ISSN 2039-1676


08 marzo 2015 |

Rimessa alle Sezioni unite la questione dell'ammissibilità  della richiesta di riesame contro il decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell'ente non costituitosi

Cass., Sez. II, ord. 13 gennaio 2015 (dep. 9 febbraio 2015), n. 71, Pres. Esposito, Rel. Alma, Ric. Covalm Biogas Soc. Coop. a r.l.

1. Dato il manifesto contrasto insorto in ordine alla possibilità per l'ente incolpato di illecito amministrativo ai sensi del d. lgs. 8 giugno 2001 n. 231, che abbia scelto di non costituirsi nel procedimento, di proporre impugnazioni contro provvedimenti cautelari (o di sequestro penale: art. 53 d. lgs. n. 231 del 2001 - e, per rinvio, artt. 322, 322-bis c.p.p. - e art. 257 c.p.p.), era solo questione di tempo l'assegnazione alle Sezioni unite della Corte di cassazione del quesito, formulato nell'ordinanza in commento in questi termini: «se (...) sia ammissibile la richiesta di riesame ex art. 324 c.p.p. avverso il decreto di sequestro preventivo proposta dal difensore di fiducia dell'ente in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell'art. 39 del D. Lgs. n. 231 del 2001».

Tale quaestio iuris approda davanti alla seconda sezione penale della Cassazione a seguito del ricorso avverso l'ordinanza del Tribunale di Ancona, con cui veniva dichiarata l'inammissibilità del riesame contro il decreto di sequestro preventivo, disposto per equivalente dal giudice per le indagini preliminari della medesima città su beni e somme della società indagata. 

Si può intuire dall'articolazione stessa del quesito che il denunciato problema in realtà trascenda il peculiare settore delle impugnazioni, afferendo invece al tema più ampio - e da sempre dibattuto - del rapporto tra partecipazione dell'ente al procedimento ed esercizio del diritto di difesa.

 

2. Con riguardo al primo profilo, l'art. 39 d. lgs. n. 231 del 2001 stabilisce che la societas, determinata a intervenire "personalmente" al procedimento instaurato a suo carico, debba costituirsi depositando nella cancelleria dell'autorità giudiziaria procedente una dichiarazione il cui contenuto è sancito a pena di inammissibilità. Nello specifico, l'atto di costituzione deve includere la denominazione dell'ente e le generalità del rappresentante legale, quelle del difensore e l'indicazione della procura conferita nelle forme di cui all'art. 100 comma 1 c.p.p., la sottoscrizione del difensore e la dichiarazione o elezione di domicilio (art. 39 comma 2). In proposito, non pare superfluo ribadire, per un verso, che tale "intervento formalizzato" non è circoscritto alla sola fase processuale, riguardando anche quella delle indagini preliminari; per altro verso, che l'ente può scegliere di non costituirsi, con la puntualizzazione che, a processo iniziato, detta situazione comporterà la declaratoria di contumacia a norma dell'art. 41 d. lgs. n. 231 del 2001[1].

Quanto al secondo profilo, e cioè all'esercizio del diritto di difesa dell'ente, soccorre la regola generale scandita nell'art. 35 d. lgs. n. 231 del 2001 che vuole estese all'ente medesimo le disposizioni processuali designate per l'imputato. Il che val quanto dire che, salvo il limite di compatibilità, alla persona giuridica devono riconoscersi i diritti e le garanzie che spettano all'imputato, tra cui indubbiamente il diritto all'assistenza difensiva.

Così individuate le coordinate normative entro cui inquadrare la questione di diritto sollevata nell'ordinanza che si annota, occorre evidenziare il nodo problematico dell'intero impianto. L'aspetto controverso è se l'atto di costituzione sia condizione necessaria affinché l'ente possa esercitare i propri diritti difensivi (ampiamente intesi) o se, viceversa, configuri un onere esclusivamente finalizzato a garantire l'autodifesa, ossia quel complesso di attività che l'ente esplica personalmente, cioè attraverso una persona fisica che lo rappresenti (appunto il legale rappresentante).

La divergenza di prospettiva è palmare. In base alla prima impostazione l'ente è, in buona sostanza, obbligato a formalizzare la partecipazione al procedimento, pena la compressione del suo diritto di difesa[2]. La soluzione alternativa, invece, tutela la decisione dell'ente di non intervenire in giudizio: la mancata costituzione, infatti, incide sul diritto all'autodifesa - nel senso che risultano preclusi gli atti che implicano una partecipazione personale dell'ente, come l'interrogatorio o il rilascio di dichiarazioni spontanee - ma non è vincolante ai fini della difesa tecnica[3].

Date queste premesse, non può certo sorprendere la necessità avvertita dai giudici rimettenti di chiarire se l'atto di costituzione dell'ente sia presupposto di ammissibilità della richiesta di riesame, anche in vista delle conseguenze che - sempre secondo i giudici - la soluzione a tale questione avrà sul connesso problema della «sufficienza di un mandato difensivo ex art. 96 cod. proc. pen. per proporre l'istanza di riesame».

 

3. Investita del ricorso per cassazione proposto dal difensore dell'ente - per il quale la decisione di inammissibilità del riesame avverso il decreto di sequestro preventivo era da reputarsi erronea «per inosservanza del disposto di cui all'art. 39 d. lgs. n. 231 del 2001 e di cui agli artt. 257,324 cod. proc. pen.», sulla scorta di doglianze puntualmente riprese nell'ordinanza di rimessione - la seconda sezione penale stigmatizza la violazione denunciata dal ricorrente come «assolutamente rilevante», facendo seguire a tale constatazione l'esposizione dei due filoni interpretativi elaborati in seno alla giurisprudenza di legittimità.  

Secondo il primo - più solido - orientamento[4], la scelta dell'ente di non costituirsi non pregiudica il diritto del medesimo di presentare, tramite il proprio difensore, richiesta di riesame (v., Cass., sez. VI, 5 novembre 2007, n. 43642 e Cass., sez. VI, 19 giugno 2009, n. 41398). Diversi i riferimenti normativi richiamati a sostegno di tale conclusione. Si fa anzitutto leva sugli artt. 34 e 35 d. lgs. n. 231 del 2001, poiché norme che, rinviando l'una  alle previsioni del codice di rito in quanto compatibili ed estendendo l'altra, sempre col limite di compatibilità, all'ente le disposizioni codicistiche destinate all'imputato, rendono applicabili nel procedimento de societate gli artt. 257 e 324 c.p.p., i quali attribuiscono la titolarità del riesame al difensore, in base alla nomina fiduciaria rilasciata ai sensi dell'art. 96 c.p.p. e senza, quindi, che egli sia munito di procura speciale (art. 100 c.p.p.).

Sovviene poi a rafforzare la bontà di siffatta operazione ermeneutica l'art. 52 d. lgs. n. 231 del 2001, ove è previsto che legittimato all'appello - contemplato «contro tutti i provvedimenti in materia di misure cautelari» - sia l'ente «per mezzo del suo difensore». Inciso, quest'ultimo, che induce a escludere che l'esperibilità dell'impugnativa de qua sia condizionata dalla volontà dell'ente di partecipare al giudizio mediante costituzione ex art. 39.

L'opinione contrastante, ripresa più di recente (v., Cass., sez. II, 9 dicembre 2014, n. 2386, non massimata), ritiene invece che il diritto per l'ente di proporre riesame sia subordinato all'atto di costituzione a norma dell'art. 39. Importa subito osservare che le scarne argomentazioni fornite a sostegno di siffatta esegesi si profilano alquanto ambigue e inconsistenti.

In una prima sentenza - di cui è richiamata nell'ordinanza di rimessione la sola massima - la Cassazione, nel decidere sull'ammissibilità del riesame presentato dal difensore dell'ente non costituitosi contro un decreto di sequestro probatorio disposto su documentazione della società esistente presso banche, liquida frettolosamente la questione sancendo l'inammissibilità dell'impugnazione, posto che l'ente non aveva osservato le formalità prescritte all'art. 39 comma 2 (cfr., Cass., sez. VI, 5 febbraio 2008, n. 15689).

In altra sentenza, ultima allo stato - sentenza riportata dai rimettenti anche nella parte argomentativa, seppure parzialmente - la suprema Corte perviene alla medesima conclusione di inammissibilità (questa volta con riguardo alla richiesta di riesame riguardante un sequestro preventivo), specificando che «l'art. 39 del D. lgs. 231/2001 è assolutamente chiaro nel momento in cui commina la sanzione processuale dell'inammissibilità (come tale rilevabile anche d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento) in assenza del predetto atto di costituzione la cui presenza formale è richiesta nella fase nella quale opera», compresa la fase incidentale dell'applicazione di sequestri e delle relative impugnative (v., Cass., sez. II, 9 dicembre 2014, n. 2386, cit.).

Simili affermazioni rivelano un ragionamento poco chiaro e approssimativo. La Corte, infatti, cade in un clamoroso equivoco laddove ricollega la sanzione della inammissibilità a una situazione di fatto, negativa, cioè la mancanza dell'atto di costituzione. Ma è incontestabile che non si possa dichiarare inammissibile un atto che non esiste: l'inammissibilità evocata nell'art. 39 comma 2 allude, infatti, alla mancanza dei prescritti requisiti formali di un atto di costituzione effettivamente presentato e perciò esistente.

Inoltre, è da notare che la Corte dà per risolto un problema - quello cioè di stabilire se l'ente debba costituirsi comunque, anche se tale volontà difetta - facendo riferimento alla norma di cui all'art. 39 che è la fonte del problema, non la chiave di risoluzione.

 

4. Così descritto lo stato dell'arte, preme svolgere qualche osservazione a proposito delle antitetiche posizioni interpretative precedentemente descritte. Il primo indirizzo giurisprudenziale offre all'ente una tutela difensiva efficace, nel rispetto dell'equiparazione tra imputato e persona giuridica, sancita nell'art. 35 d. lgs. n. 231 del 2001 a esplicitazione dell'intento del legislatore delegato di garantire la «difesa degli enti nelle diverse fasi del procedimento penale» (art. 11 lett. q l. 29 settembre 2000, n. 230).    

Il secondo indirizzo, come visto, lascia in ombra la ragione giustificatrice della vincolatività dell'atto di costituzione e comprime il diritto di difesa dell'ente.

La soluzione preferibile e più coerente rimane quella di ricostruire il diritto di difesa della societas in modo da non creare la via obbligata della costituzione per quelle attività che non richiedono la partecipazione personale. Del resto, è questo il suggerimento proveniente dalla dottrina, secondo la quale occorre mantenere ben saldo il distinguo tra partecipazione dell'ente e assistenza difensiva e, al contempo, valorizzare la differenza tra diritto all'autodifesa e diritto alla difesa tecnica[5].

Spetta ora alle Sezioni unite della suprema Corte, che si riuniranno per la trattazione del quesito enucleato nell'ordinanza in commento il 28 maggio 2015, superare il conclamato contrasto giurisprudenziale.

 

 


[1] Deve qui segnalarsi che con l. 28 aprile 2014, n. 67 la figura della contumacia è stata soppressa, con contestuale modifica della disciplina dell'assenza, nell'intento di evitare che venga svolto un processo nei confronti di imputati ignari dell'esistenza stessa di un processo a loro carico. Ciò premesso, è dubbio che si possa operare un trasferimento delle nuove regole sull'assenza (artt. 420-bis ss. c.p.p.) nel contesto del processo agli enti, tenendo presente che in questa sede non può ricorrere una situazione di incertezza circa l'effettiva conoscenza del processo, poiché in caso di irreperibilità dell'ente il processo è sospeso (art. 43 comma 4 d. lgs. n. 231 del 2001). Propende per l'applicabilità della nuova disciplina, Giarda, Procedimento di accertamento della «responsabilità amministrativa degli enti», in Conso, Grevi e Bargis, Compendio di procedura penale, Cedam, 2014, p. 1330.

[2] Considera subordinato all'atto di costituzione l'esercizio del diritto di difesa, Bassi, La costituzione in giudizio dell'ente con specifico riguardo alle procedure incidentali in discussione innanzi al tribunale del riesame, in Resp. amm. soc. enti, 2007, n. 3,  p. 38.

[3] Di tale avviso, Fidelbo, Le attribuzioni del giudice penale e la partecipazione dell'ente al processo, in Reati e responsabilità degli enti. Guida al d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231, Giuffrè, 2010, p. 465 ss.; v. anche Varraso, La partecipazione e l'assistenza difensiva dell'ente nel procedimento penale a suo carico: tra vuoti normativi ed "etero integrazione" giurisprudenziale, in Cass. pen., 2010, p. 1385 ss. 

[4] V., supra, nt. 3.

[5] Cfr., Varraso, op. cit., p. 1396; Bernasconi, I soggetti, la giurisdizione e la competenza, in Presutti-Bernasconi, Manuale della responsabilità degli enti, Giuffrè, 2013, p. 235 ss.