ISSN 2039-1676


27 maggio 2015 |

Particolare tenuità del fatto: le Sezioni Unite non si pronunceranno (per ora)

Cass., Sez. III, ord. 7 maggio 2015 (dep. 20 maggio 2015), n. 21014, Pres. Fiale, Rel. Grillo; Cass., Sez. III, ord. 7 maggio 2015 (dep. 20 maggio 2015), n. 21015, Pres. Fiale, Rel. Grillo; Sez. III, ord. 7 maggio 2015 (dep. 20 maggio 2015), n. 21016, Pres. Fiale, Rel. Grillo

 

1. Nei giorni scorsi la nostra Rivista ha dato notizia dell'avvenuta rimessione alle Sezioni Unite di alcune questioni relative all'applicazione del nuovo art. 131-bis c.p. ("Esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto"), introdotto dal d.lgs. 16 marzo 2015, n. 28 (per la segnalazione dell'informazione provvisoria della Corte di Cassazione clicca qui). Le questioni erano state poste con tre diverse ordinanze della Terza Sezione, depositate il 7 maggio.

 

2. Nel dare seguito alla segnalazione dei giorni scorsi, pubblichiamo ora in allegato le tre ordinanze, anticipando che le Sezioni Unite non affronteranno le questioni sollevate, dal momento che, con provvedimento del Primo Presidente, sono stati restituiti gli atti alla Sezione rimettente, ai sensi dell'art. 172 disp. att. c.p.p. Ciò nonostante - rinviando oltre per l'esposizione dei motivi a sostegno della restituzione degli atti - riteniamo comunque interessante segnalare ai lettori le ordinanze in discorso, che sollevano molte questioni di indubbio interesse, relative ad alcuni dei principali profili problematici della nuova disciplina, soprattutto, ma non solo, per quel che attiene ai profili processuali.

 

3. In primo luogo, nelle tre ordinanze si chiede se, in sede di legittimità, possa essere dedotta per la prima volta la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. introdotto con normativa successiva alla presentazione del ricorso e, in caso affermativo, con quali modalità. Secondo la S.C. (si veda per tutte l'ordinanza n. 21014/2015: clicca qui) l'art. 131-bis è applicabile nei giudizi pendenti dinnanzi alla Corte di Cassazione nonostante l'assenza di un'apposita disciplina transitoria. In particolare, ciò sarebbe reso possibile in ragione:  

a) della riconosciuta natura sostanziale dell'istituto (affermata anche dalla prima sentenza della Corte di Cassazione in materia: Cass., Sez. III, n. 15449/2015, in questa Rivista, con nota di G. L. Gatta);

b) dell'applicabilità dell'art. 2 co. 4 c.p., che notoriamente prevede, in caso di successione nel tempo di leggi penali diverse, l'applicazione di quella più favorevole (nel caso di specie, quella che introduce nell'ordinamento la causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis), anche se successiva alla commissione del fatto. A favore della soluzione proposta viene altresì portato un argomento di carattere processuale: l'art. 609 co. 2 c.p.p. prevede che la Corte decida, oltre che sui motivi proposti e sulle questioni rilevabili d'ufficio in ogni stato e grado del processo, anche sulle "questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello". E sarebbe questo il caso della questione relativa alla non punibilità per particolare tenuità del fatto, nei giudizi già pendenti al momento dell'entrata in vigore della norma che l'ha introdotta. Se da un lato, quindi, la Corte ritiene indubbia la possibilità di sollevare la questione dell'applicabilità dell'art. 131-bis mediante proposizione di motivi aggiunti - ai sensi del citato art. 609 co. 2 c.p.p. -, dall'altro lato chiede alle S.U. se ciò sia possibile attraverso una memoria difensiva ex art. 121 c.p.p., ovvero oralmente in fase di discussione, dopo le formalità di apertura del dibattimento.

 

4. In secondo luogo, sempre in relazione alle modalità con cui la questione può essere prospettata, nelle tre ordinanze si pone il seguente quesito: "se risulti possibile, in relazione a ricorso che appaia non manifestamente infondato, che possa essere la stessa Corte di Cassazione ad intervenire ex officio per valutare l'ammissibilità del nuovo istituto" (si veda per tutte l'ordinanza n. 21014/2015: clicca qui). Nell'ordinanza viene ritenuta "non irragionevole" la possibilità che, qualora la Corte ritenga di trovarsi di fronte a casi di scarsa offensività del fatto desunta da elementi emergenti dal testo della sentenza impugnata, possa valutare d'ufficio l'applicabilità dell'art. 131-bis ed eventualmente annullare la sentenza impugnata.

 

5. In terzo luogo, viene sollevata una questione inerente ai limiti che la Corte di Cassazione può incontrare nell'operazione di verifica della sussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 131-bis ed in particolare si chiede alle S.U., in caso di ritenuta ammissibilità della nuova prospettazione in sede di legittimità, "se rientri nei poteri della Corte di Cassazione la valutazione di meritevolezza ai fini dell'applicabilità dell'istituto e se tale giudizio debba in ogni caso essere espresso attraverso un annullamento con rinvio della sentenza impugnata ovvero possa farsi luogo ad un annullamento senza rinvio". Sul tema la Corte, nell'ordinanza n. 21014/2015 (per leggere il testo dell'ordinanza clicca qui), propone una soluzione che si pone in parziale contrasto con quella individuata nella precedente sentenza n. 15449/2015 della stessa Sezione (in questa Rivista). In tale ultima pronuncia la Corte, lo ricordiamo, aveva ritenuto non applicabile la causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto in ragione dell'esito negativo della valutazione inerente alla sussistenza dei presupposti previsti dall'art. 131-bis, valutazione effettuata con riferimento al testo della sentenza impugnata. L'ordinanza in commento, invece, mette in luce il rischio derivante da tale soluzione, che aprirebbe la strada a 'pronunce tranchant' di rigetto o di annullamento senza rinvio, che implicherebbero decisioni fondate sull'analisi di questioni di merito, decisioni che la Corte di Cassazione non avrebbe il potere di assumere. Sarebbe invece opportuno - afferma la Corte nell'ordinanza - che in sede di giudizio di legittimità, qualora si dovesse valutare l'applicabilità della nuova causa di esclusione della punibilità, si procedesse ad una valutazione in termini meramente astratti, accompagnata dall'indicazione di linee guida di carattere interpretativo ad uso del giudice di merito circa l'applicabilità dell'istituto e la valutazione dei suoi presupposti. La Corte sottolinea, poi, che all'esito di tale valutazione debba sempre disporsi l'annullamento con rinvio. In questo modo si lascerebbe al giudice di merito la valutazione in concreto della sussistenza dei presupposti di una declaratoria di non punibilità per particolare tenuità del fatto, da effettuarsi sulla base dei criteri indicati all'esito del giudizio di legittimità. Tale soluzione dovrebbe essere adottata anche in quei casi in cui dall'esame della sentenza impugnata risultino sussistenti in astratto tutte le condizioni di applicabilità dell'istituto, in modo che l'analisi in astratto compiuta dalla Corte di Cassazione venga sempre effettuata in concreto dal giudice territoriale. Si tratta infatti di un giudizio complesso - sottolinea la Corte nella stessa ordinanza -, che presuppone valutazioni inerenti a questioni di fatto e che quindi va effettuato dal giudice di merito, sulla base delle allegazioni delle parti, nel rispetto del contraddittorio e con l'eventuale interlocuzione della persona offesa, che non risulta adeguatamente garantita in sede di giudizio di legittimità.

 

6. L'ultima questione di carattere processuale (per leggere l'ordinanza n. 21015/2015 clicca qui) riguarda la possibilità per la Corte di Cassazione, di fronte ad un ricorso inammissibile - per manifesta infondatezza o per aspecificità dei suoi contenuti o per altre cause indicate all'art. 606 c.p.p. ultima parte, e fuori dai casi di intempestività del ricorso per la tardività della sua proposizione ovvero per ricorso sottoscritto da difensore che non sia abilitato per le magistrature superiori -, di intervenire, d'ufficio o su prospettazione della parte interessata che non abbia potuto proporre prima la questione per ragioni temporali, inerenti all'entrata in vigore della norma favorevole successivamente alla proposizione del ricorso. La Corte sottolinea che la preclusione di tale possibilità si giustificherebbe in ragione del fatto che l'inammissibilità del ricorso dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi impedisce il formarsi di un valido rapporto di impugnazione, che legittimi la Corte a pronunciarsi. La Suprema Corte propende, quindi, per la risposta negativa al quesito posto, anche in considerazione di un altro argomento: muovendo dal presupposto che solamente nell'ipotesi di abolitio criminis derivante dallo ius superveniens sarebbe possibile per la Corte intervenire mediante una pronuncia ex art. 129 c.p.p., nell'ordinanza si rileva come in realtà risulterebbe difficile affermare di essere di fronte ad una simile ipotesi nel caso di una causa di non punibilità quale quella prevista dall'art. 131-bis, che presuppone la sussistenza di un reato.

 

7. La Terza Sezione, inoltre, ha sollecitato l'intervento delle Sezioni Unite per risolvere la questione dell'applicabilità dell'istituto previsto dal nuovo art. 131-bis ai reati, come quelli tributari, per i quali è prevista una soglia di punibilità (per leggere l'ordinanza n. 21014/2015 clicca qui). Nell'ordinanza la Corte rileva che, a prima vista, questa tipologia di reati parrebbe ritenersi inclusa nell'ambito di applicazione della norma "tenuto conto che laddove la soglia di punibilità non venga superata ci si troverà di fronte ad un 'non reato', mentre laddove il limite venga superato, si tratterebbe di valutare l'entità della offesa rispetto al livello di superamento della soglia".

 

8. Ulteriore questione rimessa alle Sezioni Unite (per leggere l'ordinanza n. 21016/2015 clicca qui) è la seguente: "se il concorso formale di reati escluda di per sé l'applicabilità dell'istituto della non punibilità per la particolare tenuità del fatto e se tale applicabilità sia possibile quando in ipotesi siffatta alcuni dei reati siano nel frattempo estinti per prescrizione ovvero per altre cause". Nell'ordinanza la Corte osserva che, mentre parrebbe chiaro che i termini 'plurime' e 'reiterate' - utilizzati dal legislatore nel co. 3 dell'art. 131-bis - siano, rispettivamente, da ricondurre ad una pluralità di condotte e all'istituto della continuazione, è lecito domandarsi se nel caso di concorso formale di reati - in cui con un'unica condotta si violano più disposizioni di legge - sia configurabile una reiterazione o una pluralità di condotte. Segnaliamo che tale questione è stata di recente affrontata dal Tribunale di Milano e risolta nel senso di una non automatica esclusione delle ipotesi di concorso formale di reati dall'ambito di applicazione dell'art. 131-bis (in questa Rivista).

 

9. Come anticipato, le questioni sottoposte all'attenzione delle Sezioni Unite non verranno trattate perché il Primo Presidente ha restituito gli atti alla sezione di provenienza, ritenendo insussistenti le condizioni per la rimessione. Com'è noto tale potere è attribuito al Primo Presidente della Suprema Corte dall'art. 172 disp. att. c.p.p.

In particolare, con riferimento alle questioni rimesse con l'ordinanza n. 21016/2015, la restituzione degli atti alla Terza Sezione risulta disposta, come per altri casi analoghi, in  ragione del fatto che il ricorso, e dunque la questione, in ragione delle esigenze di calendario delle Sezioni unite, non avevrebbero potuto essere esaminati prima della data di maturazione della prescrizione del reato (indicata nella stessa ordinanza nel 4 giugno 2015) per cui, anche qualora la questione fosse stata trattata nel minor tempo possibile, l'esito sarebbe stato - verosimilmente - quello della declaratoria di estinzione del reato ex art. 129 c.p.p., e dunque il massimo Collegio non avrebbe potuto comunque entrare nel merito della questione.

Quanto alle restanti due ordinanze, la restituzione degli atti risulta disposta, in primo luogo, sul rilievo per cui, in relazione alle questioni attinenti, da un lato, ai limiti di deducibilità o di rilevabilità in sede di giudizio di legittimità dei presupposti per l'applicabilità della causa di non punibilità prevista dall'art. 131-bis e, dall'altro, all'individuazione dei limiti ai poteri decisori della Corte di Cassazione in proposito - in generale e nel caso di ricorso inammissibile - non si riscontra alcun contrasto giurisprudenziale, nemmeno potenziale. L'esistenza di un contrasto giurisprudenziale è in effetti, a norma dell'art. 618 c.p.p.,  presupposto indefettibile per la rimessione di un ricorso alle Sezioni Unite da parte del Collegio investito della sua trattazione. Nel caso di specie veniva citato un solo precedente giurisprudenziale di legittimità che ha specificamente affrontato la tematica (Sez. 3, n. 15449, 08/04/2015, Mazzarotto, pronunciatasi nel senso della valutabilità del jus superveniens ai fini di un eventuale annullamento con rinvio), e veniva tra l'altro citato, sia pure problematicamente, in tono adesivo.

In realtà, i provvedimenti che pubblichiamo sono parsi essenzialmente fondati sulla "speciale importanza" delle questioni, ma tale profilo può dar luogo all'assegnazione di un ricorso alle Sezioni Unite esclusivamente da parte del Primo Presidente in sede di esame preliminare dei ricorsi, secondo quanto stabilito dell'art. 610 co. 2 c.p.p.. Insomma, i Collegi possono rimettere la decisione dei ricorsi alle Sezioni unite solo a fronte di questioni che abbiano dato luogo, o possano dar luogo, a un contrasto giurisprudenziale.

Occorre tra l'altro - anche questo è un argomento valutato per la restituzione degli atti alla Sezione - che la questione della speciale tenuità abbia concreta rilevanza nel giudizio in cui viene proposta o comunque valutata, e ciò non sembra essere accaduto con le ordinanze de quibus. In particolare, nell'ordinanza n. 21015/2015 , la questione è posta con riguardo ad una continuativa attività di smaltimento illecito di rifiuti, con contestazione del  reato continuato, mentre in un altro provvedimento (ordinanza 21014/2014) l'addebito concerne l'omesso versamento di IVA per circa 400.000 euro.