ISSN 2039-1676


18 ottobre 2016

Nuove ricadute interne del caso Contrada: la Cassazione annulla il non luogo a procedere nel caso Ciancio e rigetta il ricorso in executivis di Dell’Utri

Cass., sez. V pen., sent. 14 settembre 2016 (dep. 12 ottobre 2016), n. 42996/16, Pres. Lapalorcia, Rel. De Marzo, Ric. p.m. in causa Ciancio; Cass., sez. I pen., sent. 11 ottobre 2016 (dep. 18 ottobre 2016), n. 44193/16, Pres. Mazzei, Rel. Magi, Ric. Dell’Utri

Due importanti sentenze della Cassazione aggiungono ulteriori tessere al sempre più articolato mosaico giurisprudenziale che vede protagonista il concorso esterno nel reato associativo: al già annoso e tormentato percorso domestico si è aggiunto un vespaio di effetti e problemi scaturiti dalla ormai celebre decisione dei giudici di Strasburgo nel caso Contrada[1].

La prima (clicca qui per scaricarla) annulla con rinvio la sentenza di non luogo a procedere emessa dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania nei confronti di un notissimo imprenditore del luogo[2]: il giudice etneo, infatti, aveva fatto leva, tra l’altro, sulla predetta sentenza europea per affermare addirittura che il reato contestato “non era previsto dall’ordinamento”, suscitando un ben giustificato clamore non solo tra gli addetti ai lavori.

La seconda (clicca qui per scaricarla), di notevolissimo spessore, conferma invece il rigetto del ricorso della difesa in sede di giudizio di esecuzione nella vicenda riguardante l’ex senatore Marcello Dell’Utri, il quale sta scontando la pena inflitta a titolo di concorso esterno dalle autorità giudiziarie palermitane.

La densità e varietà delle argomentazioni impiegate dai giudici di legittimità  sono certamente destinate ad alimentare il dibattito sia sui contorni del concorso esterno nel reato associativo, sia sui rapporti tra Corte EDU e giurisprudenza nazionale. A primissima lettura si può osservare che quantomeno nella sentenza Dell’Utri si pone finalmente riparo a una sorta di “pensiero sbrigativo” – anche con esiti opposti - che molti osservatori avevano registrato fin qui nelle prese di posizione della giurisprudenza italiana successive alla decisione Contrada. La Cassazione, infatti, stavolta non rimane intrappolata in formulette superficiali come - ad esempio - l’inutilmente stentorea e ripetuta negazione della matrice giurisprudenziale del concorso esterno, strada tutto sommato utile soltanto per sottrarsi a una reale confronto con il dictum di Strasburgo[3]. Piuttosto, i giudici di legittimità ripercorrono tra diritto e processo i molteplici aspetti problematici connessi alla questione, offrendo soluzioni che pur rimanendo ovviamente discutibili si contraddistinguono per solidità e ponderatezza: tanto sul versante dei presupposti e limiti del giudizio di revisione anche in guisa di rimedio interno rispetto alla giurisprudenza della Corte EDU, quanto sul versante della puntuale e storicamente consapevole ricostruzione della fattispecie criminosa. Quel che gli amanti della nomofilachia e dell’integrazione giurisdizionale a sfondo sovranazionale non potevano che auspicare, per la verità: ossia che i nostri giudici prendessero sul serio i giudici di Strasburgo[4]. (Costantino Visconti)

 

[1] Su cui cfr. S. Civello Conigliaro, La Corte EDU sul concorso esterno nellassociazione di tipo mafioso: primissime osservazioni alla sentenza Contrada, in questa Rivista, 4 maggio 2015.

[2] GIP Trib. Catania, 21 dicembre 2015 (dep. 12 febbraio 2016), n. 1077, Ciancio, in questa Rivista, 6 magio 2016, con nota di G. Marino, Nuove incongruenze giurisprudenziali sul concorso esterno in associazione mafiosa: gli effetti della sentenza Contrada della Corte EDU.

[3] Così, giustamente, A. Esposito, Ritornare ai fatti. La materia del contendere quale nodo narrativo del romanzo giudiziario, in Dir. pen. cont. - Riv. trim., n. 2/2015, 26.

[4] F. Viganò, Il caso Contrada e i tormenti dei giudici italiani: sulle prime ricadute interne di una scomoda sentenza della Corte EDU, in questa Rivista, 26 aprile 2016.