18 febbraio 2016 |
Sospensione del procedimento con messa alla prova in caso di opposizione al decreto penale di condanna: il Tribunale di Savona solleva una questione di legittimità costituzionale
Trib. Savona, ord. 3 giugno 2015, in G.U. del 14 ottobre 2015, n. 41 (atto di promovimento n. 210)
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1. L'ordinanza in esame, con la quale il tribunale di Savona ha dichiarato rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 460 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso all'imputato che ha facoltà di chiedere la sospensione del procedimento per messa alla prova unitamente all'atto di opposizione, si trova ad affrontare un particolare caso di disomogeneità del codice di procedura penale, conseguenza diretta del conio del nuovo Titolo V bis[1] del libro VI, dedicato ai procedimenti speciali.
2. In fatto, nei confronti dell'imputato era stato emesso decreto penale di condanna per un reato di lieve entità. Nel termine imposto dall'art. 461 c.p.p., l'imputato ha presentato opposizione, senza indicare la propria preferenza per riti alternativi, salvo chiedere personalmente, alla prima udienza, la sospensione del processo con messa alla prova, e formulando, alla successiva udienza, istanza di deposito del programma all'U.E.P.E. competente per territorio.
In accordo con l'attuale disciplina, tale istanza deve ritenersi a tutti gli effetti tardiva, e dunque inammissibile. Infatti, a norma dell'art. 464-bis co. 2 c.p.p., nel procedimento per decreto la richiesta di sospensione con messa alla prova deve essere presentata contestualmente all'atto di opposizione, il quale, a sua volta, deve essere proposto nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto.
L'opposizione traduce la volontà dell'imputato di non acconsentire alla condanna con rito monitorio, e determina il ripristino dell'ordinaria sequenza processuale successiva all'esercizio dell'azione penale; ne deriva la possibilità di scegliere un differente rito speciale, tra quelli fondati su un requisito di carattere soggettivo, quale la scelta volontaria dell'imputato.
Dal combinato disposto degli artt. 461 co. 3 e 464-bis co. 2 c.p.p. emerge la possibilità di opporsi al decreto penale di condanna richiedendo, contestualmente, la sospensione del procedimento con messa alla prova, nel rispetto del limite temporale di quindici giorni.
3. Nel merito, il provvedimento in esame intende contestare, dando la parola alla Corte costituzionale, quella sospetta lesione del diritto di difesa, con conseguente disparità di trattamento tra situazioni analoghe, ravvisabile nel dettato dell'art. 460 c.p.p., che, alla lettera e), pur prevedendo come requisito necessario del decreto di condanna l'avviso rivolto all'imputato della facoltà di opporsi chiedendo un procedimento speciale, elenca - tra i riti consentiti - soltanto il giudizio immediato, il giudizio abbreviato e l'applicazione della pena a norma dell'art. 444 c.p.p.
La mancata menzione della sospensione del procedimento con messa alla prova crea non pochi problemi, soprattutto in relazione al diritto di difesa. Difatti, è a pena di nullità che il giudice deve inserire, nel decreto penale di condanna, tale avviso: solo attraverso l'opposizione, infatti, l'imputato può riprendere in mano le sorti del procedimento, evitando che il decreto divenga esecutivo.
Appare perciò lecito ipotizzare che rientri appieno nel raggio operativo del diritto di difesa anche la conoscenza - veicolata dall'avviso contenuto nel decreto penale di condanna - del diritto di opporsi, chiedendo un ulteriore rito alternativo. L'assenza di ogni richiamo alla sospensione del procedimento con messa alla prova, quale procedimento speciale percorribile a seguito di opposizione al decreto penale, denuncia una dimenticanza del legislatore: nessun dubbio, infatti, può sorgere circa la possibilità di opporsi al decreto richiedendo al contempo la sospensione con messa alla prova: è lo stesso legislatore che espressamente lo prevede, all'art. 464-bis co. 2 c.p.p.
Tale lacuna sistematica ha condotto il tribunale a sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 460 c.p.p., in relazione agli artt. 3 e 24 Cost. (per violazione del principio di eguaglianza e lesione del diritto di difesa), nella parte in cui non prevede che il decreto penale di condanna debba contenere l'avviso della facoltà di richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, unitamente all'atto di opposizione, così come invece viene previsto per gli altri procedimenti speciali espressamente indicati.
4. Un vuoto di disciplina che, de iure condendo, potrebbe riguardare anche l'oblazione, altra procedura speciale di tipo consensuale. La contestualità tra domanda di oblazione e atto di opposizione è imposta dal legislatore, il quale, all'art. 464 co. 3 c.p.p., ha stabilito che essa non possa essere presentata per la prima volta nel giudizio conseguente all'opposizione[2].
In ogni caso, la scelta dei riti alternativi a natura volontaristica esige una determinazione personale dell'imputato[3], rappresentandone una delle più incisive espressioni del diritto di difesa e partecipazione attiva alle vicende processuali[4]. La mancanza o l'insufficienza del corredo informativo legato alla scelta di riti alternativi può certamente determinare la perdita della facoltà di accedere a percorsi rituali differenti e (variamente) premiali, risolvendosi nella violazione del diritto di difesa.
Nel caso di specie, l'imputato può essere indotto - non avendone espressa conoscenza - a non richiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova, in base all'erroneo presupposto di non avere alternative ai riti tassativamente indicati. Ne consegue un fondato dubbio di legittimità, al quale la Corte costituzionale dovrà rispondere, sia sotto il profilo oggettivo, legato al diverso trattamento di situazioni simili, sia sotto il profilo soggettivo, di un imputato il cui diritto di difesa non ha modo di esprimersi appieno.
[1] Ad opera dell'art. 4, comma 1, lett. a), della L. 28 aprile 2014, n. 67.
[2] Sul punto, Cass., 8 marzo 2006, Managò, in C.e.d., n. 233932. Tuttavia, la domanda di oblazione può essere ripresentata nel giudizio di opposizione, ai sensi dell'art. 162-bis co. 5 c.p., quando si risolva in una reiterazione dell'istanza già avanzata con l'opposizione, respinta dal giudice per le indagini preliminari (Cass., 8 ottobre 2004, in Guida dir., 2004 (49), p. 93, e Cass., 23 marzo 2005, Vezzari, in C.e.d., n. 231311). Nello stesso senso, Cass., 4 febbraio 2005, Mazzola, in C.e.d., n. 231067. Un'eccezione alla regola enunciata nell'art. 464 co. 3 c.p.p. è però prevista all'art. 141 co. 4-bis disp. att. c.p.p., là dove è consentito che l'imputato sia rimesso in termini per chiedere l'oblazione, in caso di modifica dell'originaria imputazione in un'altra, per la quale l'oblazione sia ammissibile. Sul punto, S. Ruggeri, Il procedimento per decreto penale. Dalla logica dell'accertamento sommario alla dinamica del giudizio, Giappichelli, 2008, p. 79-128; P. Ventura, Il procedimento per decreto penale, Ipsoa, 2008, p. 176-177.
[3] Corte cost., ord. 8.1.2007, n. 8.
[4] Corte cost., sent. 13-25.5.2004, n. 148.