2 agosto 2014
Approvata definitivamente dal Senato la legge di conversione del d.l. n. 92/2014 sui rimedi risarcitori da sovraffollamento carcerario e sui limiti della custodia cautelare in carcere
Disegno di legge S. 1679
Nella seduta odierna l'Aula del Senato ha definitivamente approvato il disegno di legge di conversione del d.l. 92/2014 (clicca qui per accedere al testo del decreto legge e alla relativa scheda di presentazione a suo tempo pubblicata dalla nostra Rivista), apportandovi diverse modifiche sulle quali ci riserviamo di ritornare, alla fine della pausa estiva.
Segnaliamo però sin d'ora che l'art. 8 del decreto - la sua norma più controversa, che modificava l'art. 275 co. 2-bis c.p.p. introducendo un generale divieto di applicare la custodia cautelare in carcere (cfr., sul punto, Viganò, Una norma da eliminare: l'art. 8 del d.l. 92/2014, in questa Rivista, 7 luglio 2014 e la risposta di M. Ceresa Gastaldo, Tempi duri per i legislatori liberali, ibidem, 10 luglio 2014) - è stata incisivamente modificata dalla legge di conversione.
In seguito alle nuove modifiche, l'art. 275 co. 2-bis c.p.p. recita dunque come segue:
"Non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena. Salvo quanto previsto dal comma 3 e ferma restando l'applicabilità degli articoli 276, comma 1-ter, e 280, comma 3, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Tale disposizione non si applica nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 423-bis, 572, 612-bis e 624-bis del codice penale, nonché all'articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, e quando, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possano essere disposti per mancanza di uno dei luoghi di esecuzione indicati nell'articolo 284, comma 1, del presente codice".
Il divieto generale introdotto dal d.l. n. 92/2014 soggiacerà dunque a una serie cospicua di deroghe, non applicandosi:
- ai casi previsti dal co. 3 dell'art. 275 c.p.p.;
- all'ipotesi in cui l'imputato agli arresti domiciliari abbia trasgredito le relative prescrizioni (art. 276, co. 1-ter c.p.p.);
- all'ipotesi in cui l'imputato abbia trasgredito le prescrizioni inerenti ad altra misura cautelare (art. 280 co. 3 c.p.p.);
- ai procedimenti per i delitti di incendio boschivo, maltrattamenti in familglia, atti persecutori, furto in abitazione e furto con strappo, nonché per tutti i (numerosissimi) delitti contemplati dall'art. 4-bis della legge sull'ordinamento penitenziario;
- in tutte le ipotesi infine in cui, rilevata l'inadeguatezza di ogni altra misura, gli arresti domiciliari non possono essere disposti per mancanza di luogo di esecuzione idoneo ai sensi dell'art. 284 co. 1 c.p.p.
La legge di conversione ha altresì sostituito l'ambiguo inciso "pena detentiva da eseguire" (che aveva fatto pensare alla necessità di scomputare dal calcolo dei tre anni di pena detentiva la custodia cautelare eventualmente già eseguita) con quello inequivoco di "pena detentiva irrogata".