23 maggio 2012 |
Sull'inapplicabilità del delitto di omesso versamento delle ritenute d'acconto (art. 10 bis d.lgs. 74/00) all'omesso versamento delle ritenute relative al 2004 e sulle possibili ripercussioni di tale principio sul delitto di cui all'art. 10 ter
Nota a Cass. pen., Sez. III, 8.2.2012 (dep. 16.5.2012) n. 18757, Pres. De Maio, Rel. Franco, Imp. Germani
Il principio di irretroattività della norma penale osta all'applicazione dell'art. 10 bis d.lgs. 74/00 - introdotto dalla legge 'Finanziaria 2005' - all'omesso versamento delle ritenute relative all'anno 2004, in quanto, prima dell'entrata in vigore della norma penale, l'omesso versamento delle ritenute costituiva già un fatto illecito per il diritto amministrativo, che si consumava col mancato versamento periodico delle ritenute al 15 del mese successivo a quello in cui l'obbligo era maturato; sicché al momento dell'entrata in vigore delle nuova incriminazione, l'1.1.2005, il fatto illecito consistente nell'omissione dei versamenti periodici relativi all'anno 2004 doveva intendersi già consumato.
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1. Il ricorrente era stato condannato dal Gup di Milano, ai sensi dell’art. 10 bis d.lgs. 74/00, introdotto dalla legge ‘Finanziaria 2005’ (l. 311/04, art. 1 co. 414), entrata in vigore l’1.1.2005, per non aver versato, entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta relativa al periodo d’imposta 2004 (ossia entro il 30 settembre 2005), ritenute per un importo superiore a 50 mila Euro (soglia del penalmente rilevante fissata dalla nuova norma).
La decisione era confermata dalla Corte d’Appello. Rilevava, infatti, la Corte territoriale che la nuova incriminazione, di cui all’art. 10 bis, può ben applicarsi ai versamenti non effettuati nel corso del 2004 alle scadenze mensili previste, in quanto la nuova norma sanziona una diversa condotta omissiva, fissando un nuovo termine per l’adempimento – il 30 settembre 2005 – successivo all’entrata in vigore della norma incriminatrice.
La Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non era previsto dalla legge come reato.
2. La Cassazione affronta con la sentenza in esame la questione controversa della sussumibilità nella fattispecie introdotta con la legge ‘Finanziaria 2005’ dei fatti di omesso versamento delle ritenute d’acconto relative all’anno d’imposta 2004.
Il problema si pone in questi termini: fino all’1.1.2005, data dell’entrata in vigore della nuova fattispecie penale di “Omesso versamento delle ritenute certificate” (nuovo art. 10 bis d.lgs. 74/00, che reintroduce una fattispecie criminale in passato prevista dall’art. 2 d.l. 429/82, conv. in l. 516/82, in seguito modificata dal. D.l. 83/91, conv. in l. 154/91, e da ultimo abrogata nel 2000 dallo stesso d.lgs. 74/00), era prevista solo una sanzione amministrativa per chi non versava le ritenute d’acconto entro i primi quindici giorni del mese successivo a quello in cui le ritenute stesse erano maturate (artt. 3 e 8 d.P.R. 602/1973 e art. 13 d.lgs. 471/97). Il delitto introdotto dalla legge ‘Finanziaria 2005’, invece, punisce anche l’omesso versamento delle ritenute d’acconto entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale del sostituto d’imposta (ossia, per quanto riguarda le ritenute ‘maturate’ nel 2004, il 30 settembre del 2005). Quid iuris nel caso che un contribuente – come l’imputato nel caso di specie –, che già non abbia versato le ritenute del 2004 alle scadenze mensili previste, abbia altresì omesso di adempiere all’obbligo nei confronti dell’erario entro il nuovo termine ultimo fissato dal nuovo art. 10 bis?
La giurisprudenza, come ci ricorda la Suprema Corte nella sentenza ora annotata, si è divisa sul punto. Da un lato, infatti, troviamo pronunce di merito in cui è stata negata, in forza del principio dell’irretroattività della legge penale, la sussumibilità, nella nuova norma incriminatrice, dell’omesso versamento delle ritenute per il 2004, in quanto le condotte omissive si erano già perfezionate, prima dell’1.1.2005, sotto il vigore di una normativa che puniva come illecito amministrativo i mancati versamenti periodici, a nulla rilevando che il legislatore abbia poi introdotto, con l’art. 10 bis, il nuovo termine per adempiere entro il 20 settembre 2005 (in questo senso, la Corte cita Trib. Monza, 20.12.2010, n. 2849; Gip Milano, 20.9.2010; Gip Milano, 21.11.2008). Al contrario, dall’altro lato, troviamo pronunce di legittimità che hanno fatto applicazione della nuova norma incriminatrice all’omesso versamento delle ritenute per il 2004, in quanto la norma punisce un fatto diverso da quello sanzionato dalla disciplina tributaria (l’omesso versamento del totale delle ritenute, anziché della quantità mensile delle medesime), che si consuma in un momento diverso (il 30 settembre 2005, laddove la norma tributaria fissa il termine per i versamenti periodici al quindici del mese successivo a quello in cui le ritenute sono maturate), successivo all’entrata in vigore della nuova fattispecie criminale (Cass., sez. III, 26.6.2010, n. 25875, Olivieri; Cass., sez. III, 12.1.2012, n. 7588, Screti).
3. La Corte di Cassazione, nella sentenza in esame, prende le distanze dai precedenti di legittimità ricordati e afferma l’inapplicabilità della nuova fattispecie ai fatti di omesso versamento delle ritenute d’acconto relative al 2004, già puniti come illeciti amministrativi dalla legge tributaria. Ritiene, infatti, la Corte che ci troviamo in presenza di una “successione di norme che prevedono e sanzionano entrambe un comportamento illecito, mentre è secondario ed irrilevante il fatto che la norma anteriore preveda un illecito amministrativo e quella successiva un illecito penale”. Ciò che conta, per la Corte, è che “il momento di consumazione dell’illecito, penale o amministrativo che sia, non può essere che unico e che, trattandosi di condotta omissiva, va individuato nel momento della scadenza del termine utile per realizzare la condotta doverosa, termine che a sua volta deve essere individuato in quello stabilito dalla legge vigente al momento in cui i singoli versamenti dovevano essere effettuati”. Ecco allora che, sulla scorta di tale principio, non è possibile applicare, nel caso di specie, il nuovo art. 10 bis all’omesso versamento delle ritenute del 2004, perché quell’omissione si è già consumata periodicamente, al quindici di ogni mese, nel corso del 2004, dunque prima dell’entrata in vigore della nuova norma incriminatrice (con la sola eccezione del versamento relativo a dicembre 2004, scaduto il quindici gennaio 2005, quindi dopo l’introduzione della norma penale, ma da solo non sufficiente, nel caso di specie, a superare la soglia del penalmente rilevante fissata dal legislatore). Pertanto la Corte cassa senza rinvio la sentenza di condanna della Corte d’Appello perché il fatto non era previsto dalla legge come reato.
A supporto della propria decisione, la Corte richiama – in ragione delle affinità col caso di specie – il principio di diritto formulato da Cass., sez. III, 3.11.1999, n. 14160, Di Grisostomo. In quel caso, la Corte si trovava a risolvere il problema della sussumibilità dell’omissione del versamento delle ritenute relative al 1990 nella norma che allora incriminava tale fattispecie (art. 2, d.l. 429/82, conv. in l. 516/82), dopo le modifiche introdotte dal d.l. 16.3.1991 n. 83 (conv. in l. 154/91). Ciò in quanto la norma previgente puniva gli omessi versamenti periodici; mentre con la modifica del marzo 1991 veniva punito l’omesso versamento ‘complessivo’ entro la data di presentazione della dichiarazione annuale, ossia il 17 marzo 1991. Ebbene, con la sentenza richiamata dalla Cassazione, il Collegio ritenne che agli omessi versamenti relativi alle ritenute operate nel 1990 andava applicata solo la norma incriminatrice vigente prima della modifica del 1991, in quanto le omissioni relative ai versamenti del 1990 erano già consumate alla data di entrata in vigore della norma che modificava la fattispecie penale, mentre lo spostamento del termine (dal termine fissato per i versamenti periodici al termine per la presentazione della dichiarazione annuale) non poteva incidere su un illecito già perfetto, ma si poteva applicare solo ai mancati versamenti consumati successivamente alla data di entrata in vigore della nuova disposizione. Il fatto, poi, che all’epoca della sentenza Di Grisostomo fattispecie previgente e nuova fattispecie fossero entrambe norme penali, mentre, nel caso di specie, una nuova fattispecie penale si è affiancata a un illecito amministrativo già vigente, per la Corte non rileva: ciò che conta è che in entrambi i casi il comportamento punito dalla nuova fattispecie costituiva già da prima un fatto illecito, con un suo ben determinato momento consumativo anteriore all’introduzione della nuova disciplina.
4. Tanto basta, alla Corte, per cassare senza rinvio la condanna pronunciata dai giudici del merito. Meritano, però, di essere segnalate anche le considerazioni (punto 13 della sentenza) che il Collegio riserva all’argomento, proposto dal ricorrente, secondo cui osterebbe all’applicazione della norma incriminatrice di cui all’art. 10 bis ai fatti di omesso versamento delle ritenute relative al 2004 anche il necessario rispetto del principio di colpevolezza (art. 27 Cost.).
Rileva, infatti, il ricorrente che, sebbene la norma descriva una fattispecie omissiva, può essere riconosciuta anche una componente attiva della condotta, rappresentata dalla certificazione delle ritenute e dal rilascio della certificazione ai sostituiti. E tale componente, nel caso di specie, si è realizzata tutta nel corso del 2004, prima dell’introduzione della norma incriminatrice, dunque in un momento in cui l’agente non poteva essere a conoscenza del rischio che avrebbe corso certificando le ritenute e poi non versandole all’erario. La Cassazione riconosce la fondatezza di tale argomento: non tenere conto di tale rilievo comporterebbe infatti una violazione del principio di colpevolezza, per come enucleato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza 364 del 1988, in quanto si finirebbe per punire un cittadino che, quando ha realizzato la condotta da cui è poi derivato l’obbligo sanzionato penalmente, non poteva conoscere quali sarebbero state le conseguenze sanzionatorie della propria condotta.
5. Sarà interessante verificare, a questo punto, se la sentenza della Corte influirà anche sull’interpretazione di un’altra norma incriminatrice, simile per struttura e per ‘storia’ alla fattispecie di omesso versamento delle ritenute d’acconto: l’“omesso versamento di IVA”, di cui al successivo art. 10 ter d.lgs. 74/00.
Come noto, infatti – ne abbiamo dato conto in altra sede anche in questa Rivista (A. Valsecchi, Delitto di omesso versamento dell’IVA (art. 10 ter d.lgs. 74/00) e (non) rimproverabilità dell’amministratore della società insolvente: qualche spunto di riflessione) – si è posto in giurisprudenza il problema se la norma che incrimina l’omesso versamento dell’IVA, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo – norma introdotta con d.l. 4.7.2006 n. 223 (conv. in l. 248/06) ed entrata in vigore il 5 luglio 2006 – si applichi anche all’omesso versamento dell’IVA dovuta per il 2005 entro il termine del 27 dicembre 2006.
Anche in questo caso, in effetti, ci troviamo in presenza di una nuova norma penale che punisce un comportamento, l’omesso versamento dell’IVA, già punito come illecito amministrativo al momento dell’introduzione della fattispecie penale, dove la sola differenza fra i due tipi di illecito risiede nel fatto che l’illecito penale si consuma con l’omesso versamento dell’IVA dovuta in base alla dichiarazione annuale entro il termine ultimo del 27 dicembre dell’anno successivo al periodo di imposta considerato, mentre l’illecito amministrativo si consuma ad ogni mancato versamento periodico previsto dalla legge tributaria (art. 13 d.lgs. 471/97). Ben potrebbe allora, in linea col principio di diritto ora formulato dalla Suprema Corte con riferimento all’art. 10 bis, ritenersi inapplicabile la norma incriminatrice di cui all’art. 10 ter all’omesso versamento dell’IVA relativa al 2005 in quanto, al momento dell’entrata in vigore della nuova norma – luglio 2006 – il fatto illecito (consistente nei mancati versamenti periodici, sanzionati come illecito amministrativo) si era in effetti già consumato.
Sul tema dell’applicabilità della norma all’omesso versamento dell’IVA per il 2005, peraltro, è stata anche sollevata con ordinanza in data 22 settembre 2010 dal Tribunale di Torino (su cui cfr. M. Scoletta, Illegittimità costituzionale della fattispecie di omesso versamento dell’IVA (art. 10-ter d.lgs. n. 74/2000)?, in questa Rivista) questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 ter in relazione all’art. 3 Cost., in quanto, se normalmente il contribuente ha a disposizione un intero anno per adempiere all’obbligo di versare l’IVA dovuta (ossia fino al 27 dicembre dell’anno successivo a quello in cui è maturato l’obbligo di versare l’IVA) per non incappare nella sanzione penale, rispetto all’IVA del 2005 il contribuente ha avuto a disposizione solo sei mesi (dal 5 luglio 2006, data di entrata in vigore della nuova norma incriminatrice, al 27 dicembre 2006, termine ultimo per adempiere), con il che si sarebbe venuta a creare un’illegittima disparità di trattamento. La questione è però stata giudicata manifestamente infondata dalla Corte con l’ordinanza n. 224 del 2011 (con nota di M. Scoletta, in questa Rivista) in quanto “non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alla stessa categoria di soggetti, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo costituisce un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche” e perché “d’altro canto, il termine di oltre cinque mesi e mezzo (dal 4 luglio 2006 al 27 dicembre 2007), riconosciuto al soggetto in questione (in luogo dei quasi dodici mesi ‘ordinari’), non può ritenersi intrinsecamente incongruo, ossia talmente breve da pregiudicare o da rappresentare, di per sé, un serio ostacolo all’adempimento”.
Ebbene, sul punto, osserviamo che le considerazioni della Corte nella sentenza qui annotata potrebbero suggerire la riproposizione della questione di legittimità costituzionale da un diverso angolo prospettico: è vero che l’omissione avviene dopo che è entrata in vigore la norma e che l’adempimento può ben essere istantaneo; ma il problema è che la condotta che fa sorgere l’obbligo di adempiere, così come la condotta che può determinare una situazione di successiva impossibilità ad adempiere a quell’obbligo (si pensi all’amministratore che non crei per tempo accantonamenti sufficienti per far fronte all’obbligo di versare l’IVA dovuta), si sono realizzate prima dell’entrata in vigore della norma, quando il cittadino non aveva consapevolezza delle conseguenze anche penali che la propria condotta avrebbe avuto in forza della legge posteriore. Sicché l’applicazione della norma penale anche ai fatti di omesso versamento dell’IVA per il 2005 contrasterebbe col principio di colpevolezza di cui all’art. 27 Cost., che – anche alla luce dell’interpretazione fornita al principio ‘nulla poena sine lege’, di cui all’art. 7 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, dalla Corte di Strasburgo, rilevante nel nostro ordinamento per effetto dell’art. 117 co. 1 Cost. – esige che il soggetto sia messo nelle condizioni di poter prevedere la sanzione penale (e non meramente amministrativa) cui si espone nel momento in cui realizza la condotta.
Posta di fronte ad una questione così formulata, la Corte costituzionale ben potrebbe peraltro dichiararla inammissibile, in ragione del mancato esperimento da parte del giudice a quo di una interpretazione costituzionalmente (e convenzionalmente) conforme della norma impugnata. Così facendo, la Corte potrebbe dunque suggerire alla stessa giurisprudenza ordinaria la possibilità di risolvere il denunciato contrasto in via ermeneutica, escludendo l’applicazione dell’art. 10 ter agli omessi versamenti dell’IVA in relazione al periodo di imposta 2005 in forza del principio della necessaria prevedibilità della sanzione penale al momento della condotta, che discende sia dal principio costituzionale di colpevolezza (art. 27 Cost.), sia dal principio di legalità dei reati e delle pene di cui all’art. 7 Cedu nell’estensione ad esso assegnata dalla giurisprudenza di Strasburgo, che fa ingresso nel nostro ordinamento per il mezzo dell’art. 117 co. 1 Cost.