ISSN 2039-1676


10 ottobre 2016 |

Un nuovo conflitto di attribuzione sollevato dal Presidente del Consiglio riguardo ad indagini connesse agli accertamenti sul sequestro di Abu Omar

Corte cost., ord. 7 ottobre 2016, n. 217, Pres. Grossi, Rel. Grossi

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La Corte costituzionale, con ordinanza deliberata il 21 settembre scorso, ha dichiarato ammissibile un nuovo ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri contro un Ufficio giudiziario (nella specie, la Procura di Perugia) per fatti connessi all’annosa questione del sequestro di persona  in  danno di Abu Omar.

Si tratta di una vicenda ormai celeberrima, che la nostra Rivista ha seguito costantemente, e che ha dato luogo, tra l’altro, a ripetuti conflitti tra poteri  dello Stato[1]. Qui basterà ricordare che, nell’ambito delle indagini seguite al sequestro, la Procura della Repubblica di Milano aveva disposto la perquisizione di un immobile sito in Roma, via Nazionale, attribuendone la disponibilità ai Servizi militari di informazione. Nel corso della perquisizione erano stati rinvenuti e sequestrati, tra gli altri, incartamenti che raccoglievano informazioni sulla vita, sull'attività e sugli orientamenti politici di magistrati, funzionari statali, giornalisti e parlamentari e sulle attività di movimenti sindacali e associazioni tra magistrati. La Procura di Perugia , sul presupposto che l'attività di dossieraggio fosse mirata a consentire campagne di discredito nei confronti di soggetti considerati ostili alla maggioranza di governo, e sul presupposto inoltre che un'attività del genere fosse estranea ai compiti istituzionali dei Servizi informativi, aveva proceduto nei confronti di diverse persone, ipotizzando i reati di peculato, violazione di corrispondenza, rivelazione di segreto d’ufficio. Parte degli indagati, pur negando la sussistenza dei fatti, aveva dichiarato che in propria difesa avrebbe dovuto rivelare circostanze coperte dal segreto di Stato.  La ricorrenza del segreto era stata confermata dal Presidente del Consiglio, e la Corte costituzionale, con la sentenza n. 40 del 2012, aveva rigettato il ricorso proposto, contro il provvedimento, dall’Autorità giudiziaria.

A quel punto, il Giudice dell’udienza preliminare di Perugia aveva chiuso il procedimento con sentenza di non doversi procedere. La Cassazione tuttavia, su ricorso del pubblico ministero, aveva annullato la sentenza. Di qui la celebrazione di una nuova udienza preliminare, nel corso della quale l’imputato Pollari ha di nuovo opposto il segreto di Stato su numerose circostanze, in sostanza assumendo che non dovrebbero essere indagate la riferibilità al Sismi della sede di via Nazionale, e, a scendere, una serie di altre circostanze poste ad oggetto dell’indagine. Di nuovo, con provvedimento del 4 giugno 2015, il Presidente del Consiglio  ha confermato la ricorrenza del segreto.

Ripresa l’udienza, il Pubblico ministero ha comunque concluso per il rinvio a giudizio, sull’assunto che le prove disponibili confermerebbero la ricorrenza dei presupposti per l’integrazione del peculato (in sostanza, confermerebbero la riferibilità a Pio Pompa – considerato il gestore della sede di via Nazionale – di attività illegali attuate con risorse del Sismi).

Preso atto della circostanza, il Presidente del Consiglio ha promosso un nuovo ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, sostenendo che le attribuzioni del suo Ufficio in materia di segreto di Stato sarebbero state violate dalla Procura procedente. In sostanza, sarebbe già stato stabilito che le attività condotte in via Nazionale sono coperte dal segreto, così che la pretesa di accertarle  al fine di stabilire la distrazione di denaro pubblico dai fini istituzionali esprimerebbe l’indebita pretesa dell’Autorità giudiziaria di sostituirsi a quella politica nella valutazione della portata del segreto e delle esigenze di salus rei publicae che ad esso sottendono.

Resta di dire che la Corte costituzionale, con il provvedimento in commento, ha facilmente stabilito l’ammissibilità del conflitto. La  legittimazione soggettiva delle parti (Capo del Governo e Procuratore della Repubblica) è stata stabilita da numerosi precedenti, mentre, sul piano obiettivo, si discute di attribuzioni costituzionalmente garantite del ricorrente, così come riconosciuto, anche in questo caso, mediante vari provvedimenti riguardanti la tutela del segreto di Stato.

Se gli adempienti conseguenti alla dichiarazione di ammissibilità saranno regolarmente condotti, si giungerà  quindi, con tutta probabilità,  al giudizio di merito sulla questione. 

 

[1] Per una sintesi di questo aspetto può vedersi, volendo, il § 1.3. del contributo di G. Leo, Sei anni di giurisprudenza costituzionale sul processo penale, nella versione trimestrale di  questa Rivista, n. 3/2015, p. 117 segg.