ISSN 2039-1676


23 giugno 2014 |

Rideterminazione della pena in materia di stupefacenti: quali i poteri del giudice dell'esecuzione?

Trib. Treviso, ud. 18 giugno 2014, Giud. Vettoruzzo

 

1. Nel provvedimento che pubblichiamo, il Tribunale di Treviso, in funzione di giudice dell'esecuzione, si occupa del problema della rideterminazione della pena inflitta con sentenza passata in giudicato per il reato di detenzione di sostanza stupefacente 'leggera' (si tratta, nel caso concreto, della detenzione di un kg di marijuana), sulla base della disciplina dichiarata incostituzionale dalla sentenza 32/2014 della Corte costituzionale.

Due, in particolare, i problemi affrontati dal Tribunale: il primo riguarda l'an della rideterminazione; il secondo il quomodo della stessa.

 

2. Relativamente al primo profilo, la questione che si pone è se la dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, ma che incide sul trattamento sanzionatorio (nella specie l'art. 73 d.p.r. 309/1990, nella versione introdotta con l'art. 4 bis d.l. 272/2005, conv. con modif. in l. 49/2006, c.d. legge Fini-Giovanardi) comporti la  rideterminazione della pena sulla base della disciplina più favorevole, vigente prima delle modifiche apportate dalla norma dichiarata incostituzionale (e cioè dell'art. 73, nella versione introdotta dall'art. 14 l. 162/1990, c.d. legge Iervolino-Vassalli), anche nel caso in cui la sentenza di condanna sia passata in giudicato.

Sul punto, il Tribunale prende atto dell'orientamento affermatosi nella giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. 27 ottobre 2011, n. 97727, pubblicata in questa Rivista con nota di M. Scoletta e Cass. 24 febbraio 2012, n. 19361, pubblicata in questa Rivista con nota di G.L. Gatta), ribadito, di recente, da due sentenze a Sezioni Unite (cfr. Cass., Sez. Un., 24 ottobre 2013, n. 18821, pubblicata in questa Rivista con nota di M. Bignami ed editoriale di F. Viganò e, da ultimo, Cass., Sez. Un., 29 maggio 2014, non ancora depositata, clicca qui per l'informazione provvisoria), secondo cui la formazione del giudicato non può giustificare l'esecuzione di una pena più sfavorevole inflitta sulla base di una norma dichiarata incostituzionale e che pertanto spetta al giudice dell'esecuzione, vincendo la preclusione del giudicato, rideterminare la pena sulla base della disciplina costituzionalmente legittima.

Applicando il principio espresso dalla giurisprudenza della Cassazione al caso in esame (sul punto cfr. le riflessioni di F. Viganò nel già citato editoriale: Pena illegittima e giudicato. Riflessioni in margine alla pronuncia delle Sezioni Unite che chiude la saga dei "fratelli minori" di Scoppola, Pena illegittima e giudicato), il Tribunale di Treviso perviene dunque alla conclusione di dover rideterminare la pena sulla base dell'art. 73 d.p.r. 309/1990 nella versione della legge Iervolino-Vassalli ('ripristinata' per effetto della sentenza 32/2014 della Corte costituzionale) che, per le droghe 'leggere', prevede una cornice edittale da due a sei anni di reclusione (ed è quindi certamente più favorevole rispetto alla norma dichiarata incostituzionale, che puniva tale detenzione con la reclusione da sei a venti anni). 

 

3. Con riferimento, poi, al secondo profilo, ossia all'estensione dei poteri del giudice dell'esecuzione nella rideterminazione delle pene 'illegittime', il Tribunale - richiamandosi espressamente alle indicazioni contenute nel contributo di F. Viganò, Pena illegittima e giudicato, cit. - rifiuta  le opzioni interpretative 'compromissorie', volte in vario modo a limitare la discrezionalità giudiziale nella ri-commisurazione della pena: ossia, da un lato, la tesi secondo cui il giudice potrebbe modificare solo le pene detentive superiori ai nuovi massimi edittali; dall'altro, la tesi secondo cui il giudice potrebbe operare solo 'meccanicamente', sulla base di un'equazione del tipo "la pena illegittimamente inflitta sta al massimo (o al minimo) della pena previsto dalla l. Fini-Giovanardi come X sta al massimo (o al minimo) previsto dalla l. Iervolino-Vassalli".

Non rinvenendosi ragioni convincenti a sostegno dell'idea secondo cui il giudice dell'esecuzione debba operare la rideterminazione sulla base di soluzioni 'a rime obbligate', la conclusione del Tribunale è nel senso dell'opportunità di procedere ad una ri-commisurazione della pena sulla base del nuovo quadro edittale di riferimento, alla luce dei criteri di cui all'art. 133 c.p.