ISSN 2039-1676


04 marzo 2014

Prime prese di posizione della Corte di cassazione sulla nuova disciplina sanzionatoria in tema di stupefacenti

Cass., Sez. IV, 28 febbraio 2014, Pres. Zecca, Rel. Dell'Utri, Dovere, D'Isa (informazioni provvisorie)

Diamo immediatamente notizia, considerato il loro rilevante interesse pratico, pur in costanza dell'annunciata breve pausa delle nostre pubblicazioni, di tre decisioni assunte dalla quarta sezione penale della Corte di cassazione all'udienza pubblica del 28 febbraio 2014.

Si trattava di valutare le conseguenze convergenti del decreto-legge n. 146 del 2013, convertito nella legge n. 10 del 2014, e della sentenza 25 febbraio 2014, n. 32, della Consulta,  che ha dichiarato illegittima in parte qua la legge Fini-Giovanardi (su cui v. gli ampi commenti di Viganò e Della Bella in questa Rivista, 12, 26 e 27 febbraio 2014, tutti raggiungibili mediante link posti sul lato destro dello schermo).

Non sfugga la circostanza che le decisioni in questione intervengono ad avvenuto deposito della citata sentenza costituzionale, ma a non ancora avvenuta sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica, dal giorno successivo alla quale si producono, com'è noto, gli effetti caducatori ad essa collegati (la pubblicazione dovrebbe intervenire domani, 5 marzo 2014).

Le tre decisioni si iscrivono nel tema, ampiamente esaminato nei commenti sopra citati, delle conseguenze di diritto intertemporale discendenti dalla sentenza della Consulta.

Nel primo caso si trattava di stabilire se, successivamente all'entrata in vigore del d.l. 23 dicembre 2013 n. 146, convertito con modificazioni, nella legge 21 febbraio 2014 n. 10, l'ipotesi del fatto di lieve entità, prevista dall'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 1990 (t.u. delle leggi in materia di stupefacenti e sostanze psicotrope), risulti configurabile come reato autonomo punito con la reclusione da uno a cinque anni e la multa da 3.000 e 26.000 euro. La questione era stata risolta affermativamente già dalla VI sezione penale della Corte suprema (si veda la informazione provvisoria pubblicata dalla nostra Rivista), ma il quesito si è posto in termini nuovi a seguito della sentenza n. 32 del 2014 della Corte costituzionale, ed a tale quesito si riferisce la prima delle decisioni in commento (Pres. Zecca, rel. Dell'Utri, ric. Verderamo).

Corollario di tale scelta interpretativa (qualificazione come reato autonomo dell'ipotesi del fatto di lieve entità, di cui all'art. 73, comma 5, d.p.r. n. 309 del 199), è che la variazione di pena dovuta per le eventuali circostanze del reato riconosciute dal giudice deve essere operata sulla quantità della pena che il giudice applicherebbe al reo qualora non concorresse la circostanza che determina l'aumento o la diminuzione: in tali termini si è espressa la seconda decisione (Pres. Zecca, rel. Dovere, ric. Spampinato).

Nel terzo caso veniva in rilievo la questione se, a seguito della sentenza 25 febbraio 2014, n. 32, della Corte costituzionale, con il ripristino della distinzione tra droghe pesanti e droghe leggere prevista dalla legge Iervolino-Vassalli, in caso di contestazione di più episodi di detenzione a fine di spaccio dei predetti diversi tipi di droga, già ritenuti in continuazione ai sensi dell'art. 81, cpv., c.p., debbano essere diversificati i corrispondenti aumenti di pena inflitti a tale titolo (Pres. Zecca, rel. D'Isa, ric. Pagano).

Le questioni esaminate hanno ricevuto tutte soluzione affermativa.

Sarà cura della nostra  Rivista pubblicare, non appena depositate, le motivazioni delle predette  decisioni. (GR).