ISSN 2039-1676


26 gennaio 2017 |

Il rapporto 2016 (per il 2014) della "Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia" in seno al Consiglio d’Europa

European Judicial Systems Efficiency and Quality of Justice (N. 23)

 

Per leggere il documento qui commentato, disponibile sul sito internet del Consiglio d'Europa, clicca qui.

 

0. Premessa. A fine ottobre del 2016 la Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia (CEPEJ) [1] ha pubblicato il rapporto relativo ai dati del 2014.

Il documento propone (tra l’altro) preziosi elementi di conoscenza e valutazione sul “funzionamento” della giustizia in Italia, offrendo per ciascuna voce del sistema la possibilità di confrontare i dati nazionali con quelli degli altri 45 paesi europei che hanno risposto ai questionari della Commissione[2].

Tra le informazioni più rilevanti spiccano quelle relative al budget pro-capite; al budget del sistema giudiziario; alle entrate derivanti dai costi della giustizia a carico del cittadino o dell’utente; al numero dei giudici, dei pubblici ministeri e degli avvocati; all’organizzazione dei tribunali.

 

1. Il budget pro-capite. L’Italia (73 euro) si colloca nel terzo gruppo di Stati, cioè tra quelli che hanno dedicato al sistema giudiziario un budget pro-capite tra i 60 e i 100 €, insieme a Francia (64 €), Finlandia (71 €), Norvegia (78 €), Regno Unito-Scozia (78 €), Belgio (85 €), Spagna (88 €), Slovenia (90 €), Regno Unito-Inghilterra e Galles (91 €) e Austria (96 €).

 

2. Budget dei sistemi giudiziari. La percentuale del bilancio annuale (2014) della giustizia all’interno della spesa pubblica totale è stata in Italia pari all’1,3%, con una riduzione del 3,4% rispetto al 2012.

L’Italia è invero tra gli Stati (si vedano anche Belgio, Ungheria, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia e Regno Unito-Inghilterra e Galles) che hanno aumentato le risorse pubbliche destinate alla giustizia dal 2010 al 2012, ma le hanno ridotte nel biennio 2012-2014.

Nel 2014 l’Italia ha dedicato:

- il 67% alle spese per i tribunali (48 € pro-capite), con una riduzione dell’1,37% rispetto al 2012 e ulteriori tagli rispetto al 2010;

- il 33% per le spese relative ai servizi della procura (24 € pro-capite), con un aumento dell’1,8% rispetto al 2012 ed una crescita anche con riferimento al 2010.

 

3. Entrate derivanti dalle tasse o spese di giudizio. Il rapporto CEPEJ conferma che il pagamento delle spese di giudizio è ormai una caratteristica dei sistemi giudiziari in molti Stati europei: il contribuente non è infatti l’unico a finanziare il sistema; concorre in misura sempre più significativa anche l’“utente” dei Tribunali. Solo la Francia e il Lussemburgo continuano a prevedere un accesso gratuito alla giustizia.

Le entrate derivanti dalle tasse/spese di giudizio nel 2014 in Italia sono state pari a 7,62 € pro-capite, con un incremento del 42% rispetto al 2010.

 

4. I giudici. Nel 2014 il numero complessivo dei giudici in Italia era di 6939, pari a 11,4 “unità” per 100.000 abitanti, con una leggerissima crescita rispetto al 2010 (11 per 100.000) e al 2012 (10,6 per 100.000).

Sul totale, il 78% è riferito ai giudici togati di 1° grado, il 17% a quelli di 2° grado e il 5% ai giudici della Suprema Corte.

Il numero di giudici donne supera di poco quello degli uomini con riferimento al 1° e al 2° grado di giudizio (rispettivamente 52% e 55%), mentre è nettamente inferiore in Cassazione (25% di donne contro il 75% di uomini).

La situazione di prevalenza del genere maschile si ripresenta altresì nelle percentuali di presidenti dei Tribunali o delle Corti di Appello.

 

5. I Pubblici Ministeri. Il numero dei Pubblici Ministeri in Italia nel 2014 è stato di 3,4 per 100.000 abitanti, con una lieve oscillazione rispetto al 2010 (3,3) e al 2012 (3,2).

Il rapporto mostra come vi siano Stati membri con più di 20 Pubblici Ministeri ogni 100.000 abitanti e altri Paesi, tra i quali l’Italia, con meno di 5 Pubblici Ministeri ogni 100.000 abitanti.

Oltre alla cultura e alla storia di ogni Stato, altri due fattori possono spiegare tale disparità: l’ambito di competenza dei Pubblici Ministeri e il numero di procedimenti di cui si occupano.

In Italia invero, così come a Cipro, in Norvegia, Svezia, nella Federazione Russa e in Israele, i Pubblici Ministeri non sono onerati del compito di svolgere personalmente le indagini, ma solo di dirigere e controllare l’attività investigativa svolta dalla Polizia.

Con riferimento al genere risulta sempre prevalente quello maschile rispetto a quello femminile, con uno scarto molto elevato nella Suprema Corte (91% uomini-9% donne).

Ai vertici delle Procure questo dato risulta ancora più evidente, arrivando a toccare il 100% di uomini nel 2° grado di giudizio e in Cassazione.

 

6. Gli avvocati. L’Italia nel 2014 aveva 223.842 avvocati, il numero più elevato (così com’era nel già nel 2010 e nel 2014).

In numeri relativi (368 avvocati ogni 100.000 abitanti), però, il posizionamento del nostro paese cambia sia pur di poco. L’Italia è superata dal Lussemburgo (387), dalla Grecia (388) e da Malta (383).

 

7. Organizzazione dei Tribunali e delle Corti. Nella sezione dedicata ai tribunali il rapporto CEPEJ opera una distinzione tra i tribunali intesi come “entità legali” e i tribunali intesi come luoghi fisici in cui si svolgono le udienze.

In Italia il numero dei tribunali/entità legali registrato nel 2014 è stato di 653, mentre quello dei tribunali/luoghi di 691, con un rapporto in entrambi i casi di 1,1 ogni 100.000 abitanti.

 

8.Efficienza e qualità dell’attività dei Tribunali, delle Corti e dei Procuratori. Con riferimento ai giudizi penali, il rapporto CEPEJ ha utilizzato la terminologia e le definizioni dell’”European Sourcebook of Crimes and Criminal Justice”. Come prevede questa fonte, secondo il rapporto CEPEJ sono reati anche illeciti quali le violazioni relative alla circolazione stradale (in particolare, guida pericolosa e guida sotto l’influenza dell’alcool o di sostanze stupefacenti) che, a prescindere dalla qualificazione giuridica dei diversi paesi, sono perseguibili da un Pubblico Ministero e non già esclusivamente dalla Polizia. 

La Commissione Europea per l’Efficienza della Giustizia ha altresì operato un distinguo tra i reati minori e reati più gravi[3]considerando che, in relazione ai primi, in diversi ordinamenti locali sono previsti procedimenti di accertamento/sanzionatori più snelli o comunque diversi dal procedimento/processo previsto per quelli più gravi: l’applicazione di una sanzione amministrativa, una sanzione inflitta da parte del Pubblico Ministero senza l’intervento di un giudice, sanzioni di polizia, oppure, la possibilità di ricorrere alla mediazione, alla conciliazione o ad altre forme di ADR.

I dati relativi alla proporzione tra reati minori e gravi sono disponibili solo per 28 Paesi. Tra questi, l’Italia (con una percentuale di reati gravi tra l’80% e il 90%) risulta al terzo posto dopo il Montenegro (al primo posto) e Principato di Monaco (al secondo) tra gli Stati con un maggior numero di reati gravi rispetto a quelli minori, ancorché lo stesso report invita ad interpretare queste informazioni con cautela, trattandosi di classificazioni suscettibili di differenti interpretazioni a seconda delle categorie giuridiche e dei sistemi statistici utilizzati.

Il rapporto CEPEJ non ha mancato di evidenziare come la rapida definizione dei procedimenti penali, in linea con i principi del giusto processo, sia di particolare importanza per la salvaguardia dei diritti fondamentali, in particolare quando vi sia privazione della libertà in attesa del giudizio.

Il rapporto CEPEJ ha infatti sviluppato due indicatori per valutare l’efficienza dei Tribunali a livello europeo.

Il primo di questi è il Clearance Rate, il tasso di risoluzione dei casi (determinato dal rapporto percentuale tra il numero di casi risolti e quello dei casi in entrata in un determinato periodo), che misura quanto i Tribunali e le Corti di ogni Stato sappiano stare al passo con il carico di lavoro in entrata.

Il secondo indicatore è il Disposition Time, il tempo che si stima necessario per la risoluzione di un caso (determinato dal rapporto tra il numero dei casi pendenti alla fine di un determinato periodo e il numero dei casi risolti nel medesimo periodo, moltiplicato per 365).

Il Clearance Rate italiano relativo ai giudizi penali di 1° grado nel 2014 è stato del 94%, in linea con quello del 2012 e in leggera diminuzione rispetto al 95% del 2010. Un’analisi più approfondita dei dati rileva una tendenza negativa: alla progressiva riduzione del numero di procedimenti (del 5 % nel 2010-2012 e del 4 % nel 2012-2014) è corrisposto un aumento del numero di giudizi pendenti al 31 dicembre del 6% nel 2012 e dell’1% nel 2014.

L’Italia è tra i 7 Paesi (insieme a Bosnia Erzegovina, Danimarca, Francia, Svizzera, Macedonia e Israele) che hanno subito un lieve peggioramento del Clearance Rate, tuttavia sempre prossimo al 100%.

In 10 Stati[4] è stato invece riscontrato un regolare miglioramento del Clearance Rate in relazione ai giudizi di primo grado. I più importanti miglioramenti sono stati rilevati a Cipro, in Ungheria e in Montenegro, dove il Clearance Rate è passato da una percentuale negativa a una positiva tra il 2012 e il 2014. In particolare la Croazia ha registrato un aumento significativo dal 103% del 2012 al 130% del 2014.

Al fine di comprendere appieno il significato delle variazioni del Clearance Rate è necessario, come suggerito dal rapporto CEPEJ, leggere i dati unitamente alle informazioni riguardanti il numero di cause in entrata e il Disposition Time.

In Italia i risultati nella classifica del Disposition Time sono ancora peggiori rispetto a quelli del Clearance Rate. I dati sono negativi (se non pessimi) sia in prospettiva diacronica che sincronica: la durata dei procedimenti penali è costantemente aumentata: 329 giorni nel 2010, 370 giorni 2012, 386 giorni nel 2014, ovvero la performance più negativa tra quelle registrate nei 45 paesi esaminati dal rapporto.

L’Italia ha registrato invero una durata dei procedimenti penali più che doppia rispetto alla media (152 giorni nel 2010, 146 giorni nel 2012, 133 giorni nel 2014) e notevolmente al di sopra dei valori minimi, riscontrati in Stati quali la Georgia (36 giorni nel 2010) e la Federazione Russa (36 giorni nel 2012 e 37 giorni nel 2014).

Per vero, ancorché l’Italia non sia stato l’unico Paese[5] a riportare un continuo aumento del Disposition Time, solo la tempistica italiana viene descritta dal rapporto CEPEJ come non accettabile, in quanto superiore a sei mesi. Bisogna considerare, tuttavia, che il Disposition Time italiano è appesantito dalla percentuale (tra l’80% e il 90%), particolarmente elevata, di reati gravi rispetto a quelli minori, i cui tempi di accertamento processuale sono inevitabilmente più lunghi.

 

[1] La CEPEJ è un organismo unico per tutti gli Stati europei, composto da esperti qualificati dei 47 Stati membri del Consiglio d'Europa, istituito al fine di valutare l’efficienza dei sistemi giudiziari e proporre misure e strumenti pratici atti a garantire al pubblico un servizio sempre più efficiente. La CEPEJ: 1) esamina i risultati ottenuti dai diversi sistemi giudiziari utilizzando, tra l’altro, criteri statistici comuni e mezzi di valutazione (per esempio, individuando e sviluppando indicatori, raccogliendo e analizzando i dati quantitativi e qualitativi, nonché definendo misure e mezzi di valutazione);  2) definisce i problemi e le aree oggetto di possibili miglioramenti e scambio di opinioni sul funzionamento dei sistemi giudiziari; 3) individua le modalità concrete di miglioramento della valutazione e del funzionamento dei sistemi. La CEPEJ opera altresì mediante l’elaborazione di report, statistiche, indagini sulle best practice, linee guida, piani di azione, opinioni e commenti generali.

[2] Albania, Andorra, Armenia, Austria, Azerbaijan, Belgio, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Georgia, Germania, Grecia, Ungheria, Islanda, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Repubblica di Moldavia, Monaco, Montenegro, Paesi Bassi, Norvegia, Polonia, Portogallo, Romania, Federazione Russa, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Macedonia, Turchia, Ucraina e Regno Unito. Solo il Liechtenstein e San Marino non sono stati in grado di fornire i dati necessari ai fini del rapporto CEPEJ, mentre l’Islanda non è stata inserita in taluni capitoli dello studio in considerazione del numero limitato di risposte fornite.

[3] Il rapporto ha adottato la distinzione tra reati cd. bagatellari e reati gravi secondo le indicazioni fornite da ciascun stato sulla base del criterio direttivo che sono più o meno gravi a seconda che sia o meno prevista la limitazione della libertà personale.

[4] Austria, Cipro, Finlandia, Lituania, Malta, Monaco, Norvegia, Romania, Federazione Russa e Spagna.

[5] Si vedano anche Armenia, Azerbaigian, Bulgaria, Finlandia, Georgia, Germania, Lettonia, Montenegro e Paesi Bassi.