ISSN 2039-1676


16 giugno 2014 |

Revoca del ricovero in OPG per decorso della durata massima: un primo provvedimento

Trib. Roma, 3 giugno 2014, B.M., Giud. Di Nicola

1. Abbiamo segnalato nei giorni scorsi, sulle pagine di questa Rivista, una rilevantissima novità introdotta dalla l. 30 maggio 2014, n. 81 in sede di conversione del d.l. 31 marzo 2014, n. 52, recante disposizioni urgenti in materia di superamento degli ospedali psichiatrici giudiziari. Con l'intento di porre fine al noto fenomeno degli 'ergastoli bianchi', la nuova legge prevede un inedito termine di durata massima delle misure di sicurezza detentive, fino a ieri, e da sempre, indeterminate nella durata massima e informate alla regola secondo cui la misura di sicurezza dura finché perdura la pericolosità sociale di chi vi è sottoposto.

Affatto diversa è invece la nuova regola prevista dall'art. 1, co. 1 quater d.l. n. 52/2014: la durata delle misure di sicurezza detentive non può superare la durata massima della pena detentiva comminata per il reato commesso: "Le misure di   sicurezza   detentive   provvisorie   o definitive, compreso il ricovero nelle residenze  per  l'esecuzione delle  misure  di  sicurezza [n.d.r.: le strutture che sostituiranno gli attuali OPG],  non  possono  durare  oltre  il  tempo stabilito per la pena detentiva prevista per il reato commesso, avuto riguardo alla previsione  edittale  massima. Per la determinazione della pena a tali effetti si applica l'articolo 278 del codice di procedura penale. Per i delitti puniti con la pena dell'ergastolo non si applica la disposizione di cui al primo periodo".

 

2. Con il provvedimento che può leggersi in allegato, il Tribunale di Roma, a pochi giorni dall'entrata in vigore della nuova disposizione, ne fa una prima applicazione in relazione al ricovero in OPG, disposto ai sensi dell'art. 206 c.p. a titolo di misura di sicurezza provvisoria (in un procedimento sospeso a seguito di un giudizio di legittimità costituzionale promosso dallo stesso Tribunale).

L'imputato - "persona attualmente ad alta pericolosità sociale" - è ricoverato dall'ottobre del 2009 presso l'OPG di Castiglione delle Stiviere. Nel procedimento pendente davanti al Tribunale di Roma gli vengono contestati il delitto di lesioni dolose (art. 582 c.p.) - per avere colpito con un punteruolo all'orecchio un vicino di casa, provocandogli lesioni fortunatamente lievi - e la contravvenzione di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.) - per avere nei giorni precedenti gettato dal balcone di casa (dal sesto piano) scatole di pasta, barattoli di pelati, bottiglie di passata di pomodoro, scatole di biscotti e confezioni di formaggio.

In applicazione dell'art. 1, co. 1 quater c.l. n. 52/2014 il Tribunale dichiara la "cessazione di efficacia della misura" e la liberazione dell'internato, se non detenuto ad altro titolo, dopo aver rilevato che:

a) "la norma richiamata non prevede disposizioni diverse o transitorie nel caso in cui l'internato risulti ancora socialmente pericoloso";

b) "in forza dell'art. 200, co. 2 c.p., e del principio del favor rei, essa trova immediata applicazione";

c) la misura è in esecuzione, nel caso di specie, da oltre quattro anni, e il termine di durata massima è decorso, "avuto riguardo ai reati contestati, la cui pena edittale massima è quella di tre anni di reclusione, calcolata ai sensi dell'art. 278 c.p.p. sul capo a) - lesioni personali: n.d.r. - ritenuto più grave, che esclude le aggravanti ordinarie (nel caso di specie, i motivi abbietti o futili e l'uso di un'arma: n.d.r.) e la continuazione".

 

3. La decisione del Tribunale di Roma ci sembra corretta nella premessa e nell'esito: in essa troviamo conferma di quanto abbiamo sostenuto in sede di primo commento alla novella legislativa, e cioè che in assenza di una disposizione transitoria ad hoc, trova applicazione la regola generale prevista dall'art. 200, co. 2 c.p., secondo cui "se la legge del tempo in cui deve eseguirsi la misura di sicurezza è diversa [dalla legge vigente al tempo della sua applicazione], si applica la legge in vigore al tempo della esecuzione". Quest'ultima, salvo che si versi in ipotesi di delitto punito con l'ergastolo, prevede per l'appunto un termine di durata massima della misura di sicurezza detentiva, decorso il quale si impone al giudice la revoca della misura stessa.

Come abbiamo già sottolineato nel commentare la nuova disposizione applicata dal Tribunale di Roma, la prassi evidenzierà senz'altro problemi applicativi relativamente all'individuazione del termine massimo di durata della misura di sicurezza, anche e proprio in caso di concorso di reati. Un contributo in tal senso viene dal provvedimento qui segnalato: nel caso di specie è infatti venuta in rilievo l'ipotesi del concorso tra un delitto (le lesioni) e una contravvenzione (il getto pericoloso di cose): dal momento che, ai sensi dell'art. 222, co. 1 c.p., il ricovero in OPG non può essere disposto in relazione a una contravvenzione, il termine di durata massima della misura ci sembra debba essere individuato facendo riferimento al delitto. Non già perché rappresenta il reato più grave - come afferma il Tribunale - ma perché è l'unico a costituire il presupposto per l'applicazione della misura.

La decisione qui segnalata evidenzia inoltre almeno un ulteriore problema interpretativo, relativo al computo del termine di durata massima della misura di sicurezza detentiva: quid iuris nel caso in cui l'esecuzione della medesima non sia stata ininterrotta, perché intervallata, come nel caso di specie, da periodi di tempo in libertà vigilata? (rispettivamente, di cinque e di quattro mesi). Il Tribunale di Roma non ha tenuto conto, a quanto pare, di detti periodi; d'altra parte, se anche ne avesse tenuto conto, detraendoli dall'ammontare dei mesi trascorsi in esecuzione della misura detentiva, il termine massimo di durata della stessa (3 anni, nel caso di specie) sarebbe comunque decorso. Se così non fosse stato - se cioè il tempo effettivamente trascorso in OPG, anche non continuativamente, fosse risultato inferiore a tre anni - a noi pare che il Tribunale non avrebbe potuto affermare l'avvenuto decorso del termine di durata massima della misura detentiva.    

 

4. Il Tribunale di Roma ordina dunque la liberazione di una persona "ad alta pericolosità sociale" - che risulta aver realizzato condotte violente anche all'interno dell'OPG - perché è la nuova legge a imporglielo. Nel farlo ritiene peraltro opportuno segnalare a una serie di pubbliche autorità - con un distinto provvedimento raggiungibile attraverso il link pubblicato in calce a questa nota - ineludibili e urgenti problemi di tutela della salute dell'interessato e della sicurezza della collettività e della vittima: il vicino di casa, in relazione al quale, come emerge da una perizia psichiatrica, "permangono deliri persecutori". Sono problemi che non possono trovare soluzione per mano del giudice penale, tenuto ad applicare la legge e solo quella: come ha sottolineato la Corte di Cassazione, il principio di legalità delle misure di sicurezza (artt. 25, co. 3 Cost e 199 c.p.) preclude l'adozione di misure di sicurezza atipiche[1]. D'altra parte, anche a voler applicare 'a maglie larghe' la disciplina della libertà vigilata (come in più occasioni si è fatto nell'ultimo decennio, dopo che con la sentenza n. 253 del 2003 la Corte costituzionale ha spezzato l'automatismo nell'applicazione del ricovero in OPG per gli infermi di mente), "non esistono nel Lazio - osserva il Tribunale -  comunità terapeutiche ad alta protezione con le caratteristiche necessarie per contenere o curare un soggetto come l'imputato, all'eventuale fine di applicare la misura non detentiva della libertà vigilata".

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Trova dunque conferma, in questo primo provvedimento del Tribunale di Roma, una conclusione che ci è sembrata subito evidente: con la disposizione inserita estemporaneamente nella legge di conversione del d.l. n.  52/2014 si è sì risolto il problema dell'ergastolo bianco, ma se ne sono creati di nuovi ed altrettanto gravi, la cui soluzione implica forse un ripensamento della stessa ragion d'essere del doppio binario (pene-misure di sicurezza) e l'approntamento, urgente, di misure non detentive che soddisfino le esigenze di cura e di controllo della pericolosità sociale.    

Per il provvedimento del Tribunale di Roma clicca sotto su 'download documento'

Per il provvedimento contestualmente indirizzato dal Tribunale di Roma ad alcune autorità pubbliche clicca qui.

 


[1] V. ad esempio, Cass. Sez.II, 17 giugno 2010, n. 34453, Porru, CED 248193: "il giudice che in concreto ritenga adeguata una misura di sicurezza diversa dal ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario deve necessariamente fare riferimento alle misure di sicurezza sì come previste e disciplinate dalla legge, e non può sottoporre il prosciolto a una misura il cui contenuto attuativo sia difforme dalla previsione legale. (Fattispecie in cui il giudice aveva disposto, nei confronti del prosciolto per infermità di /mente, la misura di sicurezza dell'assegnazione a una casa di cura e di custodia fissando la durata di anni due, tipica della misura del ricovero in ospedale psichiatrico giudiziario)".