ISSN 2039-1676


21 dicembre 2011 |

Vittime vulnerabili e incidente probatorio: la normativa italiana supera il vaglio della Corte UE

Corte di giustizia UE (seconda sezione), sent. 21 dicembre 2011, Proc. penale c. X, causa C-507/10

 

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Il tema della vittima rivela nuovamente la sua centralità nello scenario europeo. Proprio nei giorni in cui le Istituzioni dell'Unione varano il c.d. "ordine di protezione europeo" e si impegnano ad attuare la "tabella di marcia" per il rafforzamento dei diritti e della tutela delle persone offese  del 10 giugno 2011, la Corte di Giustizia torna ad occuparsi della Decisione quadro 2001/220/GAI sulla vittima, a breve distanza dalla pronuncia del 15 settembre 2011 (cause C-483/09 e C-1/10, Gueye e Sànchez. su cui cfr. anche le note - pubblicate entrambe in questa Rivista - di Donato Vozza e di Raffaella Calò).

L'analisi è questa volta indirizzata nei confronti del nostro Codice di rito, ancora su sollecitazione dell'Ufficio GIP del Tribunale di Firenze, che già aveva portato al vaglio pregiudiziale dei giudici di Lussemburgo il caso Pupino, poi sfociato nella nota sentenza del 16 giugno 2005 (memorabile più che altro in punto di riconoscimento dell'obbligo per il giudice nazionale di interpretare il diritto interno in conformità al diritto dell'Unione anche nell'ambito del cd. terzo pilastro).

Ora come allora il crinale affrontato è quello dell'incidente probatorio. Se nella sentenza Pupino, tuttavia, la normativa processuale italiana era apparsa poter non essere pienamente in linea con i dettami del testo sovranazionale, nella pronuncia allegata si conclude per una compatibilità dei nostri artt. 392, comma 1 bis, 398, comma 5 bis, e 394 c.p.p. con gli artt. 2, 3 e 8 della Decisione quadro.

La questione sollevata atteneva alla mancata previsione, nel nostro sistema, del diritto per la vittima vulnerabile di richiedere direttamente al giudice l'ammissione dell'incidente probatorio finalizzato alla sua audizione, senza dover passare per il tramite del pubblico ministero. Sotto altro angolo visuale, in qualche misura "subordinato" alla prima questione, il giudice fiorentino si interrogava circa la compatibilità con la Decisione quadro dell'assenza di un potere d'impugnativa del provvedimento di diniego del pubblico ministero in relazione alla istanza, avanzata dalla vittima, di promovimento dell'incidente probatorio.

Sotto entrambi i profili, la Corte ha giudicato conforme il nostro Codice di rito al diritto europeo. Le linee argomentative poggiano su una riconosciuta discrezionalità degli Stati membri ad attuare gli obiettivi della Decisione quadro contenuti agli artt. 2, 3 e 8, nonché sulla ragionevolezza della scelta normativa di affidare al pubblico ministero la decisione circa l'opportunità o la necessità di investire il giudice di una domanda di incidente probatorio, anche alla luce della natura di questo istituto «che deroga al principio secondo il quale le prove sono raccolte nell'ambito del dibattimento» (§ 37). D'altro lato, vengono in gioco le garanzie comunque riservate alla vittima che venga ascoltata nella fase del giudizio, in più parti assimilabili a quelle previste per la speciale fattispecie prevista dagli artt. 392 ss. c.p.p.

La sentenza meriterà un esame attento, anche per quel che concerne il dictum incidentale  sull'assenza di un diritto per la vittima, ricavabile dalla Decisione quadro o dall'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE, a «provocare l'esercizio di azioni penali contro un terzo al fine di ottenere la condanna». Si può però forse già affermare che, al di là della condivisibilità o meno di alcuni dei passaggi argomentativi, la Corte, a differenza di quanto accaduto nel caso Pupino, ha colto con maggiore consapevolezza il ruolo giocato dall'incidente probatorio nell'architettura sistematica del nostro modello processuale.