7 marzo 2019 |
I discorsi d'odio nell'era digitale: quale ruolo per l'Internet service provider?
Il vista della pubblicazione su Diritto penale contemporaneo – Rivista trimestrale, il contributo, qui pubblicato in anteprima, è stato sottoposto in forma anonima, con esito favorevole, alla valutazione di due revisori esperti.
Abstract. L’evoluzione degli strumenti di comunicazione digitale e, soprattutto, l’affermazione dei social network hanno aperto la strada ad una pervasiva proliferazione dei discorsi d’odio in rete. Al fine di ostacolare la propagazione delle opinioni discriminatorie e non rispettose della dignità umana, risulta quanto mai rilevante la definizione del ruolo e delle eventuali responsabilità degli intermediari informatici, stante il contributo che gli stessi apprestano alla diffusione e alla permanenza in rete dei contenuti digitali, ma, soprattutto, in quanto principali soggetti in grado di rimuovere materialmente i messaggi illeciti. Occorre, tuttavia, verificare se l’approccio punitivo – e, più specificamente, il ricorso alla sanzione penale – sia davvero il più ragionevole, considerati i rischi che una tendenza repressiva potrebbe implicare rispetto alla libertà di espressione degli utenti e alla libertà di impresa dei provider.
SOMMARIO: 1. Premessa: fenomenologia dei discorsi d'odio 2.0. – 2. La strategia europea di contrasto all'odio online. – 3. I paradigmi di responsabilizzazione dell'Internet service provider nel formante legislativo, dottrinale e giurisprudenziale. – 3.1. (segue) Gli obblighi di rimozione successivi alla commissione del reato: quale modello sanzionatorio per l'ISP? – 4. La responsabilità del provider per i discorsi d'odio: l'esperienza tedesca per "migliorare la tutela dei diritti sui social network". – 5. Considerazioni conclusive.