ISSN 2039-1676


17 maggio 2012 |

Alle Sezioni unite la presunzione di adeguatezza, anche in itinere, della sola custodia in carcere per i delitti di matrice mafiosa

Cass. pen., sez. II, 18.04.2012 (dep. 11.05.2012),  n. 18563, Pres. Carmenini, Rel. Di Marzio, ric. Lipari (sull'operatività della presunzione di adeguatezza esclusiva della custodia cautelare in carcere, per i delitti di matrice mafiosa, anche successivamente al provvedimento applicativo della misura)

Con l'ordinanza in commento è stata rimessa, ex art. 618 c.p.p., alle Sezioni unite della Corte suprema la questione se la presunzione di adeguatezza esclusiva della custodia in carcere, a norma dell'art. 275, comma 3, del codice di rito, «operi solo in occasione del provvedimento genetico, ovvero riguardi anche le vicende successive che attengono alla permanenza delle esigenze cautelari». La discussione del relativo ricorso è stata fissata per l'udienza del 19 luglio 2012.

Il caso riguarda una reiterata rimessione nell'ambito dello stesso procedimento (evento piuttosto raro: per un precedente analogo si veda Sez. un., 25 marzo 2010, n. 13426, in Cass. pen., 2010, p. 3049, con commento di Beltrani, a proposito di utilizzabilità, nel procedimento di prevenzione, di esiti di intercettazioni già dichiarate inutilizzabili nel giudizio di cognizione). Difatti, la questione era già stata rimessa dalla stessa sezione seconda - con ordinanza 14 febbraio 2012, n. 7586 - in diversa composizione, ma con identico relatore; e però il ricorso era stato restituito, non avendo quell'ordinanza considerato, secondo il provvedimento di restituzione del Primo Presidente, quanto sul punto esplicitamente osservato dalla sentenza delle Sezioni unite 31 marzo 2011, n. 27919, in questa Rivista,  e cioè che «anche nel momento della sostituzione della misura cautelare giocano le presunzioni (scil.: di cui all'art. 275, comma 3, c.p.p.) alle quali si è già fatto cenno nel considerare il momento genetico della misura cautelare».

Proprio in considerazione di questo richiamo, l'ordinanza in commento si fa carico delle ragioni della restituzione e, prendendo atto del citato dictum delle Sezioni unite, conferma la decisione precedentemente assunta, rilevando come sia maggiormente coerente con le pronunce sin qui intervenute della Corte costituzionale in relazione a specifiche figure di reato  l'indirizzo giurisprudenziale, quantunque minoritario, che vuole l'obbligatorietà della custodia in carcere ex art. 275, comma 3, c.p.p., operante esclusivamente in occasione dell'adozione del provvedimento genetico della misura coercitiva, ma non nello sviluppo delle vicende successive.

Con altra ordinanza in corso di deposito, deliberata all'udienza del 10 maggio 2012, la sesta sezione penale ha rimesso alle Sezioni unite questione analoga (secondo l'informazione provvisoria diffusa all'esito dell'udienza, avente ad oggetto la questione «se la presunzione di inadeguatezza delle misure cautelari diverse dalla custodia cautelare in carcere per i reati previsti dall'art. 275, comma 3, c.p.p., opera esclusivamente in occasione del provvedimento genetico della misura o anche nei momenti successivi di verifica della permanenza delle esigenze cautelari, qualora le stesse risultino affievolite»).

Difficile una prognosi sull'esito del giudizio.

Le due ragioni principali poste a fondamento della rimessione (l'ingiustificata parificazione del momento genetico e di quelli successivi secondo un criterio di ragionevolezza e il ricorrere, nel caso di specie, non del delitto associativo vero e proprio, ma di un favoreggiamento aggravato ex art. 7 della legge n. 203 del 1991) non sembrano irresistibili, anche alla luce della giurisprudenza costituzionale evocata a preteso sostegno dell'interpretazione caldeggiata, dal momento che la Consulta ha sempre manifestato grande cautela negli interventi sull'art. 275.3 c.p.p., tutti specificamente "mirati".

Piuttosto, sembra pesare di più, anche per una risalente e tenace vischiosità giurisprudenziale, specie delle Sezioni unite, il precedente, ricordato più sopra, della rinnovata rimessione nell'ambito dello stesso procedimento. Anche nel caso delle intercettazioni dichiarate inutilizzabili nel giudizio di cognizione, e del loro rilievo nel procedimento di prevenzione, la restituzione dopo la prima ordinanza era stata motivata con un rinvio alla posizione già assunta dalle Sezioni unite, sia pur relativamente  ad altra tipologia di procedura, e l'esito del secondo provvedimento fu quello della conferma del precedente).

In ogni caso deve notarsi che molto di rado, e comunque mai a distanza così ravvicinata nel tempo, le Sezioni unite penali hanno proceduto a revirement giurisprudenziali, quando non necessitati da sentenze interpretative della Corte costituzionale.