ISSN 2039-1676


03 ottobre 2017 |

La riforma del codice antimafia (e non solo): uno sguardo d’insieme alle modifiche appena introdotte

Disegno di legge n. 2134-S, approvato in via definitiva dalla Camera il 27 settembre 2017 ("Modifiche al codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, al codice penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale e altre disposizioni. Delega al Governo per la tutela del lavoro nelle aziende sequestrate e confiscate")

Contributo pubblicato nel Fascicolo 10/2017

1. Il legislatore torna oggi a porre mano al sistema delle misure di prevenzione contenuto nel c.d. codice antimafia (d.lgs. 159/2011) e lo fa con una legge che – contestualmente e quasi silenziosamente – incide in modo significativo anche in altri, seppur collegati, ambiti dell’ordinamento penale.

È infatti in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale la riforma che la Camera, questo 27 settembre, ha approvato definitivamente nel testo licenziato con modifiche dal Senato (clicca sopra su ‘visualizza allegato’).

Auspicando di poterne presto ospitare più approfonditi commenti, offriamo di seguito uno sguardo d’insieme di tale riforma, i cui interventi spaziano dalle modifiche al sistema delle misure di prevenzione personali (cfr. infra §§ 2-5) e patrimoniali (§§ 6-16), alla riforma della disciplina dell’amministrazione, gestione e destinazione dei beni (§ 17) e del sistema di tutela dei terzi (§ 18), ma che coinvolgono anche il codice penale e il codice di rito (§§ 21 e 22), il decreto sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti (§ 23) e, non da ultimo, la confisca c.d. allargata (§ 24).

 

2. Il primo fondamentale aspetto innovativo si rinviene all’art. 1 del testo di riforma e consiste nell'annunciato ampliamento dei destinatari delle misure di prevenzione personali e patrimoniali. La novella aggiunge infatti al già esteso catalogo di fattispecie di c.d. pericolosità qualificata contenuto nell’art. 4 del codice antimafia anche:

- i soggetti indiziati del reato di assistenza agli associati ex art. 418 c.p. (cfr. lett. b dell’art. 4);

- le persone che abbiano posto in essere atti esecutivi – e non più, dunque, solamente preparatori – diretti a sovvertire l'ordinamento dello Stato, con la commissione di uno dei reati indicati alla lett. d) dell'art. 4 del codice antimafia, tra cui figurano anche i reati con finalità di terrorismo (e la medesima estensione agli “atti esecutivi” è inserita anche alla lett. f relativa alla ricostituzione del partito fascista);

- i soggetti indiziati del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ex art. 640-bis c.p. (cfr. nuova lett. i-bis dell’art. 4), reato di cui questa stessa riforma provvede a modificare il quadro edittale (cfr. infra § 21);

- gli indiziati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di numerosi reati contro la pubblica amministrazione, e in particolare di taluno dei delitti di cui agli articoli 314 comma 1 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 319-quater (induzione indebita a dare o promettere utilità), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio), 321 (pene per il corruttore), 322 (istigazione alla corruzione) e 322-bis c.p. (cfr. nuova lett. i-bis dell’art. 4)

- i soggetti indiziati di stalking ex art. 612-bis c.p. (cfr. nuova lett. i-ter dell’art. 4)

Come noto, tale ampliamento dell’ambito applicativo delle misure ha già destato le critiche e le preoccupazioni – non solo di talune parti politiche, ma anche – di autorevoli voci in dottrina (cfr., ex multis, C. Visconti, Approvate in prima lettura dalla Camera importanti modifiche al procedimento di prevenzione patrimoniale, in questa Rivista, 23 novembre 2015). Altre opinioni si sono invece attestate in senso sostanzialmente favorevole a tale novità, considerata espressiva della riconosciuta vicinanza tra questa confisca e quella allargata di cui all’art. 12-sexies d.l.306/1992 (F. Menditto, Verso la riforma del d.lgs. n. 159/2011 (c.d. codice antimafia) e della confisca allargata, in questa Rivista, 22 dicembre 2015). C’è da notare, in ogni caso, che a dispetto di quanto si leggeva nel testo approvato in prima lettura dalla Camera, la versione definitiva della riforma accoglie gli emendamenti del Senato, in forza dei quali l’applicazione del sistema della prevenzione in materia di reati contro la P.A. viene “limitata” ai casi in cui questi siano commessi in forma associativa ex art. 416 c.p., e non individuale. Resta tuttavia astrattamente ferma la possibilità di colpire con misure di prevenzione fenomeni di c.d. corruzione seriale o abituale, che vengano ricondotti alle fattispecie di c.d. pericolosità generica di cui all’art. 1 del codice antimafia. Una possibilità, quest’ultima, che potrebbe però risultare preclusa qualora la Consulta decidesse di accogliere le questioni di legittimità costituzionali, ad oggi pendenti, volte a censurare la legittimità dell’art. 1 lett. a) e b) del codice antimafia, alla luce dei principi affermati lo scorso febbraio dalla Grande Camera della Corte EDU nella sentenza de Tommaso c. Italia (sul punto è possibile consultare i già numerosi contributi nella colonna qui a sinistra, in particolare a firma di Maugeri, Menditto, Viganò, Balato e Finocchiaro).

 

3. Procedendo nella rassegna delle novità legislative, si osserva che l'art. 2 della riforma interviene a modificare il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione personali sotto diversi profili. In particolare:

- si attribuiscono le funzioni e le competenze del procuratore della Repubblica presso il tribunale capoluogo del distretto, relative alla titolarità della proposta di misure di prevenzione personale, "anche" al procuratore della Repubblica del tribunale del circondario;

- si prevede un coordinamento del procuratore della Repubblica presso il tribunale nel cui circondario dimora la persona con il procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo di distretto;

- si dispone che la proposta di misura di prevenzione antimafia debba essere depositata presso le cancellerie delle istituende sezioni o dei collegi speciali per le misure di prevenzione (previste dalla stessa riforma, cfr. infra) del tribunale distrettuale nel territorio del quale la persona dimora;

- si prevede che il divieto di soggiorno possa essere applicato anche in relazione a una o più “regioni” (e non a più “province”);

- si modifica la disciplina del procedimento di applicazione delle misure di prevenzione, precisando che il termine di trenta giorni entro il quale il Tribunale deve provvedere con decreto motivato decorre dal deposito della proposta (cfr. art. 7 comma 1 codice antimafia) e che l’avviso di fissazione della data dell’udienza contenga una concisa esposizione dei contenuti della proposta (cfr. art. 7 comma 2 codice antimafia). Viene inoltre previsto che la partecipazione all’udienza di detenuti e internati al di fuori della circoscrizione del giudice è assicurata a distanza mediante collegamento audiovisivo, salvo che il collegio ritenga necessaria la presenza della parte; ed è altresì introdotto un nuovo comma 4-bis all’art. 7 secondo cui il Tribunale, concluso l’accertamento circa la regolare costituzione delle parti, ammette le prove rilevanti, escludendo quelle vietate dalla legge o superflue;

- si aggiunge inoltre la possibilità di rinvio dell’udienza in caso di legittimo impedimento, non solo dell’interessato, ma anche del difensore (cfr. art. 7 comma 5); e si modifica il comma 6 relativo alla presenza necessaria dell’interessato all’udienza;

- all’art. 7 vengono poi aggiunti sette nuovi commi, di cui tre in materia di competenza (commi 10-bis, ter e quater), uno relativo al carico delle spese (10-quinquies), due relativi ai termini di deposito del decreto (10-sexies e septies) e uno alla redazione non immediata dei motivi (10-octies);

- viene infine modificato l'art. 8 del codice antimafia, da un lato, coordinandone il contenuto con le modifiche all'art. 6, comma 2 e, dall’altro, prevedendo che la decisione del tribunale debba essere comunicata anche al difensore del proposto.

 

4. La riforma, all'articolo 3, interviene altresì a modificare la disciplina delle impugnazione delle misure di prevenzione personali contenuta nell'art. 10 del codice antimafia, permettendo tra l’altro la proposizione del ricorso in appello e in Cassazione anche al difensore dell'interessato (non più, dunque, solo a quest’ultimo).

 

5. Sempre in materia di misure personali, e in particolare di decorrenza e cessazione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, l’art. 4 della riforma introduce due nuovi commi all'art. 14 del codice antimafia, prevedendo che l'esecuzione della misura resti sospesa durante il tempo in cui l'interessato è sottoposto a custodia cautelare o a detenzione per espiazione di pena e che, qualora quest’ultima si sia protratta per almeno due anni, il giudice debba, anche d’ufficio, verificare la persistenza della pericolosità sociale del soggetto, così da revocare la misura in caso di accertamento negativo o, in caso contrario, emettere decreto con cui ordinarne l'esecuzione. La proclamata intenzione del legislatore, in questo caso, è stata quella di adeguarsi alle indicazioni della Corte costituzionale nella sentenza n. 291/2013 (su cui cfr. la nota a firma di T. Trinchera, Misure personali di prevenzione: nel caso di sospensione dell'esecuzione per lo stato di detenzione dell'interessato, la pericolosità  va riverificata a sospensione esaurita, in questa Rivista, 9 dicembre 2013).

 

6. Quanto alle misure di prevenzione patrimoniali – anch’esse comunque in parte coinvolte dalle modifiche sopra menzionate e, in particolare dall’estensione del loro ambito soggettivo di applicazione – può anzitutto osservarsi che l’art. 5 comma 1 della riforma ha provveduto a modificare l’art. 17 del codice antimafia, relativo alla titolarità della proposta, precisando che il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo può in ogni caso proporre la misura patrimoniale e che nel caso di applicazione rivolta ai c.d. pericolosi generici di cui all’art. 1 o alle persone persone indiziate di cui alle nuove lett. i-bis e i-ter dell’art. 4, le funzioni e le competenze del procuratore distrettuale sono attribuite anche al procuratore della Repubblica del tribunale nel cui circondario dimora la persona, previo coordinamento con il procuratore distrettuale.

Sempre all’art. 17 viene inserito un nuovo comma 3-bis, essenzialmente volto a migliorare il coordinamento delle autorità competenti sul territorio: s’incarica infatti il procuratore distrettuale – attraverso il raccordo con il questore e il direttore della DIA – di curare che l'applicazione delle misure patrimoniali non rechi intralcio ad altre indagini in corso. A tal fine si impone al questore competente e al direttore della DIA di farsi carico di obblighi informativi nei confronti del procuratore distrettuale.

 

7. La norma relativa alle indagini patrimoniali (art. 19) viene modificata solamente consentendo alle autorità titolari di accedere anche al Sistema di interscambio flussi dati (SID) dell'Agenzia delle entrate e richiedere quanto ritenuto utile ai fini della indagini.

 

8. Alcune novità riguardano anche la disciplina del sequestro (art. 20), in relazione al quale il legislatore ha ritenuto di sostituire la locuzione “persona nei cui confronti è iniziato il procedimento” con quella “persona nei cui confronti è stata presentata la proposta". Si prevede poi che, oltre al sequestro dei beni ritenuti di origine illecita, il tribunale possa disporre anche l'amministrazione giudiziaria di aziende nonché di beni strumentali all'esercizio delle relative attività economiche (art. 34) e la nuova misura del controllo giudiziario dell'azienda (art. 34-bis, appena introdotto). La riforma prevede, inoltre, che il sequestro di partecipazioni sociali totalitarie si estenda di diritto a tutti i beni aziendali, che il Tribunale è peraltro chiamato a indicare in modo specifico.

Viene altresì modificata l’esecuzione del sequestro, disciplinata all’art. 21 del codice antimafia, affidata ora alla polizia giudiziaria (anziché all'ufficiale giudiziario), con l'eventuale assistenza, “ove opportuno”, dell'ufficiale giudiziario.

Inoltre la riforma eleva (dagli attuali 10 giorni) a 30 giorni il termine entro cui perde efficacia il sequestro urgente di cui all'articolo 22 del codice antimafia, prevedendo altresì che, per la convalida del sequestro, si tenga conto delle cause di sospensione previste dall'articolo 24 comma 2 del codice antimafia, tra cui – ad esempio – accertamenti peritali ed eventuali richieste di ricusazione.

 

9. La garanzia di intervento nel procedimento riconosciuta ai terzi dall'art. 23 del codice antimafia viene estesa (dall’art. 5 comma 7 della riforma) anche a coloro che vantino sul bene in sequestro diritti reali di garanzia, e non più solo diritti reali o personali di godimento.

 

10. Anche la norma sulla confisca di prevenzione (art. 24) viene ritoccata dal legislatore (ad opera del comma 8 dell'art. 5 della riforma), attraverso un esplicito riferimento alla impossibilità per il proposto di giustificare la legittima provenienza dei beni adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale.

Può osservarsi come tale previsione – che, come si vedrà a breve, viene contestualmente introdotta anche in relazione alla confisca c.d. allargata di cui all’art. 12-sexies d.l. 306/1992 – è evidentemente diretta a positivizzare un orientamento che, dopo alcuni contrasti giurisprudenziali, è andato consolidandosi nel diritto vivente, soprattutto in seguito alla nota sentenza Repaci delle Sezioni Unite (su cui cfr., ad esempio, T. Trinchera, La sentenza delle Sezioni Unite sulla rilevanza dei redditi non dichiarati al fisco ai fini della confisca di prevenzione, in questa Rivista, 23 settembre 2014; nonché, in relazione all’ordinanza di rimessione: F. Menditto, La rilevanza dei redditi da evasione fiscale nella confisca di prevenzione e nella confisca "allargata", ibidem, 9 marzo 2014; e A.M. Maugeri, La confisca allargata: dalla lotta alla mafia alla lotta all'evasione fiscale?, ibidem, 9 marzo 2014).

 

Nello stesso art. 24 del codice antimafia, viene poi introdotto un nuovo comma 1-bis contenente una disposizione analoga a quella relativa al sequestro di prevenzione relativo a partecipazioni sociali totalitarie (cfr. supra, nuovo art. 20): viene infatti previsto che tale confisca si estenda anche ai beni aziendali e che, anche in tal caso, vadano precisati i conti correnti e i beni aziendali cui si estende la misura ablatoria.

Il comma 2 dell’art. 24 viene invece sostituito, confermandosi però il termine di un anno e sei mesi (decorrente dalla data d'immissione in possesso dei beni da parte dell'amministratore giudiziario) entro il quale deve essere emesso il decreto di confisca da parte del Tribunale, pena la perdita di efficacia del sequestro. Risulta invece modificata la previsione della possibilità di proroga di tale termine in presenza di indagini complesse o compendi patrimoniali rilevanti: infatti, pur rimanendo intatto il riferimento al limite dei sei mesi, viene eliminato l’inciso “per non più di due volte”, che fino ad oggi compariva invece nella norma. Sono altresì precisate le ipotesi di sospensione del termine ed è indicato in novanta giorni il termine massimo di sospensione per l’espletamento di accertamenti peritali sui beni.

Viene infine introdotto nella norma un comma 2-bis in base al quale alla revoca o all’annullamento del decreto di confisca consegue la cancellazione di tutte le trascrizioni e le annotazioni.

 

11. Importanti novità riguardano inoltre la confisca per equivalente. Viene infatti integralmente riformulata la disposizione di cui all’art. 25 del codice antimafia, eliminandosi ogni riferimento alla finalità di dispersione e occultamento dei beni quale presupposto necessario per ricorrere alla confisca di valore. Quest’ultima è pertanto ora applicabile ogniqualvolta “dopo la presentazione della proposta” non “risulti possibile procedere al sequestro dei beni, perché il proposto non ne ha la disponibilità, diretta o indiretta, anche ove trasferiti legittimamente in qualunque epoca a terzi in buona fede”. Viene inoltre inserito un secondo comma nella disposizione che autorizza espressamente la confisca per equivalente anche laddove, in seguito alla morte del proposto, il procedimento sia proseguito nei confronti degli eredi o degli aventi causa (art. 18 comma 2) o sia iniziato nei confronti dei successori a titolo universale o particolare (art. 18 comma 3).

Il legislatore ha così inteso eliminare quell’argine all’operatività della confisca di valore in materia di prevenzione – che non trovava corrispondenti nelle previsioni di confisca per equivalente applicabili in sede penale – consistente nella necessaria prova di una finalità elusiva insita nel comportamento distrattivo tenuto dal proposto. Una modifica, dunque, che aumenterà la possibilità di fare ricorso alla confisca per equivalente in sede di prevenzione, mettendo – ci pare – ancor più in luce la contraddittorietà di un ordinamento che, da un lato, riconoscendo natura punitiva alla confisca di valore, ne esclude l’applicabilità in sede penale laddove difetti una formale condanna[1] e dall’altro ne consente, e ora addirittura ne amplia, l’applicazione ante delictum in virtù di una dichiarata natura preventiva[2].

 

12. Anche la disciplina delle impugnazioni delle misure di prevenzione patrimoniali (art. 27 del codice antimafia) viene ritoccata dall’art. 6 della riforma. In particolare, si prevede l'impugnabilità anche del decreto che dispone o nega il sequestro (e non solo della revoca) e del provvedimento di rigetto della richiesta di confisca, anche qualora non sia stato ancora disposto il sequestro. Ciò al dichiarato fine di risolvere il contrasto giurisprudenziale relativo all'appellabilità di tale provvedimento o della sola proponibilità del ricorso per cassazione.

Attraverso l’introduzione di un nuovo comma 3-bis viene poi contemplata la possibilità di sospendere, nelle more del giudizio di Cassazione, la decisione della Corte d'appello di disporre, in riforma del decreto di confisca emesso dal tribunale, la revoca del sequestro (in modo analogo a quanto già previsto per i provvedimenti del tribunale). Un nuovo comma 6-bis dell’art. 27 prevede infine che il termine di un anno e sei mesi per l'emissione del decreto di confisca si applichi anche in caso di annullamento dell'originario decreto con rinvio al tribunale (nel qual caso il termine decorrerà, nuovamente, dalla ricezione degli atti presso la cancelleria del tribunale stesso).

 

13. Quanto alla disciplina della revocazione della confisca (art. 28 del codice antimafia) – che resta richiedibile nelle forme di cui all’art. 630 ss. c.p.p. – la riforma è intervenuta stabilendo che la Corte d’appello competente venga individuata secondo i criteri di cui all'articolo 11 c.p.p. e attribuendo alla stessa Corte, nel caso in cui accolga la richiesta di revocazione, il compito di provvedere direttamente alla restituzione per equivalente ex art. 46, senza che gli atti siano a tal fine trasmessi al Tribunale.

 

14. Anche l’art. 30 del codice antimafia – relativo ai rapporti tra il sequestro e la confisca di prevenzione e i relativi istituti adottati in sede penale – viene modificato dall’art. 8 della riforma, stabilendo tra l’altro che, se la sentenza di condanna definitiva in sede penale che dispone la confisca interviene prima della confisca definitiva di prevenzione, il tribunale, se ha già disposto il sequestro ed è ancora in corso il procedimento di prevenzione, dichiara, con decreto, che la confisca è stata già eseguita in sede penale (anziché, come accadeva fino ad oggi, disporre la confisca dichiarando la stessa già eseguita in sede penale).

 

15. Numerose e incisive modifiche sono altresì apportate alle disposizione del Capo V del Titolo II del codice antimafia, relativo alle misure di prevenzione patrimoniali diverse dalla confisca. Esse hanno riguardato sia la cauzione di cui all’art. 31 del codice antimafia (modificato dall’art. 9 della riforma, prevedendo una possibilità di rateizzazione mensile) sia l’amministrazione giudiziaria dei beni connessi ad attività economiche di cui all’art. 34 del codice antimafia, integralmente sostituito per mano dell’art. 10 della riforma.

Viene altresì introdotto un nuovo art. 34-bis, relativo al “Controllo giudiziario delle aziende”, destinato a trovare applicazione in luogo dell’amministrazione giudiziaria laddove l'agevolazione dell'attività delle persone proposte o soggette a misure di prevenzione conseguente all'esercizio dell'attività aziendale “risulta occasionale e sussistono circostanze di fatto da cui si possa desumere il pericolo concreto di infiltrazioni mafiose” idonee a condizionare l'attività di impresa.

 

16. Particolarmente rilevante – soprattutto per l’accento mediatico che ne è stato dato negli scorsi mesi – appare l’introduzione (ad opera dell’art. 12 della riforma) di un nuovo Capo V-bis, a chiusura del Titolo II del codice antimafia, destinato a contenere un’unica disposizione (l’art. 34-ter) rubricata “Trattazione prioritaria dei procedimenti di prevenzione patrimoniale”. La nuova norma prevede che “è assicurata la priorità assoluta” ai procedimenti volti all'applicazione di misure di prevenzione patrimoniali. A tal fine, la disposizione impone ai dirigenti degli uffici giudicanti e requirenti di adottare i provvedimenti organizzativi necessari a garantire la trattazione prioritaria e prevede che tali provvedimenti siano comunicati al consiglio giudiziario e al CSM. È altresì previsto che il Ministro della giustizia, in occasione delle annuali comunicazioni sull'amministrazione della giustizia, riferisca al Parlamento anche in merito alla trattazione prioritaria di tali procedimenti.

 

17. Ulteriori, incisive modifiche apportate dalla riforma al codice antimafia riguardano invece il Titolo III del codice stesso, relativo all’amministrazione, la gestione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati.

Consistenti novità sono introdotte dall’art. 13 della riforma, che interviene a modificare l’art. 35, in tema di nomina e revoca dell’amministratore giudiziario, l’art. 36 sulla relazione dell’amministratore giudiziario e l’art. 37, sui compiti di quest’ultimo, nonché l’art. 39, relativo all’assistenza legale alla procedura. Viene altresì aggiunto un art. 35-bis, rubricato “Responsabilità nella gestione e controlli della pubblica amministrazione”.

Gli artt. 14, 15 e 16 della nuova legge pongono invece mano in modo deciso alla disciplina relativa alla gestione dei beni sequestrati e confiscati, contenuta nel Capo II del Titolo III del codice antimafia. Viene anzitutto modificato l’art. 40, sulla gestione dei beni sequestrati, l’art. 41, specificamente rivolto alla gestione delle aziende sequestrate e l’art. 43 sul rendiconto di gestione. Sono poi aggiunti gli artt. 41-bis (che si occupa degli strumenti finanziari per la gestione e la valorizzazione delle aziende sequestrate e confiscate), 41-ter (che istituisce tavoli provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, presso le prefetture-uffici territoriali del Governo) e 41-quater (che prevede attività di supporto tecnico delle aziende sequestrate e confiscate).

Parimenti novellata risulta la disciplina relativa alla destinazione dei beni confiscati di cui agli artt. 45 ss. del codice antimafia – ove viene introdotto (ad opera dell’art. 18 della riforma) un art. 45-bis, specificamente rivolto alla liberazione degli immobili e delle aziende – e quella relativa al regime fiscale e agli oneri economici di cui all’art. 51 del codice antimafia (modificato dall’art. 19 della riforma).

 

18. Merita particolare attenzione, ancora, l’intervento riformatore operato in riferimento alla tutela dei terzi e ai rapporti con le procedure concorsuali, la cui disciplina è contenuta all’interno del Titolo IV del codice antimafia ed è da tempo al centro di accesi dibattiti dottrinali e giurisprudenziali, sui quali non è possibile soffermarsi in tale sede ma al cui riguardo si rinvia, ex pluribus, all’articolo di commento della proposta di riforma a firma di A. Aiello, Brevi riflessioni sulla disciplina del codice antimafia in tema di tutela dei terzi alla luce dell’ultima proposta di riforma, in questa Rivista, 20 aprile 2016. Ci limitiamo per ora ad osservare che il legislatore è intervenuto a modificare numerose disposizioni, tra cui in particolare: l’art. 52, contenente le disposizioni generali relative alla tutela dei terzi (su cui, cfr. i rilievi critici mossi  S. Calvigioni, Confisca e tutela dei creditori: sulla proposta di modifica dell’art. 52, lett. b), del codice antimafia, in questa Rivista, 4 luglio 2017); l’art. 53, sul limite della garanzia patrimoniale; l’art. 55, relativo alle azioni esecutive; l’art. 56, dedicato ai rapporti pendenti; gli artt. dal 57 al 61, volti a disciplinare l’accertamento dei diritti dei terzi; e gli artt. 63 e 64 relativi ai delicati rapporti con le procedure concorsuali. Viene inoltre aggiunto ex novo l’art. 54-bis specificamente dedicato al pagamento di debiti anteriori al sequestro.

 

19. Seguono le modifiche (apportate dall’art. 23 della riforma) all'art. 71 del codice antimafia, che prevede un'aggravante (con aumento di pena da un terzo alla metà) per un catalogo di delitti commessi da chi è sottoposto in via definitiva a una misura di prevenzione personale durante il periodo di applicazione e fino ai tre anni successivi all'esecuzione della misura. Catalogo che viene oggi ampliato, aggiungendovi il riferimento al reato di scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter c.p.), a quello di assistenza agli associati (art. 418 c.p.) nonché a una serie di delitti contro la pubblica amministrazione, coincidenti con quelli oggi inclusi alla lett. i-bis dell’art. 4 del codice antimafia (con la differenza però che in questo caso i reati non devono necessariamente essere stati commessi in forma associativa e che è qui incluso anche il peculato d’uso di cui al comma 2 dell’art. 314). Parimenti novellato risulta l’art. 76 del codice antimafia, relativo alle altre sanzioni penali che possono discendere dalla trasgressione delle prescrizioni imposte con le misure di prevenzione.

 

20. Devono altresì segnalarsi le novità introdotte dagli artt. 24-28 della riforma nel Libro II del codice antimafia, in particolare in materia di documentazione antimafia (nel cui ambito sono stati modificati gli artt. 83, 84 e 85 del codice) e di informazione antimafia (ove l’unica modifica è stata apportata all’art. 91), nonché quelle introdotte dall’ art. 29 nel Libro III del medesimo codice, nel cui ambito sono stati modificati gli artt. dal 110 al 113-bis, tutti relativi all’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata.

 

21. Come anticipato, però, il legislatore non ha confinato i propri interventi manipolatori al c.d. codice antimafia, ma ha apportato novità degne di nota anche al codice penale, al codice di rito e ad altre leggi speciali.

Quanto al codice penale, in particolare, l’art. 30 comma 1 della riforma inasprisce la pene prevista dall’art. 640-bis c.p. per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, la cui cornice edittale diviene quella “da due a sette anni” (mentre era, fino ad oggi, “da uno a sei anni”).

 

22. Il secondo e il terzo comma del medesimo articolo intervengono invece sulle disposizioni di attuazione del c.p.p. Da un lato (art. 30 comma 2) viene modificato l'art. 104-bis al fine di coordinare la disciplina dell’esecuzione del sequestro con la normativa del codice antimafia, con due nuovi commi in base ai quali il giudice che dispone il sequestro nomina un amministratore giudiziario ai fini della gestione dell'azienda sequestrata (comma 1-bis), e i compiti del giudice delegato alla procedura sono svolti dal giudice che ha emesso il decreto di sequestro ovvero, nel caso di provvedimento emesso da organo collegiale, dal giudice delegato nominato dal tribunale ex art. 35 comma 1 del codice antimafia (comma 1-ter). Dall’altro (art. 30 comma 3) viene novellato l’art. 132-bis attraverso l’inserimento della previsione – simile a quella già vista in relazione al procedimento di prevenzione patrimoniale – per cui si assicura priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi anche ai processi nei quali vi sono beni sequestrati in funzione della confisca c.d. allargata di cui all'art. 12-sexies d.l. 306/1992 (su cui cfr. anche infra sub § 24).

 

23. Anche la legge sulla responsabilità amministrativa da reato degli enti (d.lgs. 231/2001) non va esente da modifiche: l’art. 30 comma 4 della riforma introduce infatti sanzioni pecuniarie e interdittive in relazione alla commissione dei delitti di procurato ingresso illecito e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, di cui all'articolo 12 del d.lgs. 286/1998 (T.U. immigrazione).

 

24. Particolare attenzione occorre porre, inoltre, alle modifiche che la riforma apporta alla disciplina della confisca c.d. allargata di cui all’art. 12-sexies del d.l. 306/1992 (conv. dalla l. 356/1992), istituto di cui da tempo dottrina e giurisprudenza riconoscono una sostanziale affinità di ratio rispetto alla confisca prevista quale misura di prevenzione. Affinità che non può che dirsi ulteriormente confermata dal tenore della novella legislativa.

Anzitutto – come già si è detto – viene prevista (proprio come per la confisca di prevenzione) una corsia preferenziale nella trattazione dei processi nei quali vi siano beni sequestrati in funzione di tale misura ablativa (cfr. supra § 22, relativamente all’art. 132-bis disp. att. c.p.p., come modificato dall’art. 30 comma 3 della riforma). Inoltre, l’art. 31 della riforma ha provveduto ad apportare le seguenti ulteriori modifiche:

a. viene esteso il catalogo dei reati per i quali è possibile procedere alla confisca allargata, in particolare attravarso l’inserimento di un riferimento a tutti i reati di cui all'art. 51 comma 3-bis c.p.p.;

b. si esclude esplicitamente – in modo speculare a quanto si prevede ora anche all’art. 24 del codice antimafia – che la legittima provenienza dei beni possa essere giustificata adducendo che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego di evasione fiscale;

c. si modifica l’art. 4-bis dell'art. 12-sexies in modo da assimilare la disciplina dell’amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati a quella, contestualmente novellata, di cui al codice antimafia;

d. si stabilisce – mediante l’introduzione di un nuovo comma 4-quinquies – che i terzi, titolari di diritti reali o personali di godimento sui beni sequestrati di cui l'imputato risulti avere la disponibilità a qualsiasi titolo, devono essere citati nel processo di cognizione, al fine di garantire una maggiore tutela ai loro diritti difensivi;

e. si prevede espressamente – al comma 4-sexies – che il giudice competente a emettere i provvedimenti di confisca, anche per equivalente, è il giudice dell’esecuzione, il quale – in caso di richiesta di sequestro e contestuale confisca proposta dal p.m. – deve provvedere ai sensi dell’art. 667 comma 4 c.p.p., con possibilità di proporre opposizione entro trenta giorni dalla comunicazione o notificazione dello stesso;

f. viene poi introdotta, al comma 4-septies, una nuova, specifica ipotesi di confisca in assenza di (formale) condanna: si prevede infatti che la confisca allargata “diretta” (ma non quella per equivalente) possa essere applicata dal giudice d’appello o dalla Corte di cassazione quando, dopo che sia stata pronunciata sentenza di condanna in uno dei gradi di giudizio, il reato venga dichiarato estinto per prescrizione o per amnistia. In tal caso, si legge nella nuova disposizione, il giudice dovrà decidere sull’impugnazione “ai soli effetti della confisca, previo accertamento della responsabilità dell’imputato”.

L’esclusione della confisca per equivalente ci sembra giustificarsi, nell’ottica del legislatore, alla luce della natura sostanzialmente punitiva riconosciuta a tale misura dall’orientamento prevalente in giurisprudenza. Più in generale, tale previsione – pur sembrando in linea con quanto statuito dalla Corte costituzionale nella sent. 49/2015 e dalle Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza Lucci – ci sembra verosimilmente prestare il fianco alle critiche di chi ritiene che l’applicazione di misure ablatorie applicate in sede di proscioglimento per prescrizione si ponga in contrasto con la Costituzione (in particolare con il principio di presunzione di non colpevolezza) e con la CEDU (in particolare nell’interpretazione da ultimo offertane nella sentenza Varvara c. Italia);

g. al comma 4-octies si prevede inoltre che, in caso di morte del soggetto nei cui confronti è stata disposta una confisca con sentenza di condanna definitiva, il procedimento inizia o prosegue, a norma dell’art. 666 c.p.p. nei confronti degli eredi o degli aventi causa;

h. è infine precisato, al comma 4-novies, che l'autorità giudiziaria competente ad amministrare i beni sequestrati è il giudice che ha disposto il sequestro o, laddove il sequestro sia disposto da un organo collegiale, il giudice delegato dal collegio.

 

25. Si devono infine menzionare le modifiche apportate dalla riforma all'art. 4 della l. n. 512/1999, relativo all'accesso al fondo di rotazione per la solidarietà alle vittime dei reati di tipo mafioso (cfr. art. 32 della riforma) e all’art. 7-bis dell'ordinamento giudiziario, nel quale – tra l’altro – è introdotto un nuovo comma 2-sexies, con cui sono istituite – presso il tribunale del capoluogo del distretto e presso la corte di appello – sezioni o collegi ad hoc, specializzati nella trattazione in via esclusiva dei procedimenti di prevenzione, nell’intento di assicurarne un più celere svolgimento da parte dei magistrati dotati di una peculiare competenza nella materia. Nella stessa disposizione sono altresì contenute norme di dettaglio volte ad assicurare la copertura delle sezioni o dei collegi e particolari modalità di composizione e una delega al Governo per disciplinare il regime delle incompatibilità.

 

26. L’articolato della riforma si chiude con le disposizioni di attuazione e transitorie (contenute negli artt. 35-38), preceduti da una disposizione contenente l’annunciata delega al Governo per la tutela del lavoro nell’ambito delle imprese sequestrate e confiscate (art. 34), al fine – tra l’altro – di adottare misure per l'emersione del lavoro irregolare e per il contrasto del caporalato, e di salvaguardare l'accesso all'integrazione salariale e agli altri ammortizzatori sociali.

 


[1] In questo senso si esprimono le Sezioni Unite Lucci - Cass. pen., Sez. Un., 26 giugno 2015 (dep. 21 luglio 2015), n. 31617, Pres. Santacroce, Rel. Macchia, Ric. Lucci - e in quest’ottica ci sembra possa leggersi l’esclusione della confisca per equivalente dalla neonata previsione della confisca allargata in sede di prescrizione o amnistia ora contenuta nel comma 4-septies dell’art. 12-sexies d.l. 306/1992.

[2] In questo senso si esprimono le Sezioni Unite Spinelli  - Cass., Sez. Un., c.c. 26 giugno 2014 (dep. 2 febbraio 2015), Pres. Santacroce, Rel. Bruno, Ric. Spinelli - confermando la qualificazione giuridica della confisca di cui al c.d. codice antimafia quale misura di prevenzione equiparabile ad una misura di sicurezza.