2017.

La legge-delega dispone infatti non soltanto l’attribuzione a CONSOB dei poteri sanzionatori amministrativi contemplati dal MAR (in ciò ricalcando perfettamente il d.d.l.), ma prescrive altresì di “rivedere l’articolo 187-terdecies del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, prevedendo che l’autorità giudiziaria o la CONSOB tengano conto, al momento dell’irrogazione delle sanzioni di propria competenza, delle misure punitive già irrogate nonché disponendo che l’esecuzione delle sanzioni, penali o amministrative, aventi la medesima natura, sia limitata alla parte eccedente a quella già eseguita o scontata” [così l’art. 8, comma 3, lett. f), l. 163/2017, neretti aggiunti].

Non meno significative le modifiche attinenti alla confisca amministrativa per fatti di market abuse: la primigenia formulazione del d.d.l. di delegazione europea si limitava invero a incaricare il Governo di estendere tale misura ablatoria alle violazioni del MAR, mentre l’attuale criterio direttivo è di “rivedere l’articolo  187-sexies del  testo  unico  di  cui  al  decreto  legislativo  24 febbraio  1998, n. 58, in modo tale da assicurare l’adeguatezza della confisca, prevedendo che essa abbia ad oggetto, anche per equivalente, il profitto derivato dalle violazioni delle previsioni del  regolamento (UE)  n.  596/2014” [così l’art. 8, comma 3, lett. g), l. 163/2017, neretti aggiunti].

 

4. A dispetto delle apparenze, i richiamati criteri direttivi della legge-delega sono ricchi di implicazioni anche di portata squisitamente penalistica.

La nuova lettera f) sembra in effetti recepire quanto posto in risalto circa l’ingiustificato limite di ‘coordinamento’ per le sole sanzioni pecuniarie ai sensi del vigente art. 187-terdecies TUF, prevedendo l’estensione del medesimo meccanismo a tutte le tipologie di misure afflittive [sul punto sia permesso rinviare ancora a E. Basile, Una nuova occasione, cit., 280].

La lettera g), nella sua portata testuale (nonché al lume dei lavori preparatori della l. 163/2017), intenderebbe d’altro canto limitare la confisca amministrativa al solo profitto dell’illecito di tale natura, ritenendo a contrario ‘inadeguato’ estenderla ai beni utilizzati per commetterlo: si tratta all’evidenza di una modifica assai significativa e opportuna, giacché in dottrina era stata da tempo segnalata la sproporzione di una misura che poteva riguardare risorse ingentissime anche a fronte di un irrisorio beneficio patrimoniale per il trasgressore [in argomento, per tutti, F. Mucciarelli, Art. 187 Confisca, in Il testo unico della finanza, a cura di M. Fratini, G. Gasparri, Torino, 2012, 2424].

 

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5. Se questa è la risposta del legislatore alle pressanti esigenze di revisione dell’apparato sanzionatorio degli abusi di mercato, a seguito delle incisive riforme adottate in ambito UE nel 2014, sembra davvero improbabile il superamento delle numerose criticità in subiecta materia.

Volendo formulare – per ragioni di sintesi – soltanto qualche notazione a prima lettura, possono evidenziarsi almeno due ordini di problematiche.

 

6. Per quanto concerne la progettata modifica dell’art. 187-terdecies TUF, appare senz’altro condivisibile l’intento di evitare la duplicazione punitiva tout court e non soltanto sul versante pecuniario; ma siffatto meccanismo non fa che confermare e implicitamente avallare il doppio accertamento (amministrativo e penale) dal quale deriva la violazione della garanzia di ne bis in idem ad opera della vigente disciplina domestica sugli abusi di mercato, già sfavorevolmente giudicata dalla Corte EDU (poi tornata sui propri passi in una successiva decisione della Grande Chambre) e in attesa di pronunciamento da parte della CGUE [con riferimento all’organo giurisdizionale della c.d. grande Europa v. Corte EDU, II sez., sent. 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia, in questa Rivista, 9.3.2014, con nota di A.F. Tripodi, Uno più uno a Strasburgo fa due. L’Italia condannata per violazione del ne bis in idem in tema di manipolazione del mercato; nonché Corte EDU, GC, sent. 15 novembre 2016, A e B c. Norvegia, in questa Rivista, 18.11.2016, con nota di F. Viganò, La Grande Camera della Corte di Strasburgo su ne bis in idem e doppio binario sanzionatorio; in senso conforme a quest’ultima pronuncia, prospettando tuttavia un approccio case by case nel valutare possibili frizioni con il divieto di bis in idem, cfr. Corte EDU, I sez., sent. 18 maggio 2017, Jóhannesson c. Islanda, in questa Rivista, 22.5.2017, con nota di F. Viganò, Una nuova sentenza di Strasburgo su ne bis in idem e reati tributari. Per lo stato dell’arte a livello eurounitario cfr. invece F. Viganò, Le conclusioni dell’Avvocato generale nei procedimenti in materia di ne bis in idem tra sanzioni penali e amministrative in materia di illeciti tributari e di abusi di mercato, in questa Rivista, 18.9.2017: circa la disciplina italiana degli abusi di mercato, l’Avvocato generale presso la Corte di Lussemburgo ha invero concluso senza mezzi termini nel senso dell’illegittimità del ‘doppio binario’ punitivo per violazione del ne bis in idem sancito dall’art. 50 CDFUE].

 

7. Ben più dirompenti e potenzialmente incostituzionali le ricadute della prospettata riscrittura dell’art. 187-sexies TUF (peculiare ipotesi di ablazione amministrativa anche ‘per equivalente’). Sebbene la ratio della modifica risulti di per sé coerente con il canone di proporzione, in mancanza di analogo intervento sull’art. 187 TUF (confisca stricto sensu penalistica) si produrrebbe l’effetto – tanto paradossale, quanto in contrasto con l’art. 3 Cost. – di circoscrivere al profitto la sola misura ablatoria conseguente a illeciti amministrativi di market abuse, mentre per i corrispondenti reati si continuerebbero ad attingere i beni strumentali, senza peraltro poter adoperare in chiave mitigatrice il riformato art. 187-terdecies TUF, che come visto troverebbe applicazione per la sola “parte eccedente a quella già eseguita o scontata” e dunque non andrebbe oltre il profitto (unico elemento comune a entrambe le tipologie di confisca) [analoghe considerazioni sono formulate da F. Mucciarelli, Riforma penalistica del market abuse: l’attesa continua, in corso di pubblicazione su Dir. pen. proc.].

 

8. La pervicace ostinazione del legislatore nazionale nel rimanere inerte rispetto all’adeguamento della disciplina domestica al mutato quadro normativo eurounitario sugli abusi di mercato continua a produrre guasti sempre più difficili da rimediare in via interpretativa e – indipendentemente dagli esiti del giudizio della Corte di Lussemburgo sulla violazione del ne bis in idem connessa al ‘doppio binario’ punitivo – non è a questo punto da escludere l’avvio di una procedura d’infrazione a carico dell’Italia per la mancata attuazione del diritto UE.