ISSN 2039-1676


08 luglio 2013

La Corte costituzionale introduce la possibilità  che la pena del lavoro di pubblica utilità  sia eseguita fuori dalla provincia di residenza del condannato

Corte cost., 5 luglio 2013, n. 179, Pres. Gallo, Rel. Criscuolo (illegittimo l'art. 54, comma 3, del d.lgs. n. n.274 del 2000 nella parte in cui non prevede che, "Se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità fuori dall'ambito della provincia in cui risiede".

Diamo tempestiva notizia della sentenza, depositata il 5 luglio 2013, con la quale la Consulta ha manipolato in senso additivo l'art. 54 del d.lgs. n. 274 del 2000, norma «generale» in materia di lavoro di pubblica utilità: istituto pertinente al trattamento punitivo dei reati di competenza del giudice di pace, ma richiamato, com'è noto, dalle previsioni sanzionatorie del codice della strada concernenti la guida in stato di ebbrezza  o di intossicazione da sostanze stupefacenti. Gli artt. 186 e 187 del d.lgs. n. 285 del 1992, in particolare, introducono la possibilità per il giudice di applicare, quanto l'imputato lo consenta, il lavoro di pubblica utilità quale sanzione sostitutiva  delle pene detentive e pecuniarie ordinariamente previste.

Nei giudizi a quibus - due procedimenti di esecuzione - persone condannate al lavoro di pubblica utilità  avevano formulato istanza affinché la sanzione trovasse esecuzione in località non comprese nel territorio della Provincia di residenza, documentando le gravi ragioni personali e familiari che rendevano particolarmente onerosi, e del tutto improduttivi sul piano della rieducazione, l'avvio o la prosecuzione del rapporto esecutivo nell'ambito territoriale di pertinenza.  

La Corte ha facilmente rilevato non solo una violazione dell'art. 3 Cost., essenzialmente sotto il profilo della ragionevolezza, ma anche un contrasto con il terzo comma dell'art. 27, concernente la necessaria finalizzazione rieducativa della pena. Finalizzazione - ricorda la Corte - che non va assicurata solo sul versante penitenziario, ma anche riguardo alla «conformazione» di un istituto sanzionatorio, specialmente se, come nella specie, «le finalità rieducative della pena e il recupero sociale del soggetto sono particolarmente accentuati e sono perseguiti mediante la volontaria prestazione di attività non retribuita a favore della collettività».

Può anche rilevarsi che, per quanto le fattispecie concrete riguardassero il lavoro di pubblica utilità  quale pena sostitutiva dei reati previsti dal codice della strada,  la decisione additiva della Corte ha interessato la norma generale  di regolazione dell'istituto, il quale dunque si applicherà, nella nuova estensione, anche quando pertinente a reati di competenza del giudice di pace o ad ulteriori fattispecie che ad esso si riferiscano.