ISSN 2039-1676


31 gennaio 2012 |

Riforma della prescrizione e filtri di ammissibilità per gli appelli: due obiettivi prioritari per garantire efficienza e giustizia al processo penale

L'intervento e la relazione del Presidente della Corte d'Appello di Milano all'inaugurazione dell'anno giudiziario il 28 gennaio 2012

Per scaricare l'intervento orale del Presidente Canzio, clicca qui.

Per scaricare la relazione sull'amministrazione della giustizia per l'anno 2012, clicca qui.

NOTA REDAZIONALE: Entrambi i documenti sono tratti dal sito della Corte d'Appello di Milano (www.corteappello.milano.it), inaugurato lo scorso 28 gennaio.

Nel proprio intervento il Presidente ha richiamato più volte la Raccomandazione (2010) 12 del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, sottolineando come la sfida della modernità per il nostro sistema giudiziario consista nel coniugare efficacia (in primis rispetto all'esigenza di fornire accertamenti in tempi ragionevoli), qualità delle decisioni e rigoroso rispetto delle garanzie.

"Ogni Corte" - osserva in particolare Canzio - "ha l'obbligo di garantire, insieme con la speditezza del giudizio ("expeditious trial"), la correttezza della procedura ("fair trial"), la qualità della soluzione (che sia quella "giusta" e sorretta da un agile, ma esaustivo, ragionamento probatorio) e, infine, la "stabilità" della decisione nei successivi gradi d'impugnazione, in conseguenza della rigorosa applicazione della regola di diritto alla fattispecie concreta e della sua ordinaria prevedibilità, così da assicurare l'uniformità di trattamento dei cittadini davanti alla legge. La gestione individuale del caso, che sia disattenta ai criteri di buon funzionamento di un'organizzazione complessa (court management), concentrandosi esclusivamente sulla perfezione della singola procedura e del singolo provvedimento (case management), spesso rivela tardività, difetto di senso pratico, inefficacia e, perciò, concreta ingiustizia della soluzione, pur astrattamente "giusta". Ma, per altro verso, con la mente rivolta alla sola efficienza produttiva e quantitativa, senza impegno circa la qualità dell'opera, il giudice si distacca dalla sua formazione culturale e professionale, tradisce l'essenza della giurisdizione e il suo ruolo di interprete, perde l'anima".

Sulle riforme necessarie del processo, il Presidente sottolinea come il miglioramento dell'efficienza del sistema non possa essere affidato esclusivamente all'accelerazione delle risposte alle domande di giustizia, ma debba passare anche per una ragionevole riduzione delle domande medesime, attraverso opportuni meccanismi deflattivi quali la mediazione in materia civile (le cui difficoltà di implementazione debbono e possono essere corrette, senza che si debba rimettere in discussione radicalmente la bontà della riforma) e, in materia penale, attraverso le riforme attualmente all'esame del governo e del parlamento - depenalizzazione di alcuni reati di modesta offensività, sospensione del processo a carico degli irreperibili, sospensione del processo con messa alla prova per reati non particolarmente gravi -, nonché attraverso interventi ulteriori quali l'allargamento dei reati procedibili a querela, l'introduzione di forme di mediazione tra autore e vittima, l'archiviazione del procedimento in caso di scarsa offensività del fatto.

Giovanni Canzio si sofferma quindi sul nodo della prescrizione, la cui attuale disciplina costituisce un gravissimo disincentivo al ricorso ai riti alternativi, la cui piena operatività per tutti i casi sostanzialmente non problematici è cruciale perché possa essere assicurato l'efficace funzionamento dei dibattimenti, nei quali la prova si forma interamente nel processo. Una prescrizione che decorre usque ad infinitum, propiziando tecniche dilatorie e impugnazioni palesemente infondate, non è più sostenibile: "è davvero "efficace" - si chiede Canzio - "il processo di cui si programma lo scivolamento verso un esito proscioglitivo per il mero decorso del tempo - cui la difesa dell'imputato ha il diritto di tendere -, con il conseguente fallimento della funzione cognitiva di accertamento della verità e con la sconfitta dell'ansia di giustizia delle vittime e della collettività?". Ne consegue la necessità di "stabilire, con urgenza e determinazione, la sterilizzazione degli effetti della prescrizione del reato, se non dopo l'avvenuto esercizio dell'azione penale, almeno dopo la sentenza di condanna di primo grado, assicurando termini celeri e certi per le successive fasi di impugnazione, la cui ingiustificata violazione costituisca illecito disciplinare".

Ulteriori raccomandazioni concernono il terreno delle impugnazioni, ove ad avviso del Presidente "la salvaguardia del secondo grado di giudizio pretende, logicamente, l'estensione della disciplina dell'inammissibilità de plano del gravame, oltre i casi di a-specificità, anche alle ipotesi di manifesta infondatezza dei motivi. Perché meritino di essere preservati ben tre gradi di giurisdizione, occorrono seri filtri alle impugnazioni, nel senso di un necessario restringersi dei cerchi concentrici dell'ordo processus all'esito di una puntuale opera di selezione dei ricorsi 'ammissibili', secondo l'istituto di comune matrice europea del c.d. 'leave to appeal'", necessario per garantire adeguate energie per le cause realmente meritevoli di essere trattate.

Il discorso inaugurale si chiude con un forte richiamo all'etica della professione giudiziaria. "La legittimazione del giudice nella società moderna non è data, una volta per tutte, dalla circostanza che si è vinto un concorso e s'indossa una toga, bensì va conquistata 'sul campo', nell'esercizio quotidiano del 'servizio', eseguito con serietà e professionalità". E ciò che si esige dal giudice, oggi, è nientemeno che "consapevolezza delle legittime aspettative degli utenti, misurazione dei tempi, arricchimento del patrimonio professionale, qualità del servizio, capacità di ascolto delle ragioni degli uni e degli altri, giustificazione delle decisioni in un linguaggio semplice e chiaro, effettività delle soluzioni adottate, equilibrio e moderazione nel linguaggio, sobrietà e riservatezza, rispetto e leale collaborazione con le altre Istituzioni", evitando improprie esposizioni mediatiche, e tenendo fermo il senso di un'amministrazione della giustizia vissuta anzitutto come "servizio" verso la collettività.