25 marzo 2016 |
P. Fimiani, La tutela penale dell'ambiente, Giuffrè, Milano, 2015, pp. 893
Recensione
Il lavoro di Pasquale Fimiani, Sostituto Procuratore generale presso la Corte di Cassazione, presenta tutti i pregi di una trattazione che si propone di esporre in modo analitico, ma pur sempre chiaro ed accessibile, lo stato dell'arte di una materia vasta e densa di tecnicismi quale quella della tutela penale dell'ambiente.
E' dato di comune esperienza quello secondo cui gli scritti che si prefiggono un simile scopo spesso presentano evidenti squilibri nelle loro componenti interne: talora, vi si privilegia l'analisi della giurisprudenza, senza che venga adeguatamente restituita la complessità del dibattito dottrinale in merito alle questioni evocate; talaltra, ad essere approfondita sotto ogni profilo - teorico e pratico - è unicamente una ristretta selezione di tematiche.
Il libro di Fimiani non presenta alcuno dei suddetti squilibri, tenendo egregiamente fede, altresì, agli obiettivi propri della collana per cui è edito, "Teoria e Pratica Maior": l'opera, infatti, per i motivi di cui si dirà, è concepita per essere facilmente fruibile dal professionista del diritto.
L'Autore compendia ed esamina in un ponderoso volume tutte le molteplici problematiche riconducibili al diritto penale dell'ambiente, materia magmatica di notevole estensione, caratterizzata da innumerevoli rimandi a branche dell'ordinamento giuridico diverse dallo ius criminale, in particolar modo al diritto amministrativo; spicca, in particolare, l'attenzione posta ai profili strettamente processuali dell'ambito normativo oggetto di analisi.
Ciò detto, anche alla luce di un'analisi dell'indice dell'opera, parrebbe di trovarsi al cospetto di qualcosa paragonabile alla Biblioteca di Babele immaginata da Borges nelle sue "Finzioni", un opus composto da "un numero indefinito, e forse infinito" di elementi; in lavori siffatti, v'è sempre il rischio - per usare le parole dello scrittore argentino - che "lo sproposito" sia normale, e che il senso della misura - presupposto indispensabile di qualunque genere di trattazione scientifica - rappresenti "un'eccezione quasi miracolosa".
Tuttavia, l'opera in questione, nonostante miri a restituire al lettore una mole davvero notevole di nozioni - nonché innumerevoli riferimenti dottrinali e giurisprudenziali - presenta un impianto pienamente intelligibile, organico, per nulla disorientante - e tale dato va salutato con particolare favore per quanto concerne le complesse sezioni dedicate ai reati previsti dal Testo Unico sull'ambiente.
Il libro è costituito da quindici capitoli, ognuno dei quali suddiviso in un congruo numero di paragrafi; l'apparato di note, oltretutto, si presenta sempre funzionale al più proficuo approfondimento delle questioni trattate, rappresentando una notevole fonte di risorse dottrinali e giurisprudenziali.
Il primo capitolo, com'è d'uopo, compendia i principali profili sistematici dei reati ambientali, prendendo le mosse da quanto stabilito in materia dal diritto eurounitario.
Viene evidenziata immediatamente l'indiscutibile valenza sistematica del disposto dell'articolo 300 del Testo Unico dell'ambiente, il quale stabilisce la nozione di "danno ambientale": correttamente, si rileva che la portata di tale concetto si riverbera necessariamente sul piano della tutela penale dell'ambiente.
Successivamente, l'Autore espone ed esamina le categorie che entrano in gioco allorquando si debba ascrivere a taluno una responsabilità per gli illeciti de quibus; notevole attenzione è riservata alla tematica della delega di funzioni nelle strutture private, nonché a quella del riparto di competenze negli enti pubblici in campo ambientale.
A testimonianza della cura che caratterizza il lavoro di Fimiani, appare a chi scrive quanto mai doveroso menzionare il secondo paragrafo del primo capitolo: detta sezione è incentrata sulla problematica dell'applicabilità, rispetto ai reati ambientali, della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto prevista dall'articolo 131-bis del codice penale, introdotta recentemente dal decreto legislativo n. 28 del 2015.
L'Autore, dapprima, procede ad un attento vaglio delle principali caratteristiche degli illeciti penali contro l'ambiente; a tale analisi segue la verifica dell'integrabilità delle condizioni di operatività dell'istituto di cui al 131-bis rispetto alle predette fattispecie.
La disamina della tematica de qua è notevolmente approfondita, ed è tanto più meritoria quanto più si pone mente alla circostanza che l'istituto previsto dalla sopra citata disposizione, a tutt'oggi, presenta profili che ancora devono passare al vaglio approfondito della giurisprudenza e dalla dottrina.
Meritevole di particolare menzione è il fatto che Fimiani si soffermi sulla problematica - ancora poco approfondita in dottrina - dei profili di possibile interferenza fra l'istituto di diritto sostanziale della condizione di non punibilità per particolare tenuità del fatto e la nuova "procedura definitoria" prevista in riferimento ai reati ambientali contravvenzionali di cui al Testo Unico sull'ambiente, alla quale è dedicato l'intero quattordicesimo capitolo dell'opera.
A detta dell'Autore, quest'ultima (prevista e regolata dagli articoli 318-bis/318-octies del T.U.A.), nonostante presenti prima facie un carattere squisitamente "procedimentale", presuppone condizioni di operatività - "mancanza di danno o di pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette" - implicanti valutazioni sull'offensività dell'illecito, ed in ciò il suo campo di implicazione potrebbe venire parzialmente a sovrapporsi con quello dell'istituto di cui all'articolo 131-bis del codice penale.
Fimiani paventa che la concreta applicazione dell'uno o dell'altro istituto finisca per essere rimessa ad una "valutazione caso per caso", in virtù di una vera e propria "delega in bianco" rimessa all'autorità giurisdizionale.
Degno di nota è il secondo capitolo dell'opera, dedicato principalmente ai reati ambientali inseriti nel codice penale dalla legge n. 68 del 2015: in riferimento alle fattispecie in oggetto, come rilevato supra, non si registrano, sino ad ora, arresti giurisprudenziali significativi, ed il dibattito dottrinale è ancora in una fase embrionale.
Nel capitolo in oggetto, Fimiani, in primo luogo, effettua una disamina degli illeciti di disastro innominato, danneggiamento ed avvelenamento delle acque.
In particolare, l'Autore descrive i percorsi ermeneutici seguiti in giurisprudenza al fine di ricondurre la fenomenologia del c.d. "disastro ambientale" alla fattispecie di disastro innominato di cui all'articolo 434 del codice penale: l'excursus è chiaro e completo, idoneo a restituire al lettore una visione nitida dei principali elementi d'una problematica estremamente complessa.
Successivamente, Fimiani procede ad una minuziosa analisi dei reati introdotti nell'ordinamento giuridico dalla legge n. 68 del 2015, tra le più esaustive e meditate che siano state realizzate sino ad ora.
Come noto, in riferimento alle fattispecie de quibus sono state formulate, in dottrina, autorevoli valutazioni critiche, talora molto tranchant: va ascritto all'Autore il merito di soffermarsi su ognuna di esse, soffermandosi su tutti i loro possibili corollari. Al lettore appare evidente che lo scopo della sezione dell'opera de qua é quello di provare a sciogliere i principali nodi problematici rilevati sino ad ora nelle predette letture.
Ex plurimis, le osservazioni formulate da Fimiani in ordine alla discussa - e discutibile - fattispecie di cui al numero 3) dell'articolo 452-quater del codice penale possono essere ritenute pienamente esemplificative del sopradescritto approccio, teso ad attribuire il maggior tasso di effettività possibile a disposizioni comunemente ritenute poco determinate.
L'anzidetto articolo, come noto, riconduce alla nozione di disastro ambientale "l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo".
E' tutt'altro che peregrino ritenere che tale disposizione, fra tutte quelle introdotte nel codice penale dalla legge n. 68 del 2015, abbia dato adito al maggior numero di rilievi critici, taluno dei quali tale da relegare l'illecito penale in oggetto al campo delle fattispecie inapplicabili.
Si è ritenuto che la condotta punita dall'articolo 452-quater n. 3 non sia stata in alcun modo specificata dal legislatore, in quanto essa non sarebbe stata posta in relazione con alcun fatto di deterioramento, compromissione o alterazione dell'ambiente, di un ecosistema o di una componente ambientale.
L'Autore non manca di rilevare che la fattispecie de qua sia stata formulata in modo poco felice, ma prova a darne una lettura che le restituisca effettività, sostenendo che l'elemento distintivo di questa, ossia l'offesa alla pubblica incolumità, possa essere integrato dalla mera esposizione a pericolo di un numero consistente di persone; viene reso adeguatamente conto che siffatta conclusione sia fondata su premesse ermeneutiche non dissimili da quelle che in giurisprudenza sono state posta alla base della discussa riconduzione del concetto di "disastro ambientale" alla figura di "disastro innominato" prevista dall'articolo 434 del codice penale.
Nei successivi capitoli, l'Autore passa in rassegna tutte le questioni inerenti i reati ambientali previsti dal Testo Unico sull'ambiente: notevole spazio è dedicato alla legge n. 125 del 2015, intervento normativo attraverso il quale il legislatore ha provveduto a stabilire nuove e più precise definizioni nel campo dei reati aventi come oggetto materiale i rifiuti.
Pregevole è la chiarezza con la quale sono esposte, nel corso della trattazione, le regole di carattere amministrativo richiamate dalle svariate fattispecie penali oggetto di analisi.
Un intero capitolo, il tredicesimo, è dedicato alla responsabilità amministrativa degli enti per i reati ambientali, prevista dall'ordinamento giuridico italiano solo a partire dall'entrata in vigore della legge n. 68 del 2015.
L'Autore coglie limpidamente i principali profili problematici di siffatta forma di responsabilità nel campo della tutela dell'ambiente, dedicando molto spazio alla questione dell'individuazione degli autori dei reati presupposto; degna di particolare considerazione è l'attenzione riservata ai principi elaborati dalle Sezioni Unite nella sentenza Thyssen, calati scrupolosamente nel ramo dello ius criminale al quale è dedicato l'opera in commento.
Il quattordicesimo capitolo, come accennato supra, concerne l'istituto dell'estinzione delle contravvenzioni ambientali tramite l'adempimento delle prescrizioni impartite dagli appositi organi di vigilanza: si procede ad un'analisi minuziosa sia della fase dell'imposizione di detti provvedimenti che di quella successiva; di notevole rilievo la disamina dei rapporti fra il procedimento impositivo delle prescrizioni de quibus con le indagini preliminari e con il processo penale.
Come rilevato precedentemente da chi scrive, della procedura definitoria in parola si era già reso conto in modo chiaro ed esaustivo nel secondo paragrafo del primo capitolo, allorquando s'era presentata l'esigenza di distinguerne il campo di applicazione rispetto al perimetro di operatività dell'istituto di cui all'articolo 131-bis del codice penale.
In questa sede, l'Autore non esita a confrontarsi con ulteriori problematiche, talora involgenti questioni dogmatiche di non poco momento.
In particolare, deve ricordarsi che la procedura de qua presuppone, come imprescindibile condizione di operatività, che il reato destinato ad estinguersi non abbia cagionato alcuna apprezzabile offesa all'ambiente.
Tuttavia, gli illeciti la cui punibilità può essere esclusa in virtù di tale procedimento sono per la maggior parte reati di pericolo presunto, rispetto ai quali è normalmente esclusa ogni valutazione del giudice in ordine alla gravità della condotta e all'entità del danno o del pericolo in concreto prodotti.
Fimiani scioglie il nodo in oggetto sostenendo che la contraddizione qui sommariamente evocata sia solo apparente, non essendo aprioristicamente escluso che, anche in riferimento a fatti integranti fattispecie penali di pericolo presunto, possano compiersi valutazioni di offensività "in concreto".
L'Autore, nonostante sia approdato ad una conclusione sufficientemente piana, non manca di stigmatizzare l'inerzia del legislatore nel non specificare ex ante quali siano le contravvenzioni in riferimento alle quali può ricorrersi alla procedura in oggetto; meglio sarebbe stato, a suo giudizio, escludere ogni spazio di opinabilità, così da prevenire qualunque possibile contrasto fra gli attori istituzionali deputati all'implementazione delle regole di cui agli articoli 318-bis/318-octies del T.U.A., ossia il Pubblico Ministero e l'Organo di vigilanza.
La trattazione della problematica in parola, in ogni caso, appare tanto più urgente quanto più si ponga mente alla circostanza che la quarta Sezione della Corte di Cassazione ha rimesso di recente alle Sezioni Unite due quesiti relativi a questioni di portata analoga, ossia all'applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto a due reati di pericolo quali il rifiuto di sottoporsi ad accertamenti alcolimetrici (art. 186 co. 7 c.d.s.) e la guida in stato di ebbrezza (art. 186 co. 2 c.d.s.).
Infine, il quindicesimo capitolo sviscera le principali problematiche processualpenalistiche attinenti all'attività di repressione dei reati ambientali: tale ultima partizione dell'opera, come ovvio, sarà di importanza cruciale per i pratici che ne fruiranno.
L'Autore non sfugge al compito di fornire elementi utili ai fini dell'individuazione del discrimen tra le attività di controllo degli organi amministrativi di vigilanza e le indagini penali; la problematica presenta un'importanza cruciale, posto che le due tipologie di attività de quibus sono caratterizzate da differenti corredi di garanzie.
Particolare attenzione viene riservata, pertanto, alle modalità di concreta implementazione dell'articolo 223 delle disposizioni di coordinamento del codice di procedura penale, norma che gioca un ruolo fondamentale rispetto all'anzidetta problematica.
In conclusione, può affermarsi che il lavoro di Fimiani, del quale si è cercato di restituire il disegno complessivo, rappresenta un contributo di grande utilità per coloro i quali necessitano di una visione del diritto penale dell'ambiente completa, dettagliata e di agevole comprensione.
Lodevole, oltretutto, è la volontà dell'Autore di trattare molteplici questioni di recente emersione, ingenerate dalle recenti riforme in materia, la cui analisi in dottrina e giurisprudenza, sino ad ora, può dirsi ancora ferma ad uno stadio meramente preliminare.
L'opera in oggetto è pienamente funzionale rispetto allo scopo che ne ha guidato la realizzazione, ossia quello di fornire in modo chiaro ed accessibile nozioni e categorie utili per la prassi, sforzandosi di ricostruire l'ordinamento settoriale del diritto penale ambientale come "sistema".