ISSN 2039-1676


16 maggio 2014 |

Il giudicato e le libertà fondamentali: le Sezioni Unite concludono la vicenda Scoppola-Ercolano

Nota a Cass., Sez. Un. pen., 24 ottobre 2013 (dep. 7 maggio 2014), n. 18821, Pres. Santacroce, Rel. Milo, Ric. Ercolano

Per scaricare la sentenza qui annotata e il relativo commento di F. Viganò, Pena illegittima e giudicato. Riflessioni in margine alla pronuncia delle Sezioni Unite che chiude la saga dei “fratelli minori” di Scoppola, clicca qui.

 

1. Con l'ordinanza che si annota a prima lettura, le Sezioni Unite hanno posto termine ad una vicenda che è ben nota ai lettori, e che sarà perciò consentito riassumere con poche osservazioni di sintesi. E' successo che tale Scoppola aveva domandato l'accesso al rito abbreviato, quando per il reato contestatogli l'ordinamento prevedeva che, in caso in condanna, alla pena dell'ergastolo, con o senza isolamento diurno, fosse sostituta in virtù del rito la pena di trent'anni di reclusione. Tuttavia, dopo la richiesta di abbreviato avanzata da Scoppola, una norma di interpretazione autentica (l'art. 7 del d.l. n. 341 del 2000) era giunta a stabilire, in malam partem, che l'ergastolo con isolamento diurno sarebbe stato sostituito con il solo ergastolo. Scoppola si è ritrovato così condannato ad una pena più severa di quella prevista al tempo in cui aveva formulato la domanda di accesso al rito alternativo: da qui il ricorso alla Corte di Strasburgo e la condanna della Repubblica italiana per violazione dell'art. 7 CEDU. In quest'occasione, peraltro, la Corte EDU si è spinta ad enunciare, innovativamente, che l'art. 7 della Convenzione impone di applicare al reo la pena più mite tra quelle stabilite dalla legge tra la commissione del fatto ed il giudizio, irrigidendo in tal modo nel nostro ordinamento nazionale quanto già previsto dall'art. 2, comma 3 del codice penale con mera forza di legge ordinaria. Il problema risolto dall'ordinanza delle Sezione Unite concerne la posizione di coloro che si sono ritrovati nella medesima posizione di Scoppola, ed hanno però omesso di ricorrere a Strasburgo nel termine di decadenza a tal fine previsto. Per queste persone la formazione del giudicato sulla condanna alla pena dell'ergastolo, in linea di principio, non avrebbe consentito di rimediare alla violazione del diritto: sarebbe spettato al giudice della cognizione sollevare questione di costituzionalità della norma di legge sopravvenuta, nella parte in cui essa pretendeva di trovare applicazione retroattiva, anche in danno di chi già avesse formulato domanda di rito abbreviato nel vigore di una pena più favorevole. Per tale motivo, il giudice dell'esecuzione penale aveva respinto la domanda di tale Ercolano di rideterminare la pena, tenendo conto degli effetti della sentenza europea sul caso Scoppola. Tuttavia, le Sezioni Unite, investite del ricorso del reo contro quest'ultima decisione, hanno ritenuto diversamente. Muovendo dall'idea che la Costituzione impedisca che una pena continui ad essere eseguita una volta che ne sia stata accertata in sede europea la contrarietà alla Convenzione, il giudice della nomofilachia ha individuato nell'art. 30, comma 4, della legge n. 87 del 1953 la chiave di volta con la quale adeguare la pena al dictum di Strasburgo.

 

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