ISSN 2039-1676


20 settembre 2017 |

Rivista italiana di diritto e procedura penale n. 2/2017

Abstract dei contributi

Con l'autorizzazione dell'editore Giuffrè anticipiamo di seguito gli abstract dei lavori pubblicati nell'ultimo numero della Rivista italiana di diritto e procedura penale (n. 2/2017).

 

SPECIALE “DELLE PENE SENZA DELITTO”

Le misure di prevenzione nel sistema contemporaneo: dal bisogno di controllo all’imputazione del sospetto

Atti del V Convegno nazionale dell’Associazione Italiana dei Professori di Diritto Penale (Milano, 18/19 novembre 2016)

 

Resta E., Tra pene e delitti. Differenze e ripetizioni nelle pratiche penali, p. 399 ss.

Il saggio si sofferma sulla relazione tra pene e delitti e in particolare su quella categoria di “specularità” emersa nella teoria e nelle pratiche dei sistemi penali. I termini si presentano, fin dalle origini, come complici e rivali in un legame semantico indissolubile. Così la storia della penalità è una difficile scommessa sulla differenza tra pene e delitti ma anche sulla loro connessione e proporzione. Nell’antica filosofia greca il termine con cui s’indicavano pene e delitti (mali e rimedi) era phàrmakon, mentre quello di pharmakòs indicava insieme vittima e carnefice, lo stesso termine e nello stesso momento. Nella filosofia moderna l’ambivalenza si ritrova nella separazione tra nemico e criminale e tra violenza legittima e illegittima. Quando non opera la differenza i termini riscoprono la loro identità. Oggi il gioco replica l’antropologia del “tragico moderno” in cui essere responsabile e essere chiamati a rispondere si scindono in separazioni inattese: si può essere responsabili senza essere chiamati a rispondere e si può essere chiamati a rispondere senza essere responsabili.

Lacchè L., Uno “sguardo fugace”. Le misure di prevenzione in Italia tra Otto e Novecento, p. 413 ss.

Il saggio vuole tracciare un profilo critico della storia e della morfologia delle misure di prevenzione nell’ordinamento giuridico italiano tra XIX e XX secolo, arrestandosi alle soglie dell’età repubblicana. La prima parte dello studio privilegia la dimensione storiografica e la sequenza storico-evolutiva delle misure che hanno preso forma in Italia, anche al fine di cogliere i principali ambiti di incubazione, di costruzione e di sviluppo. Lo Stato italiano ha seguito una via di sostanziale continuità fatta di scelte incrementali e alcuni ri-orientamenti strategici, legati alle circostanze, ai cambi di governo e di regime politico. Nella seconda parte si è cercato di “destrutturare” il discorso storico al fine di meglio evidenziare matrici, strutture, funzioni, tensioni che hanno caratterizzato la formazione di un peculiare sistema penale di prevenzione. Lo “sguardo fugace”, evocato da Francesco Carrara, costituisce una chiave di lettura per comprendere il disagio antico (e contemporaneo) della scienza penalistica liberale a “trattare” il tema-problema delle misure ante delictum e quindi delle “pene senza delitto”.

Pellissero M., I destinatari della prevenzione praeter delictum: la pericolosità da prevenire e la pericolosità da punire, p. 439 ss.

L’Autore analizza lo sviluppo dei destinatari delle misure di prevenzione preater delictum ed evidenzia una tendenza espansiva sia negli interventi del legislatore sia nella interpretazione giurisprudenziale. De iure condendo prospetta una forte contrazione del ricorso alle misure di prevenzione attraverso i principi di determinatezza, in relazione ai presupposti necessari per applicare la misura, e di propor- zione rispetto allo scopo del controllo preventivo.

Orlandi R., La “fattispecie di pericolosità”. Presupposti di applicazione delle misure e tipologie soggettive nella prospettiva processuale, p. 470 ss.

L’Autore analizza da un punto di vista processuale il tema dei presupposti applicativi di talune misure di prevenzione (sorveglianza speciale, confisca) che, nell’esperienza italiana, presentano marcate affinità con l’applicazione di sanzioni penali e misure di sicurezza. Particolare attenzione si presta alla struttura della “fattispecie preventiva” e al ruolo creativo della giurisprudenza nella costruzione delle ipotesi astratte di pericolosità. Lo scritto si chiude con una riflessione sulla problematica distinzione fra quaestio iuris e quaestio facti nel contesto del procedimento di prevenzione ante delictum.

Migliucci B., Il sistema delle misure di prevenzione tra esigenze di garanzia e diritto penale del nemico, p. 485 ss.

La scarsa effettività del processo penale, più volte denunciata dai sostenitori del procedimento di prevenzione, rappresenta la dimostrazione che questo ha la funzione di raggiungere obiettivi che non sarebbero perseguibili altrimenti: da qui la dilatazione della prevenzione rispetto al processo ordinario. Eppure non si può certo sostenere che il nostro sistema penale “ordinario” non consenta di ottenere, ed anche con una certa facilità, sequestri e successive confische.

Magi R., Sul recupero di tassatività nelle misure di prevenzione personali. Tecniche sostenibili di accertamento della pericolosità, p. 490 ss.

L’autore analizza l’evoluzione normativa delle misure di prevenzione e si interroga su forme e contenuti del giudizio prognostico di pericolosità soggettiva, evidenziando come tale nozione — pur controversa — sia una componente difficilmente eliminabile del sistema di tutela dei beni giuridici rilevanti. La avvertita necessità di una eliminazione del soggettivismo valutativo, in chiave di recupero di tassatività, ha dato luogo ad interventi giurisprudenziali tesi a promuovere letture maggiormente aderenti, rispetto al passato, agli enunciati linguistici delle disposizioni di legge, secondo linee già tracciate dalla giurisprudenza costituzionale. In tale quadro, si propone l’adozione di un modello cognitivo unitario che tenda a valorizzare la constatazione — anche provvisoria e autonoma — di condotte ricadenti in previsioni incriminatrici come aspetto preliminare e condizionante la successiva valutazione di pericolosità sociale.

Balbi G., Le misure di prevenzione personali, p. 505 ss.

Le misure di prevenzione personali sono istituti estremamente problematici per un diritto penale democratico. L’autore si confronta con le argomentazioni che tradizionalmente ne sorreggono il fondamento funzionale — in specie con l’idea che qualsiasi ordinamento debba prevedere al suo interno efficaci strumenti di prevenzione del reato —, con le supposte emergenze — dall’immigrazione al terrorismo, alla criminalità organizzata — che, connotando il nostro contemporaneo, implementano la tesi della loro irrinunciabilità. L’analisi, che si struttura su di un’attenta disamina critica del quadro normativo di riferimento, mette in luce la tendenziale pretestuosità di tali argomentazioni, il carattere rozzo e brutale che connota le misure di prevenzione personali all’interno della nostra realtà ordinamentale, la loro spiccata attitudine criminogena e desocializzante, la radicale incompatibilità di esse con il quadro costituzionale di riferimento.

Catenacci M., Le misure personali di prevenzione fra ‘critica’ e ‘progetto’: per un recupero dell’originaria finalità preventiva, p. 526 ss.

L’attuale disciplina delle misure personali di prevenzione contenuta del Dlg. 159/2011 presenta oramai tali e tante criticità sotto il profilo delle garanzie sostanziali e processuali, da apparire problematica anche a chi aderisca all’opinione tradizionale secondo cui queste misure sarebbero irrinunciabili per scopi di difesa sociale e, se pur nei limiti del principio di proporzione, ne ritiene possibile una armonizzazione con i principi costituzionali. Seguendo questa linea, l’A. indica alcune linee generali di riforma, capaci a suo dire di riconvertirle ad una funzione genuinamente preventiva e di sottrarle a scopi di giustizia penale sommaria o di vera e propria marginalizzazione sociale. Accanto ad una maggiore tassatività dei presupposti e all’adozione dei principi del giusto processo, si propone in particolare una ridefinizione, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzione, del contenuto, attualmente irragionevolmente punitivo, dei c.d. ‘effetti’ delle misure.

Martini A., Il mito della pericolosità. Alla ricerca di un senso compiuto del sistemadella prevenzione personale, p. 536 ss.

La fiducia del legislatore nelle misure di prevenzione personali trova continue conferme. Un confronto con i loro presupposti minimi di legittimità, come delineati dalla giurisprudenza costituzionale, conferma però le molte perplessità che nel tempo la dottrina ha manifestato. La sicurezza pubblica, come bene tutelato, la determinatezza delle classi soggettive, la affidabilità prognostica del giudizio di pericolosità individuale e la stessa garanzia della gestione giurisdizionale sembrano proporre più dubbi che conferme. In sostanza lo strumentario si conferma un’arma rivolta contro i più deboli, inutile per prevenire le forme di criminalità destabilizzanti.

Maugeri A.M., La legittimità della confisca di prevenzione come modello di “processo” al patrimonio tra tendenze espansive e sollecitazioni sovranazionali, p. 559 ss.

L’articolo riflette sulla legittimità della confisca di prevenzione alla luce del dibattito europeo e comparatistico sulla confisca senza condanna, analizzando le recenti tendenze, anche in base al d.d.l. 2134, della legislazione in materia che sempre più ne estende l’ambito di applicazione, dalla lotta al crimine organizzato alla criminalità economica e, addirittura, della p.a.; ciò nonostante le sollecitazioni della Corte europea a un’applicazione maggiormente conforme al principio di tassatività proprio nell’individuazione dei destinatari a pericolosità generica (sentenza De Tommaso). Pur non confidando in un più garantista e coerente atteggiamento da parte della Corte europea nei confronti della confisca di prevenzione, - alla luce del suo uniforme orientamento di favore verso forme di actio in rem —, si ragiona sulla possibilità di concepire un modello penalistico di processo al patrimonio in considerazione della recente proposta di Regolamento UE sul mutuo riconosci- mento dei provvedimenti di confisca, anche senza condanna, purché pronunciati in un procedimento penale; regolamento che adotta come modello di riferimento il progetto di legge tedesco per l’implementazione della direttiva 42/2014.

Fondaroli D., La prevenzione patrimoniale: dalla applicazione in ambito penale tributario all’amministrazione giudiziaria dei beni, p. 600 ss.

L’intervento approfondisce due temi correlati alle misure di prevenzione patrimoniali: il ruolo dell’applicazione delle stesse in relazione all’ambito dei reati tributari, anche in relazione all’esclusione di questi ultimi nel catalogo dei reati-presupposto ex d.lgs. n. 231/2001; il rafforzamento dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria dei beni.

Mangione A., La ‘situazione spirituale’ della confisca di prevenzione, p. 614 ss.

Il saggio intende offrire un tentativo di tematizzazione del percorso culturale – dottrinale ma soprattutto giurisprudenziale – intrapreso negli ultimi anni dalla confisca antimafia. Il punto di partenza è costituito dalla verifica circa la capacità di tenuta del paradigma di legittimazione della misura di prevenzione: la pericolosità sociale. Sul presupposto teoretico che una teoria è buona solo se funziona nella prassi e che le norme penali costituiscono programmi di soluzione destinati ad operare nel processo, l’Autore muove dall’esame della declinazione giurisprudenziale della pericolosità sociale per dimostrare come essa appaia sempre più estranea alla meccanica prognostica e, al contrario, sembri allinearsi sempre più lungo una prospettiva diagnostica tesa cioè all’accertamento di fatti. Anche l’evoluzione normativa appare muoversi in questa direzione: emblematica è la disciplina della revocazione della confisca, la quale, per un verso, attribuisce un peso determinante all’accertamento di fatto svolto in sede penale, e, per altro verso, riconosce come la confisca possa essere retroattivamente rimossa anche incidendo sul solo presupposto soggettivo della pericolosità personale ossia degli indizi di inserimento in una delle categorie legali di cui agli artt. 1 e 4 d.lgs. n. 159/11. Da qui, la inconsistenza giuridica della tesi della pericolosità intrinseca del bene quale presupposto di legittimazione, costituzionale e convenzionale, della confisca di prevenzione. E sempre da qui, la conferma della maturità dell’orientamento assunto da una parte della Suprema Corte, teso a elaborare una ‘grammatica della prova’ e a riconoscere alla prospettiva del ‘fatto’ una centralità sempre più marcata. Questo itinerario culturale — pur con tutte le contraddizioni e resistenze di un work in progress — segna la situazione spirituale della confisca di prevenzione: un percorso progressista sempre più attento alle esigenze garantistiche anche di rango convenzionale, e il cui esito sembra precludere ad una confisca dal volto nuovo.

Pulitanò D., Relazione di sintesi. Misure di prevenzione e problema della prevenzione, p. 635 ss.

I problemi attuali di prevenzione o sicurezza dal rischio criminale non trovano una risposta accettabile nelle misure di prevenzione personale della legislazione italiana, le quali, pur dopo le riforme succedutesi nel tempo, presentano deficit di tassatività sia dei presupposti d’applicazione che dei contenuti. La loro legittimità costituzionale, da sempre messa in discussione dalla dottrina, è messa in dubbio dalla recente giurisprudenza della Corte EDU. Misure coercitive diverse dalla pena possono essere legittimate, nel vigente sistema costituzionale, come misure di sicurezza, su presupposti legalmente ben definiti e con contenuti mirati su tipologie specifiche di criminalità.

 

DOTTRINA

Articoli

Pisani M., Carlo Cattaneo e la “scienza penitenziaria”, p. 661 ss.

Il multiforme ingegno di Carlo Cattaneo ha avuto modo di applicarsi anche alla complessa ed antiquata disciplina della pena carceraria.

In diverse occasioni, e muovendo da prospettive complementari, egli ha mirato a sottolineare la necessità di attuare un circolo virtuoso di intersezioni tra sperimentazione pratica ed elaborazione teorica, per dar vita, attraverso un approccio multidisciplinare, a concreti e positivi esiti di riforma.

Bernardi A., Populismo giudiziario? L’evoluzione della giurisprudenza penale sul kirpan, p. 671 ss.

Il lavoro prende in esame l’evoluzione della giurisprudenza penale italiana relativa al porto del pugnale sacro da parte della minoranza sikh; giurisprudenza caratterizzata dapprima dal prevalente indulgenzialismo dei giudici di merito e successivamente dal rigorismo del giudice di legittimità. Dopo aver collocato tale giurisprudenza nell’attuale contesto segnato dalla “paura del diverso” e dall’idea di “scontro di civiltà”, il lavoro analizza il porto del kirpan con riferimento sia alla disciplina penale delle armi, sia al ruolo del “fattore culturale” nel reato di cui all’art. 4 l. 110/1975, sia al bilanciamento dei principi costituzionali. Dopo alcune brevi riflessioni sulla diversa accoglienza riservata dai commentatori alla più recente giurisprudenza della Cassazione sul kirpan, questo articolo sottolinea l’opportunità che si concluda al più presto l’iter del disegno di legge concepito per mediare le opposte esigenze di libertà religiosa e di sicurezza pubblica, rispetto alle quali la normativa sul porto del kirpan è chiamata a confrontarsi.

Fasani F., L’animale come bene giuridico, p. 710 ss.

Dopo aver rilevato la tutela policentrica che il legislatore appresta in relazione a plurimi interessi che l’uomo soddisfa attraverso gli animali, l’Autore si interroga su quale sia il bene giuridico protetto dalle fattispecie penali che tutelano gli animali in quanto tali, ossia da quei reati che il nostro ordinamento prevede agli artt. 544-bis ss. e 727 c.p. Vengono ripercorse le tesi esistenti in materia: quelle tradizionali e maggioritarie orientate sul bene-sentimento; quelle più recenti, di matrice animalista, che riconoscono veri e propri diritti in capo agli animali; quelle ibride che tendono a fondere valori umani e valori animali in un unico bene interspecifico. L’Autore porta argomenti a confutazione di queste teorie e rileva in conclusione come il bene protetto sia semplicemente l’animale, al quale l’uomo riconosce un valore, a prescindere dai suoi asseriti diritti e a prescindere dal nocumento a qualsivoglia sentimento umano.

Salvadori I., Criminalità informatica e tecniche di anticipazione della tutela penale. L’incriminazione dei “dual-use software”, p. 747 ss.

Il saggio riflette criticamente sulle tecniche di incriminazione dei programmi informatici che possono essere utilizzati allo stesso tempo per finalità lecite ed illecite (“dual-use software”). Preliminarmente vengono individuate le modalità di formulazione degli obblighi di incriminazione previsti in questo ambito a livello europeo. Si analizza poi la struttura normativa delle fattispecie criminose presenti nel nostro ordinamento che hanno ad oggetto software a “duplice uso” e che si caratterizzano per il fatto di punire meri atti prodromici o preparatori alla commissione di più gravi reati. Si valuta quindi la loro legittimità alla luce dei fondamentali principi di diritto penale. In conclusione si formulano alcune proposte de lege ferenda per una adeguata incriminazione dei “dual-use software”, che sia in grado di garantire a coloro che operano nel settore informatico la possibilità di sviluppare ed impiegare tali programmi per testare ed elevare la sicurezza delle nuove tecnologie.

Puglisi G., Modifiche mediate della fattispecie e diritto penale intertemporale: ragioni teleologiche ed ermeneutiche pro libertate, p. 789 ss.

Le modificazioni mediate della fattispecie mostrano, se confrontate con il limitrofo istituto delle modifiche immediate, una complessità di secondo grado: non basta interrogarsi sui principi che regolano l’applicazione della legge penale nel tempo, ma occorre altresì individuare il tipo di relazione che si instaura tra la fattispecie base e l’informazione giuridica secondaria introdotta da una legge extrapenale. Premessi alcuni cenni sulla funzione dei Tatbestandsmerkmale (e delle figure affini), nonché sui principi del diritto penale intertemporale, il lavoro si concentrerà sulle soluzioni teoriche avanzate in materia, proponendo alcune (in parte nuove) ragioni a fondamento del criterio del fatto concreto, nonché sul granitico (ma non pienamente lineare) atteggiamento di chiusura della giurisprudenza nazionale e, recentemente, anche eurounitaria. Il tentativo è quello di confutare, su basi teleologiche ed ermeneutiche, l’idea di un de profundis della soluzione pro libertate.

 

Note a sentenza

Pellegrini L., Sospensione del procedimento penale con messa alla prova: le circostanze non rilevano nella determinazione della pena edittale, p. 827 ss.

L’A. svolge alcune riflessioni sulla sentenza n. 32672/16 delle Sezioni unite della Corte di Cassazione, mediante la quale si sono pronunciate sulla questione dei limiti applicativi della messa alla prova, affermando, con specifico riferimento alla computabilità delle circostanze del reato, che il richiamo contenuto nell’art. 168-bis c.p. alla pena edittale detentiva (non superiore nel massimo a quattro anni) va riferito alla pena massima prevista per la sola fattispecie-base, non assumendo, così, alcun rilievo computativo le circostanze del reato, neppure quelle ad effetto speciale ed autonome. Nonostante la soluzione dettata dalla Corte appaia condivisibile, specie in una ottica di “opportunità politica”, permangono dubbi esegetici specie con riferimento ai principi generali in materia di accidentalia delicti.

 

COMMENTI E DIBATTITI

Pisani M., Note brevi su temi penalistici, p. 853 ss.

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Tra gli ulteriori contributi presenti nel fascicolo della Rivista, oltre alle consuete rassegne di giurisprudenza costituzionale e di giustizia penale sovranazionale, si segnalano, nella Rassegna bibliografica, le recensioni delle seguenti monografie:

Amarelli G., La contiguità politico-mafiosa. Profili politico-criminali, dommatici ed applicativi, Dike, Roma, 2017, pp. 422. (E. Zuffada)

Bernardi A. (a cura di), I controlimiti. Primato delle norme europee e difesa dei principi costituzionali, Jovene, Napoli, 2017, pp. 516. (N. Recchia)

Bonini S., L’elemento normativo nella fattispecie penale. Questioni sistematiche e costituzionali, Editoriale scientifica, Napoli, 2016, pp. 380. (G. Salcuni)

Bontempelli M., La litispendenza penale, Giuffrè, Milano, 2017, pp. 322 (F. Cassibba)

Bronzo P., Il fascicolo per il dibattimento. Poteri delle parti e ruolo del giudice, Wolters Kluwer-Cedam, Padova, 2017, pp. 338. (R. Aprati)

Brusco C., La colpa penale e civile. La colpa medica dopo la L. 8 marzo 2017 n. 24 (legge Gelli-Bianco), Giuffrè, Milano, 2017, pp. 658. (F. Viganò)

Martufi A., Diritti dei detenuti e spazio penitenziario europeo, Jovene, Napoli, 2015, pp. 236. (M. Venturoli)

Menghini A., L’omicidio stradale. Scelte di politica criminale e frammentazione del sistema, Editoriale Scientifica, Napoli, 2016, pp. 217. (R. Bertolesi)