27 marzo 2015 |
Ne bis in idem e reati tributari: nuova condanna della Finlandia e prima apertura della Cassazione
C. eur. dir. uomo, Quarta Sezione, sent. 10 febbraio 2015, Kiiveri c. Finalandia
1. In questa sentenza, la Corte EDU ha nuovamente condannato la Finlandia per la violazione del ne bis in idem in relazione al doppio binario penale-amministrativo previsto in materia tributaria.
2. Si tratta di un orientamento ormai consolidato della Corte EDU [v. Nikänen c. Finlandia, in questa Rivista, 5 giugno 2014; Lucky Dev c. Svezia, in questa Rivista, 11 dicembre 2014; v. anche Häkkä c. Finlandia, Glantz c. Finlandia, Pirttimäki c. Finlandia]. E ciò non tanto in relazione alla nozione di matière pénale, i cui criteri di identificazione sono i medesimi da quasi quarant'anni, ma in riferimento al concetto di medesimo fatto. A partire dal revirement giurisprudenziale del 2009, con la sentenza Zolotukhin c. Russia, la Corte, per valutare se le due sanzioni di natura penale avessero ad oggetto il medesimo fatto, ha abbandonato ogni riferimento alla fattispecie incriminatrice. Non è il tipo legale a guidare il giudizio sul principio del ne bis in idem di cui all'art. 4 prot. n. 7 della Convenzione, bensì l'identicità materiale e naturalistica del fatto. Poco importa, dunque, che le fattispecie (penal-amministrativa e penale) si differenzino sul piano della tipicità. Ciò che conta, per ritenere violato il divieto, è che l'effetto si risolva nella doppia punizione del medesimo fatto concreto.
3. Il caso sottoposto al giudizio della Corte EDU è del tutto analogo ai precedenti.
Questi i fatti in estrema sintesi: il sig. Kiiveri, socio e amministratore di una società a responsabilità limitata, è stato condannato nel procedimento tributario a pagare sanzioni amministrative pecuniarie per aver falsamente dichiarato i propri redditi e per aver pagato "in nero" i dipendenti. Per gli stessi fatti, il ricorrente è stato altresì condannato, in sede penale, per frode fiscale e per non aver regolarmente tenuto la contabilità (accounting offence).
4. Senza che sia necessario ripercorrere nel dettaglio le peculiari circostanze di fatto e le considerazioni (ormai) "a rime obbligate" della Corte EDU, vale la pena di mettere in evidenza due aspetti significativi che (ri)emergono nel caso di specie.
Come già chiarito nel caso Lucky Dev c. Svezia, la Corte ritiene che il fatto di aver inviato una dichiarazione dei redditi non corrispondente al vero sia sostanzialmente diverso da quello di aver tenuto irregolarmente le scritture contabili (accounting offence). Si tratta, secondo la Corte, di due condotte autonome e indipendenti: colui che non ha tenuto regolarmente le scritture contabili può successivamente inviare una dichiarazione dei redditi corretta, fornendo informazioni sufficientemente accurate e correggendo le informazioni registrate nelle scritture contabili. Per questa ragione, il reato che incrimina l'irregolare tenuta delle scritture contabili (accounting offence) è sufficientemente distinto dall'illecito amministrativo concernente la dichiarazione dei redditi. Essendo diversi i fatti, non potrà considerarsi violato in questo caso il divieto del ne bis in idem (v. § 35 della sentenza).
Come nel precedente Häkkä c. Finlandia, la Corte ribadisce, inoltre, che non vi può essere violazione dell'art. 4 prot. n. 7 della Convenzione, qualora il ricorrente non abbia cercato, in ambito domestico, di prevenire la doppia incriminazione per il medesimo fatto, facendo appello avverso la condanna nei termini stabiliti. Come accaduto nel caso di specie in relazione a una parte delle contestazioni rivolte al sig. Kiiveri in Finlandia, ciò comporta il mancato esaurimento dei rimedi interni (§ 47).
5. Vi è un aspetto ulteriore che merita di essere messo in rilievo: la giurisprudenza della Corte EDU sul doppio binario penale-amministrativo in materia tributaria comincia a far breccia nella giurisprudenza della Corte di cassazione. Sia pure attraverso un semplice obiter dictum che lascia trasparire la scarsa attenzione riservata al sistema delle fonti sovranazionali, la Cassazione, trovandosi a giudicare un caso di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis d.lgs. 74/2000), ha recentemente affermato che emergono «non irrilevanti dubbi di compatibilità con la normativa comunitaria (si veda a tale proposito quanto stabilito con la sentenza della CEDU del 4 marzo 2014 sul caso Grande Stevens contro Italia), che l'illecito amministrativo e quello penale possano avere ad oggetto sostanzialmente il medesimo fatto, rendendo ingiustificata la duplicità di sanzioni in caso di ritenute che superino la soglia» [Cass., Sez. III, sent. 9 ottobre 2014 (dep. 12 marzo 2015), n. 10475: clicca qui per scaricarla].