ISSN 2039-1676


24 novembre 2011 |

In tema di mandato di arresto europeo e principio di specialità 

Cass. pen., Sez. VI, 23 settembre 2011 (dep. 28 ottobre 2011), n. 39240, Pres. Milo, Rel. Calvanese (È consentito procedere nei confronti di persona consegnata in forza di mandato d'arresto europeo con riferimento a reati diversi da quelli per cui è avvenuta la consegna e anteriori ad essa, ed è consentita per tali fatti anche l'adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale, non suscettibile tuttavia di esecuzione se non previo assenso dello Stato richiesto per una «consegna suppletiva»).

Il rispetto da parte dello Stato richiedente del cd. "principio di specialità" costituisce una tradizionale regola dell'estradizione e ha la funzione di evitare che, una volta ottenuta la consegna dell'estradando, siano aggirati presupposti e limiti imposti dall'istituto (si tratterebbe di un ostacolo alla consumazione di una "frode internazionale"). Salvo isolate eccezioni, la formulazione della regola della specialità nei trattati di estradizione prevede che la persona estradata non sia "perseguita, giudicata, arrestata in vista dell'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né sottoposta a qualsiasi altra restrizione della libertà personale per un qualsiasi fatto anteriore alla consegna, diverso da quello che ha dato luogo all'estradizione e commessi antecedentemente alla consegna" (così l'art. 14 della Convenzione europea di estradizione).

L'effettiva portata precettiva della clausola contenuta nella Convenzione europea è stata oggetto di un'ampia elaborazione giurisprudenziale, oscillante tra gli opposti estremi della preclusione all'esercizio della giurisdizione e del mero ostacolo a disporre della persona dell'estradando, finché le Sezioni unite (Sez. un., 28 febbraio 2001 n. 8, in Cass. pen., 2002, p. 3793) non hanno configurato la clausola come introduttiva di una condizione di procedibilità: essa costituisce pertanto un elemento ostativo all'esercizio dell'azione penale nelle forme tipiche fissate dall'art. 405 c.p.p., anche se non impedisce il compimento degli atti di indagine preliminare necessari ad assicurare le fonti di prova, l'esercizio dei poteri interruttivi della prescrizione, purché compatibili con la fase antecedente all'esercizio dell'azione penale, nonché l'archiviazione della notizia di reato.

Nella disciplina del mandato di arresto europeo, conformemente ai progressi già registrati sul punto in seno all'Unione europea con la Convenzione di estradizione del 1996, si è notevolmente alleggerita la portata precettiva della clausola di specialità, di fatto impedendosi soltanto allo Stato di emissione di disporre "fisicamente" della persona consegnata, ad esso consentendosi di procedere penalmente nei confronti di quest'ultima, qualora ciò non comporti l'applicazione di misure restrittive della libertà personale. In altri termini, la persona consegnata può essere perseguita e giudicata per «reati diversi e anteriori», purché nel corso e in esito al processo penale non siano applicate misure provvisorie o definitive comportanti la restrizione della sua libertà personale. Un importante intervento chiarificatore delle disposizioni contenute nella decisione quadro del 2002 istitutiva del mandato d'arresto europeo è venuto dalla sentenza della Corte europea di giustizia 1° dicembre 2008, che ha sottolineato come la circostanza che non siano applicate nel corso del processo penale misure cautelari o provvisorie non deve necessariamente discendere da un divieto normativo ma può dipendere anche solo dalla scelta dell'autorità giudiziaria di non ricorrere nel caso di specie a forme di coercizione personale. Naturalmente, ciò non impedisce che la persona consegnata sia legittimamente detenuta in forza del titolo che ha motivato la sua consegna.

Nel caso in esame, la Corte di cassazione ha applicato tali principi, ritenendo legittimo il perseguimento penale di persona consegnata dalla Spagna con mandato di arresto europeo, in quanto essa, quantunque detenuta per il reato che aveva giustificato la sua consegna, era stata giudicata in primo grado in stato di libertà. La Corte ha poi stabilito che, una volta venuto meno il titolo restrittivo connesso al reato oggetto del mandato di arresto, a seguito di annullamento senza rinvio, da parte della Corte di cassazione, della relativa condanna, correttamente il Tribunale della libertà aveva ordinato la liberazione della persona consegnata, senza annullare il nuovo provvedimento emesso per fatti diversi ed anteriori. Infatti, di tale provvedimento deve ritenersi consentita l'emissione - tra l'altro necessaria per promuovere la procedura di «consegna suppletiva» - ma non l'esecuzione, che resta appunto condizionata all'assenso dello Stato investito della prima richiesta di consegna.