ISSN 2039-1676


07 giugno 2016 |

La corruzione del parlamentare: un archetipo costituzionalmente improprio

Commento a Trib. Napoli, sez. I, 8 luglio 2015, n. 11917, impp. Berlusconi - Lavitola

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Abstract. La sentenza di condanna pronunciata dal Tribunale di Napoli nei confronti dell'allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi introduce esplicitamente nella prassi giudiziaria l'ipotesi di corruzione di un parlamentare per l'attività funzionale svolta. L'assenza di riferimenti giurisprudenziali e l'oggettiva complessità dei temi ivi trattati, che abbracciano la qualità di pubblico ufficiale indistintamente attribuita ai membri delle Camere, gli eventuali profili di liceità del "mercimonio" politico, ma soprattutto le implicazioni penalistiche della sfera di insindacabilità delineata dall'art.68 Cost. conferiscono alla decisione una importanza davvero significativa, aprendo al contempo la strada ad ulteriori "fughe in avanti" del potere giurisdizionale nei suoi rapporti con gli altri poteri dello Stato.

 

SOMMARIO: 1. Dalla riflessione speculativa alla prassi giudiziaria. - 2. L'abolizione dell'autorizzazione a procedere e la crescente rilevanza penalistica assunta dall'insindacabilità parlamentare. - 3. Il parlamentare come pubblico ufficiale? - 4. Lo "scambio" politico-parlamentare come dato connaturato alla natura stessa della funzione rappresentativa. ­- 5. L'insindacabilità del singolo voto e la più generale libertà funzionale quali ostacoli insormontabili per la configurabilità dalle nuove fattispecie di corruzione.