ISSN 2039-1676


11 maggio 2011 |

La prescrizione ‘breve': una proposta di legge ad personam, ai danni di tante vittime di reato

A proposito della proposta di riforma dell'art. 161 c.p., attualmente all'esame del Senato

1. Più di cento studiosi di diritto e procedura penale hanno sottoscritto l’appello che ho redatto contro la proposta legislativa di una prescrizione ‘breve’, il cui denunciato carattere di ‘legge ad personam è apparso a tutti evidente.
 
Con quella proposta - che accorcia il tempo della morte per prescrizione dei reati i cui imputati sono ‘incensurati’ - si voleva ( e si vuole) infatti evitare anche l’eventualità di una pronuncia di condanna in primo grado dell’attuale Presidente del Consiglio nel processo Mills. Si obietta: in quel procedimento la prescrizione maturerebbe comunque nel 2012. L’obiezione è speciosa: quell’eventuale condanna, anche se non definitiva, suonerebbe sgradita conferma di una gravissima accusa; e, ripeto, è proprio quanto si vuole scongiurare con quella proposta di legge.
 
Non sarebbe, notoriamente, il primo caso di legge ad personam: sono anni che vengono varate leggi ritagliate su misura delle esigenze giudiziarie del Presidente del Consiglio in carica (fra le più eclatanti, quella sul falso in bilancio, il c.d.lodo Maccanico-Schifani, il c.d. lodo Alfano, il c.d. legittimo impedimento). E il panorama desolante disegnato da questa sequela di leggi in contrasto col principio costituzionale di eguaglianza è stato descritto con accorata indignazione da Carlo Azeglio Ciampi quando, parlando dell’amministrazione della giustizia nel nostro Paese, ha dichiarato che “le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli…Basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare” (La Repubblica, 23 novembre 2009).
 
2. In questa come in altra occasione, vi è chi  ha scritto o dichiarato che non esisterebbero leggi ad personam, essendo per definizione tutte le norme emanate dal legislatore “generali e astratte”: una violazione del principio di eguaglianza sarebbe quindi un non senso.
 
E’ la “dotta ignoranza” non del sapiente che sa di non sapere: è ignoranza pura di quel che sanno da sempre i giuristi - paludati o meno - a proposito del divieto sancito dall’art.3 della Costituzione. Anche i giuristi non paludati: avvocati  padroni dei principi giuridici, come sicuramente è l’on.le avv. Paniz, autore della proposta legislativa in questione.
All’inizio della seduta del 28 marzo alla Camera dei deputati, l’on.le Paniz ha infatti affermato con tutta la chiarezza desiderabile: “Se avessi voluto fare una norma ad personam, se avessi voluto determinare un risultato favorevole esclusivamente al premier, sarebbe bastato soltanto lasciare il testo così come era uscito dal Senato”.
 
Quel che sanno i bravi “pratici” del diritto, lo sanno benissimo i bravi costituzionalisti, che conoscono e insegnano la portata del divieto sancito dall’art.3 della Costituzione.
In un’analoga vicenda, Leopoldo Elia ha giustamente citato il lapidario insegnamento del grande Esposito: “Né importa, ai fini del divieto, che il provvedimento personale sia stato espresso con una formula generale, se in sede di interpretazione risulti che, secondo lettera, sarebbe generale, invece era sostanzialmente individuale. Volontà della legge non è infatti quella apparente, ma quella sostanziale”. E la volontà sostanziale della proposta dell’on.le Paniz è una variazione che - sulla strada aperta da precedenti altre proposte - persegue un unico e costante obiettivo: assicurare comunque la pronta impunità del premier con una normativa ad personam.
 
E’ la strada inizialmente battuta dalla proposta del Senato, bollata come proposta di legge ad personam dallo stesso on.le Paniz, come si è visto; la strada successivamente percorsa dall’on.le Luigi Vitali del PDL con il disegno di legge 4124 presentato alla Camera il 1° marzo 2011, che al solito mirava a far morire anticipatamente di prescrizione i reati degli incensurati o degli ultrasessantacinquenni (due condizioni personali ritagliate sulla persona del premier): un disegno di legge ritirato su espressa richiesta  del difensore del Presidente del Consiglio on.le avv. Niccolò Ghedini perché “potrebbe offrire strumentali polemiche in particolare per ciò che riguarda la prescrizione”(Il Sole24Ore, 3 marzo 2011; Il Corriere della Sera, 3 marzo 2011); infine, la strada percorsa dall’on.le. Paniz il cui fervido ingegno giuridico lo ha poi guidato a battere un’altra strada - quella della riforma dell’art.161 c.p. - per raggiungere il medesimo risultato (per usare le sue parole) di “fare una legge ad personam determinando un risultato favorevole esclusivamente per il premier”, ancora e sempre per garantire una sollecita impunità del premier nel processo Mills, ma ancora e sempre in violazione del principio costituzionale di eguaglianza sancito nell’art.3 Cost.
 
3. Di fronte a questa aperta violazione dell’art.3 della Costituzione, duplice è la possibile reazione aperta dal nostro sistema Costituzionale.
 
a) Innanzitutto quella del Capo dello Stato che, come ha ricordato Ciampi nella citata denuncia delle leggi ad personam , ha “tra i suoi poteri quello della promulgazione” e “se una legge non va non si firma; e non si deve usare come argomento che, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il Presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all’opinione pubblica”. Senza dire che ,quale che sia il numero dei reati che cadrebbero in prescrizione se venisse varata la proposta della c.d. prescrizione breve, sarebbero pur sempre tantissime le vittime dei reati, la cui domanda di giustizia penale garantita dalla Costituzione - di cui è custode il Capo dello Stato - resterebbe inappagata come prezzo irragionevole di una legge ad personam.
 
b) Va da sé che se poi il Parlamento dovesse eventualmente riapprovare la legge “respinta” la prima volta, resterebbe pur sempre aperta la strada della rimessione alla Corte Costituzionale da parte dei giudici competenti, denunciando l’ennesima violazione del principio di eguaglianza .