ISSN 2039-1676


20 giugno 2012 |

Istigazione all'uso di sostanze stupefacenti: una pronuncia di merito nel solco della più recente giurisprudenza di legittimità 

Nota a G.U.P. Trib. Rovereto, 17.05.2012, n. 109 (sent.), Giud. R. Dies, imp. F.M.

1. Secondo la sentenza annotata la messa in vendita di semi di cannabis, degli strumenti per la loro coltivazione nonchè di monografie illustrative delle modalità di coltivazione ed estrazione dell'hashish da piante di canapa indiana, compiuta tramite distinti siti internet editi e gestiti da un unico soggetto e tra loro collegati attraverso link reciproci, integra il delitto di istigazione all'uso di sostanze stupefacenti (art. 82 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309). L'imputato non può, inoltre, invocare in proprio favore una ignoranza inevitabile della legge penale (5 c.p.) per essere stato precedentemente assolto per fatti di analogo tenore, qualora le precedenti sentenze di assoluzione non descrivano il fatto reato commesso come lecito ma siano fondate, a loro volta, sulla inevitabile ignoranza della legge penale, posto che il dubbio sulla rilevanza penale del fatto non consente di ritenere scusabile l'errore sulla legge penale.

Nella sentenza allegata in calce, adottata all'esito di giudizio abbreviato, il G.U.P. presso il Tribunale di Rovereto, quanto all'elemento oggettivo, esclude che il caso di specie sia sussumibile tanto nella nozione di induzione all'uso di stupefacenti, la quale presuppone un rapporto diretto ed immediato tra persuasore ed indotto all'uso di stupefacenti, non provato nel giudizio de quo, quanto nella nozione di proselitismo che si sostanzierebbe nell'esaltazione e convincimento all'uso di stupefacenti orientati da ragioni ideologiche, concretamente mancanti nel caso di specie. Ritiene, invece, integrata l'attività di istigazione all'uso di stupefacenti come incitamento o sprone che deve essere realizzato, per la prevalente giurisprudenza, pubblicamente ossia, ai sensi dell'art. 266 comma 4 lett. a) c.p., anche tramite stampa o con altro mezzo di propaganda tra i quali pacificamente rientra la pubblicazione sul web.

In particolare si evidenzia come il ricorrere di un'ipotesi di istigazione dovrà essere accertata mediante un "giudizio ex ante in concreto" avente come parametri di riferimento la condotta contestata all'imputato e l'uso di stupefacenti.

 

2. Come già recentemente evidenziato dalla giurisprudenza di legittimità, la pubblicizzazione della vendita di semi di cannabis su un sito internet liberamente accessibile, compiuta dando indicazioni per la coltivazione delle specie offerte e descrivendo gli effetti derivanti dal loro consumo, integra il reato di istigazione all'uso di stupefacenti (cfr. da ultimo Cass. Pen., Sez. IV, 17 gennaio 2012, n. 6972; Cass. Pen. 8 aprile 2010, n. 15083; Cass. Pen., 24 settembre 2009, n. 38633; Cass. Pen. 24 settembre 2009, n. 38633, Cass. Pen., Sez. IV, 20 maggio 2009, n. 23903, tutte in DeJure). In particolare si avrà un fatto di istigazione in tutti i casi nei quali il contesto in cui si realizza la condotta dell'agente e le espressioni utilizzate per descrivere lo stupefacente ricavabile dalla coltivazione dei semi siano concretamente idonee a conseguire l'effetto "di indurre i destinatari delle esortazioni all'uso di dette sostanze, anche se in concreto l'uso non si verifichi" (così Cass. Pen., Sez. IV, 17 gennaio 2012, 6972, analogamente Cass. Pen., 24 settembre 2009, n. 38633 , Cass. Pen., Sez. IV, 23 aprile 2004, n. 22911 disponibili in DeJure).

 

3. Nel caso di specie, il G.U.P. esclude la fondatezza delle tesi difensive volte ad escludere il ricorrere dell'elemento oggettivo in quanto 1) il principio di tassatività osterebbe alla applicazione della norma incriminatrice contestata all'imputato, 2) la condotta da questi posta in essere sarebbe inidonea ad incidere sull'uso di sostanze stupefacenti e, infine, 3) la norma applicabile al caso di specie sarebbe l'art. 84 d.P.R. 309/1990.

Quanto al primo profilo, è ritenuta infondata la tesi difensiva per la quale il principio di tassatività ed il divieto di analogia osterebbero a considerare rilevante, ai sensi dell'art. 82 d.P.R. 309/1990, la condotta contestata all'imputato, considerato come l'attività da questi realizzata sarebbe orientata all'istigazione alla coltivazione di piante dalle quali è estraibile sostanza stupefacente e non direttamente all'uso di tali sostanze. Il G.U.P. evidenzia, tuttavia, come l'inquadramento del fatto nella istigazione all'uso di stupefacenti, oltre a porsi nel solco della sopracitata e consolidata giurisprudenza di legittimità, produca, in concreto, un effetto favorevole all'imputato considerato come l'istigazione alla coltivazione di piante di canapa indiana, penalmente rilevante ai sensi dell'art. 73 d.P.R. 309/1990, assumerebbe altrimenti rilevanza ai sensi del più grave art. 414 c.p.

Quanto poi all'allegata inidoneità della condotta contestata all'imputato a determinare soggetti non assuntori di stupefacenti a farne uso ovvero ad incrementare l'uso illecito di stupefacenti, il G.U.P. evidenzia come gli inquirenti siano giunti ad identificare l'imputato a seguito di indagini aventi ad oggetto su decine di reati di illecita coltivazione di piante di cannabis finalizzata alla produzione di stupefacenti, posta in essere su tutto il territorio nazionale da soggetti che sono risultati, poi, clienti dell'imputato. Secondo il G.U.P. tale circostanze dimostra, quindi, immediatamente l'idoneità della condotta ad incrementare l'uso di stupefacenti, anche se, così argomentando, l'idoneità non viene valutata ex ante ma, di fatto, ex post.

Quanto, infine, al terzo profilo, ossia alla sussumibilità del fatto contestato nell'illecito amministrativo della propaganda pubblicitaria di sostanze stupefacenti (art. 84 d.P.R. 309/1990), il G.U.P. evidenzia come tale illecito amministrativo espressamente preveda una clausola di riserva a favore dell'art. 82; pertanto, unica forma di propaganda non penalmente rilevante dovrebbe essere quella fatta a sostanze stupefacenti ad esclusiva finalità terapeutica.

Merita di essere evidenziato, in proposito, che Cass. Pen., Sez. IV, 24 gennaio 2012, n. 17752 ha ritenuto che integrino l'illecito amministrativo del quale all'art. 84 tutti i casi in cui la diffusione o divulgazione di semi sia compiuta in maniera asettica, senza dare istruzioni per la coltivazione e l'uso del prodotto stesso (sul punto si veda anche GIP Firenze, 18 febbraio 2011, n. 266 con nota di G.L. Gatta, Cataloghi on line, semi di cannabis senza sanzione penale, in Quot. Legale 18 luglio 2011, entrambe disponibili in Pluris On Line). Si ha, invece, il delitto di istigazione all'uso di stupefacenti qualora all'attività di vendita di semi di cannabis venga affiancata anche quella divulgativa e persuasiva all'uso delle sostanze stupefacenti estraibili dalle piante frutto della coltivazione di tali semi (così, ex pluribus, Cass. Pen., Sex. IV, 20 maggio 2009, n. 32917, in DeJure).

 

4. Quanto all'elemento soggettivo il G.U.P. ritiene pienamente sussistente, in capo all'imputato, la coscienza e volontà di vendere semi di cannabis fornendo via internet non solo tutto il necessario per la coltivazione e la produzione di stupefacenti, ma anche magnificandone le proprietà allucinogene.

La difesa dell'imputato aveva altresì eccepito, in sede di discussione, la mancata consapevolezza della rilevanza penale del fatto poiché in precedenti procedimenti penali per fatti analoghi l'imputato era sempre stato assolto.

Il G.U.P., tuttavia, sottolinea come nell'ultima delle richiamate sentenze favorevoli all'imputato, questi fosse stato assolto per ignoranza scusabile della legge penale, e come tale sentenza di assoluzione avesse espressamente evidenziato sia l'illiceità penale dell'attività di vendita on line da realizzata dall'imputato sia che, di conseguenza, in caso di reiterazione di condotte simili, l'imputato non avrebbe più potuto ritenere essere scusata l'attività di istigazione all'uso di stupefacenti in forza dell'ignoranza inevitabile della legge penale. Pertanto, secondo il G.U.P., l'imputato doveva almeno avere, alla luce della motivazione di detta sentenza, il dubbio che la prosecuzione dell'attività realizzata a mezzo internet fosse penalmente rilevante, con conseguente dovere di astenersi dal compierla.

 

5. Sulla scusabilità dell'errore sulla legge penale in relazione a fattispecie del tutto analoga si è pronunciata di recente la Quarta Sezione della Cassazione alla luce della già ricordata sentenza n. 17752 del 2012. Anche nel caso oggetto di tale pronuncia l'imputato gestiva siti internet collegati, aventi ad oggetto la medesima attività commerciale contestata all'imputato nel caso di specie. Anche in tale caso la difesa dell'imputato aveva invocato la scusabilità dell'ignoranza della legge penale alla luce delle precedenti rassicurazioni avute dalla autorità giudiziaria sulla liceità penale del fatto realizzato per essere stato assolto per condotte analoghe già precedentemente realizzate. In tale sentenza la Cassazione ha escluso la scusabilità dell'errore sulla rilevanza penale del fatto, evidenziando come tale ignoranza incolpevole non fosse stata dimostrata. L'imputato aveva, anzi, per le modalità di realizzazione del fatto reato, dato prova di essere edotto della illiceità penale dell'attività commerciale gestita. Infatti, tra gli altri profili, la maliziosità della frammentazione in diversi siti dei consigli sulla coltivazione e l'uso di stupefacenti, in modo che ciascuno dei siti apparisse "asettico" e solo dall'unione dei tre siti apparisse il reale intento di diffondere la coltivazione di canapa indiana al fine di ottenere produzione di stupefacenti, si dimostrava condotta preordinatamente volta ad eludere l'applicazione della norma incriminatrice. In tal caso, pertanto, l'evidente uso strumentale della giurisprudenza di legittimità sull'istigazione all'uso di stupefacente escludeva che l'imputato potesse essere considerato caduto in inevitabile errore sulla legge penale.