ISSN 2039-1676


19 maggio 2011 |

Confiscabile il profitto conseguito dall'ente prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001, se il reato si è consumato successivamente

Nota a Cass. pen., sez. VI, sent. 18.01.2011 (dep. 12.04.2011), n. 14564

 
Corruzione in atti giudiziari e responsabilità degli enti: il profitto conseguito prima dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001, all’epoca dell’accordo corruttivo, è confiscabile se la dazione dell’utilità concordata, che individua il momento consumativo del reato, prosegue dopo quel momento.
 
 
Il giudizio trae origine dal ricorso proposto da una società avverso la decisione del Tribunale di Genova che, in sede di riesame, ha confermato, a carico dell’ente, il sequestro preventivo di una somma di denaro costituente il profitto del reato di corruzione in atti giudiziari realizzato, nell’ambito di una procedura di concordato preventivo per ottenere da parte del giudice delegato, ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato, l’aggiudicazione di un immobile destinato ad albergo.
 
In particolare, la somma di denaro oggetto del sequestro, pari ad oltre quattro milioni di euro, corrisponde alla differenza tra il valore reale dell’immobile e quanto effettivamente corrisposto. L’accordo corruttivo è avvenuto nel 1997 – prima dunque dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001 – e nello stesso anno è stato emesso, da parte del giudice delegato corrotto, il decreto di trasferimento dell’immobile aggiudicato. Sempre in epoca anteriore all’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001è stato conseguito da parte dell’ente il profitto del reato (al più tardi nel 1999, anno in cui è stato saldato il pagamento dell’intero prezzo d’acquisto).
 
Il prezzo del reato – individuato nei compensi percepiti dalla convivente del giudice delegato per un incarico di consulenza conferitole dalla società aggiudicataria dell’immobile – è stato corrisposto con plurime dazioni, a partire dal 1997, l’ultima delle quali avvenuta nel 2003 e, cioè, in epoca successiva all’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001.
 
La Corte di cassazione, confermando il sequestro, rigetta il motivo di ricorso della difesa, che ha dedotto la violazione del principio di legalità delle sanzioni stabilite dal d.lgs. n. 231/2001, previsto dall’art. 2 dello stesso testo, in linea col dettato dell’art. 25, 2° c., Cost.. Se la Corte condivide le premesse argomentative della ricorrente, riaffermando che le sanzioni per gli enti devono ritenersi aventi natura punitiva e conseguentemente sottoposte al divieto di retroattività (in tema di confisca, v. già Cass., 12 dicembre 2006, n. 3629), osserva d’altra parte come in ogni caso il tempus di riferimento è rappresentato dalla consumazione del reato e non – come sostenuto dalla difesa - dalla percezione del profitto (la S.C. osserva, in proposito, come altrimenti la confisca sarebbe assoggettata incoerentemente ad un regime applicativo diverso rispetto alle sanzioni interdittive previste nello stesso testo).
 
Richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato (confermato di recente dalla sentenza Mills delle Sezioni Unite - Cass., SU, 25 febbraio 2010, n. 15208) – non contestato dalla difesa –  la Suprema Corte individua quindi il momento consumativo del reato di corruzione nell’effettivo versamento del prezzo del reato, da collocarsi nel caso in esame, come si è detto, in epoca successiva all’entrata in vigore della normativa sulla responsabilità da reato degli enti. Nessuna violazione del principio di irretroattività, dunque, se è vero – come la S.C. afferma – che il delitto di corruzione si consuma, allorché all’accordo corruttivo segue la dazione dell’utilità – nel momento dell’effettiva dazione e, in caso di plurime dazioni, nell’ultima di esse.
 
La Corte, peraltro, si cura di precisare che non può essere richiamata una precedente pronuncia in cui era stata esclusa l’efficacia del sequestro preventivo rispetto alle somme percepite anteriormente al 2001 (Cass., 21 dicembre 2006, n. 316, in Cass. pen., 2007, 3721), in quanto riferita ad un’ipotesi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, nella quale le singole percezioni di denaro, ancorché ritenute configuranti un unico reato a consumazione “prolungata”, corrispondevano ad altrettante condotte costituenti reato, peraltro caratterizzato – con le parole della S.C. – “da una consumazione prolungata, iniziata con la percezione della prima rata e conclusasi con la ricezione dell'ultima rata del finanziamento, sicché, coerentemente, è stato ritenuto che una lettura costituzionalmente orientata imponesse il divieto di retroattività della confisca in relazione a ‘condotte’ antecedenti”. Ma nel caso della corruzione – prosegue la S.C. – “non può parlarsi di un reato a consumazione prolungata, trattandosi, semmai, di un reato c.d. progressivo, che si consuma, come si è visto, solo con l'accettazione della promessa e il ricevimento dell'utilità, con la specificazione che il conseguimento dell'utilità è solo un elemento dello schema della fattispecie complessa principale, che determina la consumazione del reato stesso (a differenza che nello schema sussidiario della corruzione, in cui la promessa non viene mantenuta, con la conseguenza che il reato si perfeziona nel momento in cui la promessa viene accettata)”.
 
 
(Nella giurisprudenza di merito cfr. Trib. Milano, 31 luglio 2007, My Chef s.r.l., in Corr. merito, 2007, 1439, con annotazione di Gatta, che ha in senso conforme affermato che non contrasta con l’art. 2 d.lgs. n. 231/2001 affermare la responsabilità dell’ente in relazione al reato-presupposto di corruzione, allorché l’accordo corruttivo è precedente al l’entrata in vigore del d.lgs. n. 231/2001, ma la dazione di utilità che ne segue è invece, anche solo in parte, successiva al momento stesso).