SOMMARIO
1. Il punto di partenza: le prese di posizione delle Sezioni Unite e della Corte costituzionale nella primavera scorsa
La questione della natura giuridica della confisca obbligatoria del veicolo, prevista nelle ipotesi di cui agli artt. 186 co. 2 (guida in stato di ebbrezza, ove il tasso alcolemico accertato sia superiore a 1,5 g/l), 187 co. 1 (guida sotto l’effetto di stupefacenti), 186 co. 7 e 187 co. 8 (rifiuto di sottoporsi ai relativi accertamenti) del codice della strada, continua a suscitare accese discussioni in giurisprudenza.
La questione sembrava invero risolta dopo il concorde e pressoché coevo intervento delle Sezioni Unite della Cassazione e della Corte costituzionale, che nella scorsa primavera si erano autorevolmente espresse nel senso della natura di pena accessoria (e non già di misura di sicurezza o di sanzione amministrativa accessoria) di tale confisca.
In particolare, le
Sezioni Unite (sent. 23428/2010) avevano affermato la natura di “sanzione penale accessoria” della confisca obbligatoria del veicolo prevista dall’art. 186, co. 7 c. strad.; e questo nonostante il dato letterale della norma, che fa espresso riferimento alla “sanzione
amministrativa accessoria della sospensione della patente […]
e della confisca del veicolo”. Da ciò le Sezioni Unite traevano l’importante conseguenza dell’
ammissibilità del sequestro preventivo ex art. 321 co. 2 c.p.p. contro il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca del veicolo. D’altra parte, la sentenza escludeva che la confisca in parola potesse invece qualificarsi come
misura di sicurezza, come avrebbe potuto suggerire il richiamo all’art. 240 co. 2 c.p. contenuto nel secondo comma dell’art. 186 cod. strad. (a sua volta richiamato dal comma 7), tale richiamo avendo secondo la Corte l’unica finalità di rimarcare la natura
obbligatoria della confisca, che deve invece essere qualificata come autentica pena accessoria: con la conseguenza, imposta dall’art. 25 co. 2 Cost., del
divieto di una sua applicazione retroattiva ai fatti commessi prima della sua introduzione con il ‘pacchetto sicurezza’ del 2008.
La
Corte costituzionale (sent. 196/2010), dal canto suo, giungeva parallelamente ad una qualificazione della confisca come “misura sanzionatoria” e non come misura di sicurezza, sottolineando il suo carattere affittivo e la sua connotazione non necessariamente preventiva, dal momento che da un lato il condannato ha comunque la possibilità di utilizzare un veicolo diverso da quello confiscato, e dall’altro lato il veicolo oggetto del provvedimento ablativo potrebbe anche essere incidentato e ormai inutilizzabile (e pertanto privo di attuale pericolosità oggettiva). Da qui la conclusione nel senso della natura sostanzialmente
punitiva della confisca in parola, con conseguente sua necessaria
sottoposizione al principio di irretroattività di cui agli artt. 25 co. 2 Cost. e 7 CEDU (in relazione all’art. 117 co. 1 Cost.); il che ha indotto la Corte a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 186 co. 2 lett.
c) cod. strad. (nel testo precedente alla riforma del luglio 2010, di cui subito diremo), limitatamente al richiamo ivi contenuto all’art. 240 co. 2 c.p., onde “recidere il legame […] tra detta ipotesi di confisca e la disciplina generale delle misure di sicurezza patrimoniali contenuta nel codice penale” e in particolare nell’art. 200 c.p., che secondo una tesi diffusa consentirebbe l’applicazione retroattiva di tali misure.
2. Le modifiche in materia di confisca del veicolo apportate dalla legge n. 120/2010
A complicare le cose è però intervenuta, la scorsa estate, l’ennesima riforma del codice della strada (l. 29 luglio 2010 n. 120), che ha modificato la disciplina in materia di confisca del veicolo per i reati di guida in stato di ebbrezza (art. 186 co. 2) e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti (art. 187 co. 1). La nuova disciplina, identica in entrambe le disposizioni, per un verso elimina ogni richiamo all’art. 240 c.p. (già espunto dalla previgente versione dell’art. 186 c. 2 lett. c) per effetto della poc’anzi citata sentenza della Corte costituzionale), e per altro verso stabilisce che “ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’art. 224 ter” del medesimo codice.
A sua volta, l’art. 224 tercod. str.– introdotto con la medesima riforma – disciplina il procedimento di applicazione delle “sanzioni amministrative accessorie della confisca amministrativa e del fermo amministrativo in conseguenza di ipotesi di reato”, stabilendo, al primo comma, le modalità di esecuzione del sequestro del veicolo da parte dell’agente o dell’organo accertatore della violazione; al secondo comma, l’obbligo di trasmissione di copia della sentenza di condanna divenuta irrevocabile al prefetto, che è individuato come autorità competente a disporre la confisca amministrativa; al quinto comma, le modalità di impugnazione del sequestro entro trenta giorni avanti il giudice di pace ai sensi dell’art. 205 cod. str.; al sesto comma, gli effetti dell’estinzione del reato sul provvedimento di sequestro (stabilendosi in particolare che in caso di estinzione del reato per cause diverse dalla morte dell’imputato il prefetto verificherà autonomamente la sussistenza delle condizioni per l’applicazione della sanzione amministrativa della confisca, procedendo di conseguenza); al settimo comma, infine, gli effetti della sentenza irrevocabile di proscioglimento, che comporta la restituzione del veicolo da parte dell’organo accertatore.
Peraltro, gli artt. 186 co. 2 e 187 co. 1 cod. str. continuano a prevedere, anche in seguito alla novella del luglio 2010, che “con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti, anche se è stata ordinata la sospensione condizionale della pena, è sempre disposta la confisca del veicolo con il quale è stato commesso il reato, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato”: inciso che, nel suo tenore letterale, sembrerebbe pur sempre alludere ad una persistente competenza del giudice penale a disporre la confisca del veicolo, in apparente contrasto con l’appena esaminata disciplina in tema di “confisca amministrativa” di cui all’art. 224 ter.
Le modifiche introdotte con la l. 120/2010 incidono anche, indirettamente, sulla confisca del veicolo in caso di rifiuto di sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza o di alterazione psicofisica per uso di stupefacenti di cui ai sopra citati artt. 186 co. 7 e 187 co. 8, dal momento che tali disposizioni richiamano espressamente, ai fini della confisca del veicolo, le disposizioni di cui al comma 2 lettera c) dell’art. 186, così come novellato.
La novella del luglio 2010, infine, ha introdotto per tutte le contravvenzioni in questione la possibilità di sostituire la pena detentiva e pecuniaria, in assenza di opposizione da parte dell’imputato, con quella del lavoro di pubblica utilità di cui all’art. 54 d.lgs. 274/2000, stabilendo espressamente che “in caso di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità, il giudice […] dichiara estinto il reato […] e revoca la confisca del veicolo sequestrato” (artt. 186 co. 9 bis e 187 co. 8 bis cod. str.).
3. Le questioni oggi sul tappeto
Il quadro normativo attuale si caratterizza, dunque, per una almeno apparente contraddizione tra la disposizione fondamentale dell’art. 186 co. 2 cod. str. – che, come poc’anzi sottolineato, continua a stabilire che “con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca del veicolo”, parendo così alludere a un persistente competenza del giudice penale in tal senso – e le disposizioni di cui al nuovo art. 224 ter richiamate dallo stesso art. 186 co. 2 “ai fini del sequestro”: disposizioni, queste ultime, che riguardano in realtà il sequestro e la confisca amministrativi del veicolo, attribuendone inequivocabilmente la relativa competenza all’autorità amministrativa, dettando specifiche disposizioni ai fini del coordinamento tra giudizio penale e procedimento amministrativo e prevedendo un autonomo sistema di impugnazioni avanti al giudice di pace (e non già avanti al tribunale del riesame!) avverso tale sequestro amministrativo.
La rilevanza pratica della questione sulla natura giuridica della confisca (e del sequestro ad essa prodromico) si coglie a questo punto sotto una pluralità di profili, che conviene in estrema sintesi enucleare in limine.
a) Anzitutto, occorrerà sciogliere la segnalata antinomia tra l’art. 186 co. 2 lett. c) e l’art. 224 ter co. 2 cod. strad., chiarendo quale sia l’autorità competente a disporre la confisca del veicolo nei casi di guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, ovvero di rifiuto di sottoporsi ai relativi accertamenti: il giudice penale allorché pronunci condanna per tali contravvenzioni, ovvero il prefetto al quale venga trasmessa la sentenza di condanna medesima?
b) In secondo luogo, sul diverso ma connesso piano delle misure cautelari anticipatorie della confisca, occorrerà chiarire se – accanto al sequestro amministrativo disposto direttamente dall’agente o dall’organo accertatore ai sensi dell’art. 224 ter, al quale l’art. 186 co. 2 lett. c) espressamente rinvia – residui tuttora uno spazio applicativo per un eventuale sequestro ad opera dell’autorità giudiziaria penale ai sensi dell’art. 321 commi 1 e 2 c.p.p., e soggetto agli ordinari mezzi di impugnazione di cui agli artt. 324 e 325 c.p.p.
c) In terzo luogo, bisognerà stabilire, sul piano del diritto intertemporale, quali siano gli effetti della novella in relazione ai fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore della legge 120/2010, in assenza di qualsiasi disposizione ad hoc nella legge medesima. Il problema non porrebbe, invero, particolari problemi ove si optasse per la tesi di una persistente natura di sanzione penale accessoria della confisca, secondo quanto deciso dalle Sezioni Unite e dalla Corte costituzionale nella primavera scorsa: in tal caso, le uniche questioni di diritto intertemporale sorgerebbero a proposito della sorte dei provvedimenti di sequestro nel frattempo emanati dall’autorità giudiziaria in base all’abrogata disciplina (cfr. infra, d). Laddove, invece, si ritenesse che la novella abbia trasformato la natura giuridica (oltre che del sequestro) anche della confisca, configurandola per la prima volta quale sanzione amministrativa accessoria, occorrerebbe evidentemente chiedersi se essa risulti applicabile retroattivamente anche ai fatti pregressi, per i quali era bensì prevista – dal ‘pacchetto sicurezza’ del 2008 in poi – la confisca obbligatoria del veicolo, configurata però come pena accessoria e non già come sanzione amministrativa.
d) Infine, ed ancora sul piano del diritto intertemporale, occorrerà chiarire quale sia la sorte dei provvedimenti di sequestro emessi dall’autorità giudiziaria ex art. 321 co. 1 e/o 2 c.p.p. sulla base dell’abrogata disciplina (ed eventualmente già oggetto di impugnazione ex artt. 324 o 325 c.p.p.).
4. Le prime reazioni della giurisprudenza di merito
La giurisprudenza di merito che si è sinora occupata della questione si è espressa in termini contrastanti.
Con
ordinanza 21 settembre 2010, il
Tribunale di Brescia in funzione di giudice del riesame ha ad esempio ritenuto che, nonostante l’intervenuta modifica legislativa, la confisca obbligatoria del veicolo
continui a qualificarsi come pena accessoria, con conseguente
ammissibilità di un sequestro preventivo ai sensi sia del primo che del secondo comma dell’art. 321 c.p.p. (tanto in relazione, dunque, alla finalità di impedire la commissione di nuovi reati da parte dell’indagato, quanto in chiave prodromica rispetto alla confisca). Il Tribunale valorizza in particolare la circostanza che non sia stato modificato l’inciso “con la sentenza di condanna è sempre disposta la confisca del veicolo” contenuto nell’art. 186 co. 2 lett.
c) cod. strad., che pare conservare in capo al giudice penale la competenza a disporre la misura ablatoria; competenza del resto confermata dal potere, espressamente attribuito al giudice, di revocare la confisca in caso di esito positivo del lavoro di pubblica utilità ai sensi del comma 9
bis dello stesso art. 186. In questa chiave, il richiamo al nuovo art. 224
ter dovrebbe intendersi come limitato alle sole
modalità di esecuzione del sequestro, senza alcuna ripercussione sulla natura giuridica del provvedimento definitivo di confisca né sull’esperibilità delle impugnazioni previste dagli artt. 324 e 325 c.p.p. avverso il provvedimento di sequestro.
Di diverso avviso il
Tribunale di Pisa, che in una
sentenza del 4 ottobre 2010 ha invece qualificato la confisca del veicolo come
sanzione amministrativa accessoria, la cui applicazione sarebbe demandata al prefetto in forza dell’artt. 224
ter co. 2. Conseguentemente il Tribunale – nel condannare l’imputato per il reato di guida in stato di ebbrezza – ha
revocato il sequestro preventivo del veicolo già disposto dal g.i.p. anteriormente alla modifica normativa
senza disporre la confisca, ordinando conseguentemente la restituzione del veicolo all’avente diritto e sottolineando, peraltro, la possibilità per l’organo di polizia che aveva effettuato gli accertamenti di disporne autonomamente il sequestro amministrativo ai sensi dell’art. 224
ter cod. strad.
Conferma altresì la natura di
sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo
un’ordinanza del Tribunale del riesame di Roma in data 16 settembre 2010, valorizzando il richiamo, compiuto dal nuovo testo dell’art. 186 co. 2 cod. strad., all’art. 224
ter, che espressamente conferisce al prefetto la competenza a disporre la confisca del veicolo una volta ricevuta copia della condanna. Esclusa quindi la possibilità di disporre un sequestro preventivo prodromico alla confisca ai sensi dell’art. 321 co. 2 c.p.p., stante la natura non penale della confisca medesima, resterebbe invero ferma la possibilità di disporre il sequestro preventivo ai sensi del
primo comma dell’art. 321 c.p.p.; tuttavia, a tal fine sarebbe pur sempre necessario un accertamento caso per caso delle esigenze preventive contemplate da tale norma, ritenute nel caso di specie insussistenti. Conseguentemente, il Tribunale annulla il provvedimento di sequestro.
5. I primi interventi della Cassazione
Nello scorso mese di novembre, la
Suprema Corte ha più volte avuto occasione di pronunciarsi sulla questione (tutte le sentenze sono riprodotte nel
documento allegato in calce al presente lavoro), sempre – a quanto consta – nel senso della natura di
sanzione amministrativa accessoria della confisca in parola, sulla scorta dell’inequivoco dato testuale dell’art. 224
ter cod. strad., che
espressamente la qualifica come tale (cfr. ad es.
Cass. pen., sez. IV, ud. 6 ottobre 2010, n. 41080, est. D’Isa;
Cass. pen., sez. IV, ud. 4 novembre 2010, n. 40523, est. Maisano).
In talune pronunce si sottolinea, in proposito, che “se si ritenesse che la confisca in questione è una sanzione penale, ci si troverebbe di fronte ad una disciplina abnorme e costituzionalmente illegittima: la procedura incidentale inerente al sequestro, sino ad ora gestita attraverso l’istituto del sequestro preventivo disciplinato dal c.p.p., sarebbe arbitrariamente sottratta alla giurisdizione penale, ai suoi principi ed alle sue garanzie”. D’altra parte, si osserva come il tenore complessivo dell’art. 224
ter confermerebbe tale tesi, configurando una disciplina unitaria “per tutte le ipotesi in cui il codice della strada prevede la sanzione accessoria della confisca, che viene sempre considerata come amministrativa” (così Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41624, est. Blaiotta; in senso analogo, cfr. Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41104, est. Maisano;
Cass. pen., sez. IV, ud. 4 novembre 2010, n. 40523, cit., e, ancor prima, Cass. pen., sez. IV, ud. 21 settembre 2010, n. 38561, est. De Sandro).
Sulle quattro questioni specifiche poc’anzi enucleate (supra, § 3), la Suprema Corte si è ad oggi orientata come segue.
a) Anzitutto la Corte, sulla scorta del dato testuale dell’art. 186 co. 2 cod. strad. (rimasto
in parte qua immutato rispetto al passato), afferma che “la diversa qualificazione della confisca in questione da sanzione penale accessoria [...] a sanzione amministrativa non incide sulla competenza del giudice penale ad irrogarla” (Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41624, cit. Nello stesso senso v. già Cass. pen., sez. IV, ud. 22 settembre 2010, n. 38570, est. Massafra; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38590, est. Brusco; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38588, est. Massafra;
Cass. pen., sez. IV, ud. 6 ottobre 2010, n. 41080, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 20 ottobre 2010, n. 40508, est. Marinelli). Malgrado il rinvio all’art. 224
ter cod. strad., che al secondo comma prevede la trasmissione di copia autentica della sentenza di condanna al prefetto affinché questi “disponga” la confisca,
la Cassazione ritiene dunque che, oggi come ieri, sia ancora il giudice penale a dover disporre la confisca in sede di condanna per i reati in parola. Conseguentemente, la S.C. ha
annullato con rinvio tre sentenze di patteggiamento con le quali
non era stata disposta la confisca obbligatoria del veicolo (cfr. le sopra citate sentenze n. 41624,
41080 e 40508)
b) Dall’affermata natura
non penale della confisca del veicolo in seguito alla novella, la Cassazione deduce poi l’
inapplicabilità del sequestro preventivo ex art. 321 co. 2 c.p.p. (Cass. pen., sez. IV, ud. 21 settembre 2010, n. 38561, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 22 settembre 2010, n. 38569, est. Romis; Cass. pen., sez. IV, 22 settembre 2010, n. 38570, est. Massafra; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38591, est. Romis; Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41104, cit.;
Cass. pen. sez. IV, ud. 4 novembre 2010, n. 40523, cit.), ma
fa salva la possibilità che venga disposto sequestro preventivo ai sensi dell’art. 321 co. 1 c.p.p., qualora ne sussistano in concreto i presupposti (Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38588, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38590, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 14 ottobre 2010, n. 41091, est. Montagni; Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41104, cit.;
Cass. pen., sez. IV, ud. 4 novembre 2010, n. 40523, cit.). Al di fuori dunque di quest’ultima ipotesi, il sequestro del veicolo resta oggi disciplinato in via esclusivamente
amministrativa, ai sensi dell’art. 224
ter, con attribuzione della relativa competenza non più all’autorità giudiziaria penale, ma all’agente o organo accertatore, con possibilità per l’interessato di impugnare il provvedimento non più avanti al tribunale del riesame, ma avanti il giudice di pace ai sensi dell’art. 205 cod. strad.
c) Quanto poi ai profili di diritto intertemporale, l’orientamento della Cassazione è ad oggi univoco nel senso di ritenere applicabile l’art. 2 co. 4 c.p., sul presupposto di una affermata continuità normativa tra la vecchia e la nuova disciplina. La S.C. sottolinea infatti che “la trasformazione da penale ad amministrativo non riguarda l’illecito in sé considerato, ma unicamente la sanzione accessoria”, e che “la nuova sanzione amministrativa risulta omogenea e di fatto indistinguibile da quella penale”; dal che deriverebbe una “continuità tra le due sanzioni accessorie, con la conseguenza che l’omogenea nuova sanzione può trovare applicazione anche per i fatti anteriori all’entrata in vigore della novella” (Cass. pen., sez. IV, ud. 14 ottobre 2010. n. 41091, cit.).
Né l’applicazione della nuova sanzione amministrativa accessoria ai fatti anteriori all’entrata in vigore della novella risulterebbe in contrasto con il principio di irretroattività delle sanzioni amministrative di cui all’art. 1 l. 689/1981, non versandosi nella specie in un’ipotesi di
depenalizzazione del reato con contestuale introduzione di un corrispondente illecito amministrativo, quanto piuttosto in un’ipotesi di mera “
depenalizzazione della sanzione accessoria” (così in particolare Cass. pen., sez. IV, ud. 21 settembre 2010, n. 38561, cit.;
Cass., sez. IV, ud. 6 ottobre 2010, n. 41080, cit.; Cass. pen., sez. IV, 4 novembre 2010, n. 40523, cit.): il fatto qui continua a costituire reato, e ciò che muta è solo la natura giuridica di una sanzione accessoria, prevista oggi come ieri per quel medesimo fatto.
Dal momento allora che la nuova disciplina, configurando la confisca come mera sanzione amministrativa, sarebbe “per definizione” (così
Cass. pen., sez. IV, ud. 6 ottobre 2010, n. 41080, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41104, cit.; Cass. pen., sez. IV, 4 novembre 2010, n. 40523, cit.)
più favorevole rispetto a quella previgente, che la configurava invece come pena accessoria, ne risulterebbe per il giudice la
necessità di applicare la disciplina oggi vigente in materia di confisca anche ai fatti commessi anteriormente alla sua entrata in vigore (in questo senso, cfr. anche Cass. pen., sez. IV, ud. 21 settembre 2010, n. 38561, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 22 settembre 2010, n. 38570, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38588, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38590, cit.).
d) Quanto infine alla sorte dei provvedimenti di sequestro disposti in sede penale anteriormente alla modifica normativa – e non ancora sfociati in altrettanti provvedimenti di confisca – si registrano nelle prime pronunce della Cassazione due diversi orientamenti.
Secondo un primo orientamento, la modifica normativa avrebbe determinato un sopravvenuto radicale difetto di giurisdizione del giudice penale (g.i.p., tribunale del riesame, Cassazione) in materia di sequestro del veicolo, con conseguente venir meno dello stesso potere del giudice penale di pronunciarsi, in sede di impugnazione, sulla legittimità del provvedimento. Ciò, peraltro, non comporterebbe la caducazione del vincolo reale, che subirebbe soltanto una modifica della propria natura giuridica e della relativa disciplina, con conseguente traslazione al giudice di pace della competenza a pronunciarsi in sede di opposizione ai sensi dell’art. 205 cod. strad., cui l’art. 224 ter co. 5 espressamente rinvia (cfr. Cass. pen., sez. IV, ud. 22 settembre 2010, n. 38569, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38588, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38590, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38591, cit.). Onde consentire la possibilità di esperire tale rimedio nel termine di trenta giorni previsto dallo stesso art. 205 cod. strad., in assenza di una disposizione transitoria ad hoc, la Cassazione in svariate pronunce ha escogitato la soluzione – in certo senso creativa – di far decorrere tale termine dalla notifica della sentenza che definisce, nel senso sopra indicato, il giudizio di impugnazione avverso il provvedimento di sequestro (cfr., tra le altre, Cass. pen., sez. IV, ud. 21 settembre 2010, n. 38561, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 22 settembre 2010, n. 38570, cit.; Cass. pen., sez. IV, ud. 23 settembre 2010, n. 38591, cit.).
Secondo un
diverso orientamento, adottato dalle pronunce più recenti, tali provvedimenti
non risulterebbero invece caducati per effetto della modifica normativa, in forza del principio della
perpetuatio jurisdictionis in capo all’autorità giudiziaria penale rispetto alla delibazione dei presupposti dei provvedimenti emessi nel vigore della vecchia disciplina, ancorché connotati ora come sequestri amministrativi (in questo senso, cfr. in particolare
Cass. pen., sez. IV, ud. 4 novembre 2009, n. 40523, cit.; v. anche Cass. pen., sez. IV, ud. 14 ottobre 2010, n. 41091, cit., Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41104, cit., che confermano la necessità che il tribunale del riesame investito dell’impugnazione vagli nel caso concreto la sussistenza dei presupposti di legge del sequestro).
Le soluzioni cui è pervenuta la Cassazione ci sembrano soltanto in parte condivisibili.
Non sembra, invero, revocabile in dubbio che la modifica normativa abbia avuto quale effetto il
mutamento della natura giuridica della confisca del veicolo, oltre che del sequestro ad essa prodromico, qualificati ora entrambi espressamente dal legislatore come provvedimenti amministrativi. Nonostante il parere contrario di una parte della dottrina (cfr. Dies,
La confisca del veicolo prevista dall’art. 186, commi 2 e 7 cod. str., tra disorientamenti interpretativi e caos normativo, in
Resp. civ. e prev. 2010, p. 2034 s.), decisiva in proposito ci pare la considerazione del dato testuale del
primo comma dell’art. 224
ter – che disciplina il
sequestro del veicolo, e al quale la norma chiave dell’art. 186 co. 2 lett.
c) certamente rinvia (“ai fini del sequestro si applicano le disposizioni di cui all’articolo 224
ter”) – nella parte in cui prevede che l’agente o l’organo accertatore adotti tale provvedimento nelle “ipotesi di reato per le quali è prevista la
sanzione amministrativa accessoria della confisca del veicolo” (nel senso qui sostenuto, cfr. anche la
circolare del Ministero dell’Interno del 30 luglio 2010, prot. 300/A/10777/10/101/3/3/9, p. 8. In dottrina, cfr. Bricchetti-Pistorelli,
Massima severità per chi rifiuta il test spirometrico, in
Guida dir., n. 35, 4 settembre 2010, inserto;
Pistorelli, Novità legislative: Legge 29 luglio 2010, n. 120, recante: “Disposizioni in materia di sicurezza stradale”, p. 4 (in
www.cortedicassazione.it); Piccialli,
La confisca del veicolo in caso di rifiuto, in
Corr. merito, 2010, p. 973).
Quanto poi alle singole questioni applicative sinora affrontate dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, occorre a nostro avviso distinguere.
a) In merito alla competenza a disporre la confisca, senz’altro condivisibile ci pare la conclusione cui è pervenuta la Cassazione: il testo dell’art. 186 co. 2 lett. c) è inequivoco nell’attribuire tuttora al giudice penale l’obbligo di disporre la confisca con la sentenza di condanna o di patteggiamento. Il fatto che il giudice penale possa infliggere con la sentenza di condanna anche una sanzione amministrativa accessoria non costituisce, come è ben noto, una novità: lo stesso art. 186 co. 2 prevede pacificamente, già da prima dell’ultima riforma, che alla sentenza di condanna per le ipotesi ivi previste consegua la “sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida”. D’altra parte, se oggi non spettasse più al giudice penale l’applicazione della confisca, ben difficilmente si comprenderebbe perché mai l’art. 186 co. 9 bis e, parallelamente, l’art. 187 co. 8 bis, cod. str. attribuiscano allo stesso giudice il potere di revocare la confisca, nell’ipotesi di svolgimento positivo del lavoro di pubblica utilità.
La circostanza che già il giudice penale provveda alla confisca del veicolo, piuttosto, svuota parzialmente di contenuto, in relazione all’ipotesi in esame, il comma 2 dell’art. 224 ter (che prevede che sia il prefetto a disporre la confisca, una volta ricevuta copia della sentenza o del decreto irrevocabile di condanna). Ma, al riguardo, occorre pur sempre rammentare che l’art. 186 co. 2 lett c) rinvia all’art. 224 ter “ai fini del sequestro”, e che tale rinvio non deve – pertanto – necessariamente intendersi come riferito all’intera disciplina che l’art. 224 ter detta anche per ipotesi di confisca affatto diverse da quella qui in esame (come le ipotesi confisca dipendenti da fatti costituenti meri illeciti amministrativi). La disposizione di cui all’art. 186 co. 2 lett. c) (“con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena su richiesta delle parti […] è sempre disposta la confisca del veicolo”) deve intendersi dunque come disposizione speciale, e per l’effetto prevalente, rispetto alla contrastante disposizione di cui al comma secondo dell’art. 224 ter.
b) Persuasiva appare altresì la conclusione della S.C. relativa alla attuale inammissibilità di un sequestro preventivo del veicolo finalizzato alla sua successiva confisca di cui all’art. 321 co. 2 c.p.p., non solo in ragione della natura non più penale della confisca medesima, ma anche – e più in radice – in considerazione della natura di lex specialis della disposizione di cui all’art. 186 co. 2 lett. c), che rinvia “ai fini del sequestro” (evidentemente pensato quale misura prodromica rispetto alla sanzione amministrativa della confisca) alla disciplina di cui all’art. 224 ter.
Potrebbe parimenti essere condivisa, in linea teorica, l’ulteriore conclusione della S.C. circa la persistente ammissibilità di un sequestro preventivo del veicolo ex art. 321 co. 1 c.p.p. finalizzato ad evitare la reiterazione del reato, in quanto ne sussistano in concreto i presupposti. V’è da chiedersi, peraltro, quale possa essere oggi l’utilità pratica dell’apposizione da parte della giurisdizione penale di un vincolo reale che verrebbe con ogni verosimiglianza ad aggiungersi a quello già disposto dall’autorità amministrativa ex art. 224 ter cod. strad., e che risulterebbe soggetto a una disciplina affatto differente (anche in punto impugnazioni), con tutti i problemi di coordinamento che una simile duplicazione potrebbe creare.
c) I profili più delicati concernono invece, a nostro avviso, il diritto intertemporale.
Nulla quaestio sul fatto che tra il vecchio e il nuovo testo dell’art. 186 co. 2 lett. c) vi sia un rapporto di ‘continuità normativa’, che chiama in causa immediatamente l’art. 2 co. 4 c.p.: il fatto penalmente sanzionato resta il medesimo, e semplicemente mutano le sue conseguenze giuridiche. Non si è dunque verificata alcuna abolitio criminis né alcuna depenalizzazione dell’illecito, sibbene una successione di leggi meramente modificative della disciplina del reato.
Tuttavia, ci pare che, ai fini della determinazione della disciplina più favorevole al reo ai sensi dell’art. 2 co. 4 c.p., sia consentito tener conto soltanto delle conseguenze sanzionatorie di natura penale (pene principali, accessorie e sostitutive, eventuali cause di non punibilità o di non procedibilità, cause di estinzione del reato, etc.) previste dalle due norme in successione.
Nel caso in esame, invece, il nuovo testo dell’art. 186 co. 2 lett. c) – accanto a modifiche che concernono le conseguenze propriamente penali del fatto – prevede l’introduzione ex novo di una sanzione amministrativa accessoria, quale deve essere oggi considerata la confisca del veicolo, in sostituzione di una previgente pena accessoria.
Le due sanzioni accessorie – per quanto omogenee nel contenuto – non possono essere considerate, come ritiene tout court la Cassazione, fungibili: la nuova sanzione amministrativa soggiace in realtà a una disciplina e a principi differenti, anche per quanto riguarda i profili di diritto intertemporale, applicandosi alla medesima il generale principio di irretroattività di cui all’art. 1 l. 689/1981, che testualmente dispone: “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione”.
Ora, lalegge previgente non prevedeva tale sanzione amministrativa (che la stessa Cassazione qualifica, significativamente, in più occasioni, come “nuova”: cfr. le pronunce citate supra, § 5, sub c); sibbene una sanzione diversa, riconosciuta allora dalla giurisprudenza come di natura penale e oggi abolita. Ne consegue che la nuova sanzione amministrativa oggi prevista dalla legge 120/2010 non potrà essere applicata ai fatti precedenti alla sua entrata in vigore.
Non ci persuade, al riguardo, l’argomento della Cassazione secondo cui nell’ipotesi in questione l’art. 1 l. 689/1981 non troverebbe applicazione, non vertendosi qui in un’ipotesi di depenalizzazione del fatto, ma soltanto in un’ipotesi di “depenalizzazione della sanzione” per un fatto che resta pur sempre reato. In effetti, il dato letterale dell’art. 1 poc’anzi citato è, al riguardo, difficilmente equivocabile: il principio di irretroattività è ivi riferito alla specifica sanzione amministrativa della cui applicazione si discute, la quale deve essere prevista come tale da una legge già in vigore al momento del fatto. Né la circostanza che fosse prevista per quel medesimo fatto una sanzione di contenuto omologo (ma di natura diversa!) può essere considerato dirimente: le etichette non sono interscambiabili, quando si discute di garanzie individuali. Quella specifica sanzione non era prevista al momento del fatto; e ciò basta per escluderne l’applicazione retroattiva (nel senso invece della non applicabilità retroattiva della nuova confisca amministrativa – in applicazione peraltro dello stesso art. 1 l. n. 689/1981 – ai soli fatti commessi anteriormente all’entrata in vigore del “pacchetto sicurezza” del 2008, ove per la prima volta fu introdotta la pena accessoria della confisca obbligatoria del veicolo, cfr. Cass. pen., sez. IV, ud. 27 ottobre 2010, n. 41573, est. Massafra).
L’art. 2 co. 4 c.p. verrà, pertanto, in rilievo in relazione al complesso delle modifiche all’art. 186 co. 2 lett. c) che riguardano le sanzioni propriamente penali, rispetto alle quali occorrerà effettivamente compiere una comparazione in concreto per stabilire quale disposizione, tra quelle in successione, risulti più favorevole al reo (ad es., in relazione all’aumento del minimo edittale della pena dell’arresto da tre a sei mesi e alla contestuale introduzione della pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità); non già, però, in relazione all’introduzione della nuova confisca amministrativa, per la quale, ripetiamo, non potrà che vigere – sul piano affatto diverso dell’art. 1 l. 689/1981 – il divieto di una sua applicazione retroattiva.
Il legislatore del 2010 avrebbe, beninteso, potuto derogare a quest’ultimo principio, come tante volte è accaduto in passato allorché ha proceduto alla depenalizzazione di vari illeciti penali, prevedendo contestualmente l’applicazione retroattiva di sanzioni amministrative a fatti in precedenza sanzionati a mezzo di pene; ma in questo caso nulla ha disposto in via transitoria, e l’interprete – piaccia o meno questa conclusione – ci sembra che non possa che prenderne atto, dando spazio alla regola generale di cui all’art. 1 l. 689/1981.
Conseguentemente, il giudice penale non potrà – a nostro avviso – disporre la confisca del veicolo in sede di condanna o di patteggiamento per fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge 120/2010: né in quanto pena accessoria ai sensi della vecchia disciplina (perché la sua applicazione avrebbe un effetto sfavorevole al reo, e sarebbe pertanto vietata dall’art. 2 co. 4 c.p.), né in quanto sanzione amministrativa accessoria ai sensi della nuova disciplina (non applicabile retroattivamente ai sensi dell’art. 1 l. 689/1981).
Parimenti, nell’ipotesi in cui dovesse essere già stata pronunciata sentenza di condanna non ancora irrevocabile per fatti anteriori al luglio 2010, le statuizioni relative alla confisca dovranno essere riformate o annullate, in applicazione dell’art. 2 co. 4 c.p., risultando per l’appunto più favorevole la nuova disciplina che non prevede più la confisca come pena accessoria (e che prevede invece per la prima volta una sanzione amministrativa, non applicabile ai fatti pregressi).
Resteranno ferme soltanto, stante il limite dell’art. 2 co. 4 c.p., le sentenze già passate in giudicato, nelle quali la confisca sia stata pronunciata in forza della normativa in vigore al momento del fatto. Un esito, questo, fonte di indubbie diseguaglianze di trattamento in ragione di mere contingenze processuali; esito, tuttavia, connaturato non già alla specificità della materia che ci occupa, bensì allo sbarramento opposto all’applicazione retroattiva della lex mitior dallo stesso art. 2 co. 4 c.p.: un limite sulla cui stessa legittimità costituzionale varrebbe prima o poi la pena di riflettere, anche alla luce delle recenti sollecitazioni della giurisprudenza sovranazionale.
d) Da ciò discendono conseguenze obbligate rispetto alla sorte dei sequestri disposti dall’autorità giudiziaria penale per fatti anteriori all’entrata in vigore della legge 120/2010.
Dal momento che, a nostro avviso, non potrà essere più disposta la confisca del veicolo in conseguenza di fatti di reato commessi prima del luglio di quest’anno, dovranno ritenersi caducati tutti i sequestri disposti – ex art. 321 co. 2 c.p.p. – in chiave prodromica rispetto a una confisca che non potrà più avere luogo (in senso conf., D’Auria, Le modifiche apportate alla materia della circolazione stradale, in Dir. pen. proc. 2010, n. 11, p.1281); mentre per i fatti successivi sarà l’autorità amministrativa (e più in particolare l’organo o l’agente accertatore ai sensi dell’art. 224 ter) a dover provvedere in via esclusiva.
Resteranno in piedi, a questo punto, soltanto i sequestri disposti dall’autorità giudiziaria ex art. 321 co. 1 c.p.p., nella misura in cui ne sussistano i presupposti, i quali potranno al più sfociare in un provvedimento di confisca facoltativa del veicolo in quanto “cosa che servì a commettere il reato” ai sensi dell’art. 240 co. 1 c.p. – sempre che, beninteso, il giudice dovesse ritenere che tale misura possa considerarsi idonea e necessaria allo scopo di impedire al reo di commettere nuove infrazioni.
7. Una considerazione in chiusura
La tesi qui sostenuta in punto irretroattività della confisca amministrativa del veicolo rischierebbe invero – nell’improbabile ipotesi di un suo accoglimento da parte della giurisprudenza – di frustrare le istanze di prevenzione generale e speciale delle quali il legislatore recente si è fatto deciso alfiere: in particolare, vanificando in larga misura (salve le sole sentenze già passate in giudicato) gli effetti dei due anni di confisca obbligatoria del veicolo precedenti all’ultima modifica normativa del luglio 2010.
Crediamo, tuttavia, che occorra anche in questo caso interrogarsi seriamente su quali siano le cose che più contano nell’esercizio della giurisdizione penale. Tener fede ai principi – soprattutto quando siano gioco diritti fondamentali dell’individuo, che esigono regole chiare ed accessibili, in grado di garantire appieno le sue libere scelte d’azione – dovrebbe essere sempre una priorità per il giudice penale. Ed il legislatore non dovrebbe dal canto suo dimenticarsene, quando decide di intervenire sul sistema penale con mano, peraltro, sempre più maldestra.
Anziché, allora, affrettarsi ancora una volta a porre rimedio ai danni cagionati dalla sciatteria del legislatore, correndo il rischio di forzare principi posti a servizio di diritti fondamentali dell’individuo, davvero varrebbe la pena – a nostro sommesso avviso – di riaffermare quei principi, anche a costo di rimettere in circolazione il veicolo di qualche conducente sconsiderato (il quale, comunque, avrà già avuto ampia occasione di riflettere sul proprio comportamento per effetto del sofferto sequestro). Imputi a se stessoil legislatore tale risultato: e abbia così, una volta tanto, occasione di riflettere sulla estrema delicatezza di ogni intervento nella materia penale e sanzionatoria in generale, troppo spesso considerata dalla nostra classe politica come uno dei tanti strumenti di acquisizione di consenso elettorale a basso costo.