ISSN 2039-1676


20 luglio 2014

Alle Sezioni unite la questione relativa all'individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione della pena in caso di revoca dell'indulto

Cass., Sez. I pen., ord. 21 marzo 2014 (dep. 9 luglio 2014), n. 30007, Pres. Cortese, Rel. Casa, Imp. Maiorella

1. Segnaliamo ai lettori che, con l'ordinanza qui pubblicata, la prima Sezione penale della Corte di cassazione ha rimesso alle Sezioni Unite la decisione sulla questione concernente la individuazione del termine iniziale di decorrenza della prescrizione della pena divenuta eseguibile a causa della revoca dell'indulto (o di altro beneficio) precedentemente concesso, questione sulla quale si registra un risalente contrasto giurisprudenziale.

 

2. Secondo quanto rilevato nell'ordinanza di rimessione, due sono gli indirizzi che si contrappongono in giurisprudenza.

Secondo un primo orientamento nel caso in cui l'esecuzione della pena sia subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il "dies a quo" da computare ai fini della estinzione della pena ex art. 172, co. 5, c.p. decorre dal giorno in cui è divenuta definitiva la decisione che ha accertato la causa di revoca del beneficio e ha disposto la revoca (in questo senso cfr., da ultimo, Cass. Sez. I pen., 6 novembre 2006, dep. 20 novembre 2006, n. 38048, Gattuso, in Mass. CED Cass. 235168, nonché i numerosi altri precedenti richiamati nell'ordinanza di rimessione).

Nell'ipotesi di indulto sottoposto alla condizione risolutiva della commissione di un nuovo reato, il termine di prescrizione della pena andrebbe quindi fatto decorrere dal momento in cui, verificatasi la perdita del beneficio, la pena può essere concretamente posta in esecuzione. Dunque, non alla data in cui è passata in giudicato la sentenza di condanna che comporta la perdita del beneficio, bensì alla data in cui, disposta la revoca dell'indulto precedentemente concesso, il relativo provvedimento è divenuto irrevocabile.

 

3. Secondo un diverso e opposto orientamento il termine di prescrizione della pena decorre dal momento in cui si sono verificati i presupposti per la revoca del beneficio precedentemente concesso, ovvero è divenuta definitiva la sentenza di condanna determinante la revoca del beneficio stesso (in questo senso, con specifico riferimento alla questione della revoca dell'indulto, cfr. Cass. Sez. I pen., 21 febbraio 2013, dep. 21 marzo 2013, n. 13414, Strusi, in Mass. CED Cass. 255647, nonché i numerosi altri precedenti richiamati nell'ordinanza di rimessione, anche con riferimento all'analoga questione della revoca della sospensione condizionale).

Si legge nell'ordinanza di rimessione che quest'ultimo orientamento - secondo le numerose pronunce che lo propugnano - parrebbe «rispondente ad una lettura dell'art. 172, co. 5, c.p. che è sorretta da precisi ed univoci argomenti testuali, logici e sistematici».

Innanzitutto, l'art. 172, co. 5, testualmente dispone che «se l'esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l'estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine è scaduto o la condizione si è verificata». La formulazione letterale della norma attesta che la decorrenza del termine di prescrizione della pena è collegata alla data in cui si è realizzato il presupposto dal quale la legge fa derivare la revoca del beneficio, non rilevando, per contro, il momento in cui è stato adottato il provvedimento di revoca.

In secondo luogo, la ratio della disciplina della prescrizione, sia del reato che della pena, è indissolubilmente legata all'esigenza di certezza delle situazioni giuridiche. Di conseguenza, si osserva, il termine di prescrizione non può che decorrere dal fatto oggettivo della verificazione delle condizioni che rendono revocabile di diritto il beneficio, dato che altrimenti la prescrizione sarebbe collegata ad una data che varia in relazione alle contingenti determinazioni dell'autorità giudiziaria: «con l'ulteriore conseguenza che i termini e il decorso della prescrizione verrebbero fatti dipendere da cause riferibili alla maggiore o minore tempestività delle decisioni degli organi deputati all'esecuzione della pena e alla revoca del beneficio, in palese violazione dei principi di certezza e di legalità».

Infine, si sostiene che questo secondo orientamento sembrerebbe preferibile perché consente un'interpretazione della norma conforme ai principi di ragionevolezza e di tempestività nella esecuzione delle pene (artt. 3 e 27, co. 2, Cost.) «atteso che la tardiva esecuzione di una sentenza di condanna, dovuta all'inerzia degli organi preposti alla richiesta e all'applicazione della revoca del beneficio (relativo alla decisione da eseguire), si pone in obiettivo contrasto con l'effetto rieducativo della pena, per cui la esecuzione deve essere tendenzialmente prossima alla commissione del reato o quanto meno alla definitività della condanna».

 

4. La trattazione del ricorso dinanzi alle Sezioni Unite è fissata per l'udienza del 30 ottobre 2014, relatore Zampetti. (Tommaso Trinchera)