ISSN 2039-1676


27 marzo 2012

Reati colposi e 231: manifestamente infondata la questione di legittimtà  costituzionale degli artt. 5 e 25-septies d.lgs. 231/2001

Trib. Milano, Ufficio GIP, (ord.), 8.3.12, Giud. Salemme

Pubblichiamo qui una complessa ordinanza con la quale il GIP di Milano ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 25-septies d.lgs. 231/2001 sollevata dalla difesa in relazione alla responsabilità amministrativa degli enti per i reati di omicidio e lesioni personali colpose conseguenti a violazioni di norme infortunistiche, con riferimento agli artt. 24 commi 1 e 2 e 25 comma 2 Cost.

Secondo il Giudice, sarebbe anzitutto errata l'individuazione del parametro di legittimità costuzionale di cui all'art. 25 co. 2 Cost. da parte della difesa, dovendosi escludere che la responsabilità delineata dal d.lgs. 231/2011 sia riconducibile al paradigma della responsabilità penale. La scelta legislativa di qualificare la responsabilità in parola come "amministrativa" condurrebbe piuttosto a individuare il quadro costituzionale di riferimento nel combinato disposto degli artt. 23 e 41 co. 3 Cost., i quali contemplano entrambi una riserva di legge dai contenuti assai meno stringenti rispetto a quella di cui all'art. 25 co. 2 Cost.

In questa luce, ritiene il Giudice che la mera indicazione normativa dell'obbligo dell'adozione di modelli organizzativi idonei a prevenire reati della specie di quelli commessi, senza l'esatta specificazione dei contenuti dei modelli medesimi, non vulneri quelle riserve di legge, né la possibilità di difesa in giudizio dell'ente. A quest'ultimo proposito, "premesso che i modelli di cui si tratta sono correttamente qualificati alla luce del risultato cui tendono, ossia la prevenzione dei reati, è proprio la libertà di organizzazione dell'attività economica ad impedire che il grado di dettaglio delle previsioni legislative si spinga sino al punto di enucleare distinte tipologie di modelli in funzione delle innumerevoli possibilità organizzative e dell'ormai ragguardevole numero dei reati iscritti nell'ideale catalogo di parte speciale del d.lgs. 231 del 2001".

L'ordinanza coglie peraltro l'occasione per prendere posizione su vari altri profili problematici in materia di responsabilità dell'ente per reati colposi. Degna di nota, in particolare, l'affermazione secondo cui anche le fattispecie colpose in parola "sono perfettamente compatibili con la struttura della responsabilità degli enti forgiata dal d.lgs. 231 del 2001 sul paradigma di una responsabilità, in limine mista penale-amministrativa, per colpa d'organizzazione, realizzatesi nella mancata previsione e prevenzione di tali fattispecie al pari di quelle dolose di cui agli artt. 24 ss.", dal momento che, se ben intendiamo il pensiero del Giudice, i concetti di interesse e vantaggio descritti nell'art. 5 d.lgs. 231/2001 - che evocano una proiezione finalistica dell'agire illecito dell'apicale/sottoposto - dovrebbero essere parametrati nei reati colposi sulla condotta dell'agente, e non sull'evento conseguenza delle norme cautelari violate.