12 maggio 2015 |
Secondo il Tribunale di Milano, la richiesta di messa alla prova è ammissibile anche 'per più reati'
Trib. Milano, ord. 28 aprile 2015, giud. Mannucci Pacini
Segnaliamo ai lettori un provvedimento del Tribunale di Milano in tema di sospensione del processo con messa alla prova dell'imputato maggiorenne, istituto recentemente introdotto dalla legge n. 67/2014 (su cui si vedano i documenti già pubblicati su questa Rivista, elencati nella colonna di destra della pagina).
L'ordinanza in oggetto affronta - e risolve affermativamente - la questione relativa all'ammissibilità della richiesta di messa alla prova nei casi in cui l'imputato sia chiamato a rispondere di più reati.
Il provvedimento muove dalla premessa secondo cui, in relazione a tutti e tre i reati contestati nel caso di specie - singolarmente considerati - sarebbe ammissibile la richiesta di messa alla prova[1].
Nell'ordinanza si sostiene che la disposizione contenuta nel 4° comma dell'art. 168 bis, secondo cui "la sospensione del procedimento con messa alla prova dell'imputato non può essere concessa per più di una volta", non rende di per sé inammissibile la richiesta ogniqualvolta vengano contestati più reati.
Il motivo addotto, in sintesi, è il seguente: "per più di una volta" non significa "per più reati"; qualunque operazione ermeneutica che giunga ad equiparare le due locuzioni - oltre che una forzatura in malam partem della lettera della legge - va ritenuta in contrasto con la ratio dell'istituto, ravvisabile tanto nelle finalità deflattive dello stesso, quanto nella necessità di "offrire all'imputato l'occasione per intraprendere una diversa ed onesta condotta di vita, sul presupposto che il diritto penale è l'extrema ratio e il processo penale deve anzitutto essere connotato da una funzione rieducativa e di aiuto sociale della persona".
Nel provvedimento si precisa altresì che - anche qualora si ritenesse che i reati contestati siano legati dal vincolo della continuazione di cui all'art. 81, co. 2 c.p. - l'ammissibilità della richiesta non verrebbe meno, in quanto l'istituto della continuazione non può mai essere applicato in malam partem e non vi sono ragioni per non adottare la medesima soluzione interpretativa consolidatasi in materia di sospensione condizionale della pena, nella cui disciplina - e in particolare all'art. 164, co. 4 c.p. - la possibilità di riconoscere il beneficio viene limitata, facendo ricorso alla medesima locuzione ("per più di una volta").
Nondimeno - si conclude nell'ordinanza - "la pluralità di contestazioni a carico dell'imputato è un dato che il giudice può - anzi deve - considerare nella formulazione della prognosi in ordine al futuro comportamento della persona e all'astensione di quest'ultima dal commettere ulteriori reati". Potrà quindi essere l'esito negativo di tale valutazione - al più - a determinare il rigetto dell'istanza di messa alla prova dell'imputato, ma non già la mera sussistenza di una pluralità di reati contestati a quest'ultimo, sempreché per ciascuno di essi sia pacificamente ammissibile.
[1] Il reato di cui all'art. 186 c. 7 d.lgs 285/1992 (rifiuto di sottoporsi ad alcool-test) e quello di cui all'art. 341 bis c.p. (oltraggio a pubblico ufficiale), in quanto entrambi puniti con la pena detentiva non superiore nel massimo a quattro anni; il reato di cui all'art. 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale), in quanto rientrante nel novero dei delitti indicati dall'art. 550, comma 2 c.p.p. richiamato dall'art. 168 bis.