ISSN 2039-1676


02 maggio 2012 |

Sull'esclusione degli arrestati in esecuzione di procedure MAE o estradizionali dalle nuove regole contro il sovraffollamento delle carceri

Nota a Corte app. Bari, decreto 12 marzo 2012, Pres. Tarantino, imp. Manea

1. Il provvedimento del Presidente delegato della Corte di Appello di Bari che qui si commenta (e che può essere consultato scaricando il relativo file mediante l'icona sottostante) permette di fare il punto su alcune questioni che nascono dalla conversione del decreto-legge n. 211 del 2011,  in materia di sovraffollamento carcerario.

È indubbio che la normativa d'urgenza, nell'affrontare il problema delle cosiddette porte girevoli, e cioè delle microdetenzioni che appesantiscono il sistema carcerario senza alcun beneficio per la sicurezza collettiva ma con pesanti conseguenze sulla personalità degli arrestati, non ha preso in considerazione la situazione di chi è detenuto nell'ambito di procedure di estradizione o di mandato di arresto europeo.

Eppure queste procedure, che sono diverse centinaia ogni anno, iniziano quasi sempre con l'arresto a iniziativa della polizia giudiziaria dell'estradando o del consegnando. E molto spesso, dopo la convalida, il magistrato - in assenza di un serio pericolo di fuga, unica esigenza cautelare di cui si può tenere conto - rimette in libertà l'arrestato, oppure gli applica una misura attenuata.

 

2. La mancanza di considerazione delle procedure di MAE e di estradizione è riscontrata dai lavori preparatori della legge di conversione del decreto-legge n. 211 del 2011.

Dal resoconto sommario nr. 278 della seduta 12.1.2012 della Commissione giustizia del Senato, emerge che i senatori Carofiglio e altri presentarono emendamenti[1] diretti a limitare i casi di arresto estradizionale da parte della polizia giudiziaria, a portarne l'attuazione sotto il controllo del Pubblico Ministero competente e a omogeneizzare i tempi della loro convalida con quelli degli arresti in flagranza.

Dopo avere cercato di illustrare le innovazioni proposte, che un Parlamento attento avrebbe potuto estendere agli arresti di persone ricercate per MAE, il relatore degli emendamenti dovette accedere alla "reiterata richiesta dei relatori e del rappresentante del Governo" di ritirare gli emendamenti, che secondo il presidente della Commissione "afferiscono a questioni non strettamente attinenti al decreto-legge in conversione volto ad intervenire principalmente sulla problematica del sovraffollamento carcerario".

Tale esito conferma indubbiamente l'inapplicabilità alle procedure di MAE ed estradizione della nuova normativa su tempi e modalità della convalida di fermo e arresto in flagranza.

 

3. Il provvedimento in commento si è posto il problema specifico dell'applicabilità alle procedure di MAE ed estradizione del nuovo testo dell'art. 123 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale, come modificato dall'art. 2 della legge di conversione nr. 9 del 2012[2].

Anche per tali procedure, infatti, si potrebbero ipotizzare degli spostamenti in loco per le convalide e la conseguente creazione di una singolare figura di Presidente (o suo delegato) di Corte di Appello itinerante nelle varie carceri. Con quali effetti sulla funzionalità degli uffici, specie per i distretti di ambito regionale (Emilia-Romagna, Piemonte, ecc.), è facile immaginare.

Il provvedimento barese - che, quasi a smentire l'ininfluenza sul sovraffollamento carcerario di tali procedure, sostenuta nei lavori parlamentari, riguarda un tuttora obbligatorio arresto ad iniziativa della polizia giudiziaria di persona condannata all'estero per reato minimo (guida senza patente) - ha escluso l'applicazione dell'art. 123 disp. att. c.p.p., valorizzando la specificità delle procedure di MAE ed estradizione, riservate alla competenza funzionale delle Corti di Appello, e sottolineando le peculiarità delle attività di convalida e di identificazione, che richiedono la disponibilità di contatti immediati con Autorità giudiziarie e consolari estere.

Di più il provvedimento, nella sua funzione strettamente pratica di avviso alle parti e ad organi amministrativi, non avrebbe certamente potuto dire.

 

4. Molteplici sono comunque le ragioni della non applicabilità dell'art. 123 disp. att. c.p.p. all'audizione della persona arrestata nelle procedure in questione.

Mentre l'art. 123 fa riferimento all'udienza di convalida ovvero all'interrogatorio, l'audizione dell'arrestato disciplinata dagli artt. 717 c.p.p. (in tema di estradizione) e 13 della legge n. 69 del 2005 (in tema di MAE) non costituisce un interrogatorio né richiede un'udienza in senso tecnico.

Essa infatti è diretta a identificare l'arrestato verificando la corrispondenza delle sue generalità con quelle della persona ricercata, e a informarlo della pendenza della richiesta, raccogliendone l'eventuale consenso alla consegna allo Stato estero. Il giudice può anche porre domande intese a verificare la sussistenza del pericolo di fuga, o ricevere altre dichiarazioni rilevanti per la procedura (ad es. sul radicamento nel territorio nazionale e sulla opportunità che la pena sia eseguita in Italia ex art. 18 lett. r) della legge n. 69 del 2005). Tutto questo, però, non rende quell'audizione un interrogatorio, atto tipico disciplinato nel suo rigoroso formalismo dagli articoli 64 e 65 c.p.p., né tanto meno postula un'udienza.

Altrettanto significativo è il riferimento del nuovo art. 123 al dovere del Procuratore della Repubblica di predisporre le misure organizzative necessarie per assicurare il rispetto dei termini della procedura di fermo o arresto in flagranza, posto che al contrario né l'art. 717 c.p.p. né l'art. 13 della legge n. 69 del 2005 attribuiscono un ruolo organizzativo al Procuratore Generale presso la Corte di Appello.

Non vi è neppure spazio, infine, per valorizzare la ratio della modifica normativa, intesa a sgravare gli uffici penitenziari del trasporto dei detenuti - con simmetrico aggravio, peraltro, per gli uffici giudiziari. L'eventuale assimilazione, sulla base della eadem ratio, dell'audizione dell'arrestato in procedura di MAE o estradizione all'udienza di convalida o all'interrogatorio, se vista alla luce del collegamento istituito dal legislatore tra le prescrizioni del nuovo art. 123 e l'illecito disciplinare previsto dall'articolo 2-ter della legge di conversione nel caso di loro inosservanza, determinerebbe una inammissibile applicazione analogica del nuovo illecito.

Mentre infatti il sistema dei previgenti articoli 18 e 19 del R.d.lgs. n. 511 del 1946 costruiva l'illecito disciplinare dei magistrati mediante una clausola generale ("il magistrato che manchi ai suoi doveri, o tenga in ufficio o fuori una condotta tale, che lo renda immeritevole della fiducia e della considerazione di cui deve godere, o che comprometta il prestigio dell'ordine giudiziario, è soggetto a sanzioni disciplinari..."), il decreto legislativo nr. 109 del 2006 ha tipizzato le ipotesi di responsabilità disciplinare, per le quali, quindi, vige un principio di tassatività analogo a quello del diritto penale. Di conseguenza, l'applicazione analogica all'audizione dell'arrestato per estradizione o MAE delle regole poste dal nuovo art. 123 disp. att. c.p.p. comporterebbe necessariamente la non consentita applicazione analogica del nuovo illecito disciplinare previsto dall'articolo 2-ter della legge di conversione.

 

5. In conclusione, le vicende del decreto-legge n. 211 del 11 inducono a qualche riflessione generale.

Non è in discussione la finalità del legislatore di ridurre il sovraffollamento delle carceri, oggetto di censure anche della Corte EDU, aggredendo anzitutto il fenomeno delle porte girevoli al fine di ridurre la tensione del sistema penitenziario. Così come non è in discussione il carattere necessitato del ricorso alla decretazione di urgenza.

Suscita invece perplessità la crescente difficoltà dei lavori parlamentari di trovare un equilibrio tra l'esigenza di celerità e quella di approfondimento.

Da anni, ormai, quasi tutte le leggi più importanti sono il frutto di proposte dell'Esecutivo, modificate in Parlamento con maxiemendamenti che tengono conto soprattutto dei rilievi mossi dai media e dalle categorie interessate, e infine ratificate mediante il meccanismo della fiducia al Governo, che come è noto fa decadere tutti gli emendamenti.

Questo modo di procedere, che ha alquanto desertificato la democrazia rappresentativa, viene giustificato con la necessità di provvedere rapidamente alle innovazioni imposte dalla lunghissima crisi economica in atto: si fa così, come suol dirsi, perché ce lo chiede l'Europa. Il fatto è che questo meccanismo finisce per operare non soltanto per materie di immediata rilevanza economica, oppure in presenza di maggioranze fragili e bisognose di ricompattarsi, ma anche con l'attuale governo tecnico, sorretto da un consenso parlamentare elevatissimo.

Sarebbe difficile considerare il decreto legge sul sovraffollamento, estraneo al programma del governo Monti ma imposto dalla situazione carceraria, come un qualcosa che ci chiede "l'Europa": con tale entità, di solito, non si designa la Corte di Strasburgo, priva in effetti dei mezzi di persuasione economica di cui dispongono la BCE e la Commissione europea.

Proprio per questo lo svolgimento del dibattito parlamentare si sarebbe potuto improntare a una maggiore razionalità e accuratezza.

L'esclusione dal campo di operatività delle innovazioni legislative delle procedure di MAE o estradizione perché "non strettamente attinenti alla problematica del sovraffollamento carcerario" è certamente il frutto di un'assenza di informazioni, anzitutto statistiche, sulla incidenza di tali procedure nella situazione penitenziaria. Il risultato è l'esclusione, per questa sola tipologia di arresti, dei meccanismi di abbreviazione dei tempi, e di attenuabilità della misura cautelare nell'attesa della convalida, introdotti dal decreto-legge n. 211 del 2011: anche questo ci chiedeva l'Europa?

Tale esclusione può produrre diseguaglianze di dubbia compatibilità costituzionale, specialmente se si tiene conto della circostanza che le altrui richieste di consegna riguardano molto spesso cittadini di Stati come Romania, Polonia, Bulgaria, etc., venuti in Italia per lavorare anche per lunghi periodi e ricercati quasi sempre per reati minori, spesso puniti in quei Paesi con notevole severità[3].

Così come l'illusione di attenuare l'emergenza carceraria spostando l'onere materiale degli interrogatori dall'amministrazione penitenziaria a quella giudiziaria (che pure sono entrambe espressione del medesimo Stato), con il corollario del nuovo illecito disciplinare del magistrato, ben si sarebbe potuta dissolvere nel corso di un vero dibattito parlamentare sui costi e benefici di siffatta esternalizzazione (che meglio dovrebbe chiamarsi, dato lo spostamento di giudici e cancellieri nei luoghi di custodia, internalizzazione).

Ma, come si è visto, almeno questo effetto del nuovo art. 123 disp. att. c.p.p. è evitato dal provvedimento che si è commentato.

 


[1] Emendamento 1.30: "Dopo il comma 1, aggiungere il seguente: "1-bis. All'articolo 715, comma 2, lettera c), del codice di procedura penale, dopo le parole: "vi è" , sono inserite le seguenti: "concreto".

Emendamento 1.31: "Dopo il comma 1, inserire il seguente: "1-bis. All'articolo 716 del codice di procedura penale, nel comma 2, le parole da: "di grazia", fino alla fine, sono sostituite dalle seguenti: "della giustizia e il procuratore generale presso la corte di appello nel cui distretto l'arresto è avvenuto e al più presto, e comunque non oltre ventiquattro ore, pone l'arrestato a disposizione del presidente della medesima corte di appello, mediante la trasmissione del relativo verbale. Il procuratore generale può esercitare i poteri previsti dall'articolo 386, comma 2, del codice di procedura penale e dall'articolo 389, comma 1, del medesimo codice".

Emendamento 1.32: "Dopo il comma 1, inserire il seguente: 1-bis. All'articolo 716, comma 3, del codice di procedura penale, le parole da: "entro novantasei", fino alla fine, sono sostituite dalle seguenti: "o un magistrato della corte da lui delegato secondo le tabelle vigenti nell'ufficio, entro quarantotto ore dall'arresto, su richiesta del procuratore generale convalida l'arresto con ordinanza e dispone l'applicazione di una misura coercitiva. Dei provvedimenti dati informa immediatamente il ministro della giustizia".

[2] Salvo quanto previsto dall'art. 121, nonché dagli artt. 449 comma 1 e 558 del codice, l'udienza di convalida si svolge nel luogo dove l'arrestato o il fermato è custodito salvo che nel caso di custodia nel proprio domicilio o altro luogo di privata dimora. Nel medesimo luogo si svolge l'interrogatorio della persona che si trovi, a qualsiasi titolo, in stato di detenzione. Tuttavia, quando sussistono eccezionali motivi di necessità o di urgenza il giudice con decreto motivato può disporre il trasferimento dell'arrestato, del fermato o del detenuto per la comparizione davanti a sé. Il procuratore capo della Repubblica predispone le necessarie misure organizzative per assicurare il rispetto dei termini di cui all'articolo 558 del codice.

[3] Si citano, a titolo esemplificativo, le decisioni riguardanti un'appropriazione indebita senza querela della persona offesa (Cass. pen., sez. VI, 20.12.2010, nr. 45525), un reato equivalente al nostro art. 650 c.p. (Cass. pen., sez. VI, 25.05.2010, nr. 19754) o la guida senza patente (Cass. pen., sez. VI, 19.04.2011, nr. 16289). E non va dimenticato che sono state necessarie due decisioni di legittimità per negare, nel caso infine concluso da Cass. pen., sez. II, 18.06.2009, nr. 36038, una consegna richiesta per l'illecito depenalizzato di emissione di assegni a vuoto.