Con l’ordinanza n. 1450 del 7.10.2010, che può qui leggersi in calce, la quinta sezione della Corte di Cassazione ha rimesso alle Sezioni unite, a fronte di un contrasto giurisprudenziale interno alla stessa sezione, la questione della unità o pluralità di reati nel caso in cui siano poste in essere più condotte di bancarotta, anche se relative a fattispecie incriminatrici diverse (artt. 216, 217, 223 l.f), nell’ambito di uno stesso fallimento.
In discussione, in particolare, è la corretta interpretazione dell’art. 219, comma 2, n. 1, l. fall., che prevede un aumento di pena per l’ipotesi in cui il colpevole abbia realizzato più condotte integranti le fattispecie di bancarotta semplice, fraudolenta e di ricorso abusivo al credito nell’ambito di un medesimo fallimento: si discute, infatti, se tale norma abbia la funzione esclusiva di determinare una mitigazione del trattamento sanzionatorio per l’autore di tali illeciti penali (che altrimenti sarebbe sottoposto alla più grave disciplina del concorso formale ex art. 81 c.p.), che restano tuttavia autonomi vertendosi in un’ipotesi anomala di concorso di reati, o sia, invece, il portato del principio di unitarietà del reato di bancarotta e configuri una circostanza aggravante di un unico fatto tipico.
L’opzione a favore dell’una o dell’altra tesi ha importanti conseguenze in punto di operatività del principio di ne bis in idem e, dunque, di preclusione di un secondo giudizio ai sensi dell’art. 649 del codice di rito. In particolare, considerando quale unico reato la pluralità di fatti di bancarotta – come avvenuto nel caso da cui scaturisce l’ordinanza di rimessione – la presenza di un giudicato preclude l’inizio di un nuovo procedimento per fatti di bancarotta ulteriori e diversi ma comunque relativi al medesimo fallimento. Diversamente, ritenendo ontologicamente diversi i fatti di bancarotta (quindi non riconducibili ad unità normativa se non in punto di trattamento sanzionatorio) non sarebbe precluso un nuovo giudizio penale, né rispetto a condotte che integrano ipotesi normative diverse di bancarotta, né relativamente a condotte che costituiscono ulteriori violazioni della medesima fattispecie (a pluralità di condotta alternativa, come nel caso degli artt. 216 e 217 l.f.) .
Entrambe le tesi hanno trovato recepimento in una parte della dottrina, nonché nella giurisprudenza della quinta sezione della Suprema Corte.
In particolare, il principio di unitarietà del reato in ipotesi di pluralità di fatti di bancarotta realizzati nel medesimo fallimento è stato propugnato dalle sentenze n. 4431 del 04.03.1998 Ud. (dep. 15.04.1998) Rv. 211052, n. 38810 del 04.07.2006 Ud. (dep. 22.11.2006) Rv. 235762 e 1762 del 28.11.2007 Ud. (dep. 14.01.2008) Rv. 239096. (in dottrina in questo senso cfr. A. Pagliaro, Unità e pluralità di fatti di bancarotta, in Riv. trim. dir. pen. eco., 1992, p. 357; La Monica, I reati fallimentari, Milano, 1999, p. 610; L. Conti, I reati fallimentari, Torino, 1991, p. 310).
L’autonomia “ontologica” dei fatti di bancarotta, invece, è stata sostenuta delle sentenze n. 2588 del 16.10.1980 Ud. (dep. 21.11.1980) Rv. 146739, n. 4561 del 21.01.1987 Ud. (dep. 14.04.1987) Rv. 175662, n. 32254 del 04.06.2003 Ud. (dep. 31.07.2003) Rv. 226503 e n. 26794 del 27.05.2008 Ud. (dep. 03.07.2008) Rv. 241171 (in dottrina cfr., tra gli altri, U. Giuliani-Balestrino, La bancarotta e gli altri reati concorsuali, 1999, p. 585; A. Perini – D. Dawan, La bancarotta fraudolenta, Padova, 2001, p. 366; F. Sgubbi, Commento sub art. 219 l. fall., in C. Pedrazzi – F. Sgubbi, Reati commessi dal Fallito. Reati commessi da persone diverse dal faliito, inF. Galgano (a cura di), Commentario alla legge fallimentare, Bologna, 1995, p. 215.).
La sezione remittente rileva, peraltro, che il concetto di “stesso fatto”, che preclude la possibilità di un secondo giudizio ex art. 649 c.p.p., è da intendersi come identità di due fatti di reato in tutti i loro elementi costitutivi (così tra le altre Cass. pen., Sez. un., sentenza n. 34655 del 28.06.2005 Ud., dep. 28.09.2005, Rv. 231799). Tale nozione mal si concilierebbe, dunque, con la previsione dell’art. 219, comma II, n. 1, l. f. che disciplina, per definizione, l’ipotesi di condotte differenti attinenti ad un medesimo fallimento. In altre parole, potrebbe essere già il concetto di “stesso fatto” ad escludere in radice che possa operare, in ipotesi di pluralità di condotte differenti di bancarotta, il principio del ne bis in idem, indipendentemente dalla ricostruzione dogmatica dell’art. 219 l. f. cui si acceda.
Va sottolineato, infine, che la questione attinente alla unità o pluralità di reati in ipotesi di molteplici condotte di bancarotta semplice, fraudolenta e di ricorso abusivo al credito era già stata oggetto di rimessione alle Sezioni unite, sempre da parte della sezione quinta nell’udienza del 12.01.2010, sentenza n. 10600/10. In tale occasione, tuttavia, le Sezioni unite non hanno risolto la questione controversa, decidendo su un profilo preliminare e assorbente (sentenza n. 36651 del 15.07.2010 Ud., dep. 13.10.2010). Questa volta il contrasto interpretativo dovrebbe finalmente trovare una soluzione definitiva.
La decisione delle S.U. è attesa per l'udienza del 27 gennaio 2011.