16 gennaio 2017 |
Sull’imminente chiusura degli O.P.G. e sull’istituzione delle R.E.M.S.
Una lettera al Direttore
A seguito della pubblicazione sulla nostra Rivista delle due relazioni predisposte dall’On. Franco Corleone, Commissario unico per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo al dibattito attualmente in corso sull'applicazione della legge n. 81/2014. L’autore è il Direttore del Dipartimento assistenziale integrato salute mentale dipendenze patologiche dell’AUSL di Parma.
Gentile Direttore,
mi rivolgo a Lei nella speranza che possa pubblicare questa lettera al fine di aprire un dialogo con avvocati, magistrati e psichiatri su un tema assai attuale: l'applicazione della legge 81/2014.
L’effettiva chiusura di tutti gli OPG dovrebbe avvenire a breve, entro gennaio 2017, e il corrente anno sarà decisivo per dare piena funzionalità al nuovo sistema.
L'applicazione della riforma ha evidenziato problemi e contraddizioni: ad esempio quello della salute mentale negli istituti penitenziari nonchè la necessità di dare almeno una certa coerenza alla normativa in assenza di un disegno riformatore organico relativo a imputabilità, pericolosità sociale e misure di sicurezza.
L'OPG è sostituito non dalle REMS ma dall'insieme dei servizi sociali e sanitari del territorio dei quali da parte il dipartimento di salute mentale (DSM) e al suo interno la REMS. Se questo non diviene lo scenario di riferimento vi è il rischio di vedere le REMS modo riduttivo e distorto, e il tentativo di applicare ad esse le stesse norme dell'OPG finirà per trasformarle in "miniOPG" annullando il senso profondo della riforma che invece richiede un nuovo approccio e ruoli diversi a tutti i soggetti. In questo percorso concetti quali cura, sicurezza, libertà, responsabilità ecc. vanno rivisiti in modo articolato e innovativo secondo il modello psichiatrico (che è organizzato con una molteplicità di strutture a diverso livello di protezione e intensità di cura, assai poco noto agli operatori del diritto) e non secondo il superato modello custodiale-carcerario.
La funzionalità del nuovo sistema dipende da molteplici fattori di diverso livello ma credo che accorgimenti operativi di (relativamente) facile ed economica applicazione possano determinare un miglioramento dell'appropriatezza e dell'efficienza e aumentare la qualità del lavoro dei professionisti e la soddisfazione degli utenti e loro famiglie.
Mi permetto di portarli all'attenzione degli operatori del diritto nella convinzione che la collaborazione psichiatria-giustizia sia essenziale, in particolare nelle seguenti fasi:
a) prima della emissione del provvedimento della misura di sicurezza;
b) durante l'esecuzione della misura;
c) dopo la fine della misura.
a) Prima dell'emissione della misura di sicurezza risulta fondamentale la collaborazione fra magistrato e psichiatri dei dipartimenti di salute mentale (DSM) e i periti al fine di arrivare ad una corretta applicazione della legge 81/2014 che, come noto, prevede la residualità della misura di sicurezza detentiva.
Solo attraverso questa collaborazione si può sviluppare una grande azione preventiva: capita spesso che la misura di ricovero in REMS venga disposta per soggetti già ricoverati o comunque ben seguiti e per i quali la misura potrebbe/dovrebbe essere di tipo non detentivo. L'applicazione del principio della territorialità e della continuità di cura risulta essenziale e pertanto invii fuori regione ecc., assegnazioni alle REMS senza programmi di cura e talora senza alcuna valutazione psichiatrica sono antiterapeutiche e pericolose. Si tratta di prassi superate che andrebbero totalmente abbandonate.
L'emissione di misure di sicurezza detentive (in larga misura provvisorie)senza l'adeguata collaborazione dei DSM e dei periti contribuisce tra l'altro ad alimentare il problema delle misure non eseguite per mancanza di posti (secondo la relazione del Commissario Franco Corleone, al 25 ottobre 2016 risultavano non eseguiti 241 provvedimenti, di cui 176 provvisori e 65 definitivi).
Un problema che non può trovare soluzione con le logiche passate, quali i posti in sovrannumero, ma richiede una visione di tipo sistemico che vada oltre la mera azione di una parte (ciascuno fa la propria ma nessuno tiene conto dell'esito finale) in un impianto di tipo difensivo (se mancano i posti la responsabilità non è mia) ma ciascuno diviene corresponsabile della
funzionalità dell'intero sistema: accessi appropriati, monitoraggio dei percorsi, facilitazione delle dimissioni dalle REMS.
Appare a tutti chiaro che la soluzione non può essere data dal solo aumento dei posti REMS, anche se il tema della dotazione complessiva andrà comunque visto a livello nazionale (i posti attivi sono circa 620) e regionale. La programmazione ha tempi che vanno molto al di là di quelli dell'operatività quotidiana. Quindi si tratta di affrontare la questione delle misure non eseguite prendendo atto dell’impossibilità di collocare in soprannumero le persone in REMS come invece avveniva in OPG (e questo ha segnato un’importantissima discontinuità)e, in assenza di posti REMS, vi è l’occasione per migliorare l’appropriatezza specie se il magistrato che ha emesso il provvedimento, ricevuto dal DSM o dal perito un progetto alternativo alla REMS, si mostra disponibile a valutarlo e a modificare la misura di sicurezza passando da una misura di sicurezza detentiva ad una non detentiva o a trovare un altro dispositivo che sia in linea con la legge 81/2014. A questo proposito, credo sarebbe assai interessante poter attivare "posti REMS" e ancor meglio percorsi di "cura per persone con misure di sicurezza" altamente individualizzati predisposti ad hoc in singole strutture sperimentando così la possibilità di attuare le misure di sicurezza (anche "detentive") anche in luoghi diversi dalle REMS. La collaborazione fra giustizia e psichiatria è essenziale per produrre sperimentazioni che colgano l’essenza del nuovo sistema che si è realizzato.
Il ruolo dell’avvocatura è fondamentale per la tutela dei diritti e delle garanzie degli utenti spesso assai indifesi.
L'istituzione di Cruscotti regionali potrebbe essere un modo per dare a tutti i soggetti interessati un punto di riferimento operativo e metodologico al fine di applicare la legge 81/2014 al quale rivolgersi anche prima dell'emissione della misura di sicurezza.
Ancora troppo alto sembra il numero delle misure di sicurezza provvisorie e la sede della loro esecuzione apre seri interrogativi non solo di tipo clinico: ora vengono effettuate in REMS dove sono all'incirca la metà degli accessi. Se non si effettuano in REMS, dove vengono eseguite? Ancora l’arretratezza delle misure di sicurezza detentive fa sorgere domande diverse circa la loro natura, le garanzie ecc. temi molto rilevanti che esulano da questo breve contributo.
La collaborazione con i DSM va perfezionata in quanto le difformità di comportamenti resta ancora molto ampio e un'azione proattiva risulta essenziale per la diagnosi e orientare correttamente il programma di cura. Atteggiamenti difensivi o di disimpegno non aiutano il dialogo e non creano sinergie. Il ruolo dei periti psichiatri appare decisivo e pertanto il loro coinvolgimento deve essere sempre maggiore alla luce dell’esperienza che dimostra come in molti casi non abbiano ancora fatto proprio lo spirito della legge, non si rapportino in modo sistematico e fin dall'inizio con i DSM, né siano in grado di operare con la continuità che è invece tipica dei DSM e delle REMS. I quesiti posti al perito dovrebbero prevedere oltre che la valutazione della imputabilità, della pericolosità sociale (ed eventuali misure di sicurezza)anche l'indicazione della sede più adatta alla realizzazione del programma terapeutico riabilitativo.
b) Durante l'esecuzione delle misure le relazioni con Magistratura di sorveglianza e di cognizione sono decisive per quanto attien permessi, licenze, revisioni, tempistiche ecc. e la validazione dell'intero programma di cura e non dei singoli passaggi in quanto la REMS è struttura residenziale non autosufficiente e fortemente integrata nel territorio. In altre parole i regolamenti e le disposizioni giudiziarie non devono ostacolare in alcun modo il mandato di cura, già di per sè assai difficile e impegnativo. Va poi affrontato il tema della qualità delle strutture sia sotto il profilo alberghiero sia rispetto ai programmi terapeutici e riabilitativi (che devono vedere come strutturale la possibilità di uscire, opportunità di formazione-lavoro, alloggi, relazioni sociali, partecipazione di volontari ecc.).
Va superata ogni forma di contenzione fisica, sviluppando programmi terapeutici riabilitativi individualizzati modulabili per intensità di cura che prevedano anche l’attivazione dei contesti di riferimento. Occorre operare per superare il “doppio stigma” della malattia mentale e della delinquenza, ogni logica manicomiale e di segregazione delle diversità.
Il regolamento penitenziario non è applicabile in ambito sanitario e prassi consolidate dovrebbero essere profondamente ripensate. Ad esempio le c.d. "licenze finali esperimento" andrebbero effettuate affidando i pazienti ai Centri di Salute Mentale dimettendoli dalla REMS senza tenere bloccati i posti in REMS in vista di un inutile (e talora dannoso) rientro prima della sentenza.
Queste prassi (le dimissioni in prova ecc.) sono datate e non in linea con l'attuale organizzazione dei servizi sanitari e dei percorsi di cura che non prevedono automatismi ma la collocazione nell'ambito terapeutico assistenziale adeguato per intensità di cura ai bisogni della persona senza mai tenere, preventivamente (e magari per mesi), posti vuoti.
Questo cambiamento di per sé migliorerebbe anche la disponibilità di posti REMS, l'efficienza del sistema e limiterebbe molto le liste di attesa. Se il paziente avrà una ricaduta/recidiva si procederà con gli strumenti a disposizione dei DSM e della legge.
Quindi è essenziale la dotazione di risorse (umane, strutturali e Budget di salute) anche per assicurare i progetti a lungo termine dei pazienti e la loro assistenza nel territorio. Resta fondamentale l’attivazione dei contesti sociali e una politica dei diritti e per l'empowerment degli utenti sempre più coinvolti e responsabilizzati nel processo e di riparazione per quanto
possibile. Il tema delle risorse e dei diritti appare in tutta la sua drammaticità per i soggetti italiani e stranieri, senza fissa dimora, apolidi e spesso senza reddito e riferimenti.
c) Dopo la fine delle misure di sicurezza detentive, al fine di evitare il revolving door in REMS, occorre cercare di prevenire le ricadute e le recidive specie per i soggetti seguiti sul territorio con misure di sicurezza della libertà vigilata. Per il funzionamento del sistema deve essere chiara la definizione dei mandati (sanitario e di quello giudiziario) e, in un contesto operativo di tipo sanitario, va ribadito il primato del mandato di cura che si può svolgere solo nel consenso e nella prospettiva di libertà, di responsabilità e collaborazione-partecipazione. Va difesa la diversa
chiave di lettura della psichiatria rispetto alla magistratura e all’amministrazione penitenziaria e quindi la possibilità di affrontare i problemi anche comportamentali (gestione del conflitto, violazioni ecc.) con mezzi tipici della disciplina psichiatrica evitando ogni forma di automatismo in base al quale ogni violazione, a volte del solo programma di cura, in assenza di reati viene sanzionato con il reingresso in REMS. Occorre un grande lavoro di collaborazione e di rete.
La chiusura degli OPG ha messo in evidenza in modo chiaro la questione della salute mentale negli istituti penitenziari. In particolare si è evidenziata la necessità di rispondere a bisogni ex artt. 111 (“detenuti minorati psichici”), 112 (accertamento dell’infermità psichica) e 148 c.p. (detenuti condannati nei quali è sopraggiunta l’infermità mentale) che in passato finivano anche in OPG. E’ necessario affrontare queste situazioni e al contempo vedere come trovare soluzioni anche quelle tipologie di pazienti che risultano di difficile gestione o inadatti al ricovero in REMS (psicopatia, utilizzatori di sostanze, pazienti resistenti ai trattamenti). Si potrebbero sviluppare percorsi innovativi e alternativi alla detenzione al fine di assicurare anche a queste persone il diritto alla salute.
Un'azione formativa congiunta partendo dall'esperienze in atto potrebbe favorire la reciproca conoscenza e facilitare il rinnovamento della psichiatria forense e della giurisprudenza anche attraverso lo studio e la creazioni di strumenti valutativi e terapeutici adatti al contesto italiano, che presenta tratti unici nel panorama internazionale. Vi è bisogno di dati epidemiologici per valutare l’andamento sia in termini di accessi che di esiti.
Infine alla politica si chiede di sostenere la riforma e di rendere coerente la normativa facilitando le collaborazioni e le sperimentazioni e risolvendo il tema della responsabilità professionale e della posizione di garanzia dello psichiatra. In particolare la gestione della REMS, la sua sicurezza deve avvenire con gli strumenti tipici della psicologia e della psichiatria senza impropri compiti oppressivi e custodiali e pertanto non deve gravare sugli operatori una funzione di controllo e coercizione che la REMS in quanto "Residenza" non può, strutturalmente, esercitare nè tanto meno può farlo il singolo operatore psichiatrico.
Il successo della chiusura degli OPG, una scelta di civiltà della quale possiamo essere orgogliosi, richiede molto realismo circa la gravosità e difficoltà del compito di assicurare cura e sicurezza con un modello territoriale di comunità.
Nel quotidiano, con senso del limite e la necessaria determinazione in uno spirito di collaborazione si può cercare di dare una migliore funzionalità al nuovo sistema attraverso il dialogo e azioni alla portata di tutti gli operatori coinvolti.