8 maggio 2015 |
Omesso versamento delle ritenute d'imposta e violazione del ne bis in idem: la Corte di Giustizia dichiara la propria incompetenza
Corte di giustizia UE, ord. 15 aprile 2015, Burzio (C-497/14)
Segnaliamo ai nostri lettori che lo scorso 15 aprile la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con l'ordinanza che qui si allega, si è dichiarata "manifestamente incompetente" a rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale sollevata dal Tribunale di Torino (ord. 27 ottobre 2014, Giudice Pio) in merito alla compatibilità con il principio europeo di ne bis in idem (ex artt. 4 Prot. 7 CEDU e 50 CDFUE) della previsione normativa interna (art. 10 bis d.lgs. n. 74 del 2000) che consente di perseguire penalmente per omesso versamento delle ritenute d'imposta il soggetto che sia già stato sanzionato, per lo stesso fatto, con una decisione amministrativa irrevocabile che abbia irrogato una sovrattassa (ex art. 13 d.lgs. n. 471 del 1997).
Confermando quanto avevamo già prospettato a margine dell'ordinanza di rinvio (M. Scoletta, Ne bis in idem e illeciti tributari per omesso versamento delle ritenute: un problematico rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, in questa Rivista, 17 novembre 2014), la Corte di Giustizia ha rilevato che si tratta di questione che "concerne l'applicazione di disposizioni di diritto italiano (...) in un contesto che non presenta alcun nesso con il diritto dell'Unione" (§ 28).
In particolare, la Corte ha evidenziato come il procedimento principale - in materia, appunto, di violazioni tributarie relative alle imposte sul reddito - non vertesse affatto su una normativa nazionale di attuazione del diritto dell'Unione, in ciò differenziandosi decisivamente dal noto precedente Åkerberg Fransson (C-617/10), che invece - concernendo violazione di obblighi in materia di i.v.a. - aveva ad oggetto una normativa interna attuativa del diritto dell'Unione. A questo riguardo, ribadisce il principio, già chiaramente espresso dall'art. 6, par. 1 TUE e dall'art. 51, secondo cui le disposizioni della CDFUE (cioè, la Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, la c.d. "Carta di Nizza") non estendono in alcun modo le competenze dell'Unione definite nei Trattati; di conseguenza, "ove una situazione giuridica non rientri nella sfera d'applicazione del diritto dell'Unione, la Corte non è competente in merito e le disposizioni della Carta eventualmente richiamate non possono giustificare, di per sé, tale competenza" (§ 31).
Nel caso de quo, pertanto, al giudice di merito si dischiude solo la possibilità di sollevare una questione di legittimità costituzionale, piuttosto che di valutare i margini per un'interpretazione conforme, nei termini che sono già stati prospettati (cfr. ampiamente F. Viganò, Doppio binario sanzionatorio e ne bis in idem: verso una diretta applicazione dell'art. 50 della Carta?, in questa Rivista, 30 giugno 2014).
Qualora invece non si percorressero tali binari e, per i fatti già sanzionati con la sovrattassa tributaria, si giungesse ad una condanna penale definitiva, sarebbe possibile ricorrere direttamente alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo eccependo la violazione dell' art. 4 Prot. 7 CEDU da parte dello Stato italiano.