ISSN 2039-1676


19 gennaio 2015

Sulle pene 'incostituzionali' in materia di droga si pronunceranno le Sezioni unite

1. Siamo certi di far cosa utile ai nostri lettori pubblicando un punto della situazione con riguardo alla giurisprudenza di legittimità sulle molte questioni che si sono poste, in materia di stupefacenti, dopo la sentenza n. 32/2014 della Corte costituzionale.

La sentenza, com'è noto, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 4-bis e 4-vicies ter, del decreto-legge 30/12/2005, n. 272, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della legge 21/02/ 2006, n. 49. In conseguenza di essa, si è determinata reviviscenza della disciplina illegittimamente modificata dal legislatore, ed ha riacquisito rilievo, in particolare, la distinzione delle droghe «leggere» da quelle «pesanti». Dunque, se per l'illecita detenzione di hashish e marijuana le pene edittali erano fissate dal 2005 (salva l'eventuale applicazione del comma 5 dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990) sugli stessi valori riguardanti gli oppiacei e la cocaina (cioè la reclusione da sei a venti anni e la multa da euro 26.000,00 a euro 260.000,00), dopo l'intervento della Consulta devono considerarsi vigenti i livelli sanzionatori antecedenti, come previsti dal comma 4 del citato art. 73: reclusione da due a sei anni e multa da euro 5.164,00 (lire dieci milioni) a euro 77.468,00 (lire centocinquanta milioni).

La pratica ha posto immediatamente numerosi problemi, tanto nei giudizi di cognizione che nell'ambito della esecuzione, a partire dalla considerazione come pene illegali delle sanzioni irrogate od applicate, per fatti concernenti droghe leggere, avuto riguardo ai valori edittali poi «invalidati» dalla Consulta.

Negli ultimi mesi del 2014 tali problemi sono giunti all'attenzione della Corte suprema, dei cui primi orientamenti abbiamo dato notizia sulla base delle informazioni provvisorie che man mano venivano diffuse.

Vi era stata una prima affermazione positiva circa la possibilità che il giudice dell'esecuzione ridetermini la pena applicata con sentenza di patteggiamento, procedendo ad un nuovo computo attuato secondo criteri di proporzionalità. La Corte aveva poi stabilito, in una occasione successiva, che solo le pene quantitativamente incompatibili coi nuovi valori edittali sarebbero «illegali», così da legittimare l'annullamento della sentenza di patteggiamento che ne abbia fatto applicazione: con la conseguenza che, invece, non potrebbero essere annullate (né, si direbbe, manipolate in fase esecutiva) le sentenze applicative di pene compatibili anche con i valori edittali ripristinati.

Dopo avere dato notizia delle informazioni provvisorie, pubblichiamo le due decisioni. Si tratta rispettivamente della sentenza della sezione I, 25 novembre 2014, n. 51844 e della sentenza della sezione VI, 2 dicembre 2014, n. 1409/15.

Nella seconda in particolare, essendo stata la stessa depositata da pochi giorni, può leggersi un quadro aggiornato della situazione, così come si è sviluppata dopo quei primi pronunciamenti pubblicati. Va chiarito che il progredire della massimazione ufficiale ha reso più facilmente accessibili i moltissimi provvedimenti che si sono già susseguiti, mettendo definitivamente in luce i contrasti determinatisi su aspetti essenziali della materia. Per fare un solo esempio, il principio enunciato con la citata sentenza n. 1409/15 risulta di fatto minoritario, essendo emerso un rilevante numero di pronunce che considerano la pena illegale a prescindere dalla sua compatibilità quantitativa con i vigenti limiti edittali (cioè quelli ripristinati). La stessa sentenza in questione ne indica diverse, qui ne pubblichiamo una a titolo di esempio: sez. IV, 21 ottobre 2014, n. 49528.

 

2. Non appena si è avuta la percezione chiara che si stavano profilando contrasti su vari aspetti della delicatissima materia, la stessa Corte di cassazione ha attivato il meccanismo istituzionale più idoneo, cioè la investitura delle Sezioni unite, con apprezzabile criterio di urgenza.

Tale investitura è intervenuta secondo entrambe le modalità previste dalla legge. Se cronologicamente sono intervenute prima alcune ordinanze di rimessione, delle quali subito diremo, conviene citare in primo luogo una assegnazione diretta ad opera del primo Presidente della Corte, secondo il disposto del comma 2 dell'art. 610 c.p.p. (il provvedimento risale al 19 dicembre 2014).

È significativa la pur sintetica motivazione del decreto, che concerne un ricorso contro una ordinanza del Gip di Padova, in funzione di giudice della esecuzione,  di rigetto della istanza di rideterminazione proposta da un soggetto al quale era stata applicata, con sentenza passata in giudicato, sulla base della normativa poi dichiarata incostituzionale, la pena patteggiata di tre anni di reclusione e 16.000 euro di multa (fatti concernenti droghe leggere per decine di chili). Nel provvedimento impugnato il Giudice dell'esecuzione aveva osservato che la pena rientrava nei nuovi limiti edittali e sarebbe stata congrua rispetto alla gravità del reato (la pena base era stata fissata in sei anni, e dunque compatibile con il nuovo massimo edittale, che all'epoca della sentenza era però il minimo). Il primo Presidente ha assegnato direttamente il ricorso alle Sezioni unite, considerando che «i primi orientamenti giurisprudenziali di legittimità, specie per i casi un cui la pena sia stata determinata in relazione a reato concernenti droghe cd. "leggere", appaiono non univoci, con riferimento sia ai contenuti decisionali sia ai moduli procedimentali, con le conseguenti possibili rilevanti differenze di trattamento sanzionatorio».

Ecco dunque la prima informazione. La trattazione del ricorso è stata fissata per l'udienza delle Sezioni unite del prossimo 26 febbraio 2015, ed avrà per oggetto proprio il tema della nozione di pena illegale e dei suoi riflessi sul rito del patteggiamento.

 

3. Come accennato, poi, sono intervenute nelle ultime settimane tre ordinanze di rimessione di giudizi al massimo Collegio, per le quali tutte vi è stato provvedimento di effettiva assegnazione alle Sezioni unite, che tratteranno i relativi ricorsi nella stessa data del 26 febbraio prossimo.

Pubblichiamo per i nostri lettori i provvedimenti in questione.

Uno, per la verità, non attiene propriamente alle variazioni edittali di pena per effetto della sentenza n. 32/2014, ma riguarda il tema della attuale punibilità di fatti concernenti sostanze inserite nelle tabelle del 2006 solo per effetto della cd. legge Fini-Giovanardi, commessi dopo l'entrata in vigore di quella legge e prima del recente decreto-legge n. 36/2014. Si tratta della ordinanza della sezione IV, 12 novembre 2014, n. 50055.

Pertinenti invece al tema della pena illegale le ulteriori due ordinanze. La prima in ordine di tempo ha riguardato una questione per la quale si è registrato un immediato e radicale contrasto nelle varie decisioni pertinenti: se debbano considerarsi pene illegali anche quelle inflitte per fatti concernenti droghe leggere posti in continuazione con altri e più gravi reati, così che le quote sanzionatorie corrispondenti consistano in aumenti ex art. 81 cpv. c.p. rispetto a valori di partenza certamente individuati in modo legittimo. Nell'ordinanza di rimessione è tracciato un quadro del contrasto (aggiornato nella già citata sentenza n. 1409/2015): si tratta di sez. III, 2 dicembre 2014, n. 53157.

Da ultimo, la recentissima ordinanza con la quale  sono state rimesse alle Sezioni unite due questioni particolarmente discusse nell'ampio dibattito giurisprudenziale in corso. Se, in primo luogo, la Corte di cassazione possa affrontare il tema della pena "illegale" - tale divenuta per la sopravvenienza della dichiarazione di illegittimità costituzionale - anche quando sul trattamento sanzionatorio si sia formato un  giudicato parziale, e cioè quando il giudizio di legittimità sia stato proposto per motivi in nessun modo afferenti al trattamento sanzionatorio. In secondo luogo, ed ancora una volta, è stata rimessa la questione che probabilmente più agita il mondo della giurisdizione, anche presso gli Uffici territoriali, e cioè se debba considerarsi pena illegale la sanzione che il giudice abbia fissato utilizzando come parametri edittali i valori successivamente caducati, ma individuando in concreto una misura compatibile anche con i limiti di legge da considerarsi attualmente vigenti. Nel caso di specie la questione si pone, ancora una volta, con riguardo a sentenza di patteggiamento. L'ordinanza è della sezione VII, 8 gennaio 2015, n. 671.

 

4. Come si vede, è prossimo un intervento autorevole che sarà in grado di dirimere, auspicabilmente, non solo le controversie specificamente indicate, ma tutte le questioni alle stesse collegate.

Una ultima ed importante informazione al riguardo. Si ha notizia che nelle ultime settimane, in vista del prossimo intervento delle Sezioni unite, al meritevole fine di favorire l'uniformità di trattamento dei ricorrenti, molti Collegi della Suprema Corte hanno disposto il rinvio della trattazione di ricorsi che implicavano la soluzione delle questioni controverse, almeno nei casi in cui difettavano ragioni di particolare urgenza.

Terremo ovviamente informati i nostri lettori sull'evolversi della situazione.